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Premessa – L’ambito oggettivo di applicazione della direttiva e la nozione di appalto pubblico. L’ambito soggettivo. Il criterio di aggiudicazione secondo il miglio rapporto qualità-prezzo. Piccole e medie imprese. Innovazione Celerità e semplificazione. Subappalti. Conclusioni

Premessa

La nuova direttiva comunitaria in materia di appalti approvata dal Parlamento Europeo, nella seduta del 15 gennaio 2014, il cui recepimento da parte degli Stati membri dovrà avvenire nell’arco temporale di 24 mesi, interviene confermando, da un lato, quello che è ormai diritto vivente e dall’altro innovando significativamente sotto alcuni profili. Se da una parte si limita a  recepire i principi  enucleati dalle numerose pronunzie della Corte di Giustizia in materia di evidenza pubblica, dall’ altra introduce significative novità quali quella del criterio di aggiudicazione che tiene conto prevalentemente degli aspetti qualitativi dell’appalto piuttosto che dell’elemento prezzo.

Già dalla lettura dei considerando emerge una particolare attenzione al tema della sostenibilità, dell’innovazione e della disabilità e della partecipazione alle gare d’appalto per le piccole e medie imprese.

Altro principio cui si fa spesso riferimento è quello della semplificazione e delle celerità. Al riguardo  basti pensare all’obbligo di utilizzo di modalità elettroniche e alla riduzione dei termini per la presentazione delle offerte.

Nel presente contributo dopo aver analizzato l’ambito di applicazione della stessa direttiva si cercheranno di illustrare le più importanti novità introdotte.

L’ambito oggettivo di applicazione della direttiva e la nozione di appalto pubblico

La direttiva chiarisce preliminarmente la nozione di appalto pubblico al fine di determinarne l’ambito di applicazione. La normativa comunitaria, infatti, non trova applicazione per un qualunque esborso di danaro pubblico, ma solo con riferimento alle acquisizioni a titolo oneroso di lavori, servizi e forniture. Con il termine acquisizione si intende l’acquisto, la locazione finanziaria o altre forme contrattuali. La nozione di acquisizione viene, quindi, intesa in senso ampio senza che sia necessariamente richiesto un trasferimento della proprietà. Si esclude, per contro, dall’ambito di applicazione della direttiva il finanziamento tramite sovvenzioni nonché l’ipotesi in cui tutti gli operatori in possesso dei requisiti prescritti siano autorizzati allo svolgimento di una determinata attività senza selettività, come nell’ipotesi di licenze per farmaci.

La direttiva lascia impregiudicata la possibilità che i singoli stati membri non esternalizzino il servizio e lo organizzino con strumenti diversi dagli appalti pubblici.

Sempre con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione viene richiamata la nozione di appalto misto e si ribadisce che la qualificazione dell’appalto e, conseguentemente, la disciplina applicabile deve essere determinata con riferimento all’oggetto, ribadendo la nozione di accessorietà. Esemplificando con riferimento agli appalti di servizi di gestione immobiliare per i quali, benché spesso ricomprendano anche lavori accessori rispetto all’oggetto principale, deve trovare applicazione la normativa in materia di servizi. Con riferimento agli appalti per l’esecuzione e la progettazione di lavori la direttiva lascia impregiudicata la possibilità per le stazioni appaltanti di procedere congiuntamente o separatamente. Qualora l’appalto si componga di più parti non separabili le norme applicabili dovrebbero essere individuate sulla base dell’oggetto principale dell’appalto. Un’esigenza motivata di concludere un appalto unico potrebbe essere riscontrata nell’ipotesi della costruzione di un edificio unico del quale una parte debba essere utilizzata direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice interessata mentre un’altra parte debba essere gestita sulla base di una concessione, per esempio per parcheggi destinati al pubblico.

