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Premessa

La Commissione europea nella Comunicazione “Risposta all’aumento dei prezzi: un pacchetto di misure di intervento e di sostegno” del 13 ottobre 2021, in accordo con i maggiori analisti internazionali, ha individuato le principali cause del significativo rialzo dei prezzi energetici in Europa (i) nell’aumento della domanda mondiale di energia connesso alla ripresa post pandemica, (ii) nello squilibrio tra domanda e offerta nel mercato globale del gas naturale (da cui dipendono circa un quarto dei consumi energetici europei), (iii) nonché nell’incremento del prezzo della CO2, raddoppiato nei primi nove mesi del 2021 ed oggi pari a quasi tre volte i livelli dell’inizio 2021.

L’incremento eccezionale dei prezzi dell’energia elettrica nel corso dell’estate 2021 è quindi in parte dovuto al fortissimo aumento del prezzo del gas naturale usato in larga parte quale combustibile degli impianti di produzione dell’energia elettrica. In Italia, dove gli impianti a ciclo combinato alimentati a gas naturale rappresentano la tecnologia marginale in circa il 50% delle ore, il prezzo spot dell’energia elettrica nel 2021, si è attestato a 125,46 €/MWh a fronte del 38,92 €/MWh nel 2020 e 52,32 €/MWh nel 2019 (cfr. Memoria ARERA n. 50/2022/I/com “Audizione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti Ambiente in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni “risposta all’aumento dei prezzi dell’energia: un pacchetto di misure d’intervento e di sostegno” del 14.02.2022).

La forte volatilità dei prezzi dell’energia elettrica e del gas contraddistingue questo periodo tanto da lasciare spazio solo a previsioni a breve termine, stante una tendenza di scostamento superiore alle medie storiche dei relativi prezzi.

Si tratta di un tema certamente complesso che involge la programmazione e l’attuazione di interventi straordinari a tutela in primis dei consumatori (clienti domestici e vulnerabili), nonché delle piccole imprese ed infine delle realtà industriali del Paese.

Il che ha comportato l’adozione da parte del Legislatore di misure straordinarie volte proprio per ridurre gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico (id est: art. 1, commi 503 e 504 della L. n. 234 del 30.12.2021; art. 14, del D.L. n. 4/2022).

1. I fatti di causa

È proprio nel contesto descritto in premessa che si colloca la controversia in commento.

Ai fini dell’affidamento di un appalto di fornitura di energia elettrica per il periodo dal 1° ottobre 2022 al 31 dicembre 2022, la legge di gara prevedeva un sistema di aggiudicazione attraverso asta elettronica, articolato in due fasi:

  • la prima fase concerneva la consegna delle offerte (vincolanti per 180 giorni) entro il 24 maggio 2021, con successiva apertura delle buste il 26 maggio 2021;
  • la seconda fase contemplava la successiva acquisizione della migliore delle offerte valide pervenute – purché superiori a due -, da porsi a base di successivo esperimento di gara per la presentazione -in via elettronica- di nuove offerte economiche senza alcun limite di prezzo in diminuzione.

Il disciplinare riservava alla Stazione Appaltante la “facoltà di valutare la congruità dell’offerta qualora appaia anormalmente bassa, procedendo secondo le modalità di cui all’art. 97 del Codice”.

A seguito della prima seduta del seggio di gara tenutasi il 26 maggio 2021, la Stazione Appaltante invitava le ditte ammesse a partecipare all’asta elettronica del 6 ottobre 2021 senza, però, che vi fosse presentazione di alcuna offerta in ribasso.

Al termine dell’asta è stata, quindi, consacrata l’aggiudicazione definitiva in favore di una società operante come grossista nel mercato elettrico dell’energia risultata la migliore offerente all’esito della prima fase.

Quest’ultima, tuttavia, con comunicazione antecedente l’asta elettronica, aveva rappresentato all’Amministrazione che nelle more dello svolgimento della seconda fase dell’asta elettronica il prezzo dell’energia elettrica era notevolmente aumentato (di oltre il 200%), con un valore medio del c.d. “P.U.N.” mensile (prezzo unico nazionale dell’energia elettrica) salito da 69,91 €/MWh (nel mese di maggio del 2021, l’epoca di presentazione delle offerte) a ben 214,10 €/MWh (nel mese di ottobre del 2021, quello dell’aggiudicazione). E ciò al fine di sollecitare la Stazione Appaltante ad intraprendere ogni iniziativa utile a garantire gli interessi pubblici e privati, il cui perseguimento era fortemente messo in discussione dalla formulazione, nella prima fase della gara, di un prezzo che, divenuto del tutto incongruo, non garantiva più la possibilità di esecuzione dell’appalto, a causa dell’insostenibilità dei costi della materia prima.

