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1. Considerazioni generali

La problematica dell’indicazione in offerta dei costi per la sicurezza aziendali resta una questione controversa. La giurisprudenza del Consiglio di Stato è recentemente intervenuta più volte sul punto, invertendo gradualmente rotta rispetto al proprio precedente orientamento consolidatosi, pur con qualche eccezione, nell’ultimo biennio.

Come è noto, il legislatore ha modificato ripetutamente negli ultimi anni gli articoli 86 e 87 del D. Lgs. n. 163/2006[1] in tema di quantificazione e valutazione della congruità degli oneri per la sicurezza allo scopo di rafforzare – mediante il progressivo restringimento dei margini di discrezionalità e di autonomia delle stazioni appaltanti e degli appaltatori – il sistema di tutele poste a salvaguardia della salute ed integrità dei lavoratori nei luoghi di lavoro, anche nell’ambito degli appalti pubblici.

La ratio delle norme in questione va ricercata innanzitutto nella volontà di porre l’attenzione delle stazioni appaltanti e delle imprese appaltatrici sulla necessaria individuazione di tutti i costi relativi alla sicurezza e sulla loro quantificazione, che deve essere frutto di una attenta ponderazione, al fine di garantirne la piena congruità rispetto alle primarie esigenze di tutela cui gli stessi costi sono finalizzati.

Intanto, appare utile ricordare la distinzione, accolta ormai pacificamente in dottrina e in giurisprudenza, tra costi relativi alla sicurezza da rischi di interferenze e costi per la sicurezza aziendali o da rischio specifico.

I primi sono i rischi derivanti dal contatto tra il personale della amministrazione committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano, in virtù di contratti differenti, nella stessa sede del committente. Si tratta dunque di rischi che la stazione appaltante è in grado di prevedere e quantificare perché attengono alla propria attività, alla propria struttura organizzativa e al tipo di appalto che la stessa è in procinto di bandire. Tali oneri non sono assoggettabili a ribasso per far sì che gli stessi non subiscano indebite contrazioni ad opera delle imprese concorrenti e per tutelare prioritariamente il bene costituzionalmente protetto della salute ed integrità dei lavoratori. 

I costi relativi alla sicurezza c.d. aziendali o da rischio specifico sono invece quei costi connessi ai rischi propri dell’attività specifica della singola impresa, conosciuti analiticamente – e perciò quantificabili con precisione – soltanto dalla stessa. Ad essi non è possibile estendere la previsione della non assoggettabilità a ribasso, in quanto gli stessi non sono quantificabili a priori dalla stazione appaltante perché alla stessa non noti. L’amministrazione, infatti, non può avere contezza delle caratteristiche specifiche delle attività di tutte le imprese che potranno, in ipotesi, partecipare ad una gara. Essi, peraltro, essendo strettamente connessi alla peculiare attività ed organizzazione della singola impresa offerente, sono correlati alle altre componenti dell’offerta e variano al variare di queste.

Le disposizioni del codice dei contratti che disciplinano la quantificazione precisa e la verifica di congruità di tali costi individuano quali primi soggetti destinatari dei precetti in esame le stazioni appaltanti, le quali, già in sede di redazione del DUVRI, ma anche in fase di predisposizione dei bandi di gara, devono procedere ad una attenta valutazione per individuare e quantificare analiticamente i costi relativi alla sicurezza da rischi di interferenze.

Alle stesse stazioni appaltanti è richiesto di effettuare la verifica della congruità dei costi per la sicurezza aziendali indicati dagli offerenti.

Il problema, con riferimento a questi ultimi, è quello di individuare quale sia la fase della procedura di gara in cui tali costi debbano essere evidenziati e valutati.

Vediamo di seguito le oscillazioni giurisprudenziali sul punto.

Il Consiglio di Stato è tornato sulla questione dell’obbligatoria indicazione in offerta degli oneri di sicurezza aziendali mettendo in discussione il precedente orientamento secondo il quale alla mancata indicazione degli stessi consegue l’esclusione del concorrente dalla gara.