L’ambito soggettivo

In ordine all’ambito soggettivo di applicazione appare opportuno ricordare che la direttiva[1] dà una definizione in negativo della nozione di organismo di diritto pubblico escludendo dalla riconducibilità a tale nozione quei soggetti che, operando in condizioni normali di mercato, mirano a realizzare un profitto e sostengono le perdite che risultano dall’esercizio delle sue attività. Tali caratteristiche configurano un organismo istituito allo scopo o con l’incarico di soddisfare esigenze di interesse generale che sono di natura industriale e/o commerciale.

Circa la nozione di operatore economico, si ribadisce la neutralità della stessa rispetto alla forma giuridica con la quale si intende operare ricomprendendo all’interno della stessa anche università pubbliche e private o forme di  enti diverse dalle persone fisiche.

In merito alle c.d società in house, la direttiva chiarisce che sono escluse dall’ambito di applicazione della stessa gli appalti aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice ad una persona di diritto pubblico o di diritto privato sia nell’ipotesi in cui il controllo sia esercitato da una singola amministrazione, che, congiuntamente, da più amministrazioni aggiudicatrici recependo sul punto quanto statuito dalla Corte di Giustizia[2], purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. l’amministrazione aggiudicatrice esercita singolarmente o congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo, sulla persona giuridica di cui trattasi, analogo[3] a quello da esse esercitato sui propri servizi;
  2. oltre l’80% delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi;
  3. nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

In ordine al punto a) può parlarsi di controllo congiunto quando sussistono le seguenti condizioni:

  1. gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti;
  2. tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica;
  3. la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti.

Con riferimento all’ipotesi di accordi tra pubbliche amministrazioni, ferma restando la libertà di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati senza ricorrere all’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici, si ribadisce che la natura pubblica non esclude l’applicazione della direttiva. I contratti per la fornitura congiunta di servizi[4] pubblici non dovrebbero essere soggetti all’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva, a condizione che siano conclusi esclusivamente tra amministrazioni aggiudicatrici, che l’attuazione di tale cooperazione sia dettata solo da considerazioni legate al pubblico interesse e che nessun fornitore privato di servizi goda di una posizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti. Più precisamente, ai sensi dell’art.12 della direttiva, un contratto concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di applicazione della stessa quando preveda l’erogazione di servizi pubblici nel perseguimento di obiettivi comuni, dell’interesse pubblico e a condizione che le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgano sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione.

Il criterio di aggiudicazione secondo il miglior rapporto qualità-prezzo

L’aggiudicazione dell’appalto dovrebbe essere effettuata applicando criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento per consentire un raffronto oggettivo del valore relativo delle offerte al fine di determinare, in condizioni di effettiva concorrenza, quale sia l’offerta economicamente più vantaggiosa. La direttiva sembra introdurre un nuovo criterio di aggiudicazione definito come miglior rapporto qualità/prezzo. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a scegliere criteri di aggiudicazione che consentano loro di ottenere lavori, forniture e servizi di alta qualità che rispondano al meglio alle loro necessità. L’offerta economicamente più vantaggiosa deve dunque essere determinata facendo ricorso a tale criterio che dovrebbe sempre prevedere un elemento relativo al prezzo o al costo/efficacia tenendo ad esempio in considerazione l’intero ciclo di vita[5] di un prodotto suggerendo agli Stati membri di proibire o limitare fortemente il riferimento al semplice elemento del prezzo.

Tali criteri dovrebbero permettere una valutazione comparativa del livello di prestazione che ciascuna offerta  presenta rispetto all’oggetto dell’appalto quale definito nelle specifiche tecniche.

E’ di grande rilevanza il chiarimento contenuto nel considerando 104 che evidenzia il necessario distinguo tra criteri di aggiudicazione dell’appalto, che costituiscono la base di una valutazione comparativa della qualità delle offerte, e le condizioni di esecuzione dell’appalto che sono invece requisiti oggettivi prestabiliti  non incidenti sulla valutazione delle offerte, ma collegate all’oggetto dell’appalto, in quanto ricomprendono tutti i fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o commercializzazione. Ciò include le condizioni concernenti il processo di esecuzione dell’appalto, ma esclude i requisiti riguardanti la politica aziendale generale.