L’Amministrazione, per tutta risposta, procedeva alla sollecita approvazione del verbale dell’asta elettronica, così ratificando l’aggiudicazione della commessa in capo alla Società miglior offerente della prima fase di gara.

Quest’ultima, invitata alla trasmissione dei documenti necessari alla sottoscrizione del contratto, nuovamente evidenziava la sopravvenienza di una situazione di eccessiva e imprevedibile onerosità rispetto al prezzo dell’energia elettrica tale da determinare l’incongruità dell’offerta e il venir meno del rispetto del principio del c.d. “utile necessario”. Il tutto sollecitando un intervento in autotutela sugli atti di gara da parte della Amministrazione.

La S.A, disattesa tout court tale istanza, opponeva la correttezza del proprio operato, sottolineando che le offerte presentate nella prima fase dell’asta elettronica erano state tutte “al rialzo” rispetto ai valori del maggio 2021 del PUN della borsa elettrica italiana (IPEX – Italian Power Exchange), pari a 69,91€/MWh: circostanza che, secondo tale prospettazione, già garantiva la concorrenzialità e la massima apertura al mercato delle imprese.

L’aggiudicataria, invitata nuovamente alla consegna della documentazione per la stipula del contratto, impugnava, quindi, le determine a tal proposito assunte dalla Stazione Appaltante, producendo in giudizio due perizie, con l’intento di dimostrare, da un lato, l’andamento dei prezzi del mercato elettrico dal 2004 alla data della relazione peritale; dall’altro, gli effetti economici e finanziari che avrebbe subito qualora la fornitura fosse stata eseguita ai prezzi offerti nel maggio 2021.

2. La statuizione del TAR Campobasso

Il TAR Campobasso ha accolto il ricorso in ragione della fondatezza delle censure di carenza di istruttoria e di motivazione, nonché di violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016 mosse all’operato della Stazione Appaltante.

Nello statuire ciò, il Collegio ha dato atto di quanto pacificamente emerso nel corso del giudizio e, cioè, che le due fasi dell’asta elettronica si erano svolte a distanza di oltre quattro mesi l’una dall’altra, arco temporale – dal maggio all’ottobre 2021 – nel quale si era verificata una grave crisi del mercato dell’energia elettrica, con effetti di marcato e rapido rialzo del prezzo della materia prima.

Assodato dunque che il prezzo dell’energia elettrica era aumentato di oltre il 200%, con un valore medio del c.d. “P.U.N.” mensile salito da 69,91 €/MWh (nel mese di maggio del 2021, l’epoca di presentazione delle offerte) a ben 214,10 €/MWh (nel mese di ottobre del 2021, quello dell’aggiudicazione), il TAR Campobasso ha stigmatizzato l’operato dell’Amministrazione che, a fronte della sopravvenuta criticità segnalata dalla concorrente prima dello svolgimento dell’asta elettronica, non ha assunto una puntuale posizione sulla problematica della effettiva sostenibilità dell’offerta della concorrente, procedendo con noncuranza all’immediata aggiudicazione della commessa.

Sicché, sotto un primo aspetto, il contegno sostanzialmente silente dell’Amministrazione si è concretizzato in una aperta violazione dei canoni di buona amministrazione, i quali, alla luce della giurisprudenza elaborata in materia di silenzio amministrativo, impongono invece l’adozione di un espresso pronunciamento sulla questione sottoposta alla parte pubblica le quante volte, proprio in relazione al dovere di correttezza di quest’ultima, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle sue determinazioni (quali che siano) (vd., ex multis, Cons. St., 9 gennaio 2020, n. 183).

La Stazione Appaltante, secondo la pronuncia in commento, ha, quindi, sostanzialmente eluso ed ignorato la sopravvenienza fattuale di che trattasi, limitandosi ad affermare, in proposito, di avere da sempre considerato il prezzo indicato sulla piattaforma CONSIP quale valore “attendibile” di riferimento, specialmente per un appalto dalle caratteristiche sensibilmente variabili come il mercato dell’energia e di difficile previsione, a maggior ragione se riferito ad annualità diverse da quella rispetto alla quale la gara era in corso. E di non aver considerato come elemento penalizzante il fatto che tutte le offerte presentate nella prima fase dell’asta elettronica erano state “al rialzo” rispetto ai valori del maggio 2021 del PUN della borsa IPEX. Con il che il problema della insostenibilità sopravvenuta dell’offerta, sollevato dalla concorrente, era rimasto negletto.

L’Amministrazione, avuto riguardo dello iato temporale trascorso dal momento della presentazione delle offerte (maggio 2021) a quello dell’aggiudicazione (ottobre 2021), avrebbe, invece, dovuto farsi carico di una specifica valutazione della problematica indicata, dal momento che la stessa era sopravvenuta rispetto alla presentazione delle offerte: da qui il suo dovere di esprimersi sul punto, con particolare riferimento alla debita verifica di affidabilità dell’offerta della concorrente alla stregua dei valori di mercato in essere al tempo dell’aggiudicazione.

