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( votes)Premessa
Con l’Ordinanza del 16 giugno 2023 n. 5949, la V Sezione del Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte di giustizia dell’UE di pronunciarsi sulle seguenti questioni pregiudiziali:
- «se la direttiva 2004/18/CE, gli artt. 16 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli gli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 11 comma 6, 37 commi 8,9,10,18 e 19, 38, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 163 del 2006) che escludono, in caso di scadenza del termine di validità dell’offerta originariamente presentata da un Raggruppamento temporaneo di imprese costituendo, la possibilità di ridurre, all’atto dell’estensione della validità temporale della medesima offerta, la originaria compagine del raggruppamento; in particolare, se tali disposizioni nazionali siano compatibili con i principi generali del diritto dell’Unione europea di libera iniziativa economica ed effetto utile, nonché con l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».
- «se la direttiva 2004/18/CE, gli artt. 16, 49, 50 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 4, Protocollo 7, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – CEDU, l’art. 6 del TUE, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli gli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 38, comma 1, lett. f), 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006) che prevedano l’applicazione della sanzione d’incameramento della cauzione provvisoria, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di un contratto pubblico di servizi, altresì a prescindere dalla circostanza che lo stesso sia o meno risultato aggiudicatario dell’affidamento medesimo».
La Corte di Giustizia, con la sentenza del 26 settembre 2024, in risposta alle questioni pregiudiziali anzidette, ha enunciato i seguenti principi:
- l’articolo 47, § 3, e l’articolo 48, § 4, della direttiva 2004/18/CE, in combinato disposto con il principio generale di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità, per i componenti originari di un raggruppamento temporaneo di imprese offerente, di recedere da tale raggruppamento, qualora il termine di validità dell’offerta presentata da detto raggruppamento giunga a scadenza e l’amministrazione aggiudicatrice chieda l’estensione della validità delle offerte che le sono state presentate, purché sia dimostrato, da un lato, che i restanti componenti dello stesso raggruppamento soddisfano i requisiti definiti dall’amministrazione aggiudicatrice e, dall’altro, che la continuazione della loro partecipazione alla procedura di aggiudicazione di cui trattasi non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza.
- I principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza, quali enunciati all’articolo 2 e al considerando 2 della direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede l’incameramento automatico della cauzione provvisoria costituita da un offerente a seguito dell’esclusione di quest’ultimo da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, anche qualora il servizio di cui trattasi non gli sia stato aggiudicato.
Prima di passare in rassegna le ragioni poste alla base della decisione della CGUE è necessaria una breve ricostruzione della questione in fatto ed in diritto.
1. I fatti della controversia
Con bando di gara risalente al 2015 veniva indetta, ai sensi del d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i., una procedura aperta volta all’affidamento della fornitura dei servizi di illuminazione e dei servizi connessi ed opzionali, suddivisa in lotti geografici.
Nell’originario termine di presentazione delle offerte, un RTI, composto dalla capogruppo mandataria e da tre imprese mandanti, presentava offerta in relazione a 4 dei 12 lotti in palio.
Pur dovendo concludersi la procedura gara nel termine di un anno, la stessa subiva svariate proroghe che comportavano, di volta in volta, la necessità di reiterate conferme delle offerte nel frattempo scadute e l’estensione delle garanzie provvisorie relative ai lotti di gara oggetto di offerta.
In occasione della settima richiesta di conferma delle offerte, tutti i componenti dell’originario RTI concorrente, rappresentavano alla stazione appaltante l’intenzione da parte della sola capogruppo mandataria e di una delle tre mandanti di confermare le offerte e la contestuale indisponibilità delle altre due mandanti di provvedervi, stante la imprevista e imprevedibile durata pluriennale delle operazioni propedeutiche all’affidamento della gara in oggetto, l’incertezza sui tempi ancora necessari alla conclusione della gara e sopravvenute necessità aziendali.
La stazione appaltante accettava le appendici delle cauzioni provvisorie prodotte dal (ridotto) RTI, senza sollevare nessuna obiezione in ordine alla nuova configurazione dell’RTI ed alla conferma dell’offerta da parte di quest’ultimo nella configurazione soggettiva residua.
Solo a seguito, dell’ottava richiesta di estensione di validità delle offerte, la stazione appaltante, dopo aver avviato un procedimento volto a valutare il possesso del requisito di moralità di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del d. lgs. n. 163 del 2006, escludeva il Raggruppamento ed escuteva automaticamente le polizze provvisorie prestate per i lotti oggetto di offerta, ritenendo che la mancata conferma delle offerte configurasse un “recesso” abusivo dall’RTI volto ad evitare un provvedimento di esclusione, stante il difetto di moralità nel frattempo accertato dalla amministrazione.
