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di Giuseppe Laurieri

Premessa

Tra le questioni più dibattute a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (di seguito il “Codice”), vi è senz’altro quella riguardante la disciplina degli affidamenti diretti dei contratti pubblici.

Si tratta di una disciplina particolarmente complessa oggetto, nel tempo, di numerose pronunce giurisprudenziali e diverse prese di posizione da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione (di seguito “ANAC” o “Autorità”) la quale, da ultimo, attraverso l’approvazione del Vademecum pubblicato il 7 agosto 2024, è intervenuta al fine di offrire maggiore chiarezza all’interno dell’articolato “nodo gordiano” di regole che stazioni appaltanti ed operatori di settore sono, quotidianamente, chiamati ad osservare.

La materia, infatti, è stata fortemente incisa dall’intenzione riformatrice del Legislatore, volto a snellire le procedure per l’affidamento di contratti pubblici e, ove possibile, ometterle.

1. Cosa si intende per “affidamento diretto” e quali sono i numeri in Italia?

Anzitutto, preliminarmente, prima di guardare l’evoluzione normativa che ha interessato l’istituto in questione, giova illustrare cosa si debba intendere per “affidamento diretto”.

Con il termine “affidamento diretto” si intende l’aggiudicazione di un contratto, in assenza di una vera e propria procedura di gara, bensì sulla base di valutazioni autonome e discrezionali della stazione appaltante chiamata, comunque, ad operare nel rispetto di taluni di principi fondamentali, a garanzia di una condotta corretta e non arbitraria.

L’affidamento diretto, dunque, è per definizione caratterizzato dalla “piena libertà di scelta del contraente, sicché è (…) dispensabile ogni forma di confronto concorrenziale”[1]. Si consente una deroga ai principi fondamentali di concorsualità e di pubblicità, in ragione della modesta entità economica dell’affare[2].

Trattasi di una pratica che, evidentemente, se correttamente svolta e adeguatamente normata, agevola notevolmente il soddisfacimento degli interessi propri di una collettività, evitando le lungaggini ed i costi derivanti dall’indizione di una procedura ad evidenza pubblica.

I dati, infatti, da sempre rivelatori della realtà che si cela dietro le regole e le norme, evidenziano un notevole ricorso agli affidamenti diretti, frutto anche delle riforme legislative degli ultimi anni, orientate proprio in questo senso.

Stando ai dati forniti dall’ANAC nell’ultima relazione annuale al Parlamento pubblicata il 22 maggio 2024, da uno sguardo complessivo alle procedure esperite, nel 28,5% dei casi si è fatto ricorso a procedure negoziate senza pubblicazione del bando; nel 17,4% si è proceduto tramite procedure aperte e, addirittura, nel 49,6% tramite affidamento diretto.

L’affidamento diretto, così come emerge, è stata la modalità operativa e procedurale decisamente preferita dalle stazioni appaltanti, registrando un forte incremento rispetto al 2022, pari al 31%.

Iperbole, questa, come si anticipava, senz’altro conseguenza del nuovo quadro normativo che regola la materia, da ultimo ridefinito a seguito dell’approvazione del Codice che, come si vedrà, trae origine proprio dalla necessità di procedere ad una maggiore “semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea”[3].

2. La disciplina precedente.

Il Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (di seguito “Vecchio Codice”), che brevemente sarà di seguito ripreso, ammetteva il ricorso all’affidamento diretto, sebbene entro rigidi e stringenti presupposti.

L’ANAC, con riferimento alla disciplina dell’affidamento diretto dei contratti, sotto la vigenza del Vecchio Codice, ha approvato le linee guida n. 4 recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, poi aggiornate al Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56 con Delibera del Consiglio n. 206 del 1 marzo 2018 e aggiornate con Delibera del Consiglio n. 636 del 10 luglio 2019 al Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con Legge 14 giugno n. 55, limitatamente ai punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6 (di seguito “Linee Guida”).

In particolare, l’art. 32 del Vecchio Codice prevedeva che le stazioni appaltanti potessero procedere all’affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente in due diverse ipotesi:

(i) affidamenti di importo inferiore a € 40.000, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici o per i lavori in amministrazione diretta;

(ii) affidamenti di importo pari o superiore a € 40.000 e inferiore a € 150.000 per i lavori, o alle soglie comunitarie, per le forniture e i servizi, previa valutazione di tre preventivi, ove esistenti, per i lavori, e, per i servizi e le forniture, di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti.

L’ipotesi sub (i), era stata introdotta a seguito dell’approvazione del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120; che ha inteso incentivare gli investimenti pubblici al fine di fronteggiare le ricadute economiche derivanti dalla pandemia, ampliando, temporaneamente, fino al 30 giugno 2023, ed in via emergenziale, i presupposti per l’affidamento diretto.

L’ANAC ha avuto modo di sottolineare la necessità che le stazioni appaltanti procedessero ad una puntuale verifica circa il valore e la sussistenza o meno di un interesse transfrontaliero dei contratti da affidare, presupposti indefettibili per il ricorso a procedure rapide di affidamento, in base ai criteri dettati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[4][5].