Ai sensi dell’art. 97, comma 6, del Codice la stazione appaltante può valutare in ogni caso la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa. Si tratta di previsione che si raccorda con il primo comma del medesimo articolo di legge, il quale, nel tracciare l’ubi consistam del giudizio tecnico di anomalia dell’offerta, specifica che esso mira a verificare la “congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità” dell’aggiudicanda offerta.

E ciò a maggior ragione avuto riguardo alla legge di gara con la quale la Stazione appaltante si era espressamente riservata la facoltà “di valutare la congruità dell’offerta qualora appaia anormalmente bassa, procedendo secondo le modalità di cui all’art. 97 del Codice”.

Del resto, il 6° comma dell’art. 97 del Codice introduce chiaramente il principio generale per cui “La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”. Previsione, quest’ultima, che si raccorda con il primo comma del medesimo articolo di legge il quale, nel tracciare l’ubi consistam del giudizio tecnico di anomalia dell’offerta, specifica che esso mira a verificare la “congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità” dell’aggiudicanda offerta.

Alla luce di queste coordinate normative la giurisprudenza amministrativa ha, infatti, da tempo chiarito che l’obiettivo della verifica di anomalia è quello di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso, e nel suo importo originario, affidabile o meno, in pari tempo evidenziando che il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi, sia quelli che militano a favore, sia quelli che militano contro l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme (Cons. St., Sez. VI, 7 dicembre 2012, n. 636).

Più di recente si è, altresì, precisato che “per consolidato intendimento, nelle procedure di gara il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato ad accertare l’attendibilità e la serietà dell’offerta, nonché l’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte (cfr. Cons. Stato, V, 16 aprile 2019, n. 2496; Id., III, 29 marzo 2019, n. 2079; Id., V, 5 marzo 2019, n. 1538)” (cfr. Cons. St., Sez. V, 16 marzo 2020, n. 1874).

Da ultimo, la giurisprudenza di merito ha anche puntualizzato che “la valutazione sulla sostenibilità dell’offerta deve essere effettuata anche tenendo conto delle sopravvenienze di fatto e di diritto che incidono sulla sua tenuta economica, e ciò sia in caso di rivalutazione in melius che in peius per il concorrente” (T.A.R. Lazio, Sez. II, 20 dicembre 2021, n. 13167; id., 28 settembre 2021, n. 10021).

Anche sotto questo angolo prospettico, il TAR non ha, dunque, mancato di rilevare la sostanziale violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016 e la conseguente carenza di istruttoria e di motivazione sul tema dell’attendibilità e/o serietà dell’offerta della aggiudicataria. Il tutto fornendo una interessante chiave di lettura rispetto alla vicenda in esame.

È stato così efficacemente evidenziato che il giudizio di anomalia dell’offerta ha trovato uno spazio applicativo – pur nella vigenza del precedente Codice dei Contratti di cui al d.lgs. n. 163/2006 e s.m.i. – anche negli appalti con offerte a ribasso sui tempi di esecuzione dell’opera, per i quali è stato chiarito che, in presenza di ribassi tali da far sorgere il timore di mettere a repentaglio la serietà dell’offerta, l’Amministrazione deve farsi carico della problematica, esprimendo una valutazione consapevole sul punto (Cons. St., Sez. V, 30 settembre 2013, n. 4858).

Del tutto fuori fuoco sono state, poi, ritenute le difese della Stazione Appaltante in punto di prevedibilità del predetto rialzo dei prezzi alla data di presentazione dell’offerta, dal momento che il punto focale della questione si incentra piuttosto sul dovere del seggio di gara di interrogarsi comunque sulla fattibilità dell’offerta della concorrente aggiudicataria (come del resto delle altre eventuali partecipanti) al tempo dell’aggiudicazione.

Infatti, l’art. 95, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, recante “Criteri di aggiudicazione dell’appalto”, consente pur sempre di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto.

A prescindere dalla reale sussistenza di un factum principis, ogni valutazione di idoneità dell’offerta è cristallizzata al decisivo momento dell’aggiudicazione. La valutazione di anomalia dell’offerta da parte dell’Amministrazione non può quindi essere effettuata unicamente sulla base delle circostanze sussistenti al momento della presentazione dell’offerta, dovendo aversi necessariamente riguardo al decisivo momento dell’aggiudicazione che deve tenere conto di tutti gli elementi sopravvenuti.