2. L’orientamento consolidatosi sino al 2013: l’omessa indicazione in offerta è causa di esclusione

Il Consiglio di Stato, in particolare la terza Sezione, ha ripetutamente affrontato la tematica in esame e ha consolidato negli ultimi due anni una posizione così riassumibile: l’indicazione in sede di offerta degli oneri di sicurezza aziendali, non soggetti a ribasso, costituisce – sia nel comparto dei lavori che in quelli dei servizi e delle forniture – un adempimento imposto dagli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del Codice all’evidente scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura da affidare. In particolare, il Supremo Collegio sottolinea che <<stante la natura di obbligo legale rivestita dall’indicazione, resta irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non abbia richiesto la medesima indicazione, rendendosi altrimenti scusabile una ignorantia legis>>[2]. Da ciò discende che, trattandosi di indicazione che riguarda l’offerta e non una delle dichiarazioni relative ai requisiti di ammissione alla gara, non può ritenersene consentita l’integrazione mediante l’esercizio del c.d. soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante (ex art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006), pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.

Più specificamente, secondo tale orientamento, le norme in materia di oneri per la sicurezza hanno valore cogente ed immediatamente precettivo. Ciò comporta che l’omessa indicazione specifica degli stessi in offerta comporta la sanzione espulsiva, ingenerando incertezza ed indeterminatezza dell’offerta medesima e venendo, quindi, a mancare un elemento essenziale, ex art. 46, comma 1-bis citato. Così si legge ad esempio in Cons. Stato, III Sez., n. 348/2014: <<la giurisprudenza di questo Consiglio si è già pronunciata nel senso di riconoscere ai costi per la sicurezza da c.d. “rischio specifico” la valenza di un elemento essenziale, sulla scorta del dato normativo di cui agli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del Codice dei contratti, nonché dell’art. 26, comma 6, del d.lgs. 81/2008, “sul fondamentale rilievo del carattere immediatamente precettivo delle norme di legge che prescrivono di indicare tali costi distintamente, norme idonee come tali ad eterointegrare le regole della singola gara, ai sensi dell’art. 1374 c.c. e ad imporre, in caso di loro inosservanza, l’esclusione dalla procedura”>>[3].

Considerata la valenza di elemento essenziale dell’offerta, non è ammissibile l’integrazione postuma di un’offerta originariamente incompleta. Sotto questo profilo, l’omessa specificazione degli oneri di sicurezza aziendali (e, a maggior ragione, di quelli da interferenze) <<configura un’ipotesi di “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice”, idoneo a determinare “incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta” per difetto di un elemento essenziale di quest’ultima. La sanzione per l’omessa indicazione degli oneri stessi – sia aziendali che da interferenza – è, dunque, l’esclusione dell’offerta dalla procedura perché incompleta e/o indeterminata; in caso contrario si giungerebbe alla conseguenza della vanificazione delle disposizioni del codice dei contratti sopra citate, che ne impongono la specifica indicazione>>[4].

Secondo l’orientamento della Terza Sezione del Consiglio di Stato l’offerta economica mancante dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendali deve essere esclusa per mancanza di un elemento essenziale, anche in assenza di specifica comminatoria di esclusione nella lex specialis.

3. L’esclusione dell’offerta per mancata indicazione degli oneri di sicurezza si applica a tutti i tipi di appalto

In sintesi, secondo l’orientamento sin qui esaminato, l’offerta economica priva dell’indicazione degli oneri di sicurezza, sia da interferenze che aziendali, manca di un elemento essenziale e costitutivo, con conseguente applicazione della sanzione dell’esclusione dalla gara anche in assenza di una specifica previsione in seno alla lex specialis; ciò in forza della natura immediatamente precettiva della disciplina de qua, idonea ad eterointegrare le regole fissate dalla stazione appaltante. Gli oneri di sicurezza, dunque, costituiscono un elemento essenziale dell’offerta, per cui la loro omessa indicazione deve ritenersi afferente e parte integrante l’elenco delle cause specifiche di esclusione previste dall’art. 46, comma 1-bis del Codice. Tale impostazione viene ritenuta applicabile a tutti i tipi di appalto: lavori, servizi e forniture[5].