L’art. 63 del Vecchio Codice riconosceva la possibilità di ricorrere all’uso di una procedura negoziata senza una previa pubblicazione del bando di gara. Nel dettaglio, la norma ammetteva la facoltà delle amministrazioni di aggiudicare appalti pubblici, senza pubblicazione del bando, al ricorrere di specifici presupposti dei quali l’amministrazione procedente avrebbe dovuto dare adeguatamente conto.

Alle amministrazioni aggiudicatrici, pertanto, era riconosciuta la possibilità di individuare gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e finanziaria e tecniche professionali desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e selezionare almeno cinque operatori economici.

In particolare, in base al secondo comma dell’art. 63 cit., la procedura appena vista, avrebbe potuto essere utilizzata nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi alternativamente:

  1. quando non fosse stata presentata alcuna offerta, o alcuna offerta appropriata; né alcuna domanda di partecipazione o alcuna domanda di partecipazione adeguata, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, purché le condizioni iniziali dell’appalto non fossero sostanzialmente modificate e purché fosse stata trasmessa una relazione alla Commissione europea, su sua richiesta;
  2. quando l’oggetto del contratto non avrebbe potuto essere affidato che unicamente ad un determinato operatore economico[6];
  3. nella misura strettamente necessaria, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili.

Nel solo caso delle forniture, si consentiva il ricorso a tale peculiare modalità:

  1. quando i prodotti oggetto dell’appalto fossero stati fabbricati esclusivamente a scopo di ricerca, di sperimentazione, di studio o di sviluppo, salvo che si trattasse di produzione in quantità volta ad accertare la redditività commerciale del prodotto o ad ammortizzare i costi di ricerca e di sviluppo;
  2. nel caso di consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate al rinnovo parziale di forniture o di impianti o all’ampliamento di forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obblighi l’amministrazione aggiudicatrice ad acquistare forniture con caratteristiche tecniche differenti, il cui impiego o la cui manutenzione avesse comportato incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate;
  3. per forniture quotate e acquistate sul mercato delle materie prime;
  4. per l’acquisto di forniture o servizi a condizioni particolarmente vantaggiose, da un fornitore che avesse cessato definitivamente l’attività commerciale oppure dagli organi delle procedure concorsuali.

Ancora, esclusivamente in relazione ai servizi, l’affidamento di cui all’art. 63 cit., era ammesso qualora l’appalto avesse fatto seguito ad un concorso di progettazione e avesse dovuto, in base alla normativa, essere aggiudicato al vincitore o ad uno dei vincitori del concorso.

Da ultimo, si ammetteva il ricorso a questa procedura “snella” con riferimento ai nuovi lavori o servizi consistenti nella ripetizione di lavori o servizi analoghi, già affidati all’operatore economico aggiudicatario dell’appalto iniziale dalle medesime amministrazioni aggiudicatrici, a condizione che tali lavori o servizi fossero conformi al progetto a base di gara e che tale progetto fosse stato oggetto di un primo appalto aggiudicato secondo una procedura aperta.

3. Le principali questioni applicative sorte durante la vigenza del Vecchio Codice: il principio di rotazione.

La disciplina in commento è stata oggetto di numerose disquisizioni teorico-applicative di evidente impatto.

Il Vecchio Codice, come visto, consentiva di procedere in modo più rapido e snello all’affidamento di contratti, riconoscendo alle amministrazioni procedenti ampia discrezionalità, necessariamente bilanciata dal puntuale rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione.

Rilevante è stato il dibattito sorto soprattutto in relazione all’applicazione pratica del principio di rotazione[7], da ultimo menzionato. Principio applicativo, come si vedrà, notevolmente interessato dall’approvazione del Codice.

Al riguardo, è stato chiarito dalla giurisprudenza, utile anche ai fini dell’interpretazione e concreta applicazione del Codice vigente, che tale principio costituirebbe un “necessario contrappeso” alla discrezionalità riconosciuta a favore dell’amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata[8].

Esso ha infatti l’obiettivo di evitare “la cristallizzazione di relazioni esclusive tra la stazione appaltante ed il precedente gestore”[9] e la conseguente formazione di “rendite di posizione”, perseguendo “l’effettiva concorrenza, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo all’amministrazione di cambiare per ottenere una miglior prestazione”[10].

In questa ottica, non sarebbe stata casuale la scelta del Legislatore di imporre il rispetto del principio della rotazione già nella fase dell’invito degli operatori alla procedura di gara, dal momento che lo scopo, sarebbe stato, quello di “evitare che il gestore uscente, forte della conoscenza della strutturazione del servizio da espletare acquisita nella precedente gestione, possa agevolmente prevalere sugli altri operatori economici pur se anch’essi chiamati dalla stazione appaltante a presentare offerta e, così, posti in competizione tra loro”[11]. Indefettibile presupposto logico del principio di rotazione, sarebbe dunque l’omogeneità del servizio posto a gara rispetto a quello svolto dal soggetto nei cui confronti opera l’inibizione[12].