A tal riguardo, illuminante è il riferimento contenuto nell’art. 95, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016 all’“oggetto del contratto”. Per i contratti ad effetti obbligatori quale l’appalto, questa previsione si riferisce, infatti, direttamente al concetto di “prestazione” (art. 1174 cod.civ.), imponendo quindi – a prescindere dalla reale sussistenza di un factum principis – un esame dell’idoneità della stessa a soddisfare gli interessi pubblici.

Calando i principi testé evidenziati al caso di specie, è stato quindi ritenuto che avuto riguardo proprio all’oggetto del contratto, la fornitura del servizio di energia elettrica era condizionata all’esigenza di assicurarne la continuità e non interrompibilità “vista la funzione di pubblica utilità svolta” a cui era preordinata. Con la conseguenza che, qualora la prestazione offerta non fosse stata da ritenersi atta a garantire effettivamente la possibilità di una sua esecuzione per tutta la durata dell’appalto, si sarebbe andato incontro ad una soluzione di continuità del servizio pubblico, che l’Amministrazione – in via logicamente prioritaria e anche indipendentemente da ogni questione di imputabilità del fattore sopravvenuto – aveva ed ha il dovere di prevenire, in quanto incompatibile con gli interessi dell’Amministrazione (e di certo non pienamente ristorabile “per equivalente”).

Sotto l’aspetto più marcatamente economico, il Collegio ha statuito che “sarebbe inesatto pensare che quello dell’equilibrio contrattuale sia un tema circoscritto alla mera fase esecutiva del contratto, come tale involgente al più questioni di imputabilità di eventuali inadempimenti contrattuali”.

A conferma della connessione tra le due fasi procedimentale e negoziale dell’attività contrattuale della pubblica Amministrazione vale, appunto, il rispetto del principio del c.d. “utile necessario”. Il medesimo richiede, infatti, che nei congrui casi venga vagliata l’effettiva sostenibilità economica non solo dell’offerta strutturalmente in perdita ab initio – la quale tradirebbe per ciò solo lo scopo di lucro e, in definitiva, la ratio essendi dei soggetti che dovrebbero operare sul mercato in una logica di profitto -, ma anche di quella in pareggio, o che presenti un utile solo oltremodo modesto (cfr. T.A.R. Salerno, Sez. I, 2 marzo 2021, n. 536).

Lo svolgimento di una valutazione sulla sostenibilità dell’offerta in funzione dell’affidamento della commessa, nella specie, era del tutto coerente con il criterio prescelto per l’aggiudicazione della fornitura al prezzo più basso, ossia mediante un sistema che l’art. 95, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 concepisce come legato direttamente alle condizioni “definite dal mercato”.

Quindi anche in questo senso si imponeva ogni attenta valutazione di idoneità parametrata – al tempo dell’aggiudicazione e non a quello di presentazione delle offerte – alle dinamiche di mercato, pena un’incoerenza con lo stesso criterio prescelto a monte per l’aggiudicazione della gara.

3. Conclusioni

La pronuncia in esame ha il sicuro pregio di chiarire che la Stazione Appaltante, a fronte di un eccezionale incremento del prezzo di una materia prima in corso di gara, ha il dovere di valutare la reale sostenibilità dell’offerta presentata in funzione dell’eseguibilità stessa della commessa alle condizioni proposte, non potendo by-passare una siffatta verifica.

Si deve, quindi, tener conto delle sopravvenienze di fatto e di diritto che incidono sulla tenuta economica di un’offerta al fine di stabilire se la stessa sia effettivamente atta a garantire la possibilità di essere correttamente eseguita per tutta la durata dell’appalto, posto che ciò che l’Amministrazione deve in primis perseguire è la continuità e qualità del servizio da affidare.

Del resto, l’equilibrio contrattuale, come correttamente affermato dalla pronuncia, non è (e non può essere) un tema circoscritto o da circoscrivere alla mera fase esecutiva del contratto.

Il tema dell’equilibrio economico di una operazione contrattuale, infatti, non è una questione di rilevanza per il solo appaltatore – che potrebbe al più dolersene in fase esecutiva del contratto -, dal momento che rappresenta una imprescindibile esigenza “a monte” della stipulazione del contratto, rispetto alla quale la disciplina in tema di valutazione delle offerte anomale è funzionale, essendo quest’ultima preordinata proprio a far emergere quelle offerte che, siccome anormalmente basse, non sarebbero in grado di garantire la qualità del servizio.

Si può quindi affermare che detta questione non rileva solo “a valle”, in fase privatistica e per il solo appaltatore, giacché la sostenibilità economica dell’offerta di gara proposta è rilevante anche per la stessa Stazione Appaltante, in quanto essa è idonea a garantire l’interesse pubblico all’esecuzione del servizio nel rispetto di determinati standard qualitativi. Ed a presidio di tale esigenza che la normativa in tema di verifica delle offerte anomale è predisposta.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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