L’applicazione dell’obbligo di indicazione in offerta degli oneri di sicurezza aziendali anche per le gare di lavori pubblici è stata in realtà molto discussa. La dizione letterale del comma 4 dell’art. 87 che fa esclusivo riferimento ai servizi e alle forniture, farebbe propendereper un’applicazione della norma ai soli appalti di servizi e forniture. Secondo l’orientamento giurisprudenziale sin qui esaminato, la portata generale di tale disposizione – e della sua applicabilità a tutte e tre le categorie di appalti senza alcuna distinzione – sarebbe invece sostenibile alla luce di diverse argomentazioni. In primo luogo, come detto, la stretta correlazione contenutistica tra il comma 4 dell’art. 87 e il comma 3-bis dell’art. 86, che costituisce il presupposto del primo, in tema di oneri relativi alla sicurezza. In secondo luogo, la collocazione di entrambe le norme nella parte generale del Codice dei contratti, applicabile a tutte e tre le tipologie di appalti. In terzo luogo, l’attuale vigenza di altra norma in tema di costi relativi alla sicurezza, avente portata generale, cioè del citato art. 26, D. Lgs. n. 81/2008, che, come visto sopra, si riferisce espressamente a <<lavori, servizi e forniture>>[6].

L’orientamento della terza Sezione per il quale la mancata indicazione in offerta degli oneri per la sicurezza costituisce causa di esclusione dalla gara si applica a tutti i tipi di appalto: lavori, servizi e forniture.

4. Sugli appalti di lavori pubblici il Consiglio di Stato muta opinione

Una prima breccia in direzione contraria, proprio con riferimento agli appalti di lavori pubblici, è stata aperta dalla quinta Sezione del Consiglio di Stato, la quale, evidentemente non condividendo l’interpretazione impostata nel tempo dalla terza Sezione, sicuramente non ispirata al favor partecipationis, ha offerto una diversa lettura delle norme in esame.

Nella pronuncia n. 4964/2013, il Supremo Collegio affronta la problematica dell’omessa indicazione in offerta degli oneri di sicurezza aziendali in una gara di lavori e giunge a ribaltare la sentenza del TAR oggetto di impugnazione, aderente invece all’orientamento sin qui esaminato.

I giudici di seconde cure hanno sostenuto infatti che occorre distinguere i lavori da una parte ed i servizi e forniture dall’altra. Solo per questi ultimi l’art. 87, comma 4 del Codice, infatti, impone uno specifico obbligo dichiarativo alle imprese concorrenti, mentre per i lavori si deve fare riferimento alla quantificazione operata dalla stazione appaltante. Più precisamente, la quantificazione degli oneri di sicurezza nei lavori è rimessa al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’art. 100 D. Lgs. n. 81/2008, predisposto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 131 del Codice dei contratti.

A sostegno di tale impostazione interpretativa, il Collegio richiama alcune disposizioni regolamentari: l’art. 24, il quale, al comma 3, include tra i documenti da allegare al progetto definitivo proprio il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 100 D. Lgs. n. 81/2008 citato, <<sulla base del quale determinare il costo della sicurezza, (…)>>, e l’art. 32, che prevede che nell’analisi delle spese generali, destinata a confluire nel computo metrico estimativo da porre a base di gara, debbano essere quantificate le <<spese di adeguamento del cantiere in osservanza del D. Lgs. n. 81/2008, di cui è indicata la quota di incidenza sul totale delle spese generali, ai fini degli adempimenti previsti dall’articolo 86, comma 3-bis, del codice>>.