Con riferimento all’ordinamento interno, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il decreto del 10 aprile 2013, modificando il precedente Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della P.A., ha, in parte, anticipato quanto previsto nella direttiva con riferimento al ciclo di vita del prodotto. Il decreto evidenzia come il criterio del prezzo più basso assottigliando i margini di ricavo per le imprese le induce ad una compressione dei costi con ripercussioni negative in termini di possibilità espansive sia negli investimenti che nelle condizioni lavorative applicabili, con conseguenti ricadute negative sul tessuto economico e sociale. Lo strumento che può contribuire anche alla creazione di imprese più competitive si rinviene nell’aggiudicazione degli appalti pubblici tenendo conto non solo dell’elemento prezzo del bene/servizio o lavoro da offrire, ma anche dei costi considerati nell’arco del ciclo di vita del progetto. I costi si dividono in:

  1. Costi interni: acquisizione quali ad esempio costi di produzione, b) uso ovvero consumo di energia, costi di manutenzione, c) fine vita, quali costi di raccolta e di riciclaggio;
  2. Costi esterni: costi delle emissioni di gas ad effetto serra e di altre sostanze inquinanti, nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici.

Piccole e medie imprese (PMI)

Particolare attenzione viene riservata alle piccole e medie imprese. La direttiva infatti invita le amministrazioni aggiudicatrici ad avvalersi del Codice Europeo delle buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici[6].

La direttiva ribadisce alcune regole fondamentali già note nell’ordinamento interno quali:

  1. la divisione in lotti, qualitativa o quantitativa, lasciando alle amministrazioni aggiudicatrici la facoltà, allo scopo di salvaguardare la concorrenza o per garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento, di limitare il numero dei lotti per i quali un operatore economico può presentare un’offerta o il numero di lotti che possono essere aggiudicati a uno stesso offerente;
  2. la redazione delle specifiche tecniche secondo modalità tali da evitare di restringere artificialmente la concorrenza mediante requisiti che favoriscono uno specifico operatore economico che rispecchino le principali caratteristiche delle forniture, dei servizi o dei lavori da esso abitualmente offerti. Le stesse devono essere fissate in termini di requisiti funzionali e in materia di prestazioni, anche al fine di stimolare l’innovazione nell’ambito degli appalti pubblici;
  3. circa i requisiti relativi alla capacità economica e finanziaria oltre a ribadire che gli stessi devono essere attinenti e  proporzionati all’oggetto dell’appalto si afferma che il fatturato minimo richiesto di norma non dovrebbe superare il doppio del valore stimato dell’appalto[7].

La direttiva prevede, inoltre, che siano rese disponibili gratuitamente orientamenti e informazioni per l’interpretazione e l’applicazione del diritto dell’Unione sugli appalti pubblici, al fine di assistere le PMI, nella corretta applicazione della normativa dell’Unione.

Innovazione Celerità e Semplificazione

La direttiva si propone di contribuire alla strategia Europa 2020 stimolando l’utilizzo di strumenti o il ricorso ad istituti che stimolino l’innovazione quale il ricorso a partenariati per l’innovazione di cui all’ art. 31 della direttiva che presentano dei punti di contatto con i c.d. contratti di rete disciplinati dall’art. 3, comma 4ter del D.L. n. 5/2009.

Con riferimento alla celerità e semplificazione, l’art. 22 della direttiva prevede che gli Stati membri provvedano affinché tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni siano eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici. Gli strumenti e i dispositivi da utilizzare per comunicare per via elettronica, nonché le relative caratteristiche tecniche, devono avere carattere non discriminatorio, essere comunemente disponibili e compatibili con i prodotti informatici generalmente in uso e non devono limitare l’accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione.