Avverso il provvedimento di esclusione e l’incameramento delle cauzioni, insorgevano alcuni componenti del RTI. Con la sentenza n. 4487/2021 il TAR Lazio rigettava il ricorso, ritenendo che non sussistessero gli estremi per sollevare questione di legittimità costituzionale o di compatibilità euro-unitaria degli articoli 11 e 37 del d.lgs. 163/2006, non ravvisando alcuna antinomia tra la disciplina nazionale e quella contenuta nella direttiva 2004/18, ratione temporis vigente, la quale non prevedeva l’obbligo per il legislatore di introdurre, nella situazione innanzi descritta, la possibilità di ridurre la originaria compagine del raggruppamento.
Il fulcro motivazionale della decisione di primo grado ruotava attorno alla impossibilità di conferma parziale, ovvero da parte di solo alcuni componenti del RTI, dell’offerta presentata, all’atto della scadenza del termine di vincolatività della stessa, e alla non ammissibilità dell’esercizio del diritto del recesso da un RTI nel vigore della disciplina del d.lgs. 163 del 2006 ed in ogni caso nel carattere elusivo del recesso esercitato dalle due mandanti del RTI.
Nella specie non ricorreva – secondo il primo giudice – nemmeno l’ipotesi del recesso c.d. in riduzione ammessa dalla giurisprudenza, in quanto il recesso era stato ritenuto elusivo della verifica sull’affidabilità del concorrente originario mandatario, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006.
Avverso tale decisione veniva proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato.
2. La normativa applicabile e l’ordinanza di rimessione
In ordine alla fattispecie testé descritta viene in rilievo il combinato disposto degli artt. 11 comma 6, 37 commi 8, 9, 10, 18 e 19 e 38 comma 1 lett. f) del D.lgs. 163/2006.
È allora utile rammentare che:
- l’art. 11, comma 6, dispone(va) che: “Ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta. L’offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell’invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di detto termine”;
- l’art 37, ai commi 8, 9, 10, 18 e 19, a sua volta, prevede(va) che: “8. È consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi ordinari di concorrenti e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti. 9. È vietata l’associazione in partecipazione. Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta. 10. L’inosservanza dei divieti di cui al precedente comma comporta l’annullamento dell’aggiudicazione o la nullità del contratto, nonché l’esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, concomitanti o successivi alle procedure di affidamento relative al medesimo appalto. […]. 18. In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall’appalto. 19. In caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”.
- Infine, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f): “1. sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: […] f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
Alla luce della normativa appena descritta e della sua interpretazione giurisprudenziale, secondo il Consiglio di Stato, il recesso nella fattispecie sarebbe stato da intendersi illegittimo per un duplice ordine di ragioni, ciascuno dei quali in grado di sorreggere autonomamente il provvedimento di esclusione:
a) perché violativo del principio di immodificabilità in corso di gara del RTI, avuto riguardo alla parificazione della mancata conferma dell’offerta – all’atto della scadenza – da parte del singolo operatore economico aderente al RTI al recesso dal medesimo;
b) perché avente carattere elusivo dei controlli sull’affidabilità professionale ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), dell’operatore economico recedente.
Il Consiglio di Stato ha tuttavia ravvisato la necessità di disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, al fine di far accertare la compatibilità con i principi europei di libera circolazione e libertà di stabilimento di un sistema che equipari la mancata conferma dell’offerta da parte di una delle imprese del costituendo RTI, all’atto della scadenza della sua vincolatività, al recesso dal RTI, rendendo pertanto vincolata l’esclusione del raggruppamento per violazione del divieto di modifica soggettiva del RTI. E posta tale equiparazione ed a prescindere dal divieto innanzi indicato, sanzioni in ogni caso con l’esclusione del raggruppamento la mancata conferma dell’offerta – id est il recesso – operata dall’operatore economico con finalità elusive del controllo ex art. 38 comma 1 lett. f) d.lgs. 163/2006.
E ciò perché il costringere i componenti del RTI a rimanere vincolati all’offerta presentata per un periodo indefinito di tempo, anche in caso di plurime scadenze della sua vincolatività, in presenza di gare complesse, il cui svolgimento richieda anche svariati anni – con la sola possibilità di non conferma dell’offerta da parte di tutti gli originari componenti del RTI – appare violativo del principio della libertà di impresa di cui all’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Il suddetto articolo 16 codifica in termini positivi gli approdi giurisprudenziali della Corte di giustizia che hanno riconosciuto la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale (cfr. sentenze del 14 maggio 1974, causa 4-73, Nold, e del 27 settembre 1979, causa 230/78, SpA Eridania) e la libertà contrattuale (cfr., tra l’altro, sentenze Sukkerfabriken Nykøbing, causa 151/78; del 5 ottobre 1999, causa C-240/97, Spagna/Commissione) e sull’articolo 119, paragrafi 1 e 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea che riconosce la libera concorrenza.