La citata pronuncia, inoltre, propone una lettura diversa dell’art. 26, comma 6 del D. Lgs. 81/2008 citato, che prescrive che il costo del lavoro debba essere specificato per tutti i tipi di appalto, nel senso che lo stesso è norma di carattere generale ma deve essere necessariamente coordinata con le specifiche disposizioni del codice dei contratti, ovvero gli art. 87, comma 4 e 131 in tema di piano di sicurezza. Da ciò, conclude sostenendo che l’obbligo posto a carico delle imprese di indicare in offerta gli oneri di sicurezza aziendali concerne esclusivamente i settori dei servizi e delle forniture[7]. Torna in auge, a ben vedere, una interpretazione letterale dell’ultima parte del comma 4 dell’art. 87, che consente di trattare i concorrenti delle gare di lavori con minor rigore, nel senso di imporre loro meno oneri in sede di offerta.

Secondo tale nuovo orientamento, la speciale disciplina riservata agli appalti di lavori si connota per il fatto di prevedere un’analisi preventiva di tutti i costi di sicurezza, ad opera della stazione appaltante, la quale predispone il piano di sicurezza. Tale speciale disciplina trova la sua ragion d’essere nella maggiore rischiosità rinvenibile nella predisposizione di cantieri e nella conseguente necessità di una apposita pianificazione dei profili inerenti alla tutela dei lavoratori e delle misure di prevenzione dei rischi e degli oneri economici ad esse connessi.

Sulla medesima scia è anche una pronuncia più recente, sempre della quinta Sezione, la n. 3056/2014, secondo l’assunto per cui i concorrenti delle gare di lavori debbano indicare già nell’offerta i costi per la sicurezza aziendali si fonda su una non condivisibile esegesi dell’art. 86, comma 3-bis. In realtà, i primi destinatari della norma in questione sono gli enti aggiudicatori ai quali viene chiesto dal legislatore “nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte”, di effettuare uno specifico apprezzamento della congruità dei costi del lavoro e della sicurezza indicati dai concorrenti.

In altri termini, sono le stazioni appaltanti che hanno il compito di valutare adeguatamente gli oneri di sicurezza aziendali e la sede più idonea per farlo è proprio la fase di verifica di congruità dell’offerta economica, dunque una fase successiva a quella della gara vera e propria. A riprova di ciò vi sarebbe anche un dato testuale: la rubrica della disposizione in esame è <<Criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse>>.

E’ vero, sostiene il Collegio, che la medesima norma prevede che il costo in questione <<deve essere specificamente indicato>>, ma va precisato che tale indicazione è funzionale alla verifica di congruità dell’offerta e quindi all’assolvimento del precetto rivolto alle stazioni appaltanti.

Anche le disposizioni contenute nell’art. 87 si riferiscono alla fase di verifica della congruità delle offerte. E’ vero anche che, dal complesso delle disposizioni in esame, si ricava che le imprese sono tenute ad indicare i costi per la sicurezza nella loro offerta, ma ciò varrebbe, per espressa dizione di legge, per i soli appalti di servizi e forniture.

Per gli appalti di lavori, per contro, la disciplina è, secondo l’arresto giurisprudenziale in esame, significativamente diverso, giacché esso vieta giustificazioni (e dunque ribassi) rispetto agli “oneri relativi alla sicurezza” già stimati dalla stazione appaltante nel piano di sicurezza e coordinamento dalla stessa predisposto ai sensi del richiamato art. 131. Per contro, in nessuna parte delle disposizioni citate è previsto che per gli appalti di lavori si debbano indicare nell’offerta i costi per la sicurezza aziendale. E soprattutto, in nessuna parte è prevista la comminatoria di esclusione per l’omessa indicazione degli stessi: negli appalti di lavori, anzi, esiste già una rigorosa analisi dei costi in questione da parte della stazione appaltante nella fase della progettazione, in virtù di puntuali disposizioni del regolamento di attuazione di cui al d.p.r. n. 207/2010.