Si è quindi sostenuto che la normativa contenesse una regola “pro-competitiva”, funzionalmente preordinata a garantire l’ingresso di piccole e medie imprese in mercati, per loro natura, ristretti; una regola in grado di comprimere, entro i limiti della proporzionalità, la parità di trattamento che va garantita anche al gestore uscente. A questi, infatti, si imponeva, sostanzialmente, di “saltare” il primo affidamento, in modo da posizionarlo su un piano paritario rispetto agli altri concorrenti alla successiva procedura indetta[13], così rispettando i principi scalfiti nell’art. 97 della Costituzione, e non ponendosi in contrasto con i principi di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, poiché “l’aumento delle chances di partecipazione dei competitors esterni (assicurata dal principio di rotazione) favorisce l’efficienza e l’economicità dell’approvvigionamento dei servizi”[14]. Nel dettaglio, in tal senso, si è espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha richiamato la necessità di un pieno rispetto dei principi del Trattato dell’Unione Europea in relazione a qualunque tipologia contrattuale, tale da suscitare l’interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti[15].

Il Consiglio di Stato ha finanche chiarito che sarebbero irrilevanti, e comunque inidonei a compensare la mancata osservanza del principio di rotazione, funzionale, come si è detto, ad assicurare i principi di concorrenzialità e massima partecipazione degli operatori economici alle procedure di affidamento, “gli accorgimenti procedurali predisposti dalla stazione appaltante (…) Infatti, (…) l’avviso non costituisce atto di indizione di una procedura di gara concorsuale, ma un’indagine conoscitiva di mercato non vincolante tesa ad individuare operatori economici da invitare alla successiva procedura negoziata sicché, già nella fase successiva dell’invito, per espressa statuizione (…) si innesta la regola dell’esclusione del gestore uscente: in definitiva, lo strumento della manifestazione di interesse, pur strumentale a garantire la più ampia partecipazione possibile agli operatori economici da invitare, non rende affatto superflua la rotazione.”[16]

In ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, affermava l’Autorità, nelle Linee Guida, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce; ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto; alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici; affidamenti o inviti disposti, senza adeguata giustificazione, ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali opera il divieto di invito o affidamento, ad esempio per la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 80, comma 5, lettera m) del Vecchio Codice.

4. Nuova disciplina e chiarimenti offerti dall’ANAC.

L’approvazione del Codice, come si diceva, ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nella materia della contrattualistica pubblica e, soprattutto, nella disciplina degli affidamenti diretti dei contratti. La riforma che ha condotto al Codice, infatti, ha recepito alcuni degli approdi giurisprudenziali formatisi in merito e dato seguito alle indicazioni fornite da parte dell’ANAC.

La stessa Autorità, da ultimo, è intervenuta lo scorso 30 luglio 2024, approvando un Vademecum informativo per gli affidamenti diretti, pubblicato il 7 agosto[17] (di seguito il “Vademecum”) nel quale forniscono indicazioni pratiche molto utili al fine di chiarire il quadro normativo, così come modificato a seguito dell’entrata in vigore del Codice.

Anzitutto, preliminarmente, il Codice offre una definizione di affidamento diretto, all’allegato I.3, art. 3, lett. d), a tenore del quale, dicasi affidamento diretto, l’ “affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’art. 50 comma 1 lett. a) e b) del Codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo Codice”.

Il Codice, poi, innovando rispetto al passato, si apre con il Libro I, Parte I dedicata ai “Principi” che riguardano l’intera materia dei contratti pubblici.

Come si legge nella relazione illustrativa al Codice, i principi generali esprimono “valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico”, hanno una “memoria del tutto” che le singole e specifiche disposizioni non possono avere, pur essendo ad esso riconducibili. Essi sono, inoltre, caratterizzati da una “prevalenza di contenuto deontologico” in confronto con le singole norme, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione genetica rispetto alle singole norme.

In sostanza, attraverso la codificazione dei principi, il Legislatore ha tentato di favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità in un settore, come quello del public procurement, in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze[18].

Il ricorso ai principi assolve, quindi, ad una funzione di completezza dell’ordinamento giuridico e di garanzia della tutela di interessi che altrimenti non troverebbero adeguata sistemazione nelle singole disposizioni. Ciò avviene, per quanto qui di interesse, anche con riferimento alle disposizioni relative all’affidamento diretto.

A riguardo, l’art. 48, che apre la Parte I, del Libro II, detta la disciplina comune applicabile ai contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, in attuazione della lettera e) del comma 2 dell’art. 1 della Legge di delega al Codice, 21 giugno 2022, n. 78 (di seguito “Legge Delega”), in particolare stabilendo i principi generali cui i relativi affidamenti devono ispirarsi.

La norma stabilisce espressamente che l’affidamento e l’esecuzione dei contratti sotto soglia, si svolgono nel rispetto dei principi detti, di cui al Libro I, Parte I e II, ed in particolare, nel rispetto dei principi di risultato[19], fiducia, accesso al mercato.

