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I dubbi interpretativi del grave illecito professionale

La tematica concernente il grave illecito professionale commesso dall’operatore economico, da intendersi quale elemento ostativo alla partecipazione alle pubbliche gare d’appalto, rappresenta una tematica davvero molto dibatutta e sempre attuale, sia per le riforme normative che essa ha subito negli ultimi anni, sia per l’interesse che la giurisprudenza mostra costantemente a tale riguardo.

Il d.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti), disciplinante appunto il grave illecito professionale, nell’originaria formulazione contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80, prevedeva che le stazioni appaltanti potessero escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico nel caso si dimostri con mezzi adeguati che si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, facendo riferimento alla seguente elencazione:

– le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni;

– il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio;

– il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.

Va ricordato come l’elencazione sopra riportata è stata ritenuta, dalla giurisprudenza prevalente, quale elencazione meramente esemplificativa e non comportante una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante (v. Cons. di Stato, 2 marzo 2018, n. 1299); ciò traducendosi nella possibilità per la stazione appaltante di valutare discrezionalmente la gravità di inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, siano tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente.

In sostanza, quindi, in tema di grave illecito professionale la Stazione appaltante è chiamata ad operare una valutazione discrezionale dell’idoneità del comportamento del concorrente che sia tale da porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, valutazione che attiene all’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante e deve essere effettuata con riferimento alle circostanze dei fatti, alla tipologia di violazione, alle conseguenze sanzionatorie, al tempo trascorso e alle eventuali recidive, il tutto in relazione all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto.

in tema di grave illecito professionale la Stazione appaltante è chiamata ad operare una valutazione discrezionale dell’idoneità del comportamento del concorrente che sia tale da porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, valutazione che attiene all’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante e deve essere effettuata con riferimento alle circostanze dei fatti, alla tipologia di violazione, alle conseguenze sanzionatorie, al tempo trascorso e alle eventuali recidive, il tutto in relazione all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto.  

Tuttavia, occorre segnalare l’esistenza di pronunce dei giudici amministrativo che, d’altro canto, hanno invece ritenuto che l’elencazione contenuta nell’art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. 50/2016, avesse carattere tassativo e fosse, perciò, da considerare di stretta interpretazione. Si è infatti ritenuto in proposito che l’elencazione contenuta nel ridetto comma 5 lettera c) fosse da ritenersi tassativa e non integrabile al di fuori delle fattispecie in essa elencate (TAR Lazio, Sez. III quater, 2 maggio 2018, n. 4793). Seguendo tale orientamento, dunque, la discrezionalità dell’amministrazione risulterebbe assai limitata alle sole e tassative ipotesi contenute nella norma, potendo costituire l’esclusione del concorrente quale valutazione sostanzialmente vincolata al ricorrere di tali ipotesi specificamente individuate.   

Tuttavia, come verrà meglio analizzato nel paragrafo seguente, dopo l’approvazione del DL 135/2018 (c.d. decreto semplificazioni), le incertezze legate all’interpretazione delle norma in esame paiono aver ceduto il passo all’orientamento giurisprudenziale prevalente, che atribuisce alla stazione appaltante un ampio potere discrezionale nella valutazione del grave illecito professionale, senza che quest’ultima debba sentirsi limitata ad ipotesi tassative.

Il grave illecito professionale del Decreto semplificazioni e nel Decreto Sblocca Cantieri.

Il Decreto semplificazioni (DL 135/2018 convertito con la l. 12/2019), come poc’anzi anticipato, reca una modifica sostanziale dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016, dal momento che tutti quei comportamenti che la previgente disciplina di cui all’art. 80, co. 5, lett. c), faceva rientrare nel concetto di “grave illecito professionale”, secondo un’elencazione che, come abbiamo visto, era ritenuta di carattere esemplificativo dalla giurisprudenza prevalente, rappresentano ora individualmente delle autonome cause di esclusione alle lettere c-bis) e c-ter), come segue

– c-bis): <<l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione>>;

c-ter) <<l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa>>.

Alla lettera c), invece, rimane la causa di esclusione che fa riferimento a <<gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità>>. Dalla nuova previsione non può dunque farsi a meno di notare che è venuto meno l’elenco dei comportamenti valutabili dalla S.A. alla stregua di un “grave illecito professionale”, che mentre prima era indicati (ancorché in via meramente esemplificativa e non tassativa), oggi vengono lasciati alla più ampia discrezionale dell’Amministrazione.

La ratio della riforma sembrerebbe risiedere nell’esigenza di tutelare, oltre che l’interesse pubblico alla selezione di operatori che non si siano resi protagonisti di gravi illeciti tali da minarne la credibilità e l’efficienza, anche il vincolo fiduciario che deve sussistere tra stazione appaltante ed aspirante affidatario della commessa, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità sia in grado di compromettere l’integrità morale e professionale di quest’ultimo.