Negli appalti di lavori, i costi della sicurezza devono essere indicati dalla stazione appaltante nel piano di sicurezza e coordinamento. Pertanto, l’indicazione degli stessi nelle offerte non costituisce requisito di validità delle medesime.

Particolarmente interessante è l’argomentazione sostenuta dai giudici per cui << è certamente indiscutibile che tutte le norme di legge finora analizzate perseguono l’obiettivo di assicurare la tutela dei lavoratori e che tale fine trascende i contrapposti interessi delle stazioni appaltanti e delle imprese partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, rispettivamente di aggiudicare questi ultimi alle migliori condizioni consentite dal mercato, da un lato, e di massimizzare l’utile ritraibile dal contratto dall’altro. Ma questo fine si può ampiamente realizzare attraverso l’obbligo per le stazioni appaltanti di effettuare una specifica valutazione della congruità del costo per la sicurezza, nella appropriata sede della verifica dell’anomalia dell’offerta>>.

Al contrario, rilevano i giudici,  imporre la sanzione dell’esclusione dalla gara in caso di mancata indicazione dei costi per la sicurezza aziendali appare <<ingiustificatamente penalizzante per le imprese, e dunque per le esigenze della concorrenza>>.

Vi sarebbe, in altre parole, una evidente sproporzione tra obiettivi perseguiti e risultati realizzati, nel momento in cui, per tutelare la sicurezza ed i connessi diritti dei lavoratori, si precludesse all’impresa di partecipare alla gara per il solo fatto di non avere preventivamente indicato nell’offerta i relativi costi per la sicurezza aziendale, la cui congruità può essere agevolmente verificata in una fase successiva della procedura all’uopo deputata.

L’interpretazione seguita dal Supremo Collegio è dunque sicuramente improntata ad un minore rigore letterale e ad un spiccato favor partecipationis, in linea con le ultime tendenze del legislatore[8].

Sempre nella pronuncia n. 3056 citata, il Consiglio di Stato affronta in modo innovativo la questione dell’eterointegrazione della lex specialis con precetti considerati imperativi.

Secondo i giudici, l’inserzione automatica di clausole prevista dall’art. 1339 cod. civ., in cui si sostanzia il potere di eterointegrazione, intanto si giustifica in quanto occorra conformare il contenuto delle obbligazioni e dei diritti nascenti da contratti già conclusi con esigenze di ordine imperativo non disponibili dai contraenti. Non parrebbe questo il caso ora in esame, trattandosi di aspetti che ineriscono allo svolgimento della procedura selettiva ed, in particolare, ai contenuti delle offerte presentate dai partecipanti alla medesima.

In secondo luogo, la regolamentazione di gara deve essere interpretata <<secondo le regole dettate dagli artt. 1362 e ss. cod. civ., alla stregua dei quali si deve comunque attribuire valore preminente all’interpretazione letterale, in coerenza con i principi di chiarezza e trasparenza ex art. 1 l. n. 241/1990, mentre devono essere escluse interpretazioni integrative contrarie al canone della buona fede interpretativa di cui all’art. 1366 cod. civ. In particolare non sono consentite interpretazioni volte ad enucleare significati impliciti nella normativa di gara, potenzialmente in grado di ledere l’affidamento dei terzi e la massima partecipazione alla gara>>.

Tale assunto permette di considerare inapplicabile la regola dell’eterointegrazione al bando di gara che non preveda espressamente l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza aziendali in offerta. In caso contrario, l’affidamento delle imprese al dettato della lex specialis comporterebbe un danno ingiustificato per le stesse.

Né vale, a parere dei giudici di seconde cure, l’argomentazione secondo la quale il piano di sicurezza e coordinamento predisposto dalla stazione appaltante ex art. 131 d.lgs. n. 163/2006 concerna i soli oneri da interferenza e non anche i costi aziendali per la sicurezza. Al contrario, la sede del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è assolutamente adeguata all’apprezzamento e alla valutazione dei medesimi da parte della stazione appaltante e tale accertamento non presuppone necessariamente l’indicazione di tale voce di costo già nell’offerta.