Quanto detto, salvo che venga accertata l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, nel qual caso si devono seguire le procedure ordinarie.

La previsione in esame tra origine dalla giurisprudenza comunitaria consolidatasi sul punto, secondo la quale gli appalti di valore inferiore alle soglie comunitarie, pur non soggetti alle norme specifiche delle direttive sugli appalti pubblici, devono essere aggiudicati in modo trasparente e competitivo se presentano un interesse transfrontaliero certo.

Giova, per completezza, ricordare, rapidamente, che, secondo i parametri offerti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[20], l’interesse transfrontaliero certo, si desume:

  1. in ragione del valore stimato del contratto;
  2. in relazione alla propria tecnicità o all’ubicazione dei lavori in un luogo idoneo ad attrarre l’interesse di operatori esteri;
  3. in relazione alle caratteristiche tecniche dell’appalto e del settore di riferimento (struttura del mercato, sue dimensioni e prassi commerciali in esso praticate)
  4. tenuto conto dell’esistenza di denunce presentate da operatori ubicati in altri Stati membri, purché sia accertato che queste ultime sono reali e non fittizie.

La previsione tiene altresì conto di quanto stabilito nella lettera della Commissione europea del 6 aprile 2022, di messa in mora dell’Italia, la quale, al punto 2.3., occupandosi della disciplina introdotta dai Decreti Legge 16 luglio 2020, n. 76 e 31 maggio 2021, n. 77, ha ritenuto la suddetta disciplina violativa dei principi europei di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione, laddove non obbliga la stazione appaltante a valutare se l’appalto presenti un interesse transfrontaliero certo.

Si vuole sottolineare un punto di continuità rispetto al Vecchio Codice il quale, all’art. 97, comma 8, poneva già all’attenzione la necessità di inquadrare correttamente la nozione di carattere “transfrontaliero” del contratto, ai fini dell’esclusione automatica dalle procedure.

La disposizione in parola, infatti, prevedeva che per lavori, servizi e forniture, quando il criterio di aggiudicazione fosse stato quello del prezzo più basso e comunque per importi inferiori alle soglie comunitarie, di carattere non transfrontaliero, la stazione appaltante prevedesse nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentassero una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia.

Anche l’ANAC, nelle Linee Guida, come visto, aveva volto l’attenzione sul tema, statuendo che per l’affidamento di appalti e concessioni di interesse transfrontaliero certo, le stazioni appaltanti adottassero procedure di aggiudicazione adeguate e utilizzassero mezzi di pubblicità atti a garantire in maniera effettiva ed efficace l’apertura del mercato alle imprese estere.

Continuando nella disamina della disciplina oggi vigente, l’art. 49 del Codice, positivizza gli approdi a cui erano giunti parallelamente giurisprudenza ed ANAC, in merito all’analizzato principio di rotazione. Il principio in questione, infatti, costituisce oggi un vero e proprio principio generale degli affidamenti dei contratti sottosoglia, in attuazione dell’art. 1, comma 2, lett. e), della Legge Delega.

La disposizione, sebbene si collochi in posizione di continuità rispetto al passato, innova la portata del principio di cui trattasi, definendone in maniera più chiara e attenta i presupposti applicativi.

Il Codice impone infatti il rispetto del principio di rotazione, come avveniva in passato, già nella fase degli inviti, al precipuo scopo di evitare che il gestore uscente, possa agevolmente prevalere sugli altri operatori di mercato.

Viene altresì confermato che la rotazione si applica con riferimento all’affidamento immediatamente precedente, nei casi in cui i due consecutivi affidamenti abbiano ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico[21], ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi; e che, ai fini della rotazione, la stazione appaltante, con proprio provvedimento, può ripartire gli affidamenti in fasce in base al valore economico e la rotazione si applica con riferimento a ciascuna fascia[22].

Innovando rispetto al passato, però, l’art. 49 prevede che il principio di rotazione si applichi solo a carico del soggetto che abbia conseguito la precedente aggiudicazione, con esclusione, dunque, di coloro che siano stati soltanto invitati alla precedente procedura, senza risultare aggiudicatari.

L’ANAC, in un documento trasmesso al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ed alla Cabina di regia per il Codice dei contratti pubblici recante “Codice Appalti, numerose criticità. Le proposte di Anac per la revisione” del 23 luglio 2024 (di seguito “Proposte di Modifica”), ha indicato alcune criticità della disciplina, come emerse ad un anno dall’entrata in vigore del Codice.

Tra le diverse criticità evidenziate all’interno delle Proposte di Modifica, l’ANAC, ha posto l’attenzione sulla formulazione dell’art. 49, precisando come per compensare le inefficienze dovute all’assenza di un confronto concorrenziale, occorrerebbe un rafforzamento del principio di rotazione[23], come attualmente previsto dalla norma.