La ratio della riforma sembrerebbe risiedere nell’esigenza di tutelare, oltre che l’interesse pubblico alla selezione di operatori che non si siano resi protagonisti di gravi illeciti tali da minarne la credibilità e l’efficienza, anche il vincolo fiduciario che deve sussistere tra stazione appaltante e ed aspirante affidatario della commessa, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità sia in grado di compromettere l’integrità morale e professionale di quest’ultimo

Ogni condotta collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa  potrà pertanto essere valutata come possibile causa di esclusione dalla stazione appaltante, anche in mancanza di un accertamento giudiziale definitivo.

Ma le novità non si sono fermate al Decreto Semplificazioni, dal momento che il c.d. Decreto Sblocca-Cantieri (DL 32/2019 convertito con legge 55/2019) ha inserito all’art. 80 la lettera c-quater, a norma della quale  le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico qualora l’operatore economico <<abbia commesso grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori, riconosciuto con sentenza passata in giudicato>>.

Innanzitutto, a differenza delle previsioni delle lettere precedenti, in questo caso sembra necessario un preliminare contenzioso in quanto l’inadempimento grave parrebbe dover essere accertato unicamente dal Giudice e fino all’espletamento di tutti gradi di giudizio; se così è, non basterebbe allora una mera lettera di contestazione da parte di un subappaltatore per vedersi l’operatore economico escluso dalla gara.

In secondo luogo, sarebbe interessante poter appurare se il “grave inadempimento” previsto dalla lett. c-quater debba essere legato ad una iniziativa giudiziale finalizzata ad ottenere un provvedimento risolutivo del rapporto, o anche soltanto “conservativo”.  

Al momento è arduo fornire risposte, dato che la casisitica è scarsa per non dire inesistente. Tuttavia non può negarsi che anche quest’ultima novità, introdotta dal decreto Sblocca-cantieri, sarà certamente foriera d’ulteriore contenzioso per la scarsa chiarezza della sua formulazione.     

Il potere discrezionale dell’amministrazione nella valutazione dei gravi illeciti professionali ed il principio del clare loqui: la sentenza del TAR Sardegna n. 349/2020.

Non v’è dubbio, a questo punto, anche alla luce delle descritte novelle legislative, che in tema di grave illecito professionale sia stato riconosciuto in capo alla stazione appaltante un ampio potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti che può riguardare una molteplicità di condotte che la stessa stazione appaltante può valutare attraverso il suo prudente apprezzamente e che non sono in alcun modo tassative.

Ciò comporta indubbiamente, per i concorrenti, un onere aggiuntivo consistente  nella necessità di  dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione.

Si tratta del cosiddetto principio del clare loqui, ossia del principio che obbliga i privati, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, di non tralasciare alcuna informazione che li riguardi, anche quella apparentemente più insignificanti, proprio per dare modo all’amministrazione stessa di poter discrezionalmente valutare se tali comportamenti possano o meno incidere sull’integrità e affidabilità dei concorrenti. Ciò ovviamente non può che destare numerose problematiche di carattere interpretativo.

In soggetta materia vengono dunque in rilievo gli immanenti principi di lealtà e affidabilità e professionale dell’aspirante contraente che presiedono in genere ai contratti e in specifico modo – per ragioni inerenti alle finalità pubbliche dell’appalto e dunque a tutela di economia e qualità della realizzazione – alla formazione dei contratti pubblici e agli inerenti rapporti con la stazione appaltante. Il concorrente è perciò tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi.

Il principio del clare loqui, ossia il principio che obbliga i privati, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, di non tralasciare alcuna informazione che li riguardi, anche quella apparentemente più insignificante, dà modo all’amministrazione stessa di poter discrezionalmente valutare se tali comportamenti possano o meno incidere sull’integrità e affidabilità dei concorrenti

Risulta in proposito piuttosto dirompente la più recente evoluzione giurisprudenziale che fa rientrare nel concetto di “grave illecito professionale” ex art. 80 comma 5 lett. c) d.lgs. 50/2016 <<qualunque condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, che si riveli contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa, e che risulti in grado di mettere in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico. Tra queste si inquadrano anche le condanne per reati che in sé non sono ostativi come sono, invece, quelli previsti dall’art. 80, comma 1 d.lgs. 50/2016, ma che possono assumere rilevanza ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. c)>>. (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 17 giugno 2020 n. 349).

Ciò sta a significare che tutte le condanne penali hanno rilievo ai fini della valutazione del grave illecito professionale, anche al di fuori della tassativa elencazione dell’art. 80, comma 1: ciò evidentemente non lascia scelta alcuna al concorrente, se non quella di dichiarare tutte le condanne ricevute, anche quelle che, secondo la propria valutazione, non avrebbero pertinenza alcuna con l’oggetto della gara.

