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(Corte dei Conti, sezione regionale della Lombardia deliberazione n. 96/2019)

Indice:

Premessa

  1. Incentivo e direttore dell’esecuzione
  2. Il primo quesito: incentivo e concessioni di servizi 
  3. Secondo quesito: modalità di riconoscimento (della misura) dell’incentivo
  4. Terzo quesito: stabilire le modalità concrete di erogazione

Premessa

Il Sindaco di un comune lombardo premettendo l’intenzione “di affidare in concessione, mediante procedura ad evidenza pubblica, la gestione della segnaletica direzionale, di impianti pubblicitari di servizio, di impianti pubblicitari e di cartellonistica stradale sul suolo pubblico” pone alla sezione alcuni quesiti diretti a verificare la possibilità di corrispondere l’incentivo al RUP anche direttore dell’esecuzione nelle ipotesi specifiche relative alla concessione (e non ad appalto).

In particolare i quesiti posti sono:   

1. “se anche nel caso in cui il flusso economico derivante dalla concessione resti sostanzialmente nella esclusiva disponibilità dell’operatore economico aggiudicatario, l’incentivo per funzioni tecniche debba essere determinato sul valore posto a base di gara e quindi sul fatturato presunto”;

2. “in caso affermativo, considerato che il canone è versato in quote annuali nella misura di € 20.500 e che l’incentivo, pari a € 62.500, deve invece essere riconosciuto in correlazione all’esigibilità della prestazione effettivamente svolta, se è corretto che l’Ente anticipi, a valere sulle risorse correnti di bilancio, l’importo da erogare al personale dipendente”;

3. «considerato che l’art. 113, comma 5 bis, D.Lgs. 50/2016 prevede che “gli incentivi di cui al presente articolo fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavoro, servizi e forniture” quale condizione per poter considerare detti importi esclusi dal limite di cui all’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 (Corte Conti Sezione delle Autonomie n. 6/SEZAUT/2018/QMIG), e che in questo caso non vi è un capitolo di spesa in quanto non sono previsti nel bilancio comunale costi correlati alla gestione della concessione, in questo caso come occorre contabilizzare l’importo per incentivi per soddisfare la condizione necessaria all’esclusione dal limite previsto per il salario accessorio»;

4. se “stante il combinato disposto degli articoli 31, comma 5 e 113, comma 2, ult. Cpv. del D.Lgs. 50/2016 e viste le Linee guida ANAC n. 3, approvate con deliberazione n. 1007 dell’11/10/2017, con cui al punto 10.2 è stato definito l’importo massimo e la tipologia dei servizi e forniture per le quali il RUP può coincidere con il direttore dell’esecuzione del contratto” sia “legittimo, nel caso prospettato, riconoscere l’incentivo per funzioni tecniche nel caso in cui, con provvedimento dirigenziale, sia nominato direttore dell’esecuzione il RUP. In caso affermativo se è corretto corrispondere al medesimo dipendente l’incentivo sia per le funzioni di RUP che di direttore dell’esecuzione del contratto”.

1. Incentivo e direttore dell’esecuzione

Fermo restando che la sezione ritiene il quesito n. 4 inammissibile (visto l’esigenza di rispondere a questioni solamete di carattere “astratto e generale”), in una ottica collaborativa rammenta “come, per effetto delle modifiche apportate all’art. 113 dall’art. 76, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 56 del 2017, i compensi incentivanti in parola siano erogabili, in caso di servizi o forniture, solo laddove sia stato nominato il direttore dell’esecuzione, nomina richiesta – come recentemente osservato dalla Sezione delle Autonomie nella precitata deliberazione n. 2/SEZAUT/2019/QMIG – “secondo le Linee guida ANAC n. 3 – par. 10.2, soltanto negli appalti di forniture e servizi di importo superiore a 500.000 euro ovvero di particolare complessità”.

L’art. 111, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. prevede che, di norma, il direttore dell’esecuzione del contratto di servizi o di forniture coincida il responsabile unico del procedimento, ma la disciplina di attuazione contenuta nelle Linee guida A.N.AC. n. 3 – par. 10.2 sopra richiamate individua espressamente i casi in cui il direttore dell’esecuzione del contratto non può coincidere con il responsabile del procedimento (tra cui quelli di prestazioni di importo superiore a 500.000 euro e interventi particolarmente complessi sotto il profilo tecnologico).

