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Premessa

La questione posta alla sezione risulta di particolare interesse non solo per gli uffici appalti ma, più in generale, l’intera stazione appaltante. Con il quesito si richiede alla sezione se, in presenza di sentenze di condanna con fondo rischi accantonato (semplificando, un vincolo sull’avanzo per poter coprire spese di eventuali passività e/o debiti fuori bilancio), sia comunque necessario procedere con il formale riconoscimento in consiglio per poter procedere alla liquidazione.

Il quesito

Testualmente il quesito mira a “conoscere il parere di codesta Spettabile Corte in relazione all’obbligo di attivazione della procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio di cui all’art. 194, comma 1, lettera a) del Decreto Legislativo n. 267/2000, dell’intero importo derivante da una sentenza sfavorevole ad un Comune, pronunciata, in secondo grado, dal Consiglio di Stato, con la quale l’Ente è stato condannato al pagamento delle spese legali della controparte vittoriosa. In particolare si prega di voler prendere in considerazione l’ipotesi in cui l’ente sia risultato vittorioso all’esito del giudizio amministrativo di primo grado e, ciò nonostante, abbia prudentemente accantonato nel Fondo Rischi Contenzioso, nell’esercizio precedente a quello di pronuncia della sentenza di secondo grado, con apposita variazione di bilancio – e, quindi, investendo della relativa competenza in termini di gestione del bilancio, l’Organo consiliare – un importo quasi del tutto bastante a fronteggiare l’onere in questione. Si chiede, quindi, di conoscere se sia sufficiente applicare la quota parte dell’avanzo di amministrazione accantonato, nel quale confluirà l’anzidetto Fondo Rischi Contenzioso con l’approvazione del conto del bilancio dell’esercizio precedente e procedere a specifica variazione di bilancio per l’esercizio in corso per fronteggiare la parte di spese legali non coperta dal fondo, manifestatasi, comunque, nel corrente anno – nel quale la sentenza di secondo grado è stata emanata e pubblicata anche se non notificata con formula esecutiva né, tantomeno, il legale di controparte ha ancora emesso parcella o la controparte medesima ha avanzato alcuna richiesta di adempimento – ovvero se si debba, comunque, procedere, con apposita deliberazione del Consiglio Comunale, al riconoscimento di un debito fuori bilancio per la parte delle spese di cui si tratta non coperta dall’accantonamento”.

L’analisi.

Il collegio rammenta cosa si intende per debito fuori bilancio. In sintesi i debiti fuori bilancio “rappresentano delle obbligazioni pecuniarie maturate senza la previa adozione dei procedimenti correlati alla regolare assunzione dell’impegno di spesa. La disciplina essenziale è contenuta negli articoli 191, 193 e 194 del TUEL. In particolare, tale ultima disposizione prevede che, con deliberazione consiliare di cui all’art. 193, comma 2, concernente la verifica degli equilibri finanziari, da adottarsi, di norma, entro il 31 luglio di ogni anno, o con diversa periodicità stabilita dal regolamento di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:

a) sentenze esecutive;

b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;

c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali;

d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;

e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”.

Debito fuori bilancio in caso di sentenza di condanna

In caso di sentenza di condanna, precisa la sezione non  è ravvisabile alcuna discrezionalità nell’organo competente al riconoscimento  considerato che la fattispecie in parola,  a differenza di tutte altre, presenta la peculiarità di non comportare alcun margine di discrezionalità in capo all’Organo consiliare nel valutare, in sede di riconoscimento, l’an della regolarizzazione e il quantum del debito, poiché l’entità dello stesso è stabilita nella misura indicata dall’autorità giudiziaria (cfr. ex multis SS.RR. sentenza n. 12/2007/QM)”. L’orientamento giurisprudenziale consolidato della sezione ha acclarato che la deliberazione consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio derivante da sentenze esecutive non attiene, quindi, al profilo della legittimità – poiché già dedotto in sede giudiziale – quanto piuttosto alla duplice necessità di:

a) ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria maturato all’esterno che può alterare gli equilibri di bilancio;

b) accertare le cause che hanno generato l’obbligo e le eventuali responsabilità.

A questo si associa l’obbligo – di cui all’art. 23, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – di trasmissione dei provvedimenti di riconoscimento di debiti fuori bilancio posti in essere dalle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, (dunque, enti locali compresi) agli organi di controllo e alla competente procura della Corte dei conti.

Proprio l’esistenza di questo precetto, si puntualizza, porta ad escludere che il pagamento del debito possa avvenire prima della suddetta deliberazione. Pur vero che un orientamento, minoritario, si esprime in senso opposto.

L’intervento della Sezione delle Autonomie

La querelle tra le diverse posizioni è stata risolta dalla Sezione delle Autonomie con deliberazione n.27/2019/QMIG, ha stabilito il principio di diritto “il pagamento di un debito fuori bilancio rinveniente da una sentenza esecutiva deve, sempre, essere preceduto dall’approvazione da parte del Consiglio dell’ente della relativa deliberazione di riconoscimento”.

