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1. Premesse

Con la prima decisione dell’anno, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nonostante la rinuncia all’appello sottoscrititta dalle parti in causa, ha ritenuto di dover intervenire in merito al contrasto giurisprudenziale in tema di ammissibilità dell’impugnativa dell’atto di nomina a promotore nelle procedure di Project Financing, sancendo definitivamente la diretta lesività di tale provvedimento.

La Plenaria, nella decisione n. 1 del 28/1/2012, ritenendo che la questione sottoposta dalla V Sezione remittente fosse di particolare importanza, pur pronunciando l’estinzione del processo di appello, ha comunque ritenuto di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 99, comma 5, cod. proc. Amministrativo, stabilendo che:  “nel procedimento di project financing, articolato in più fasi, la prima delle quali si conclude con la scelta, da parte della stazione appaltante, del promotore, l’atto di scelta del promotore determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e un definitivo arresto procedimentale per i concorrenti non prescelti; tale atto è pertanto lesivo e deve essere immediatamente impugnato dai concorrenti non prescelti, senza attendere l’esito degli ulteriori subprocedimenti di aggiudicazione della concessione”.

L’ordinanza di remissione all’Adunanza Plenaria della Sezione V del Consiglio di Stato n. 7277/2012 muoveva dalla considerazione che “il collegamento sussistente tra i due sub – procedimenti in cui si articola la procedura di project financing (l’uno di selezione del progetto di pubblico interesse; l’altro di gara ad evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, a sua volta articolata in due sub fasi, la prima di individuazione delle due offerte economicamente più vantaggiose, l’altra di procedura negoziata tra tali due offerte) […] non sembra escludere con certezza l’autonomia giuridica delle due fasi ed in particolare non sembra consentire di poter ritenere che la individuazione del promotore possa essere considerato un atto meramente endoprocedimentale, incapace di produrre autonomi effetti lesivi e come tale incapace di arrecare pregiudizio immediato e concreto a chi non sia stato scelto come promotore (elementi soli che potrebbero sicuramente giustificare il differimento della tutela al momento di emanazione dell’atto finale dell’intero procedimento”.

In altri termini, la questione deferita alla cognizione dell’Adunanza Plenaria da parte della Quinta Sezione ha avuto ad oggetto la corretta qualificazione dell’atto amministrativo di nomina a promotore, da cui discende, conseguentemente, l’attribuzione (o meno) al provvedimento della portata effettivamente lesiva.  

2. Il contrasto giurisprudenziale

L’approdo ermeneutico dell’Adunanza Plenaria scardina completamente l’orientamento interpretativo stratificatosi negli anni in tema di qualificazione del provvedimento di nomina a promotore, “elevandolo” ad atto direttamente lesivo, rispetto alla precedente qualificazione di atto meramente endoprocedimentale.

La qualifica alla stregua di atto endoprocedimentale poggiava sull’assunto, davvero radicato in giurisprudenza amministrativa, per il quale si è storicamente ritenuto che la procedura di affidamento in project financing fosse “un procedimento contraddistinto da una indiscutibile unitarietà, logico – giuridica (del tutto coerente e ragionevole con la stessa natura del project financing, quale tecnica finanziaria che consente la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione e che si sostanzia in un’operazione economico – finanziaria idonea ad assicurare utili che consentono il rimborso del prestito e/o finanziamento e gestione proficua dell’attività”[1].  

E’ stato chiarito più volte che tale procedura di aggiudicazione si articola in tre fasi: nella prima delle quali la Pubblica Amministrazione individua la proposta del promotore che ritiene di pubblico interesse, nella seconda procede con gara alla selezione dei soggetti con i quali trattare e nella terza espleta una procedura negoziata con il promotore e i soggetti prescelti[2].

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 aprile 2010 n. 2155: “Come già in passato ritenuto da questo Consesso, le ridette due fasi non possono essere però considerate come autonome e distinte, costituendo comunque momenti di una procedura selettiva unitaria, ancorché soggetta a regole peculiari (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 novembre 2007, nr. 6727)”.