Dal disposto normativo sopra richiamato risulta, dunque, che, nei suddetti casi, anche ai fini dell’erogazione dei predetti compensi incentivanti nell’ambito di servizi e forniture, la figura del direttore dell’esecuzione del contratto deve essere diversa da quella del responsabile unico del procedimento: diversamente opinando, rileva il collegio, in siffatte ipotesi, “nessun dipendente svolgente le funzioni enumerate dal comma 2 dell’articolo 113 può percepire compensi incentivanti” (cfr. Sezione regionale controllo Lazio, deliberazione n. 57/2018/PAR).

2. Il primo quesito: incentivo e concessioni di servizi  

Sul primo quesito “se anche nel caso in cui il flusso economico derivante dalla concessione resti sostanzialmente nella esclusiva disponibilità dell’operatore economico aggiudicatario, l’incentivo per funzioni tecniche debba essere determinato sul valore posto a base di gara e quindi sul fatturato presunto” il collegio si richiama (confermandolo) all’orientamento relativo alle deliberazioni della sezione Veneto, (deliberazioni n. 198/2018/PAR e n. 455/2018/PAR) che estende la possibilità di riconoscere l’incentivo per funzioni tecniche ex art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 anche con riferimento alle concessioni (e ai contratti di partenariato).

Nonostante alcune difficoltà determinate dalla non chiarezza della norma, il collegio ritiene – come anticipato – che l’incentivo possa essere riconosciuto anche per le concessioni e la tesi estensiva risulta suffragara da una serie di elementi.

In particolare da un serie di argomenti testuali e logico-sistematici da cui si evince che “quando il legislatore abbia inteso non incentivabili attività annoverabili tra le funzioni tecniche svolte nell’ambito di certi contratti pubblici lo ha fatto esplicitamente”.

Inoltre, l’incentivabilità delle funzioni tecniche è prevista in altre disposizioni del codice espressamente applicabili anche alle concessioni o indistintamente riferite a tutti i contratti pubblici: è il caso dell’art. 31, comma 12 su ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni e dell’art. 102, comma 6, a mente del quale il compenso spettante per l’attività di collaudo sull’esecuzione dei contratti pubblici (senza alcuna distinzione) è contenuto, per i dipendenti della stazione appaltante, nell’ambito dell’incentivo di cui all’art. 113.

Sotto altro profilo un intervento nomofilattico – riconosce la Corte – su una questione ancora non consolidata appare indispensabile per prevenire incertezze applicative in una materia contrassegnata, nel tempo, da notevoli oscillazioni e contrasti interpretativi, determinati da una normativa sovente carente e ondivaga, causa del frequente ricorso all’intervento pretorio.

3. Secondo quesito: modalità di riconoscimento (della misura) dell’incentivo

Più articolata è la questione posta con il secondo quesito considerato che nel caso delle concessioni – non risultando costi a carico della stazione appaltante – a differenza dell’appalto (per i cui incentivi insiste uno specifico capitolo di bilancio) la dinamica è totalmente nuova e diversa rispetto alla questione incentivi.  

Nel secondo quesito si poneva l’attenzione sul fatto che considerato “che il canone è versato in quote annuali nella misura di € 20.500 e che l’incentivo, pari a € 62.500, deve invece essere riconosciuto in correlazione all’esigibilità della prestazione effettivamente svolta, se” sia “corretto che l’Ente anticipi, a valere sulle risorse correnti di bilancio, l’importo da erogare al personale dipendente”.

La tesi estensiva, che ammette l’incentivo anche nelle concessioni, di per sé evidetemente non risolve tutti i problemi per la particolare struttura della concessione (il rapporto trilaterale con esclusioni di costi a carico dell’amministrazione). E la sezione ritiene la necessità di una pronuncia di carattere generale sul tema.

Tale soluzione, si legge in delibera, deve ritenersi imposta dalla specialità che contraddistingue la disciplina degli incentivi per le funzioni tecniche rispetto al principio generale della omnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici in forza del quale, ad esempio, l’espressa possibilità di applicare detta normativa ai casi di appalti relativi a servizi o forniture è stata sancita, come detto, solo da un’apposita modifica normativa.

Sotto altro profilo un intervento nomofilattico su una questione ancora non consolidata appare indispensabile per prevenire incertezze applicative in una materia contrassegnata, nel tempo, da notevoli oscillazioni e contrasti interpretativi, determinati da una normativa sovente carente e ondivaga, causa del frequente ricorso all’intervento pretorio.

Il ricorso all’incentivo deve apparire coerente “con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria dell’ente, con particolare riguardo al programma biennale degli acquisti di beni e servizi e alla programmazione dei lavori pubblici di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 50 del 2016”.

Inoltre, se è vero che la corresponsione dell’incentivo è assoggettata, anche in questo caso, ai suddetti limiti normativi, non può non cogliersi un’importante differenza rispetto al caso dei contratti di appalto.