È vero che questo diritto si esercita nel rispetto del diritto dell’Unione e delle legislazioni nazionali e che può essere sottoposto alle limitazioni previste all’articolo 52, paragrafo 1 della Carta. Ma per altro verso, il divieto di svincolo dall’offerta, giunta alla sua ulteriore scadenza, da parte del singolo componente del RTI – soprattutto in relazione a gare che si protraggano per un lungo periodo di tempo – pena l’esclusione del RTI nel suo complesso, quale evincibile dalla equiparazione fra mancata conferma dell’offerta da parte del singolo operatore aderente al RTI e recesso dal RTI, derivante dall’applicazione delle norme innanzi indicate, non appare misura proporzionale rispetto all’esigenza di garanzia della serietà dell’offerta presentata e della sua imputabilità al RTI quale parte plurisoggettiva, laddove gli operatori economici che hanno confermato l’offerta siano di per sé in possesso della totalità dei requisiti di partecipazione.
Difatti, conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione europea, le misure adottate dagli Stati membri non devono infatti andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo (v., in tal senso, sentenze della Corte 28 febbraio 2018, cause riunite MA.T.I. SUD SpA C‑523/16 e C‑536/16, del 16 dicembre 2008, Michaniki, C‑213/07, punti 48 e 61; del 19 maggio 2009, Assitur, C‑538/07, punti 21 e 23; del 23 dicembre 2009, Serrantoni e -OMISSIS- stabile edili, C‑376/08, punto 33, nonché del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C‑425/14, punto 29).
Il Collegio ha dunque osservato che una volta operata l’equiparazione fra mancata conferma dell’offerta da parte del singolo operatore economico aderente al RTI e recesso dal raggruppamento, l’esclusione diventa in ogni caso vincolata, laddove ritenuta elusiva del controllo sull’affidabilità morale, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f) del Codice, dell’operatore che viene meno per effetto del recesso; per contro, nell’ipotesi in cui fosse ammessa la non conferma dell’offerta da parte di tale operatore, non potendo più considerarsi lo stesso come componente del RTI partecipante alla gara, alcun controllo successivo dovrebbe essere operato su detta affidabilità professionale.
Il divieto di svincolo dall’offerta è misura proporzionale rispetto all’esigenza di garanzia della serietà dell’offerta presentata e della sua imputabilità al RTI quale parte plurisoggettiva, laddove gli operatori economici che hanno confermato l’offerta siano di per sé in possesso – anche in assenza dell’operatore che si sia svincolato dall’offerta – della totalità dei requisiti di partecipazione, senza la possibilità di ammettere a tal fine integrazioni di sorta? |
3. La pronuncia della CGUE
La Corte di giustizia, chiamata a pronunciarsi sulla questione in esame, ha anzitutto chiarito che né l’articolo 47, § 3, né l’articolo 48, § 4, della direttiva 2004/18 contengono norme riguardanti specificamente le modifiche sopraggiunte in ordine alla composizione di un raggruppamento di operatori economici offerente, con la conseguenza che la disciplina di una tale situazione rientra nella competenza degli Stati membri.
Nel caso di specie, dall’articolo 37, commi 9, 10, 18 e 19 risulta che, salvo in caso di fallimento del capogruppo o di un componente di un raggruppamento temporaneo di imprese, qualsiasi modifica riguardante l’originaria composizione di tale raggruppamento era vietata, pena l’esclusione di tutti i componenti del raggruppamento dalla procedura di aggiudicazione di appalto pubblico.
Sennonché il divieto di modificare la composizione di un raggruppamento temporaneo di imprese deve tuttavia essere valutato alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione, segnatamente del principio di parità di trattamento, dell’obbligo di trasparenza che deriva da quest’ultimo e del principio di proporzionalità. Quest’ultimo principio, ricordato al considerando 2 della direttiva 2004/18, richiede che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni di detta direttiva non vadano oltre quanto è necessario per conseguire gli obiettivi previsti dalla medesima direttiva.
Il principio di parità di trattamento accorda agli offerenti le stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte, il che implica che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. L’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. Tale obbligo implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e di interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione (v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda, C-42/13, EU:C:2014:2345, punto 44 e del 2 giugno 2016, Pizzo, C-27/15, EU:C:2016:404, punto 36).
I principi di trasparenza e di parità di trattamento che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti.
Al riguardo, il punto 21 dell’allegato VII A della direttiva 2004/18 prevede che il «[p]eriodo di tempo durante il quale l’offerente è vincolato alla propria offerta (procedure aperte)» costituisca parte integrante delle informazioni che devono figurare nei bandi di gara.