Nell’ottica della semplificazione è prevista la presentazione della domanda di partecipazione attraverso il c.d. documento di gara unico europeo (DGUE) che consiste in un’autodichiarazione aggiornata, in sostituzione di certificati, circa l’insussistenza di motivi di esclusione e il possesso dei requisiti redatta esclusivamente in forma elettronica e sulla base di un formulario standard. Per la verifica dei requisiti la direttiva sottolinea la necessità di una banca dati e mette a disposizione un sistema elettronico denominato e-Certis al fine di favorire lo scambio di certificati e documenti probatori tra le amministrazioni aggiudicatrici. Nell’ordinamento interno il sistema della banca dati per la verifica dei requisiti speciali e generali è come noto costituito dall’AVCPass, la cui obbligatorietà è stata spostata al 1 luglio 2014 dal D.L. 150/13, approvato definitivamente dal Senato il 26.02.2014.

Termini di presentazione delle offerte

Al fine di rendere le procedure più veloci ed efficaci la direttiva interviene modificando i termini minimi per la  presentazione delle offerte che sono così ridotti:

a) Procedure aperte 35 giorni dalla data di trasmissione del bando, o 15 in caso di pubblicazione dell’avviso di preinformazione;

b) Procedure ristrette 30 giorni dalla data di trasmissione del bando o dell’invito, o 10 in caso di pubblicazione dell’avviso di preinformazione[8].

Pur riducendo i termini minimi la direttiva precisa che, ai fini della determinazione degli stessi, le stazioni appaltanti dovrebbero tener conto, in particolare, della complessità dell’appalto e del tempo necessario per preparare le offerte, anche se ciò comporta la fissazione di termini più lunghi rispetto a quelli minimi previsti dalla direttiva in argomento. I termini della ricezione delle offerte dovranno essere necessariamente superiori a quelli minimi qualora le offerte possano essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione in loco dei documenti allegati ai documenti di gara.

Su piano dell’ordinamento interno appare necessario ricordare che, per quanto attiene ai lavori pubblici, il sopralluogo ha una sua ragion d’essere e trova fondamento normativo nell’art. 106, 2 comma del D.P.R. 207/2010, integrando un elemento costitutivo dell’offerta attraverso il quale il concorrente manifesta piena contezza circa le condizioni di esecuzione dei lavori. Con riferimento agli appalti di servizi e forniture, in assenza di un riferimento normativo occorre procedere con maggiore cautela. L’ Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici, con la determinazione n. 4/2012 e più recentemente con la consultazione relativa all’adozione del bando tipo per i servizi di pulizie, ha evidenziato come possano presentarsi dei casi in cui difficilmente un operatore economico può presentare offerta senza aver preso visione dei luoghi. Si tratta in realtà di ipotesi eccezionali che presuppongono che l’oggetto del contratto abbia una stretta e diretta relazione con gli organismi edilizi, come nel caso del global service ovvero di prestazioni da eseguirsi in ambienti particolari quali quello ospedaliero.

Al di fuori di tali ipotesi la regola dovrebbe essere quella della facoltà del sopralluogo considerato, tra l’latro, che le più moderne tecnologie consentono di riprodurre fedelmente ambienti e siti senza costringere le imprese a sostenere i costi per l’effettuazione di un sopralluogo.

Con riferimento alla clausola frequentemente inserita nei disciplinari di gara relativa all’obbligo di inserire nella documentazione amministrativa di gara  l’attestazione, rilasciata dalla stessa stazione appaltante, circa l’avvenuto sopralluogo si è recentemente espressa per l’illegittimità la sezione IV del Consiglio di Stato con la sentenza del 12 febbraio 2014 n. 674. Il supremo consesso ha affermato l’illegittimità della clausola in parola richiamando il disposto di cui al III comma dell’art. 18 della L. 241/90 secondo cui: “sono accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare”.

Subappalti

Con riferimento all’istituto del subappalto, la direttiva suggerisce un’estensione degli obblighi in materia di trasparenza, consentendo il pagamento diretto ai subappaltatori e imponendo alle amministrazioni aggiudicatrici di verificare che i subappaltatori non si trovino in una delle situazioni che giustificano l’esclusione dell’operatore economico.