In particolare, come visto, la norma non dispone, per i contratti di appalto di valore inferiore alle soglie europee, l’applicazione della rotazione nei confronti degli operatori economici invitati e non affidatari del precedente contratto, laddove, invece, la rotazione degli inviti è espressamente prevista dall’articolo 187 del Codice per le concessioni di importo inferiore alle soglie europee. L’Autorità, pertanto, ha suggerito ed auspicato ad una modifica del dettato normativo, pensando di estendere il principio di rotazione degli inviti, oltre che degli affidamenti, a tutte le tipologie di contratti sottosoglia.

La norma non ripropone il riferimento ai “tre anni solari” espressamente previsto nelle Linee Guida, e non indica nemmeno alcun diverso arco temporale, dovendo il contraente uscente di fatto “saltare un turno” (due affidamenti consecutivi)[24] prima di poter legittimamente conseguire un nuovo affidamento da parte della stessa stazione appaltante.

Ancora, innovativo rispetto al passato, il comma quarto dell’art. 49, il quale prevede una deroga al principio di rotazione, con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto. Trattasi di presupposti concorrenti e non alternativi tra loro, i quali devono essere specificamente rappresentati negli atti di gara e, in relazione ai quali, la stazione appaltante deve dare adeguata, puntuale e rigorosa motivazione[25].

Dando seguito a quanto indicato all’interno delle Linee Guida, l’art. 49 ha innalzato, al comma 6, la soglia dell’importo al di sotto del quale è possibile derogare al principio di rotazione, passando da €1.000, indicato dall’ANAC, a € 5.000[26].

Di rilevante impatto è l’art. 50 che, riprendendo nella sostanza, con alcune modifiche lessicali e alcune puntualizzazioni contenutistiche, il testo dell’art. 1, comma 2, del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, amplia notevolmente l’ambito di applicazione dell’affidamento diretto, intervenendo direttamente sugli importi dei contratti da affidare. In particolare, oggi, è consentito l’affidamento diretto:

  • di lavori di importo inferiore a € 150.000;
  • di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a € 140.000.

Evidente, quindi, l’innalzamento delle soglie economiche entro cui è legittimo l’affidamento diretto. Ciò giustifica anche il forte incremento degli affidamenti diretti, del quale si è dato atto supra. All’interno delle Proposte di Modifica, l’Autorità ha sottolineato la necessità di ridurre le soglie per l’affidamento diretto, al fine di “stimolare il confronto competitivo anche nell’ottica del perseguimento del principio del risultato”.

Le soglie elevate, secondo l’ANAC, infatti, si sarebbero ben potute giustificare in un momento di particolare urgenza, per accelerare l’avvio degli affidamenti. Ma in un periodo di “normalità”, si legge, una soglia elevata ridurrebbe “il confronto concorrenziale tra le imprese” e, pertanto, il grado di trasparenza; rischierebbe di escludere dal mercato le piccole e medie imprese non conosciute dalle stazioni appaltanti, favorirebbe comportamenti elusivi da parte delle stazioni appaltanti che potrebbero essere indotte a frazionare gli importi a base di gara per evitare il confronto concorrenziale[27].

Non solo, secondo l’Autorità, sarebbe opportuno prevedere il divieto di una determinazione artificiosa dell’importo dell’affidamento al fine di eludere il rispetto del principio di rotazione; ed una specifica previsione che obblighi la stazione appaltante a dar conto, nella decisione di contrarre oggetto di pubblicazione, delle ragioni della scelta dell’affidatario e di eventuali comparazioni di prezzi effettuate, tenuto conto anche dell’ausilio che in tal senso è fornito alle amministrazioni dalle piattaforme telematiche di acquisto, che consentono di svolgere comparazioni di prezzi senza alcun aggravio al procedimento[28].

La norma, si precisa, acconsente all’affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici, a condizione che si assicuri il possesso da parte degli operatori scelti, di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante. Con riferimento all’istituzione di albi o elenchi, l’art. 1, comma 3, dell’allegato I.3 al Codice, prevede che le stazioni appaltanti possano dotarsi di apposito regolamento nel quale disciplinare, modalità di costituzione e di revisione dell’Elenco degli operatori economici, distinti per categoria e fascia di importo; criteri per la scelta dei soggetti da invitare, o a cui richiedere preventivi.

In pratica, concretamente, ove istituiti, per mezzo di elenchi o gli albi, l’operatore economico da una parte, è tenuto ad attestare il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva e ad informare tempestivamente la stazione appaltante delle eventuali variazioni intervenute nel possesso dei requisiti. Dall’altra, la stazione appaltante procede alla valutazione delle istanze di iscrizione nel termine di 30 giorni dalla ricezione, fatta salva la previsione di un maggiore termine, non superiore a 90 giorni, in funzione della numerosità delle istanze; e stabilisce le modalità di revisione dell’elenco, con cadenza prefissata, o al verificarsi di determinati eventi e, comunque, procede alla cancellazione degli operatori che abbiano perduto i requisiti richiesti[29].