In tali ipotesi – rammenta il collegio – gli incentivi gravano sul medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture: pertanto, già nell’ambito delle risorse destinate al contratto pubblico, una parte viene accantonata, a monte, per la specifica finalità dell’erogazione del compenso incentivante quale premialità per la realizzazione della procedura competitiva e la corretta esecuzione del contratto.

La situazione è totalmente diversa nel caso di concessioni e quindi nel caso in cui non vi sia un capitolo di spesa dedicato “in quanto non sono previsti nel bilancio comunale costi correlati alla gestione del contratto, come avviene per le concessioni: in siffatta ipotesi l’ente è chiamato necessariamente ad impiegare, ai suddetti fini, risorse proprie parametrate sulle entrate derivanti dal canone concessorio che potrebbero, tuttavia, risultare non calibrate alla misura che può concretamente assumere l’incentivo”.

Per avere certezza, sottolinea l’estensore, può essere utile rifarsi quanto già evidenziato dalla Sez. controllo Veneto nella deliberazione n. 455/2018/PAR (anche alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa) secondo cui l’incentivo per funzioni tecniche in caso di concessioni, una volta che se ne ammetta l’assentibilità, risulti determinabile non già con riferimento al canone dovuto dal concessionario, ma solo con riguardo al valore posto a base di gara.

Questa lettura sembra doverosa ed emerge  dal combinato disposto dell’art. 113 – nella misura in cui fissa l’ammontare del fondo in misura non superiore al 2% dell’importo dei lavori, servizi e forniture “posti a base di gara” – e dell’art. 167 dello stesso codice dei contratti pubblici che ricollega indefettibilmente il valore di una concessione al fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto nei termini ivi specificati.

Il flusso economico derivante dalla concessione, pertanto, appare irrilevante e rimane “sostanzialmente nell’esclusiva disponibilità dell’operatore economico aggiudicatario se solo si ha riguardo alla particolare forma di remunerazione che connota tale tipologia contrattuale in cui il trasferimento della gestione del servizio all’operatore economico (con diritto ai relativi proventi) è bilanciato dall’assunzione, in capo allo stesso, del c.d. “rischio operativo” legato alla gestione dello stesso servizio”.

In questo senso, per l’Amministrazione che intenda prevedere compensi incentivanti ex art. 113 del codice dei contratti in caso di concessione, risulta, anche a tali fini, fondamentale un’attendibile previsione del fatturato generato del contratto, secondo quanto più volte rimarcato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 18 ottobre 2016, n. 4343) e in linea con il metodo di calcolo oggi fissato dal suddetto art. 167 del d.lgs. n. 50/2016: ciò, soprattutto laddove, nella decisione dell’Ente, la corresponsione degli incentivi in questione sia stata correlata alle previsioni di entrata derivante dal canone previsto a carico del concessionario.

Spunti per un riscontro di tale intensità, secondo la sezione, sono ricavabili  dalla pronuncia della Sezione di controllo per il Veneto n. 198/2018/PAR “ove si lascia impregiudicata la libertà contrattuale dell’Amministrazione di ipotizzare, in sede di corrispettivo, una modalità di finanziamento degli oneri connessi, così avvalorando, implicitamente, soluzioni negoziali che pongano di fatto a carico del concessionario la quota di compenso incentivante da riconoscere al personale dell’Ente”.

Tuttavia, da tutto quanto precede risulta che, in particolar modo nei casi di concessioni relative a lavori o servizi con elevato volume d’affari, un incentivo per funzioni tecniche rapportato al valore posto a base di gara, pur modulato dall’Amministrazione nei limiti consentiti dalla norma sopra richiamata, potrebbe rivelarsi non sostenibile, soprattutto ove l’Ente interessato, in sede di programmazione, non abbia adeguatamente ponderato e parametrato, anche a tali fini, il canone dovuto dal concessionario, quale unica entrata destinata al finanziamento della premialità.

Le inevitabili ricadute sotto il profilo disciplinare della questione in esame involgono l’interesse non solo del Comune istante, ma di tutte le “amministrazioni aggiudicatrici” (ministeri, enti pubblici non economici, università, aziende sanitarie etc.) soggette all’applicazione del codice dei contratti pubblici.

Conseguentemente la sezione ritiene opportuno deferire al Presidente della Corte dei conti la questione interpretativa di massima di carattere generale: “se l’incentivo per funzioni tecniche di cui all’art. 113 del d.lgs. 50 del 2016 possa essere riconosciuto, per via regolamentare, anche in caso di concessioni e se, in siffatta ipotesi, il compenso premiale, anche laddove il flusso economico derivante dalla concessione resti sostanzialmente nella esclusiva disponibilità dell’operatore economico aggiudicatario, debba essere determinato sul valore posto a base di gara e non con riguardo all’ammontare del canone concessorio”.