Anche il dato testuale soccorre in favore dell’anzidetta lettura. A differenza dei servizi e delle forniture, gli appalti di lavori importano la necessità di istituire “cantieri temporanei o mobili”, concetto cui afferisce il piano di sicurezza e coordinamento previsto dagli artt. 100 del citato testo unico sulla sicurezza sul lavoro e 131 del Codice dei contratti pubblici. La stazione appaltante è la prima che è chiamata alla stima dei costi delle misure necessarie alla prevenzione dei rischi per la sicurezza derivanti dalla installazione e gestione del cantiere nel quale i lavori sono destinati ad essere svolti. Solo in un secondo momento entra in gioco l’impresa esecutrice dei lavori che dovrà impiegare i mezzi e le risorse previste a questo scopo.

Anche il regolamento di attuazione del Codice dei contratti, con l’art. 39, demanda al piano di sicurezza e coordinamento l’intera problematica degli oneri per la sicurezza. La citata disposizione prevede infatti che il piano in questione <<deve prevedere l’individuazione, l’analisi e la valutazione dei rischi in riferimento all’area e all’organizzazione dello specifico cantiere, alle lavorazioni interferenti ed ai rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici propri dell’attività delle singole imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi>>.

Come a dire che, nell’ambito dei lavori pubblici, le problematiche attinenti ai costi aziendali per la sicurezza non rilevano nella fase di presentazione delle offerte in una procedura di gara e l’indicazione degli stessi non può costituire requisito di validità delle offerte medesime, tanto da determinare l’esclusione di quelle che ne siano prive.

La quinta Sezione del Consiglio di Stato ritiene inapplicabile la regola dell’eterointegrazione della lex specialis in base all’art. 1339 cod. civ., con riferimento all’obbligo di indicare in offerta gli oneri aziendali per la sicurezza.

5. L’orientamento più recente: nessun obbligo di indicazione degli oneri in offerta neppure per gli appalti di servizi e di forniture

A partire dalla fine del 2013, anche la terza sezione del Consiglio di Stato è parzialmente tornata sui suoi passi laddove, con riferimento ad una gara d’appalto di servizi e forniture, ha sostenuto che, nel caso in cui nella lex specialis non sia rinvenibile una comminatoria espressa d’esclusione per omissione dell’esplicita indicazione in offerta economica degli oneri per la sicurezza, il relativo costo, <<appunto perché coessenziale e consustanziale al prezzo offerto, rileva proprio ai soli fini dell’anomalia di quest’ultimo, nel senso che, per scelta della stazione appaltante (da interpretare sempre a favore del non predisponente), il momento di valutazione degli oneri stessi non è eliso, ma è posticipato al sub-procedimento di verifica della congruità dell’offerta nel suo complesso>>[9].

Tale apertura viene confermata anche da successive pronunce, in cui si ribadisce che, se le offerte sono state redatte conformemente alla regolamentazione di gara, le stesse non possono essere considerate lesive di una previsione del D.Lgs. n. 163/2006 immediatamente cogente, tenuto conto del fatto che la regola di specificazione o separata indicazione dei costi di sicurezza, ai sensi dell’art. 86 del codice, opera in via primaria nei confronti delle amministrazioni aggiudicatrici in sede di predisposizione delle gare di appalto e di valutazione dell’anomalia. In altre parole, se le stazioni appaltanti non si sono preoccupate, in sede di predisposizione della documentazione di gara, di dettare apposite regole per la quantificazione degli oneri di sicurezza, la mancata indicazione analitica degli stessi nell’offerta <<non può risolversi in causa di esclusione dalla gara, anche alla luce dei criteri di tassatività della cause espulsive previsti dall’art. 46, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 163 del 2006>>[10].