Come si vedeva, poi, il Codice si riferisce oggi alla necessaria sussistenza di “documentate esperienze idonee all’esecuzione”, e non più ad “esperienze analoghe”, come si indicava nel Vecchio Codice. Ciò, al fine di “ampliare il margine valutativo della stazione appaltante”, posta nella condizione di apprezzare attività precedenti dell’operatore economico in ambiti anche non strettamente analoghi all’oggetto della gara ma tuttavia idonei a garantite la buona riuscita dell’affidamento[30].

Il comma 9 dell’art. 50, inoltre, introduce l’obbligo di pubblicazione dell’avviso dei risultati, per gli affidamenti diretti di importo inferiore a € 40.000. Ciò, si legge dalla relazione illustrativa al Codice, al fine di rendere più estesa la trasparenza e conoscibilità dell’operato della stazione appaltante, per bilanciare la maggiore semplificazione[31].

La norma, quindi, conferma il non necessario ricorso all’effettuazione di preventiva indagini di mercato; la non necessaria acquisizione di una pluralità di preventivi; la centralità della decisione a contrarre; la discrezionalità della stazione appaltante nella individuazione delle modalità con cui devono essere documentare le “esperienze idonee” ossia le precedenti attività espletare dall’operatore economico in ambiti, anche non strettamente analoghi all’oggetto della gara ma tuttavia idonei a garantire la buona riuscita dell’affidamento.

In merito, giova precisare, come anche puntualizzato dall’ANAC[32], che si assiste ad una “procedimentalizzazione” del ricorso all’affidamento diretto, senza che ciò lo trasformi in una vera e propria procedura ad evidenza pubblica[33].

L’art. 52 del Codice, prevede, poi, una modalità semplificata per la verifica dei requisiti in riferimento agli affidamenti diretti, al fine di ovviare alle difficoltà correlate ad una verifica sistematica del possesso dei requisiti di partecipazione nelle ipotesi di microaffidamenti[34]. Ci si limita a richiedere, infatti, che gli operatori attestino, tramite apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà il possesso dei requisiti di partecipazione e di qualificazione richiesti.

Spetterà poi alla stazione appaltante, concretamente, procedere alla verifica circa il possesso dei requisiti, con modalità molto flessibili, anche attraverso il sorteggio a campione, individuato con criteri da predeterminarsi annualmente.

In assenza di uno dei requisiti richiesti, la stazione appaltante procederà alla risoluzione del contratto, all’escussione della eventuale garanzia definitiva, alla comunicazione all’ANAC e alla sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure di affidamento indette dalla medesima stazione appaltante per un periodo da uno a dodici mesi decorrenti dall’adozione del provvedimento. Vengono quindi confermate le conseguenze sanzionatorie derivanti dagli accertamenti con esito negativo, effettuati da parte della stazione appaltante, in merito alla dichiarazione fatta dall’operatore.

Sul punto, l’Autorità ha evidenziato la natura strettamente afflittiva delle misure a disposizione della stazione appaltante, in caso di riscontrata carenza dei requisiti. In particolare, con specifico riferimento alla sospensione dell’operatore economico dalle procedure indette dalla medesima stazione appaltante, misura di nuova introduzione rispetto al Vecchio Codice, l’ANAC parla di una vera e propria misura sanzionatoria di carattere interdittivo fortemente impattante sulla libera iniziativa economica degli operatori, i quali si vedrebbero così fortemente ostacolati nella prosecuzione dei rapporti negoziali con la medesima stazione appaltante.

È per questa ragione che, l’ANAC, ha sottolineato la crucialità del rispetto dei principi di “stretta legalità”, di irretroattività del provvedimento afflittivo, di proporzionalità e di contraddittorio, nell’ambito del procedimento da avviarsi a seguito della comunicazione per falsa dichiarazione, preordinato all’adozione del provvedimento sanzionatorio nei confronti dell’operatore economico[35].

L’art. 53 esclude l’obbligo di garanzia provvisoria per gli affidamenti diretti, prevedendo, inoltre, un alleggerimento anche in ordine alla cauzione definitiva, statuendo che “in casi debitamente motivati è facoltà della stazione appaltante non richiedere la garanzia definitiva per l’esecuzione dei contratti (…). Quando richiesta, la garanzia definitiva è pari al 5 per cento dell’importo contrattuale.” A tal riguardo l’ANAC con parere del 26 settembre 2024, ha evidenziato che, in considerazione della ratio rinvenibile nell’esigenza di semplificazione delle procedure, il richiamato comma 4 dell’art. 53 non stabilisce vincoli né detta preclusioni in ordine ai motivi che possono giustificare la mancata richiesta della garanzia definitiva[36].

Dunque, in conclusione, la procedura di affidamento diretto oggi prevede in concreto tre fasi: una fase preliminare, una di selezione “informale”, e la terza, di affidamento.

Nella prima fase, preliminare, si assiste alla nomina del RUP, alla predisposizione di una relazione progettuale semplificata da porre a base dell’affidamento diretto.

Nella fase successiva, di selezione “informale”, si procede con una eventuale indagine di mercato o chiesta di preventivi e, conseguentemente alla verifica dei requisiti per gli affidamenti con importo superiore a 40.000.

