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No. L’esclusione è demandata alla valutazione discrezionale della Stazione Appaltante. L’art. 80 del Codice Appalti stabilisce al comma 5, lett. c), che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico, qualora “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” ed alla lett. c-ter) qualora “l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”. Per quanto riguarda le “altre sanzioni”, è intervenuta in soccorso l’ANAC, che vi ricomprende l’applicazione di penali e l’escussione delle garanzie. Le medesime Linee Guida prevedono l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di comunicare all’ANAC i provvedimenti di applicazione delle penali di importo superiore, singolarmente o cumulativamente con riferimento al medesimo contratto, all’1% dell’importo del contratto. Pertanto, è stata circoscritta la rilevanza dei provvedimenti di applicazione delle penali, ritenendo ostativi quelli che, singolarmente o cumulativamente, raggiungono un importo pari all’1% dell’importo del contratto. Ciò in conformità al dato normativo che attribuisce rilevanza al presupposto della gravità dell’illecito. Il Tar Puglia – Lecce, sez. II, con sentenza n. 519 del 28 marzo 2019 richiama le modifiche in corso delle medesime Linee Guida sui gravi illeciti, dove verrà a breve eliminato l’obbligo di comunicazione delle penali di importo superiore all’1% del valore del contratto, sicché le stazioni appaltanti saranno tenute a comunicare esclusivamente le penali che rappresentano inadempienze particolarmente gravi o dimostrative, per la loro ripetitività, di una persistente carenza professionale. Tanto premesso, si può ragionevolmente sostenere che l’irrogazione di penali contrattuali non integra di per sé la violazione dei doveri professionali e non costituisce prova di grave negligenza, così come definita dal legislatore poiché l’applicazione di penali contrattuali non può ritenersi sintomo inconfutabile di errore grave nell’esercizio dell’attività professionale o comunque “grave negligenza” potendo l’inadempimento derivare – non irragionevolmente – anche da una serie di più svariati comportamenti di soggetti terzi oppure anche da eventi esterni (Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2019, n. 2794).

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Redazione MediAppalti
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