In sintesi, la mancanza di esplicita previsione nel disciplinare di gara dell’obbligo di indicazione, nell’offerta economica, dei costi per la sicurezza, è da intendersi come violazione degli articoli 86 e 87 del codice in primo luogo da parte della stazione appaltante, che è la responsabile della redazione della lex specialis. Tale violazione, d’altro canto, non può pregiudicare il legittimo affidamento dell’impresa che rediga un’offerta economica perfettamente conforme a quanto previsto nel bando.

L’eventuale esclusione del concorrente che abbia rispettato le prescrizioni della documentazione di gara, oltre a violare il principio del legittimo affidamento, sarebbe in contrasto anche con l’articolo 46 comma 1-bis del codice che detta le cause tassative di esclusione. La disposizione in esame contempla il mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice, dal regolamento o da altre disposizioni di legge vigenti ma secondo tale nuovo orientamento, la stessa deve essere interpretata in senso finalisticamente orientato alla tutela del legittimo affidamento dei concorrenti, ovvero nel senso di ritenere che il principio della tassatività delle cause di esclusione imponga alle stazioni appaltanti, quantomeno, di indicare espressamente e chiaramente tali cause soprattutto qualora la causa di esclusione applicata non sia chiaramente e esplicitamente prescritta dalla legge o dal regolamento ma sia ricavabile, in via interpretativa, da una norma disciplinante la diversa questione della verifica delle anomalie, come è il caso degli art. 86 e 87 del Codice in tema di costi di sicurezza[11].

Gli ultimi arresti giurisprudenziali della terza Sezione considerano illegittima l’esclusione del concorrente che non abbia indicato i costi di sicurezza se manca nel bando un’apposita sanzione espulsiva, anche negli appalti di servizi e forniture.

6. Conclusioni

A ben vedere, la graduale inversione di rotta del Consiglio di Stato sulla tematica sin qui esaminata, prima con riferimento ai soli appalti di lavori e poi anche a quelli di servizi e forniture, denota una tendenza ad abbandonare la posizione rigorosa e, per certi versi, formalistica tenuta dalla giurisprudenza, seppur non unanime, sino a pochi mesi fa. Ciò forse, in risposta ed in linea con il chiaro intento del legislatore di voler privilegiare in modo sempre più palese la massima partecipazione e di circoscrivere nettamente le cause di esclusione, per così dire, formali.

Si pensi, tanto per fare un esempio, alla novella introdotta nell’art. 38 del codice dal D.L. n. 90/2014 di riforma della P.A., che, nel dichiarare regolarizzabili tutte le irregolarità essenziali delle dichiarazioni di cui al medesimo art. 38, ha di fatto eliminato la possibilità di escludere i concorrenti nella prima fase di ammissione alla gara. Nel caso sin qui esaminato siamo in un diverso momento della procedura, posto che si discute del contenuto delle offerte economiche, ma la tendenza a limitare le cause di esclusione anche in questa fase appare piuttosto chiara.

È pur vero che la giurisprudenza è ancora oscillante, posto che, nel giro di pochi mesi, le diverse Sezioni del Consiglio di Stato hanno assunto posizioni differenti tra loro e, in alcuni casi, non coerenti neppure rispetto alle precedenti pronunce della medesima Sezione. È, a questo punto prevedibile, e forse auspicabile, un intervento dell’Adunanza plenaria sul tema.


[1] Art. 86, 3-bis, D. Lgs. n. 163/2006: <<Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.

3-ter.  Il costo relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d’asta.>>

Art. 87, comma 4, D. Lgs. n. 163/2006: <<Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all’articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conformeall’articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture.>>

[2] Cons. Stato, III Sez., n. 3565/2013.

[3] Cons. Stato n. 3565 cit.; cfr. Cons. Stato, III Sez., n. 212/2012, n. 1172/2012, n. 4622/2012, n. 542/2011; V Sez., n. 846/2011 e n. 4849/2010.