Altra parte della giurisprudenza investita del tema ha poi chiarito che “nella procedura delineata dagli articoli 153 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, piuttosto che individuarsi due serie sub – procedimentali collegate ed autonome…deve piuttosto configurarsi una fattispecie a formazione progressiva in cui lo scopo finale (cioè l’aggiudicazione della concessione al soggetto che propone di realizzare l’opera col sistema economicamente più vantaggioso) si realizza attraverso le descritte (e progressive) fasi che non sono solo funzionalmente collegate (tra di loro proprio in funzione dello scopo), ma sono biunivocamente interdipendenti, così che la prima non è logicamente e giuridicamente concepibile senza la seconda e viceversa, con la ulteriore e definitiva conseguenza che esse non sono giuridicamente autonome, non potendo essere separate tra di loro a pena della stessa esistenza della procedura” (Consiglio di Stato sez. IV 26/1/2009 n. 391).

Pertanto, pur in presenza di un non irrilevante grado di peculiare autonomia delle singole fasi, il carattere logico-unitario ed interdipendente dell’intera procedura, non ha consentito al sub-procedimento di nomina a promotore di estrinsecarsi in un autonomo e conclusivo momento provvedimentale, capace in sé di ledere gli interessi legittimi dei concorrenti non individuati quali promotori finanziari.     

Tale impostazione si è retta sulla valutazione – confermata dalla pronuncia della Plenaria[3] – per la quale l’esame delle proposte e la scelta del promotore non possono essere astrette da rigidi formalismi, ma tale procedimento deve essere caratterizzato da ampia elasticità, con l’ovvio limite dell’osservanza dei principi generali contenuti nel corpus della L. 241 del 1990 e successive modifiche.

Ancor più chiaramente è stato affermato che: “La valutazione comparativa delle proposte da effettuarsi discrezionalmente nella prima fase della procedura di project financing – comunque nel caso concreto rispettosa dei generali principi di pubblicità,di trasparenza e di parità di trattamento vigenti nell’ambito di qualsiasi procedimento amministrativo ai sensi della legge n 241 del 1990 – non deve intendersi ulteriormente assoggettata fin dalla sua prima fase di svolgimento al rispetto delle regole della evidenza pubblica. Anzi, la normativa di settore (artt. 37 bis e segg. della citata legge n.109/1994), distinguendo nettamente la prima fase relativa alla scelta del promotore da quella successiva di indizione e di svolgimento della gara nel rispetto delle regole della evidenza pubblica,rendeva ben chiara l’idea che tali regole dovevano essere osservate solo per quest’ultima fase e non per la prima”[4].

La procedura di scelta del promotore è infatti caratterizzata da un altissimo livello di discrezionalità da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice la quale, dopo aver valutato le proposte presentate, provvede ad individuare quella che ritiene di pubblico interesse, sulla base di valutazioni di fattibilità strettamente connesse a scelte interne di carattere economico e tecnico, sindacabili in sede giurisdizionale solo sotto il profilo della manifesta illogicità, irrazionalità, contraddittorietà e degli errori di fatto (v. Consiglio Stato, Sez. V, 23 marzo 2009 n. 1741). “La valutazione “de qua” – pertanto – è connotata da un carattere informale e discrezionale, non richiedendosi un’ analitica motivazione articolata per ciascuno dei profili indicati, essendo invece sufficiente una valutazione unitaria e globale che di essi comunque tenga conto (T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 05 aprile 2006 , n. 1117)” (TAR Lombardia – Milano, sez. I, 21.4.2010 n. 1111).

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 aprile 2010 n. 2155: “La scelta del promotore, ancorché in qualche misura procedimentalizzata e quindi entro certi limiti sindacabile in sede giurisdizionale, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte  sulla base di criteri tecnici ed economici predeterminati, ma alla valutazione dell’esistenza stessa di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore (cfr. Cons. St., sez. V, 10 novembre 2005, nr. 6287)”.