Al termine di tale fase, si può, definitivamente procedere con la determina di affidamento e la pubblicazione della stessa nella sezione “amministrazione trasparente”.

Si vedrà se il Legislatore, nel prossimo futuro, deciderà di recepire le sollecitazioni provenienti dall’Autorità, modificando la disciplina di settore, oppure procederà nella sua intenzione di alleggerire i già pesanti carichi delle stazioni appaltanti.

La sfida, oggi, nella materia in commento, rimane sempre la stessa: la necessità di definire nel nostro ordinamento un adeguato bilanciamento tra una normativa in grado di tutelare in modo completo e soddisfacente l’affidamento delle commesse pubbliche contro i possibili rischi di infiltrazioni illecite, e l’importanza di avere delle regole preordinate ad incrementare l’efficientamento delle procedure ad evidenza pubblica, con conseguente riduzione di tempi e costi a carico delle stazioni appaltanti e degli operatori di settore.

Nel frattempo, le commesse aumentano, i tempi si riducono e gli affidamenti diretti diventano sempre più diffusi.


[1] Giurisprudenza Italiana, n. 11, 1 novembre 2009, p. 2546, Nota a sentenza di Reinstadler Armin e Reinalter Andreas. Per conclusioni parzialmente diverse, , v. Secco, La compatibilità con il diritto comunitario del modello dell’affidamento diretto dei servizi pubblici locali, in Osservatorio di diritto comunitario e nazionale sugli appalti pubblici (www.jus.unitn.it).

[2] Sent. Consiglio di Stato, 31 marzo 2009, n. 6720.

[3] art. 1, comma 2, lett. e) Legge 21 giugno 2022, n. 78, recante la “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”.

[4] ex multis, Corte di giustizia, sent. del 6 ottobre 2016, resa nel caso Tecnoedi Costruzioni (causa C‑318/15). A tale proposito, l’Autorità evidenziava l’importanza di una verifica corretta e puntuale, che non si traducesse in una valutazione ipotetica basata su elementi astratti, bensì fosse il risultato di un’analisi “concreta delle circostanze dell’appalto in questione quali, a titolo esemplificativo, l’importo dell’appalto, in combinazione con il luogo di esecuzione dei lavori o, ancora, le caratteristiche tecniche dell’appalto e le caratteristiche specifiche dei prodotti in causa, tenendo anche conto, eventualmente, dell’esistenza di denunce (reali e non fittizie) presentate da operatori ubicati in altri Stati membri.

[5] Si veda la Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 179/02, relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici».

[6] Per diverse ragioni: o perché lo scopo dell’appalto era quello di creare o acquisire un’opera d’arte o una rappresentazione artistica unica; o perché la concorrenza era assente per motivi tecnici; o per ragioni di tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale.

[7] Si veda, sul punto, S. Fata, Il regime giuridico dell’affidamento diretto di servizi e forniture ed il principio di rotazione, Urbanistica e appalti, n. 5, 1 settembre 2023, p. 541; E. Giardino, Gli affidamenti sotto soglia, in Giornale di diritto amministrativo, n. 3, 1 maggio 2023, p. 345.

[8] Sent. Consiglio di Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6160.

[9] Sent. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 20 aprile 2022, n. 1130.

[10] Sent. Consiglio di Stato, sez. VI, 4 giugno 2019, n. 3755.

[11] Sent. T.A.R. Veneto, sez, III, 19 gennaio 2022, n. 132; cfr. sentt. Consiglio di Stato, sez. V, 12 giugno 2019, n. 3943; 5 marzo 2019, n. 1524; 13 dicembre 2017, n. 5854.

[12] Sent. T.A.R. Veneto, sez, III, 19 gennaio 2022, n. 132; cfr. sent. Consiglio di Stato, sez. V, 5 marzo 2019, n. 1524; sentt. Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2020, n. 2655; 31 marzo 2020, n. 2182.

[13] Sent. T.A.R. Veneto, sez, III, 19 gennaio 2022, n. 132.

[14] Sent. Consiglio di Stato, sez. V, 6 giugno 2019, n. 3831; Sent. Consiglio di Stato, sez. VI, 31 agosto 2017, n. 4125; cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 20 aprile 2022, n. 1130; T.A.R. Toscana, sez. II, 23 marzo 2017, n. 454 e T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 9 giugno 2016, n. 372.

[15] C. Giust. UE, ordinanza 3 dicembre 2001, C-59/00; Id., sentenza 7 dicembre 2000, C-324; in tal senso anche, sent. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168.

[16] Sent. Consiglio di Stato, sez. V, 6 giugno 2019, n. 3831.

[17] Consultabile su www.anticorruzione.it., “Vademecum informativo per gli affidamenti diretti di lavori di importo inferiore a 150.000,00 euro, e di forniture e servizi di importo inferiore a 140.000 euro”. In merito, si sottolinea l’importanza che il Vademecum assume, soprattutto in relazione al fatto che, con l’approvazione del Codice, l’ANAC ha perso il suo ruolo, da molti definito, “normativo”, che si manifestava nell’adozione di linee guida preordinate e regolare spazi lasciati vuoti dal Legislatore nella materia.