[4] Cfr. Cons. Stato n. 348/2014 cit.

[5] Appare opportuno ricordare che prima delle modifiche legislative intervenute nel 2007, il comma 4 dell’art. 87 distingueva le regole applicabili ai lavori da quelle applicabili ai servizi e forniture. Il primo capoverso, infatti, nel prevedere l’inammissibilità di giustificazioni all’anomalia dell’offerta, faceva riferimento agli oneri per la sicurezza non assoggettabili a ribasso, determinati in conformità ai piani di sicurezza disciplinati dalla normativa allora in vigore per gli appalti di lavori. Il secondo capoverso, invece, si preoccupava di individuare una regola applicabile all’ambito dei servizi e delle forniture, per il quale non esisteva una disciplina specifica in tema di oneri per la sicurezza analoga a quella esistente per i lavori (D. Lgs. n. 494/96 e D.P.R. n. 222/2003). La modifica intervenuta con la L. n. 296/2006, nell’eliminare l’inciso “In relazione a servizi e forniture”, ha plausibilmente voluto eliminare ogni distinzione tra le diverse categorie e dettare una normativa applicabile in via generale a tutti gli appalti pubblici, in coerenza peraltro, con la portata generale dell’art. 86, comma 3bis nella parte in cui cita ripetutamente gli “appalti pubblici di lavori, servizi e forniture” e con l’art. 26, comma 6, D. lgs. n. 81/2008, che dispone che <<nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture>>.

[6] Cfr.: Cons. Stato n. 5421/2011; Cons. Stato n. 212/2012; Cons. Stato n. 4622/2012, TAR Lombardia – Brescia n. 181/2013.

[7] La sentenza n. 4964 in commento non nega l’esistenza dell’indirizzo della terza Sezione che sostiene la portata generale dell’obbligo di dichiarare in sede di offerta gli oneri per la sicurezza aziendale. Cita però alcuni propri precedenti (ex multis, V Sez., n. 4849/2010), sempre relativi ad appalti di servizi, in cui il Collegio ha evidenziato la differente disciplina sul punto tra servizi e forniture da un lato e lavori dall’altro (<<La circostanza che solo nei bandi di gara relativi agli appalti di lavori, ai sensi dell’art. 131 del codice dei contratti pubblici, debbano essere evidenziati gli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso, fa sì che nelle altre procedure di gara, in assenza della preventiva fissazione del costo per la sicurezza da parte dell’amministrazione aggiudicatrice quale specifica componente del costo del lavoro, è necessario che il relativo importo venga scorporato dalle offerte dei singoli concorrenti e sottoposto a verifica per valutare se sia congruo rispetto alle esigenze di tutela dei lavoratori>>).  

[8] Si pensi, per fare un esempio, al nuovo art. 38, comma 2-bis, introdotto dal D.L. 90/2014, che considera ora regolarizzabili, previo pagamento di una sanzione, la mancanza, l’incompletezza o altre irregolarità essenziali degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive rese dal concorrente in sede di partecipazione alla procedura di gara.

[9] Cons. Stato, III Sez., n. 5070/2013.

[10] Cons. Stato, III Sez., n. 1030/2014: <<nel caso di appalti non aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori pubblici — nei cui confronti si applica la norma dettata ad hoc dall’art. 131 d.lgs. n. 163 del 2006 — ed il cui bando di gara non contenga una comminatoria espressa, l’omessa indicazione nell’offerta dello scorporo matematico degli oneri di sicurezza per rischio specifico non comporta di per sé l’esclusione dalla gara, ma rileva ai soli fini dell’anomalia del prezzo offerto, nel senso che, per scelta della stazione appaltante, il momento di valutazione dei suddetti oneri non è eliso, ma è posticipato al sub-procedimento di verifica della congruità dell’offerta nel suo complesso>>.

[11] TAR Campania, n. 1492/2014.

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Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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