4 Terzo quesito: stabilire le modalità concrete di erogazione

Il terzo quesito (evidenziato che il quarto è stato ritenuto inammissible) si collega direttamente alla questione interpretativa sollevata:

Secondo il Sindaco, “considerato che l’art. 113, comma 5 bis, D.Lgs. 50/2016 prevede che “gli incentivi di cui al presente articolo fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavoro, servizi e forniture” quale condizione per poter considerare detti importi esclusi dal limite di cui all’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 (Corte Conti Sezione delle Autonomie n. 6/SEZAUT/2018/QMIG), e che in questo caso non vi è un capitolo di spesa in quanto non sono previsti nel bilancio comunale costi correlati alla gestione della concessione, in questo caso come occorre contabilizzare l’importo per incentivi per soddisfare la condizione necessaria all’esclusione dal limite previsto per il salario accessorio”.

La sezione premette – come anche per il quarto quesito -, come osservato in altra circostanza (cfr. deliberazione n. 312/2017/PAR), che risulta precluso alle sezioni fornire dettagliate indicazioni operative finalizzate a supportare specifici comportamenti amministrativi e gestionali degli enti istanti, spettando a questi individuare le concrete modalità di specifica quantificazione e liquidazione del predetto Fondo incentivante.

L’ente, necessariamente, attraverso i propri organi deve procedere nell’osservanza dei limiti normativi posti dall’art. 113 e dei principi contabili, con particolare riguardo al principio di competenza finanziaria potenziata e alle regole che presiedono alla costituzione del fondo pluriennale vincolato in presenza di risorse accertate che, in quanto destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell’ente già impegnate, ma esigibili in esercizi successivi, “richiedono un periodo di tempo pluriennale per il loro effettivo impiego e utilizzo per le finalità programmate.

E sul punto la sezione richiama il costante orientamento della giurisprudenza contabile (cfr. Sezione regionale di controllo Toscana, deliberazione n. 63/2018; Sezione regionale di controllo Liguria, deliberazione n. 136/2018/PAR) “che rimarca come l’articolo 113 del d.lgs. n. 50/2016, allo scopo di erogare l’incentivo, richieda l’effettivo svolgimento di una delle attività elencate dalla norma di riferimento”.

Non v’è dubbio che gli incentivi (cfr. Sezione regionale di controllo Lazio, deliberazione n. 57/2018/PAR) debbano necessariamente “essere correlati allo svolgimento delle prestazioni tecniche realmente svolte, in modo da remunerare il concreto carico di responsabilità e di lavoro assunto dai dipendenti; sotto questo profilo la norma, al comma 3, prevede che la corresponsione dell’incentivo sia disposta dal dirigente o dal responsabile di servizio preposto alla struttura competente, previo accertamento delle specifiche attività svolte dai dipendenti”.

Se la questione è pacifica in tema di appalto, come già annotato,  in caso di concessione (ove se ne ammetta la praticabilità per tutto quanto sopra evidenziato) appare necessaria un’attenta valutazione in ordine alle risorse all’uopo devolvibili e in merito all’opportunità di adottare specifiche misure prudenziali rispetto al rischio di mancata riscossione del canone da parte del concessionario.

Le pronunce sopra richiamate peralto ribadiscono, “l’esigenza di chiarire le specifiche modalità operative di contabilizzazione”.

Sempre subordinatamente alla risoluzione della questione principale sopra descritta, la predetta pronuncia reca dei principi di fondo che sembrano utilizzabili per una corretta impostazione della problematica in termini generali anche in ordine alla contabilizzazione di compensi incentivanti da riconoscere in caso di concessioni.

Anzitutto, in forza del predetto orientamento, gli incentivi in parola, anche alla luce del precipuo regime vincolistico cui sono assoggettati, devono necessariamente gravare su risorse autonome e predeterminate del bilancio dell’ente interessato, “con un chiaro riferimento sinallagmatico tra le fasi di programmazione ed esecuzione della commessa pubblica e l’appostamento delle risorse destinate alla corresponsione degli incentivi”.

In questo senso, “l’avere correlato normativamente la provvista delle risorse ad ogni singola opera con riferimento all’importo a base di gara commisurato al costo preventivato dell’opera, àncora la contabilizzazione di tali risorse ad un modello predeterminato per la loro allocazione e determinazione, al di fuori dei capitoli destinati a spesa di personale” (cfr. sempre deliberazione n. 6/SEZAUT/2018/QMIG).