Ciò vale indipendentemente dall’accantonamento a Fondo rischi contenzioso e, a maggior ragione, come nel caso prospettato dal Comune istante, quando tale accantonamento non sia sufficiente a dare copertura integrale agli oneri conseguenti dalla sentenza di condanna. L’essenziale funzione assolta, tra le altre, dalla deliberazione consiliare di riconoscimento, quale fondamentale momento di valutazione della incidenza degli oneri che si vanno ad assumere sugli equilibri di bilancio, induce la Sezione delle Autonomie a precisare ulteriormente che “Sotto tale profilo appare opportuno rimarcare come tale finalità potrebbe essere frustrata laddove l’anzidetta deliberazione intervenga dopo il pagamento e come, in ogni caso, l’accantonamento di somme in bilancio non esima dalla doverosa verifica circa la effettività dei mezzi di copertura, anche in relazione alla sussistenza di ulteriori passività”.

La natura del fondo rischi

La deliberazione chiarisce perfettamente la natura del Fondo rischi spese legali (Fondo rischi contenzioso), che come delineato nel principio contabile n. 4/2, punto 5.2, lettera h), allegato al d.lgs. n. 118/2011, riguarda accantonamenti che prudenzialmente l’Ente è tenuto ad effettuare qualora, a seguito di contenzioso in cui ha significative probabilità di soccombere, o di sentenza non definitiva e non esecutiva, venga condannato al pagamento di spese. Tale accantonamento è effettuato in presenza di un’obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento (l’esito del giudizio appunto), con riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa.

Vale la pena di sottolineare a margine che, in ordine all’importanza degli accantonamenti da effettuare al fondo in argomento in presenza delle condizioni sopra richiamate, questa Sezione ha già più volte segnalato agli enti locali regionali e ai rispettivi organi di revisione di porre la massima attenzione sull’adeguatezza degli stessi, in ragione della necessità di preservare il bilancio da possibili squilibri derivanti dal finanziamento di oneri maturati a seguito di sentenze avverse e, ciò, sin dal primo grado di giudizio (cfr., da ultimo, deliberazioni nn. 10/2020, 17/2020, 4/2021, 3/2022).

L’accantonamento di cui al punto precedente deve essere effettuato a fronte di passività condizionate. Soltanto l’esito del giudizio trasforma la passività potenziale in debito fuori bilancio. Di conseguenza, l’esistenza dell’accantonamento al fondo, sul quale non è possibile impegnare e pagare alcuna spesa (art. 167, comma 3, TUEL), non costituisce l’elemento che consente di determinare se si è in presenza di un debito fuori bilancio, ma costituisce lo strumento che, se adeguatamente valorizzato, consente di assicurare la necessaria copertura finanziaria del debito previamente riconosciuto nella sua interezza: “Il riconoscimento determina la competenza finanziaria, in quanto sancisce la sopravvenuta certezza dell’obbligazione, che costituisce presupposto, insieme all’esigibilità (che nel caso dei provvedimenti giurisdizionali è insita nell’esecutività della sentenza) per la registrazione in bilancio della passività; detto in altri termini, solo con la sentenza esecutiva maturano i presupposti per l’imputazione a bilancio della spesa” (cfr. Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 249/2017).

La conclusione

Sottolinea ancora il Comune, nell’ipotesi prospettata, che la sentenza di condanna è stata depositata e pubblicata ma non notificata, desumendosi da ciò un elemento di dubbio se procedere al riconoscimento del debito o attendere la notifica nelle forme di legge della stessa. Al riguardo, questo Collegio rammenta che, per evenienze analoghe, la giurisprudenza di questa Corte, con riferimento all’art. 194, comma 1, lettera a), si è pronunciata rilevando che “poiché la sentenza esecutiva che dà luogo al debito fuori bilancio viene ad esistenza nel momento della pubblicazione, è da tale momento che deve farsi riferimento ai fini della maturazione dello stesso debito fuori bilancio” (in tal senso SS.RR. in sede giurisdizionale, sentenza n. 12/2007; Sezione regionale di controllo per il Molise, deliberazione n. 173/2014; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 326/2017). Come, ancora, evidenziato dalla Sezione delle Autonomie (cfr. deliberazione n. 21/2018), ai fini di una corretta gestione finanziaria l’emersione di un debito non previsto nel bilancio di previsione deve essere portata tempestivamente al Consiglio dell’Ente per l’adozione dei necessari provvedimenti ai sensi dell’art. 194, comma 1, del TUEL, restando, pertanto, in capo all’Amministrazione l’onere di procedere con la massima sollecitudine. Quanto alla fattispecie di cui alla lettera a) della sopra citata disposizione, tale obbligo “decorre, in un’ottica prudenziale, dalla data del deposito della sentenza di condanna cioè dal momento del giuridico perfezionamento della relativa pubblicazione (art. 133, c.1, c.p.c.). E’ in questo momento infatti che sorge l’obbligazione giuridica, vincolante (almeno in via provvisoria) e non programmata nell’ambito del ciclo del bilancio dell’ente” (cfr. Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 326/2017).

Sul punto, appare ancora utile segnalare che, ai fini di escludere un intempestivo riconoscimento del debito fuori bilancio, per la fattispecie in parola, ed evitare ritardi ingiustificati comportanti la maturazione di ulteriori, quanto dannosi, oneri, questo Collegio concorda quanto già evidenziato da precedente giurisprudenza di questa Corte, come di seguito riportato: “tenuto conto che per l’avvio delle procedure di esecuzione forzata nei confronti delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 14 del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 e s.m.i., è richiesto il decorso di 120 giorni dalla notifica della sentenza esecutiva, tale lasso di temporale segna anche il termine massimo entro il quale il riconoscimento può dirsi fisiologicamente e non tardivamente disposto dal Consiglio comunale” (cfr. Sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione n. 38/2018).

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Redazione MediAppalti
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