[18] Relazione Illustrativa al Codice, pg. 11.

[19] Rispetto al principio del risultato, si richiama il parere reso dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al quesito del 3 giugno 2024, n. 2577, secondo cui “la facoltà delle stazioni appaltanti di acquisire lavori, servizi e forniture mediante procedura negoziata anche entro le fasce di importo per le quali è previsto l’affidamento diretto deve essere esercitata in applicazione del principio del risultato di cui all’art. 1 del Codice che impone, tra l’altro, alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di perseguire il risultato dell’affidamento del contratto con la massima tempestività, tenendo altresì conto del divieto di aggravamento del procedimento sancito dall’art. 1, comma 2, della L. 241/1990, richiamata dall’art. 12 del Codice dei contratti. In assenza di termini specifici per l’affidamento diretto”. Secondo l’ANAC, parere in funzione consultiva n. 13 del 2024, il principio del risultato costituisce “attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità (..) è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea”.

[20] ex multis, Corte di giustizia, sent. del 6 ottobre 2016, resa nel caso Tecnoedi Costruzioni (causa C‑318/15).

[21] In merito, giova ricordare l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza durante la vigenza del Vecchio Codice, secondo cui è inapplicabile il principio di rotazione, solamente nel caso di “sostanziale alterità qualitativa”, ovvero più chiaramente, di diversa natura delle prestazioni oggetto del precedente e dell’attuale affidamento (sent. Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2020, n. 2655; cfr. sent. Consiglio di Stato, sez. V, 5 marzo 2019, n. 1524). In dottrina c’è chi ha sottolineato come la norma utilizzi “volutamente espressioni piuttosto ampie come ‘categoria e/o settore merceologico’ al fine di rendere la rotazione inapplicabile solo in ipotesi residuali in cui non vi sia alcun collegamento tra le attività precedentemente affidate e quelle nuove” in U. Realfonzo – R. Berloco, Commentario al Nuovo Codice dei contratti pubblici, I, Palermo, 2023, 313.

[22] Relazione Illustrativa al Codice, pg. 73.

[23] ANAC, Codice Appalti, numerose criticità. Le proposte di Anac per la revisione, 23 luglio 2024, consultabile tramite https://www.anticorruzione.it/

[24] Vademecum ANAC, pg. 3.

[25] Vademecum ANAC, pg. 4. A riguardo, si ricordi anche il parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del 29 giugno 2023, n. 2084, il quale ha chiarito che “la stazione appaltante può derogare al principio di rotazione dando motivazione su tutti i requisiti di cui all’art. 49, co. 4, D.lgs. 36/2023, in esplicazione della discrezionalità amministrativa. La disposizione in esame impone una verifica concreta e specifica, come emerge dalla formula di apertura della disposizione.” Ancora, la stessa Autorità, nel parere reso in funzione consultiva, n. 58 del 2023, ha chiarito, ribadendo quanto detto, che “nel caso di affidamento dello stesso contratto all’impresa “uscente”, deve essere attentamente valutata dalla stazione appaltante, previa verifica concreta e specifica, l’esistenza dei presupposti legittimanti la deroga al principio di rotazione, fornendo adeguata e puntuale motivazione in relazione a tutte le condizioni indicate dall’art. 49, comma 4, del Codice. A tal riguardo la stazione appaltante è tenuta ad illustrare le ragioni specifiche che hanno condotto a tale scelta e le motivazioni per cui non risultino percorribili alternative differenti, motivando puntualmente in ordine alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché al particolare e difficilmente replicabile grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale”.

[26] I contratti di tale importo, inoltre, come chiarito dall’ANAC nella FAQ 7, sono comunque soggetti agli obblighi di digitalizzazione. Il termine indicato nella FAQ detta, tuttavia, è stato prorogato con Comunicato del Presidente del 28 giugno 2024, fino al 31 dicembre 2024, in caso di impossibilità o di difficoltà.

[27] ANAC, Codice Appalti, numerose criticità. Le proposte di Anac per la revisione, 23 luglio 2024, consultabile tramite https://www.anticorruzione.it/, pg. 3.

[28] ANAC, Codice Appalti, numerose criticità. Le proposte di Anac per la revisione, 23 luglio 2024, consultabile tramite https://www.anticorruzione.it/, pg. 2.

[29] Vademecum ANAC, pg. 2.

[30] Relazione Illustrativa al Codice, pg. 74.

[31] Relazione Illustrativa al Codice, pg. 76.

[32] Vademecum ANAC, pg. 2.

[33] cfr. Giornale di diritto amministrativo, n. 4, 1 luglio 2024, p. 441, L. Carbone; sent. Consiglio di Stato, 15 gennaio 2024, n. 503.

[34] Relazione Illustrativa al Codice, pg. 79.

[35] Vademecum ANAC, pg. 5.

[36] Vademecum ANAC, pg. 6.

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Avv. Giusepppe Laurieri
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