Sul punto occorre ricordare che il Decreto destinazione Italia, D.L.  n. 145/2013, convertito  con la L. 9/2014,

ha modificato sul punto l’art. 118 del d.lgs. 163/06 prevedendo la possibilità, ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell’affidatario, di procedere anche in deroga alle previsioni del bando di gara il pagamento diretto al subappaltatore[9].

Tale previsione costituisce una terza modalità di pagamento in aggiunta alle due alternative previgenti, la cui scelta deve essere inserita nel bando di gara, ovvero:

  1. Pagamento diretto al subappaltatore da parte della stazione appaltante;
  2. Pagamento effettuato da parte dell’appaltatore con obbligo di trasmettere alla stazione appaltante copia delle fatture quietanzate

Conclusioni

Dall’analisi svolta emerge una nuova attenzione da parte del legislatore comunitario per una serie di principi e valori che sembrano contemperare il principio di libera concorrenza, la cui rilevanza era nettamente  prevalente nella direttiva precedente. In particolare, con riguardo ai diritti dei cittadini comunitari, oltre che delle imprese, viene data importanza al tema della disabilità sia con riferimento all’utilizzo dei mezzi di comunicazione che alla progettazione di opere, le cui caratteristiche tecniche devono tener conto di criteri di accessibilità. Per quanto attiene invece al tema della sostenibilità gli acquisti devono essere sostenibili oltre che con riferimento alle specifiche tecniche anche con riferimento agli aspetti sociali considerato che le commesse pubbliche possono costituire una forte leva per il cambiamento anche con riferimento al rispetto delle condizioni lavorative.


[1] Considerando n. 9

[2] Sentenza della Corte di Giustizia , Terza Sezione, del 29 novembre 2012, cause riunite C‑182/11 e C‑183/11C secondo cui: “Quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, oppure quando un’autorità pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la condizione enunciata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo cui tali autorità, per essere dispensate dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme del diritto dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi, è soddisfatta qualora ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta.

[3] Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.

[4] Circa la tipologia di  servizi forniti dalle diverse amministrazioni oggetto di cooperazione può trattarsi di servizi identici o complementari.

[5] Appare importante richiamare la definizione di ciclo di vita : “tutte le fasi consecutive e/o interconnesse, compresi la ricerca e lo sviluppo da realizzare, la produzione, gli scambi e le relative condizioni, il trasporto,l’utilizzazione e la manutenzione, della vita del prodotto o del lavoro o della prestazione del servizio, dall’acquisizione della materia prima o dalla generazione delle risorse fino allo smaltimento, allo smantellamento e alla fine del servizio o all’utilizzazione” (art. 2 punto 20 della direttiva)

[6] Documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 giugno 2008,reperibile all’indirizzo: http://ec.europa.eu/internal_market/publicprocurement/docs/sme_code_of_best_practices_it.pdf

[7]  Considerando 83 e articolo 58, comma 3 della direttiva

[8] Si rinvia alla lettura degli artt. 27 e 28 della Direttiva.

[9]  Art. 13 D.L. 145/2013 teso definitivo così come modificato con la L. 9/2014 : “ All’articolo 118 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:a) al comma 3, dopo il terzo periodo è aggiunto il seguente: «Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell’affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l’affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili, eventualmente costituite per l’esecuzione unitaria dei lavori a norma dell’articolo 93 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al cottimista dell’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite»;
b) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
«3-bis. È sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi soggetti che costituiscano l’affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili, eventualmente costituite per l’esecuzione unitaria dei lavori a norma dell’articolo 93 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le determinazioni del tribunale competente per l’ammissione alla predetta procedura.
3-ter. Nelle ipotesi di cui ai commi 3, ultimo periodo, e 3-bis, la stazione appaltante, ferme restando le disposizioni previste in materia di obblighi informativi, pubblicità e trasparenza, è in ogni caso tenuta a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale le somme liquidate con l’indicazione dei relativi beneficiari.».

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Michela Deiana
Esperta in appalti pubblici
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.