La non assoggettabilità del procedimento di nomina a promotore ai crismi dell’evidenza pubblica (ad eccezione del rispetto dei principi generali di cui alla legge sul procedimento amministrativo), ha dunque indotto la giurisprudenza a ritenere non meritevole di accoglimento l’ipotesi di qualificare detto provvedimento come atto capace di incidere immediatamente sull’intera vicenda concorsuale, tesa all’affidamento di una concessione di lavori pubblici.

Ciò in quanto soltanto il provvedimento di aggiudicazione, quale atto conclusivo della seconda fase della procedura di affidamento – assoggettata ex lege alle norme del codice dei contratti – sarebbe da qualificarsi come effettivamente lesivo e pertanto utilmente impugnabile.

E’ stato coerentemente chiarito che: “La dichiarazione di pubblico interesse di un determinato progetto, per quanto costituisca concreta manifestazione dell’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, non assicura di per sé al relativo soggetto presentatore alcuna diretta ed immediata utilità, la quale non può essere valutata ed apprezzata indipendentemente dalla successiva fase di scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa e dall’aggiudicazione della concessione” (v. Consiglio di Stato sez. IV 26/1/2009 n. 391; Consiglio di Stato sez. IV 26/1/2009 n. 392).

Da tanto discendeva l’impercorribilità dell’applicazione in modo automatico e semplicistico dell’indirizzo giurisprudenziale che ammette l’immediata impugnazione di qualsiasi atto endoprocedimentale che determini, in danno di un concorrente, un arresto procedimentale[5].

Accanto a tali argomenti del tutto dominanti nel panorama giurisprudenziale,  erano comunque presenti alcuni indirizzi di carattere minoritario che, sulla scorta di una lettura  costituzionalmente orientata del principio di effettività della tutela giurisdizionale, sembravano ostare alla inammissibilità dell’immediata impugnazione del provvedimento di individuazione del promotore finanziario.  

Alcuni Tribunali Amministrativi infatti hanno pionieristicamente affermato che nelle procedure di project financingil promotore assume una posizione di assoluta preminenza, sia per la conoscenza anticipata del progetto preliminare posto a base di gara, sia per la possibilità di conseguire in ogni caso l’aggiudicazione, previo adeguamento della propria proposta a quella ritenuta più conveniente dall’amministrazione, così che non potrebbe dubitarsi dell’ammissibilità del ricorso proposto avverso gli atti con cui l’amministrazione individua il promotore da chi non sia stato prescelto come promotore, stante la concretezza e l’attualità della lesione derivante proprio dalla mancata individuazione come promotore” (cfr.: Tar Sicilia – Catania, sez. IV, 6 maggio 2010 n. 1297; Tar Lazio – Roma, sez. III, 9 settembre 2008 n. 8194).

L’Adunanza Plenaria, in contrapposizione radicale con l’orientamento prevalente, ed abbracciando le tesi, ancorché minoritarie, appena riportate, ha reputato di affermare che esistano una pluralità di elementi che inducono a ritenere l’esistenza e l’attualità della lesione in relazione “all’atto di chiusura di questa prima fase”.

3. Le conclusioni della Corte

La svolta interpretativa, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato in sede Plenaria, si ancora sulla considerazione che “la selezione del promotore crea, per il soggetto prescelto, una posizione di vantaggio certa e non meramente eventuale, atteso che il suo progetto è posto a base della successiva gara e che, ove anche nella gara vengano selezionati progetti migliori di quello del promotore, quest’ultimo ha un diritto potestativo di rendersi aggiudicatario, adeguando la propria proposta a quella migliore”.

D’altro canto, la smentita più incisiva del precedente orientamento ermeneutico si rintraccia laddove la Plenaria, ribaltando quanto costantemente sostenuto a partire dall’introduzione della procedura di affidamento di una concessione di lavori in project financing con la legge 11 novembre 1998 n. 415, cd. legge Merloni-ter, ha avuto modo di chiarire che “per i concorrenti non prescelti, la selezione di un altro promotore determina un definitivo arresto procedimentale, atteso che il loro progetto non sarà posto a base della successiva gara e che non vanteranno né il diritto ad essere aggiudicatari in mancanza di altre proposte, né il diritto di prelazione, né il diritto al rimborso delle spese sostenute. E’ vero che possono partecipare alla successiva gara, ed esserne vincitori se presentano un progetto migliore di quello del promotore: ma sono in una posizione di pati rispetto al diritto potestativo di prelazione del promotore.”

