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All’indomani della entrata in vigore del Regolamento, si pone un problema inerente alla disciplina del criterio della offerta economicamente più vantaggiosa.

L’ennesimo problema di un criterio di aggiudicazione che da anni anima le aule giudiziarie.

E’ bene ricordare che, l’introduzione di questo criterio è avvenuta nel 1971 ad opera della prima direttiva comunitaria in tema di lavori.

In sostituzione dei criteri della contabilità di Stato, le famose “medie”, si sarebbe dovuto applicare il prezzo più basso e questo nuovo criterio che avrebbe consentito di valutare qualità e prezzo della offerta presentata.

Negli anni il criterio ha avuto fasi alterne nei lavori, sino a giungere ad essere con la Legge Merloni un criterio residuale rispetto al prezzo più basso. Ciò fin quando la stessa Corte di Giustizia faceva con sentenza C-247/2002, notare la singolarità del sistema italiano, nel quale questo criterio non vedeva una applicazione pari a quella del prezzo più basso.

Parallelamente negli altri settori veniva introdotto del pari con rapida diffusione e utilizzazione, in considerazione delle peculiarità di forniture e servizi, settori nei quali il binomio qualità / prezzo rileva in modo preponderante.

Nel Codice l’art. 83 introduce il criterio e, al medesimo articolo con due diversi comma, disciplina la individuazione dei criteri in sede di bando di gara e lettera di invito senza più lasciare alla Commissione di gara alcun margine di individuazione di criteri motivazionali.

La vera questione era, ed è, la definizione dei parametri di valutazione, quella sorta di trasformatore della discrezionale amministrativa nella valutazione di offerte da comparare: come attribuisco da 0 a 10 punti al carattere estetico funzionale?

A questa realtà fattuale, il Regolamento risponde dettando una disposizione esecutiva nella quale, dopo aver ribadito la fissazione dei criteri nel bando di gara, precisa al 2° comma dell’art. 283 che “In una o più sedute riservate la Commissione valuta le offerte tecniche e attribuisce i punteggi fissati nel bando di gara e lettera di invito secondo quanto previsto dall’allegato P”

Andando all’all. P, ci si rinvia all’ all. M dedicato all’economicamente più vantaggiosa nei lavori.

In tal ambito si scopre che i criteri fissati sono il c.d. aggregativo compensatore, il metodo recte, il cd. confronto a coppie, criteri matematici in uso per la valutazione dei progetti nei lavori di difficile applicazione ma prima ancora comprensione.

Come si fa ad affidare la mensa scolastica con un criterio di cui non si conosce la composizione? Come si fa a scegliere uno di questi tre criteri di cui non si conosce la genesi?

Senza voler togliere merito a nessuno, a parere di chi scrive, come fa un dirigente degli affari sociali a scegliere uno di questi criteri per l’affidamento dell’assistenza domiciliare.

Nella stazioni appaltanti vi sono i “tecnici” esperti del settore, non già matematici, in grado di suggerire al RUP il criterio di aggiudicazione.

Ma quel che più desta perplessità, è come il legislatore non abbia considerato la giurisprudenza che ha già avuto modo di pronunciarsi negativamente in ordine alla difficoltà operativa di comprendere la logicità del criterio scelta, tanto da consigliare velatamente quello che più riproduce la proporzione matematica (cd aggregativo compensatore, CDS 16 maggio 2009).

L’attuale formulazione è foriera di ricorsi, in quanto, stando al dato letterale, sembra non lasciare spazio alla discrezionalità amministrativa.

Nel bando, l’indicazione dei criteri preconfezionati, risponde al principio costituzionale di cui all’art. 3 Cost., ma il contenuto del parametro di valutazione descritto nel bando, va lasciato alla stazione appaltante nel suo esercizio prioritario della funzione organizzativa dell’ente.

La formulazione del 2° Co. dell’art. 283, sembra non lasciare scampo se non si interpreta la disposizione esecutiva regolamentare alla luce dell’art. 83 Co. 4 del Codice che rinvia al Regolamento, ma soltanto la mera individuazione di sistemi non vincolanti per l’ente che potrà comunque autonomamente continuare a disciplinarsi.

Peraltro, da ultimo, non può considerarsi che la disciplina in questione è di carattere organizzativo e, come tale, vincolante per lo Stato e per le Regioni fino a quando le stesse non si doteranno di una propria normativa (Corte Cost. sent. N.407/07), ma sino ad allora rimane la problematicità della vincolatività del comma  in quanto anche sintatticamente la formulazione avrebbe dovuto esser diversa e precisamente “in una o più sedute riservate … e, secondo quanto previsto nell’allegato P, attribuisce i punteggi …”. L’anteporre l’ultimo inciso avrebbe portato alla inevitabile e insormontabile vincolatività dell’allegato, in quanto la prima operazione della stazione appaltante sarebbe stata obbligatoriamente quella di assumere gli allegati come lex specialis per la valutazione da indicare nel bando.

Se così non fosse, vi sarebbe il rischio concreto di non poter utilizzare questo criterio ed esser costretti ad utilizzare solo il criterio del prezzo più basso. Tale criterio che soprattutto nei servizi crea non pochi problemi di compatibilità con il diritto comunitario.

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Avv. Francesca Petullà
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica.
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