L’incentivo però deve essere previsto “nei bilanci delle stazioni appaltanti”.

Tale previsione normativa sembra, così, consentire sempre alle amministrazioni l’allocazione, “nel proprio bilancio, di specifiche risorse destinate alla corresponsione dei suddetti compensi: anche in siffatte ipotesi gli incentivi risultano erogabili nel rispetto dei suddetti limiti normativi posti dall’art. 113 più volte citato e in presenza di una sicura copertura, come più volte ribadito dalla giurisprudenza contabile (cfr. la deliberazione di questa Sezione n. 304/2018/PAR; Sez. Liguria 58/2017/QMIG e Sezione Toscana, deliberazioni n. 186/2017/PAR e n.19/2018/PAR)”.

Anche sul piano dell’assunzione degli impegni di spesa finalizzati all’erogazione dei compensi in parola il collegio si conforma i alla giurisprudenza della Corte e, in particolare, alla pronuncia nomofilattica della Sezione delle Autonomie (deliberazione n. 6/SEZAUT/2018/QMIG, ampiamente richiamata, da ultimo, dalla summenzionata deliberazione n. 2/SEZAUT/2019/QMIG) ove si osserva che “il fatto, poi, che tali emolumenti siano erogabili, con carattere di generalità, anche per gli appalti di servizi e forniture, comporta che gli stessi si configurino, non più solo come spesa finalizzata ad investimenti, ma anche come spesa di funzionamento e, dunque, come spesa corrente”, con la conseguenza che l’impegno di spesa vada assunto, a seconda della natura (corrente o in c/capitale), nel Titolo I o nel Titolo II dello stato di previsione del bilancio.

Si pone quindi, prosegue l’estensore, anche in questo caso l’esigenza “di un chiarimento nomofilattico non solo con riguardo al fatto che gli incentivi erogati in caso di concessione possano essere contabilizzati nei termini sopra richiamati, ma anche sulla circostanza che gli stessi possano reputarsi esclusi dal limite previsto per il salario accessorio; ciò anche laddove non vadano, giocoforza, a gravare sul medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture, ma su altro stanziamento appositamente previsto nel bilancio comunale quale costo inerente alla gestione della concessione”.

In altri termini risulta necessario chiarire se l’inclusione dell’incentivo nel medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture si ponga sempre come condicio sine qua non ai fini dell’esclusione dal limite normativo previsto per il salario accessorio dall’art. 23, comma 2, d.lgs. n. 75/2017.

La questione risente, inevitabilmente, della difficoltà di coordinamento di norme diverse, stratificate nel tempo quali quelle contenute oggi al comma 1 e al comma 5 bis del più volte citato art. 113.

In delibera, quindi, si chiarisce che  una volta ammessa l’operatività del compenso premiale anche in caso di concessioni, rimangono quelle  ragioni sostanziali analiticamente descritte nella deliberazione di questa Sezione n. 40/2018/QMIG, relative alla  natura dell’emolumento e circa il peculiare statuto disciplinare vincolistico che lo governa, per ritenere i compensi in parola esclusi dal limite complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti pubblici di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017.

Tale ricostruzione pare avvalorata dalla previsione normativa sopra richiamata che consente sempre alle Amministrazioni aggiudicatrici l’allocazione, nel proprio bilancio, di specifiche risorse destinate alla corresponsione dei suddetti compensi diverse dalle risorse ordinariamente rivolte all’erogazione di emolumenti accessori al personale.

Sulla base delle considerazioni esposte, la s Sezione regionale di controllo intende, pertanto, sottoporre, in subordine alla prima, le seguenti ulteriore questioni di massima:

  1. “quali siano le corrette modalità di contabilizzazione degli incentivi per funzioni tecniche in caso di erogazione in relazione ad una procedura di aggiudicazione di un contratto di concessione”;
  2. “se gli incentivi disciplinati dall’art. 113 del d.lgs. 50 del 2016, aventi fonte in una disposizione di legge speciale, che individua le autonome risorse finanziarie a cui devono essere imputati, nonché gli specifici tetti, complessivi e individuali, che devono essere osservati nell’erogazione possano essere esclusi dal vincolo generale di finanza pubblica, posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti pubblici di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 anche laddove alimentati non già dalle risorse facenti capo al singolo lavoro, servizio o fornitura di cui all’art. 113, comma 5 bis del d.lgs. 50/2016 e s.m.i. ma, come in caso di concessione, da uno specifico stanziamento previsto nel bilancio dell’Amministrazione aggiudicatrice ai sensi del comma 1 dello stesso art. 113”.
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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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