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La scoperta del metallo fu una vera rivoluzione per il genere umano che fino a quel momento aveva utilizzato la pietra per produrre strumenti e utensili necessari alla vita. Chi aveva padronanza nel forgiare il rame, il bronzo e poi il ferro, divenne l’antenato del fabbro. Siamo sulla linea di confine tra preistorie e storia, circa cinquemila anni fa, ma il meccanismo è ancora valido. L’insorgere di nuove esigenze e di nuove tecnologie si concretizza con l’avvento di nuove professioni. Chi riesce a coglierne le opportunità ne troverà giovamento, mentre qualcun altro vivrà un irreversibile declino. Fatevelo raccontare dal neolitico che faceva fortuna fabbricando attrezzi di pietra!

Per interpretare le mutevoli esigenze della società e tradurle in termini di opportunità lavorative future, per indirizzare, se non più le proprie, le scelte dei figli verso professioni più sicure e redditizie, non serve nessuna divinazione o sfera magica. A leggere l’attualità, il futuro dovrebbe essere di chi sarà in grado di gestire l’intelligenza artificiale e di quegli artigiani il cui mestiere non potrà essere soppiantato da un algoritmo. Allo stato attuale, non vedo come una sequenza di uno e di zero possa aiutarmi a sturare un lavandino. Ma, accanto a programmatori e artigiani, un’altra opportunità per il futuro lavorativo dei nostri figli potrebbe essere la terra o, se vogliamo, la Terra.

Lavorare la terra è infatti anche un lavorare per la Terra. Prendendosi cura del proprio orto, del proprio giardino, si contribuisce all’opera di preservazione del pianeta. L’agricoltura potrebbe essere un’opportunità, ma quello a cui si sta pensando non è al nobile mestiere di contadino, di cui avremo sempre bisogno, ma di ingegneri, architetti e, se vogliamo, artisti del verde. Del verde urbano nello specifico.

Per decenni abbiamo asfaltato e cementificato. Ora, si comincia a dare credito a chi ha da sempre sostenuto che questa “politica” è sbagliata, che il verde va riqualificato, tutelato, valorizzato. In un futuro che speriamo sia il più prossimo possibile ogni amministrazione comunale dovrà essere messa in condizione di poter investire in appalti pubblici dediti allo sviluppo delle aree verdi. Sarà questa tendenza a permettere l’emergere di nuove professioni, come lo fu per il fabbro nel neolitico. Il cambiamento è già in corso. Ne parla Maria Chiara Voci su IlSole24Ore del 26 maggio, scrivendo che “gli architetti paesaggisti sono passati da 537 nel 2021 a 689 nel 2025”. Incrementi notevoli anche tra gli agronomi, “aumentano gli iscritti in generale (da 19.585 a 19.667)” e, si registra “la crescita delle donne nella professione, sensibili ai temi del verde”. Inteso che un ambiente sano è fondamentale per il pianeta e per il benessere fisico e psicologico di ognuno di noi, lo sviluppo del verde nelle città dovrebbe diventare prioritario nelle scelte degli amministratori locali. Dovrà essere progettato e cantierizzato sulla scorta di studi multidisciplinari. Non è più sufficiente stanziare denari per alberare un viale, optare indifferentemente per una pianta o per un’altra, o decidere affidandosi semplicemente a canoni estetici. Le scelte sulle alberature devono essere scientifiche. Devono essere coerenti con le caratteristiche ambientali e climatiche di ogni specifico territorio. L’allocazione delle piante deve essere in perfetta armonia con il paesaggio urbano. Perché le aree verdi siano diffuse in maniera idonea, armoniosa e duratura, è necessario coinvolgere specifiche competenze che non fanno parte del patrimonio professionale delle Pubbliche Amministrazioni. Dovranno inevitabilmente crescere le gare per l’affidamento di servizi e lavori a professionisti dell’habitat. Qualcuno decide di non aspettare e di provare un approccio diretto, proponendo il proprio intervento. “Se lavori in Comune della Città metropolitana di Milano, o lo amministri, e ti interessa il progetto Forestami, compila il form […] Insieme a Forestami, il tuo Comune definirà obiettivi e strategie condivisi per promuovere sistemi di forestazione urbana all’interno del progetto e/o la partecipazione ad altri progetti sinergici, nazionali e internazionali”, è la proposta offerta da un progetto di riqualificazione urbana al cui vertice c’è l’architetto Stefano Boeri, inizialmente proposto per l’area metropolitana milanese e, dall’aprile scorso, allargata a tutto il territorio nazionale.

Professionisti della rigenerazione urbana, della biodiversità, della transizione ecologica, sono già in opera, altri si stanno formando nelle scuole e nelle Università. “Tutto ciò […] che potrebbe condurre il nostro Pianeta a un 2040 migliore, esiste già. Non è una fantasia utopistica, è un esercizio, un sogno fondato sulla realtà”, affermava il regista australiano Damon Gameau nel presentare la sua opera con la quale immagina un futuro ecologico. In questo futuro ci saranno meno automobili e più aree verdi, cambierà il modo di vivere le città, di amministrarle: non avremo bisogno di investire capitali pubblici per strade e parcheggi ma di impiegarli in servizi di giardinaggio e infrastrutture necessarie alla manutenzione del verde.

Come il neolitico, l’uomo del presente deve cogliere il cambiamento. Iniziative come l’agenda 2030 non sono una lista di obiettivi lontana dalla nostra quotidianità. Perché i risultati siano tangibili ogni cittadino, ogni Pubblica Amministrazione deve adeguare il proprio modo di essere. In quegli obiettivi dobbiamo riconoscere le opportunità di una rivoluzione epocale nel modo di vivere, lavorare, progettare le città. 

Hollywood ci ha spesso parlato di un futuro devastato, invivibile, grigio e funesto, dobbiamo pensare in positivo e decidere di credere che l’avvenire possa essere quello immaginato da Gameau in 2040.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.