La succitata sentenza, infatti, chiaramente ribadisce che <<In sede di dichiarazione circa i “gravi illeciti professionali” non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scelta circa i fatti da indicare, sussistendo, al contrario, un principio di doverosa onnicomprensività della dichiarazione tale da consentire alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le opportune valutazioni di sua competenza>> (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 17 giugno 2020 n. 349). In tal senso per i concorrenti non vi sono alternative: occorre dichiarare ogni circostanza per evitare che una dichiarazione omessa, o anche soltanto reticente, possa far determinare la stazione appaltante all’esclusione del concorrente.

Secondo la citata sentenza, infatti, la stazione appaltante può desumere il compimento di “gravi illeciti” da ogni vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui è stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa. Tuttavia, proprio per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità dell’operatore economico, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sono posti a carico di quest’ultimo gli obblighi informativi: l’operatore è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, gli è stata contestata una condotta contraria a norma o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti.

La citata sentenza rincara la dose quando afferma, poi, che <<Nel caso di gravi illeciti professionali, l’esclusione del concorrente dalla gara trova la propria causa nella mancata indicazione della condanna, costituente di per sé autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente. Quindi, nel caso di omessa dichiarazione, è legittimo il provvedimento di esclusione, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione, che invece deve essere resa completa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante>> (v. ancora TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 17 giugno 2020 n. 349).

<<Nel caso di gravi illeciti professionali, l’esclusione del concorrente dalla gara trova la propria causa nella mancata indicazione della condanna, costituente di per sé autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente. Quindi, nel caso di omessa dichiarazione, è legittimo il provvedimento di esclusione, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione, che invece deve essere resa completa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante>> (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 17 giugno 2020 n. 349)

L’omessa dichiarazione in ordine a una condanna penale, dunque, fa scaturire un effetto espulsivo automatico del concorrente non tanto a causa di una “presunzione di rilevanza” della condanna medesima ai fini della sussistenza del grave illecito professionale, ma proprio perché tale omissione impedisce alla stazione appaltante di poter esercitare il proprio potere discrezionale al fine di rilevare in concreto se tale condanna possa ritenersi o meno rilevante.

Ad avviso della giurisprudenza citata, peraltro, all’omessa dichiarazione in ordine a condanne penali non può porsi rimedio neanche attraverso il soccorso istruttorio, pena la violazione del principio di par condicio tra in concorrenti. Il TAR Sardegna ha infatti aggiunto che <<Il soccorso istruttorio non è invocabile allorquando il concorrente abbia omesso la dichiarazione di un episodio astrattamente rilevante ai fini della valutazione della propria affidabilità professionale. Lo strumento è infatti di ausilio nel chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti di gara ma non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali) radicalmente mancanti – pena la violazione della par condicio fra concorrenti>>. Tale orientamento conferma l’esigenza, per i concorrenti, di porre attenzione a tutti i precedenti da dichiarare in sede di gara per far sì che, considerando che in alcun modo potrebbe ovviarsi alla mancata dichiarazione della condanna subita, che farebbe automaticamente scaturire l’esclusione dalla gara.

Tra l’altro, lo stesso TAR Sardegna ha posto l’accento anche sui reati estinti, precisando che <<L’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna) non si determina in modo automatico per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non interviene tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di “reato estinto” ed il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna>>.

Problemi e prospettive: la rimessione all’Adunanza Plenaria

Alla luce di quanto rappresentato, è evidente come – nell’attuale assetto normativo e giurisprudenziale – gli oneri dichiarativi dei concorrenti risultino assai gravosi per i concorrenti.

Occorrerebbe dunque perseguire il difficile, ma non impossibile, obiettivo di tutela di opposti e rilevanti interessi: da un lato quello di escludere dalla competizione concorrenziale quei soggetti che si sono resi protagonisti di episodi o vicende tali da lederne la moralità professionale e, quindi, l’affidabilità; dall’altro, quello di preservare in ogni caso il principio di massima partecipazione non appesantendo oltremodo gli oneri partecipativi per i concorrenti che rischiano di doversi cimentare in una vera e propria corsa ad ostacoli per poter aspirare all’aggiudicazione di un commessa pubblica.

L’equilibrio tra questi due interessi va garantito da una acquisizione del principio di tipicità dei motivi di esclusione (espressamente scolpito all’art. 83, comma 8 del Codice) non limitato al profilo (di ordine formale) della mera preclusione alla introduzione di fattispecie escludenti non normativamente prefigurate (c.d. numerus clausus), ma esteso al profilo (di ordine sostanziale) della sufficiente tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi.