In definitiva – stabilisce la il Consiglio di Stato – il bene della vita nel procedimento di project financing è il conseguimento della concessione sulla base del progetto presentato nella prima fase, sicché, qualora tale progetto non venga selezionato come di pubblico interesse, è immediatamente leso l’interesse a conseguire la concessione sulla base del proprio progetto.

A fortiori, chiarisce inoltre la Corte, tanto detto vale, anche per la procedura di “gara unica” ad oggi apprestata dall’art. 153 (commi 15 e ss.) del Codice dei Contratti che per la procedura ordinaria di cui al comma 1  e ss. del medesimo articolo, laddove anche in tali novelle procedurali di aggiudicazione si rintracciano i medesimi elementi per poter affermare la diretta lesività della nomina a promotore. 

Sotto il profilo soggettivo inoltre è bene evidenziare che l’atto di nomina a promotore, “sia immediatamente impugnabile da coloro che abbiano presentato proposte concorrenti in relazione alla medesima opera pubblica”.

Pertanto viene ad essere limitata la platea dei soggetti su cui si radica l’attualità della lesione e conseguentemente l’interesse ad agire, restringendo tale novero a solo coloro che abbiano presentato una proposta relativa alla medesima opera, inserita in programmazione triennale.

Alla luce di quanto sopra esposto appare davvero radicale l’inversione interpretativa dedotta dall’Adunanza Plenaria che ragionevolmente determinerà importanti ripercussione sul piano prettamente giurisdizionale, dal momento che la quasi totalità dei ricorsi amministrativi  fondati su potenziali profili di illegittimità del provvedimento di nomina a promotore, non potranno più essere oggetto di dichiarazione di inammissibilità per carenza di intesse, bensì dovranno essere trattati nel merito, conseguenzain palese contrasto con l’intento deflattivo del contenzionso amministrativo che il legislatore da tempo mostra invece di voler privilegiare.


[1] C.d.S., sez. VI, 9 giugno 2005, n. 3043

[2] cfr. al riguardo, ad es., T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 23 aprile 2008 n. 1552 e T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 30 giugno 2004 n. 1358.

[3] Consiglio di Stato Adunanza generale 28/1/2012 n. 1: “Non è controverso, nella giurisprudenza di questo Consesso, che la scelta del promotore finanziario, ossia della proposta migliore ritenuta di pubblico interesse, è atto sì discrezionale della stazione appaltante, tuttavia sindacabile da parte del giudice amministrativo nei limiti del controllo di legittimità. E’ stato infatti affermato da questo Consesso che “la valutazione compiuta dall’amministrazione in ordine all’interesse pubblico delle proposte presentate è certamente sindacabile dal giudice amministrativo, seppure nell’ambito del giudizio di legittimità connaturato al processo. La presenza di aspetti di stretta discrezionalità amministrativa non elide la necessità di rispettare alcune essenziali regole di trasparenza e ragionevolezza, tanto più rilevanti quando la valutazione delle proposte si svolga in un contesto comparativo (…), sulla base di limiti imposti dallo stesso ente pubblico ed esplicitamente correlati alla formazione di una specifica graduatoria, basata su punteggi attribuiti da una commissione imparziale e dotata di specifiche competenze tecniche” [Cons. St., sez. V, 11 settembre 2007 n. 4811; in termini, Cons. St., sez. V, 23 marzo 2009 n. 1741, Cons. St., ad. plen., 15 aprile 2010 n. 2155]”.

[4] Consiglio di Stato sez. V, 28.5.2010 n. 3399

[5] Consiglio di Stato sez. IV 26/1/2009 n. 392

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
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