Sulla base di tali premesse la Corte ha dunque osservato che l’articolo 47, § 3, e l’articolo 48, § 4, della direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che i componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese possono, senza violare il principio della parità di trattamento, recedere da quest’ultimo, purché sia dimostrato, da un lato, che i restanti componenti di tale raggruppamento soddisfano le condizioni di partecipazione alla procedura di aggiudicazione di appalto pubblico definite dall’amministrazione aggiudicatrice e, dall’altro, che la continuazione della loro partecipazione a tale procedura non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza (CGUE sentenza del 24 maggio 2016, MT Højgaard e Züblin, C-396/14, EU:C:2016:347, punti 44 e 48).
Pertanto, l’articolo 37, commi 9, 10, 18 e 19 del d.lgs. n. 163 del 2006 viola manifestamente il principio di proporzionalità nella misura in cui impone rigorosamente il mantenimento dell’identità giuridica e materiale di un raggruppamento temporaneo di imprese. Secondo la Corte, ciò vale a maggior ragione in quanto nessuna deroga è prevista nell’ipotesi in cui l’amministrazione aggiudicatrice chieda, a più riprese, il differimento della data di validità delle offerte. Orbene, un tale differimento richiede che tutti i componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese, da un lato, immobilizzino talune risorse, tanto in termini di personale quanto di materiali, nella prospettiva di un’eventuale aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi e, dall’altro, di prorogare la cauzione provvisoria costituita, il che può rappresentare un onere rilevante, in particolare per una PMI.
L’articolo 37, commi 9, 10, 18 e 19 del d.lgs. n. 163 del 2006, imponendo rigorosamente il mantenimento dell’identità giuridica e materiale di un raggruppamento temporaneo di imprese, viola manifestamente il principio di proporzionalità. Il che vale a maggior ragione in quanto nessuna deroga è prevista nell’ipotesi in cui l’amministrazione aggiudicatrice chieda, a più riprese, il differimento della data di validità delle offerte |
Infine, in ordine alla contestazione elevata alle due società che hanno rifiutato di rinnovare la loro offerta di aver cercato di eludere il controllo del rispetto dei criteri di selezione e, pertanto, di sottrarsi a un’esclusione dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi nei procedimenti principali, la Corte ha aggiunto che, se è vero che l’amministrazione aggiudicatrice può, in qualsiasi momento, verificare l’affidabilità dei componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese e, a questo proposito, assicurarsi che questi ultimi non siano interessati da una delle cause di esclusione da una procedura di aggiudicazione di appalto elencate all’articolo 45 della direttiva 2004/18, essa è tuttavia tenuta a garantire, nell’ambito di tale valutazione, il rispetto del principio di proporzionalità. Pertanto, nell’applicare motivi facoltativi di esclusione da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, un’amministrazione aggiudicatrice deve prestare un’attenzione ancora maggiore a tale principio qualora l’esclusione prevista dalla normativa nazionale colpisca l’intero raggruppamento di operatori economici non per una violazione imputabile all’insieme dei suoi componenti, bensì per una violazione commessa soltanto da uno o più di essi e senza che il capogruppo di tale raggruppamento abbia disposto di un qualsivoglia potere di controllo nei confronti dell’operatore economico o degli operatori economici con cui esso intendeva costituire un tale raggruppamento (v., per analogia, sentenze del 30 gennaio 2020, Tim, C-395/18, EU:C:2020:58, punto 48, e del 7 settembre 2021, Klaipėdos regiono atliekų tvarkymo centras, C-927/19, EU:C:2021:700, punto 156).
Il principio di proporzionalità impone, infatti, all’amministrazione aggiudicatrice di effettuare una valutazione specifica e concreta dell’atteggiamento del soggetto interessato. A tale titolo, l’amministrazione aggiudicatrice deve tener conto dei mezzi di cui l’offerente disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in relazione al soggetto sulle cui capacità intendeva fare affidamento.
In tali circostanze, l’articolo 47, § 3, e l’articolo 48, § 4, della direttiva 2004/18, in combinato disposto con il principio generale di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità, per i componenti originari di un raggruppamento temporaneo di imprese offerente, di recedere da tale raggruppamento, qualora il termine di validità dell’offerta presentata da detto raggruppamento giunga a scadenza e l’amministrazione aggiudicatrice chieda l’estensione della validità delle offerte che le sono state presentate, purché sia dimostrato, da un lato, che i restanti componenti dello stesso raggruppamento soddisfano i requisiti definiti dall’amministrazione aggiudicatrice e, dall’altro, che la continuazione della loro partecipazione alla procedura di aggiudicazione di cui trattasi non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza.