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1. Gli acquisti verdi in Unione Europea e la declinazione in Italia

Le direttive UE stabiliscono le regole per il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici per lavori, forniture e servizi negli Stati membri dell’UE promuovendone l’uso per ottenere obiettivi ambientali e sociali anche al fine di garantire, mediante gli appalti pubblici verdi, la qualità e l’innovazione ecologica nei prodotti e servizi all’interno dell’UE (Green Public Procurement – GPP).  Il GPP è un potente strumento per stimolare l’innovazione e incoraggiare le imprese a sviluppare nuovi prodotti con prestazioni ambientali adeguate. Il GPP è nato come uno strumento di politica ambientale volontario volto a favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica.

Gli appalti pubblici verdi (GPP) sono definiti nella comunicazione (COM -2008-400) “Appalti pubblici per un ambiente migliore” come <<un processo in base al quale le autorità pubbliche cercano di acquistare beni, servizi e lavori con un impatto ambientale ridotto durante tutto il loro ciclo di vita rispetto a beni, servizi e lavori con la stessa funzione primaria che sarebbero altrimenti appaltati>>”.

Gli appalti pubblici verdi sono uno quindi uno strumento volontario e gli Stati membri sono in grado di determinare le misure in cui le loro politiche sono applicate a tal fine; gli appalti svolgono così un ruolo chiave negli sforzi dell’UE volti a promuovere un’economia efficiente sotto il profilo dell’utilizzo delle risorse. Gli appalti pubblici verdi rientrano nell’ambito degli appalti pubblici strategici, insieme agli appalti pubblici socialmente responsabili e agli appalti per l’innovazione.

Il presupposto degli appalti pubblici verdi si basa sull’adozione di criteri ambientali chiari, verificabili, giustificabili e ambiziosi per prodotti e servizi mediante un approccio riferito al ciclo di vita. Le autorità pubbliche europee spendono l’equivalente del 16% del prodotto interno lordo dell’UE per l’acquisto di beni, quali attrezzature per ufficio, componenti per l’edilizia e veicoli di trasporto; per servizi, quali la manutenzione degli edifici, i servizi di trasporto, i servizi di pulizia e di ristorazione e i lavori. Gli appalti pubblici possono quindi condurre ad una domanda significativa da parte delle autorità pubbliche di beni “più ecologici”.

Nel 2004, le due direttive europee sugli appalti pubblici, (la n. 2004/17/CE e la n. 2004/18/CE) hanno dato un significativo supporto giuridico al GPP. Inoltre, le seguenti direttive dell’Unione europea in materia di appalti pubblici, pubblicate in data 26 febbraio 2014 e recepite nell’ordinamento italiano, hanno fornito un nuovo indirizzo in materia: la Direttiva 2014/24/UE sugli appalti, che ha abrogato la direttiva 2004/18/CE; la Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; la Direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali. 

Le direttive UE stabiliscono le regole per il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici per lavori, forniture e servizi negli Stati membri dell’UE promuovendone l’uso per ottenere obiettivi ambientali e sociali anche al fine di garantire, mediante gli appalti pubblici verdi, la qualità e l’innovazione ecologica nei prodotti e servizi all’interno dell’UE

Con l’approvazione del Libro Verde “Gli appalti pubblici nell’Unione Europea” del 1996, la Commissione europea ha mostrato una crescente attenzione verso la politica di protezione dell’ambiente negli appalti pubblici, considerando che <<la tutela dei valori ambientali può avvenire nel quadro delle prescrizioni tecniche riguardanti le caratteristiche dei lavori, delle forniture o dei servizi oggetto degli appalti, vale a dire delle specifiche tecniche che gli organismi acquirenti devono indicare nei documenti generali degli appalti e dalle quali i partecipanti devono conformarsi, secondo quanto disposto dalle direttive>>.

In tale quadro, la Commissione ha elaborato la comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo COM (2003) del 18/6/2003, che pone l’esigenza di integrazione delle esigenze ambientali negli appalti pubblici attraverso appositi piani di azione. Sulla scorta di tale comunicazione, in attuazione delle previsioni contenute nella legge finanziaria 2007 (art. 1, commi 1126-1128 della legge n. 296/2006), con decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dell’11/4/2008 n. 135, di concerto con i Ministeri dell’Economia e delle Finanze e dello Sviluppo Economico, è stato approvato il “Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione”.

Sempre nell’ottica del perseguimento di obiettivi per uno sviluppo sostenibile, il legislatore ha introdotto principi immanenti al sistema delle procedure di evidenza pubblica, che ogni stazione appaltante ha l’obbligo di rispettare (Consiglio di Stato, Sezione III, n. 8773/2022).

2. I criteri minimi ambientali (CAM) in Italia

Con il Decreto Interministeriale dell’11 Aprile 2008, recante l’approvazione del Piano d’azione nazionale sul GPP, emanato a seguito alla delega conferita al Governo dall’art. 1, comma 1126 della L. 296/2006 (finanziaria per l’anno 2007), è stato delineato operativamente anche a livello nazionale un quadro di riferimento complessivo utile a facilitare l’adozione e l’implementazione di pratiche di GPP, sia dal punto di vista tecnico che metodologico. Il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 ha recepito le Direttive comunitarie al fine di realizzare nel nostro Paese un’economia più verde: l’Italia è stato il primo Paese che ha imposto l’obbligo di applicazione del GPP per le stazioni appaltanti.

I criteri minimi ambientali negli appalti (CAM) non costituiscono mere norme programmatiche, ma obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti. Le strategie e le misure per promuovere i CAM nel nostro Paese sono definite, come detto, dal Piano d’azione sul Green Public Procurement che supporta le amministrazioni pubbliche nell’implementazione delle pratiche relative agli acquisti verdi e così, prima, con il d.lgs. n. 50 del 2016 ed oggi con gli artt. 57 e 83 del d.lgs. n. 36/2023, è stata stabilita la necessità (con l’obbligo) della presenza nella documentazione di criteri ambientali minimi a cui l’offerta deve essere conforme. A tal fine gli operatori economici e le stazione appaltanti verificano sul sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica i CAM vigenti (è prevista una programmazione aggiornata dei CAM in vigore per la definizione di criteri minimi da applicare alle diverse categorie di bene, servizi e lavori).

I CAM costituiscono requisiti ambientali per le varie fasi del processo di acquisto, per individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita. Il D.M dell’Ambiente e della Sicurezza energetica del 3 agosto 2023 n. 259, denomina «Criteri Ambientali Minimi», le «misure volte all’integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale nelle procedure d’acquisto pubbliche» di cui all’art. 1, comma 1126 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, mediante l’adozione di appositi decreti del relativo Ministero competente. L’importanza dell’introduzione di tali finalità rientra nei presupposti che sono tipici dell’agire dell’Amministrazione pubblica finalizzati, alla cura dell’interesse pubblico in analogia ad altre tutele rivolte ai lavoratori ad esempio. Tra l’altro l’applicazione di tali criteri diffonde l’occupazione all’interno del “green job”.

L’articolo 57 comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, prevede quindi l’obbligo di applicazione, per l’intero valore dell’importo della gara, delle “specifiche tecniche” e delle “clausole contrattuali”, contenute nei criteri ambientali minimi (CAM). Lo stesso comma prevede che si debba tener conto dei CAM anche per la definizione dei “criteri di aggiudicazione dell’appalto” di cui all’art. 108, commi 4 e 5, del Codice.

L’applicazione sistematica dei CAM in sintesi: consente di indurre gli operatori economici a investire in buone pratiche al fine di ridurre gli impatti ambientali; promuove modelli di produzione e consumo più sostenibili valorizzando la qualità ambientale; risponde anche all’esigenza della Pubblica amministrazione di razionalizzare i propri consumi ottimizzando la spesa in un’ottica di medio-lungo periodo.

Agli enti pubblici è richiesto in relazione, ad esempio, alla fornitura di arredo di: evitare la sostituzione di mobili e altri elementi d’arredo per soli fini estetici; valutare la possibilità di acquistare arredi usati ricondizionati; valutare il servizio di noleggio per scopi od eventi specifici; favorire l’allungamento della vita media degli arredi con la riparazione o rigenerazione degli stessi.

L’attuale decreto legislativo 36/2023, e in particolare l’art.57, dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti contribuiscano al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso quindi l’inserimento obbligatorio nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi, definiti per specifiche categorie di appalti e concessioni, differenziati, ove tecnicamente opportuno, anche in base al valore dell’appalto o della concessione.

Inoltre, il Codice disciplina nell’Allegato II.8 il tema dei costi del ciclo di vita di un prodotto, servizio o lavoro, prevedendo che le stazioni appaltanti, quando valutano le offerte sulla base di un criterio quale il costo del ciclo di vita, possono richiedere i dati connessi al consumo di energia o di altre risorse, i costi di raccolta, di smaltimento, di riciclaggio di rifiuti e i costi imputati a esternalità ambientali, che possono includere i costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti, nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici. La documentazione di gara deve dettagliare specificatamente i requisiti di tutela ambientale richiesti, evitando ambiguità che possano spostare il rispetto dei Criteri Ambientali alla fase esecutiva del contratto.

La peculiarità sul tema è quindi data dalla doverosità dell’inserimento del requisito ambientale già nel momento della definizione dell’oggetto dell’appalto: è pacifica l’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi al fine di garantire <<che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde” (C.d.S 6934/2022)>>.

Ai sensi dell’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 la stazione appaltante non può omettere di riportare nella documentazione di gara le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM applicabili ai servizi oggetto di affidamento, di cui ai relativi decreti del ministero, costituendo le previsioni non mere norme programmatiche, ma obblighi cogenti per le stazioni appaltanti

Ai sensi dell’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 la stazione appaltante non può omettere, pertanto, di riportare nella documentazione di gara le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM applicabili ai servizi oggetto di affidamento di cui ai previsti decreti del ministero, costituendo le relative previsioni obblighi cogenti per le stazioni appaltanti (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione III, 14 ottobre 2022, n. 8773).  Si deve ritenere che l’obbligo di rispettare i criteri minimi ambientali derivi senza dubbio dalle previsioni contenute nel Dlgs. 36/2023 che costituisce norma imperativa e cogente e che opera, pertanto, indipendentemente da una sua espressa previsione negli atti di gara.

Una lacuna nella legge di gara può quindi essere colmata, in via suppletiva, attraverso il meccanismo di integrazione automatica, in base alla normativa vigente in materia, come parte della giurisprudenza afferma (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24.10.2017, n. 4903). Tale lacuna può quindi essere superata, in via suppletiva, attraverso il meccanismo di integrazione automatica, in base alla normativa in essere (TAR Napoli, 15.01.2024 n. 377). Ciò in coerenza con l’art. 1374 del Codice Civile che dispone <<Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità>>.

Per un ulteriore orientamento interpretativo, invece, è esclusa la possibilità di fare ricorso all’eterointegrazione: tale indirizzo è maggiormente conforme al tenore ed alla ratio della legge che impone alla stazione appaltante non già di richiamare, in modo formalistico, i candidati in ordine alla necessità di rispettare i criteri ambientali minimi. A riguardo il Consiglio di Stato, sez. III, 27.05.2024 n. 4701 : <<Va conclusivamente osservato sul punto che la tesi della eterointegrazione, che ha consentito al primo giudice di ritenere legittima la legge di gara, per un verso contraddice – come accennato – la tesi delle parti appellate circa la completezza della relativa documentazione; per altro verso – stante la genericità sul punto di disciplinare e capitolato, e la conseguente necessità di integrarne ab estrinseco la disciplina – ha l’effetto di spostare nella fase di esecuzione del contratto ogni questione relativa alla conformità della prestazione ai criteri ambientali>>.

Alla stazione appaltante non è richiesto di richiamare in modo formalistico, come detto, le disposizioni in materia di sicurezza e tutela ambientale, ma di approcciarsi all’intera disciplina di gara attraverso un puntuale inserimento delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contemplate dal DM di riferimento.

Il contratto d’appalto pubblico si è così trasformato da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, i green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare”. Con i CAM le amministrazioni pubbliche concorrono, mediante i relativi contratti, a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e dei servizi acquistati, stimolando il mercato a sviluppare prodotti e servizi più sostenibili.

La non conformità della legge di gara ai criteri ambientali minimi non integra, inoltre, un vizio tale da imporre l’immediata e tempestiva impugnazione del bando di gara, essendosi al di fuori dei casi eccezionali di clausole escludenti o impeditive della partecipazione che sole, consentono l’immediata impugnazione della lex specialis di gara (Consiglio di Stato 14 ottobre 2022, n. 8773; Tar Napoli Sez. I 15.01.2025 n.427). Un altro indirizzo giurisprudenziale afferma invece che esiste un onere di immediata impugnazione della legge di gara (TAR Roma, n. 4493,  del 06.03.2024) in considerazione della natura obbligatoria delle clausole.

Il contratto d’appalto pubblico si è trasformato da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: i green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare”

A fronte di quanto illustrato i “Criteri Ambientali Minimi” (CAM) costituiscono le “misure volte all’integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale nelle procedure d’acquisto di beni e servizi delle amministrazioni competenti” previste dall’articolo 1, co.1126, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296. Ciò impone una conformazione degli obblighi negoziali funzionale, sul piano sostanziale, all’effettiva esecuzione della prestazione dell’appaltatore in conformità alle specifiche tecniche riportate dai criteri ambientali. Nei documenti di gara è compito della stazione appaltante provvedere – quindi sin da subito –  ad un’effettiva declinazione dei criteri ambientali. La logica del risultato, tra l’altro, mira ad una definizione, in termini di certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti ed obblighi, in un’ottica di unitarietà strutturale e funzionale fra aggiudicazione (atti propedeutici ed esecuzione).

I CAM sono le “indicazioni tecniche” finalizzate a garantire, per quanto possibile, anche le tutele etico-sociali, tenendo conto dell’approccio lungo il ciclo di vita, in relazione alle varie fasi delle procedure di affidamento, quali: la definizione dell’oggetto dell’affidamento; la selezione dei candidati, laddove sia necessario o opportuno selezionare gli offerenti in base alla loro capacità tecnica ad assicurare migliori prestazioni ambientali durante l’esecuzione del contratto; la definizione delle specifiche tecniche alle quali le forniture, i servizi o i lavori devono conformarsi; la definizione di criteri premianti per valutare le offerte che offrono prestazioni o soluzioni tecniche più avanzate rispetto alle caratteristiche già previste; l’individuazione di clausole contrattuali per individuare le modalità di esecuzione del contratto.

Nei documenti di gara è compito della stazione appaltante provvedere – quindi sin da subito –  ad un’effettiva declinazione dei criteri ambientali.  La logica del risultato, tra l’altro, mira ad una definizione, in termini di certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti ed obblighi, in un’ottica di unitarietà strutturale e funzionale fra aggiudicazione (atti propedeutici ed esecuzione)

In particolare, quando l’aggiudicazione è prevista con l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 108, commi 4 e 5, sulla base del miglior rapporto qualità prezzo o sulla base dell’elemento relativo al costo, la stazione appaltate valuta la migliore proposta, anche in termini di tutele ambientali con le quali soddisfare i fabbisogni, tenendo conto dei costi lungo il ciclo di vita comparando alcune informazioni utili, ad esempio, riferite all’utilizzo di prodotti riutilizzabili in alternativa a prodotti monouso.

Le stazioni appaltanti non hanno l’obbligo però di dedicare ai criteri ambientali un valore maggioritario (ossia superiore alla metà dei punti complessivamente attribuiti alle offerte tecniche), e nemmeno particolarmente “significativo” Tuttavia dalla norma primaria deriva comunque l’obbligo, per la stazione appaltante, pur nell’esercizio della propria discrezionalità di non attribuire ai criteri ambientali un peso eccessivamente ridotto, fino a divenire irrisorio, pena la frustrazione della ratio legis della norma primaria, volta a garantire che l’aspetto ambientale sia rilevante nel procedimento selettivo (e non solo” nella fase di esecuzione del contratto) ed anche nella fase di valutazione qualitativa delle offerte tecniche”. Ad esempio prevedere soli 3 punti su 70 ai criteri premianti di cui al relativo decreto ministeriale, comporta la sostanziale irrisorietà del parametro nell’ambito della valutazione complessiva dell’offerta tecnica, con evidente frustrazione delle disposizioni.

Le stazioni appaltanti non hanno l’obbligo di dedicare ai criteri ambientali un valore maggioritario (superiore alla metà dei punti complessivamente attribuiti alle offerte tecniche), tuttavia dalla norma primaria deriva l’obbligo per la stazione appaltante di non attribuire ai criteri ambientali un peso eccessivamente ridotto

3. Verifiche di conformità ai CAM

I mezzi di verifica dei criteri contenuti nei CAM, come indicati dai relativi decreti ministeriali, consistono nella presentazione di etichette o di certificati, di rapporti di prova o di altra documentazione tecnica. I metodi di prova si riferiscono a norme e metodi di misurazione riconosciuti a livello internazionale al fine di garantire che le dichiarazioni siano verificabili, ripetibili, controllabili e comparabili: spetta alla stazione appaltante decidere in quale fase della procedura debbano essere presentati i mezzi di prova. Per ogni singolo criterio, al fine di dimostrarne la conformità, è richiesta la Relazione CAM nella quale sono descritte le soluzioni adottate per raggiungere le prestazioni minime e premianti richieste (cfr. CAM edilizia).

I mezzi di verifica dei criteri contenuti nei CAM, come indicati dai relativi decreti ministeriali, si riferiscono a metodi di misurazione riconosciuti a livello internazionale per garantire che le dichiarazioni siano verificabili, ripetibili, controllabili e comparabili

Le verifiche effettuate da un Organismo di valutazione della conformità, accreditato a norma del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e firmatario degli accordi internazionali di mutuo riconoscimento EA/IAF MLA, pongono in essere un’attività di valutazione della conformità, comprese la taratura, le prove, le ispezioni e le certificazioni, al fine di garantire l’applicazione negli appalti pubblici dei criteri minimi ambientali previsti per quella tipologia di bene, servizi o lavori.

Nel caso della dimostrazione della conformità mediante rapporti di prova rilasciati, ad esempio, da laboratori accreditati, è opportuno richiedere che i rapporti siano in corso di validità e che siano accompagnati da una dichiarazione del Legale rappresentante dell’azienda che attesti la corrispondenza del prodotto consegnato con quello provato in laboratorio.

La dimostrazione della conformità ai criteri ambientali può avvenire oltre che tramite la presentazione di etichettature (marchi o certificazioni), citate all’interno della sezione verifica dei relativi CAM, anche attraverso altre etichette equivalenti – secondo un principio di equivalenza consolidato nelle procedure di appalto in relazione alle misure di prova da presentare –   per esempio, mediante altre etichette ISO Tipo I conformi alla UNI EN ISO 14024.

Ulteriore mezzo di prova idoneo è la presentazione della documentazione tecnica del fabbricante, se la medesima è in grado di dimostrare che i requisiti dell’etichettatura specifica o i requisiti indicati dalla stazione appaltante sono comunque soddisfatti. Nei casi di etichette equivalenti e di altri mezzi di prova idonei, l’operatore economico deve produrre, in fase di gara, la documentazione comprovante la sostanziale equivalenza dei mezzi di verifica presentati in alternativa; la stazione appaltante ha il compito, in fase di verifica, di valutarne l’equivalenza, rispetto ai mezzi di prova indicati dalla medesima, con riferimento ai contenuti previsti dai criteri minimi ambientali (minimi perché l’operatore ne può adottare ulteriori).

In sede di gara, la valutazione della conformità ai CAM deve essere effettuata dalla Commissione per verificare che l’offerta sia rispettosa della lex specialis e dei criteri ambientali, in ossequio al principio di par condicio dei partecipanti.

Diverso è invece il profilo del controllo in sede esecutiva di quanto dichiarato dal soggetto aggiudicatario: in quella fase il rapporto tra stazione appaltante e impresa offerente si atteggia con una modalità <<prettamente privatistica e paritetica tra le parti, rispetto alla quale l’ordinamento appronta in favore dell’Amministrazione strumenti civilistici (diffida ad adempiere, risoluzione in danno) nel caso in cui il contraente sia inadempiente agli obblighi assunti con la propria offerta, che assume a tutti gli effetti i caratteri tipici di una proposta di contratto irrevocabile>> (Consiglio di Stato Sez. III – sentenza n. 9398 del 2 novembre 2023).

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Beatrice Corradi
Dott.ssa Beatrice Corradi
Dirigente del Servizio Provveditorato, Affari generali e Gruppi Consiliari del Consiglio regionale della Liguria