È un problema che si pone, in modo particolare, per le omissioni dichiarative (ovvero per le dichiarazioni reticenti): per le quali occorre distinguere il mero (e non rilevante) nihil dicere (che, al più, legittima la stazione appaltante a dimostrare, con mezzi adeguati, “che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali”, diversi dalla carenza dichiarativa, idonei “a rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”) dal non dicere quod debetur (che, postulando la violazione di un dovere giuridico di parlare, giustifica di per sé – cioè in quanto illecito professionale in sé considerato – l’operatività, in chiave sanzionatoria, della misura espulsiva).

Chiaro, in tal senso, il riferimento al comportamento dell’operatore che abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura (cfr. lettera c-bis): che pone, peraltro, il problema di conferire determinatezza e concretezza all’elemento normativo della fattispecie, per individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione.

Il rischio che l’ampio potere discrezionale attribuito all’amministrazione sulla valutazione dei gravi illeciti professionali incida sui principi costituzionali posti a tutela della difesa sembra piuttosto alto dal momento che si introduce un regime più restrittivo suscettibile di anticipare gli effetti pregiudizievoli del giudicato penale, civile o amministrativo.

Il rischio che l’ampio potere discrezionale attribuito all’amministrazione sulla valutazione dei gravi illeciti professionali incida sui principi costituzionali posti a tutela della difesa sembra piuttosto alto dal momento che si introduce un regime più restrittivo suscettibile di anticipare gli effetti pregiudizievoli del giudicato penale, civile o amministrativo

Sotto questo ultimo profilo, non c’è dubbio che l’attuale disciplina normativa abbia conferito maggiore indeterminatezza della categoria del ‘grave illecito professionale’, nulla precisando in merito a quali possano essere le ipotesi di gravi illeciti professionali idonei a mettere in dubbio l’integrità o affidabilità dell’operatore, e quindi causarne l’esclusione; ipotesi, che, logicamente, dovrebbero essere ulteriori rispetto alle fattispecie di cui alle nuove lettere c-bis e c-ter.

In effetti l’attuale assetto normativo pare essere eccessivamente penalizzante per le imprese che aspirano a concorrere nei pubblici appalti, poiché da un lato, come sopra accennato, sembrerebbe sussistere una evidente compressione delle garanzie costituzionali poste a presidio del diritto di difesa, dall’altro, la necessità per le imprese di dichiarare ogni vicenda pregressa pena l’esclusione in caso di dichiarazione omessa o reticente pone in capo ai concorrenti un onere piuttosto gravoso ai fini della partecipazione alla gara.

Non è un caso se la quinta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza plenaria (ordinanza 9 aprile 2020, n. 2332) l’interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016 in tema di dichiarazioni, rese per la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica, relative a gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia l’affidabilità dell’impresa. Il Consiglio di Stato ha evidenziato i contrapposti interessi che vengono in rilievo nell’applicazione della disciplina degli obblighi dichiarativi delle imprese e la necessità, ai fini della applicazione della stessa, di sciogliere la questione degli effetti della dichiarazione rispetto al suo contenuto (di informazioni false, fuorvianti o semplicemente omesse).

Ad avviso del Consiglio di Stato, si tratta, così acquisito, di <<obbligo essenzialmente strumentale, finalizzato (solo) a mettere in condizione la stazione appaltante di conoscere tutte le circostanze rilevanti per l’apprezzamento dei requisiti di moralità e meritevolezza soggettiva: non obbligo fine a se stesso, ma servente. Nondimeno, la sua (distinta) previsione come (specifico, legittimo ed autonomo) motivo di esclusione testimonia (ad onta della, non decisiva, scissione della lettera c) e della successiva lettera c-bis) da ultimo operata dal d.l. n. 135 del 2018, convertito dalla l. n. 12 del 2019) della sua attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale: nel qual caso, il necessario nesso di strumentalità rispetto alle valutazioni rimesse alla stazione appaltante finisce per dislocarsi dal piano del concreto apprezzamento delle circostanze di fatto, rimesso alla mediazione valutativa della stazione appaltante, al piano astratto di una illiceità meramente formale e presunta, operante de jure>>.

il Consiglio Stato, in tema di grave illecito professionale, ha ravvisato la necessità di una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi <<Sui quali si scaricano, con evidente tensione, opposti e rilevanti interessi: da un lato quello di estromettere senz’altro dalla gara i soggetti non affidabili sotto il profilo della integrità morale, della correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale e della lealtà operativa; dall’altro, quello di non indebolire la garanzia della massima partecipazione e di non compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla severa sanzione espulsiva>> (ordinanza 9 aprile 2020, n. 2332)    

Per il Consiglio Stato, dunque, si ravvisa la necessità di una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi <<Sui quali si scaricano, con evidente tensione, opposti e rilevanti interessi: da un lato quello di estromettere senz’altro dalla gara i soggetti non affidabili sotto il profilo della integrità morale, della correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale e della lealtà operativa; dall’altro, quello di non indebolire la garanzia della massima partecipazione e di non compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla severa sanzione espulsiva>>.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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