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Premessa

Tra i contenuti del nuovo codice dei contratti pubblici che hanno fin qui offerto uno spunto ai primi commenti resi a seguito della sua entrata in vigore, spazio alquanto limitato hanno trovato gli aspetti riconducibili alla fase dell’esecuzione, peraltro anch’essa interessata da modifiche non trascurabili.

La ragione del minore interesse tradizionalmente dedicato a questo segmento del processo realizzativo si spiega, per un verso, con la maggiore complessità, a cavallo tra il tecnico ed il giuridico, che la trattazione di tali tematiche di fatto implica, anche per individuare correttamente chi – tra i diversi attori impegnati in tale fase – fa che cosa; per altro verso, in ragione del fatto che, collocandosi a valle della procedura di scelta del contraente, spesso si ritiene che nella fase esecutiva gli aspetti di maggiore criticità siano superati, lasciando alle spalle tutto il problema della messa a terra degli investimenti, nella misura in cui la macchina operativa risulti oramai avviata.

Difficoltà e rilevanza dei temi legati all’esecuzione dei contratti

Da quest’ultimo punto di vista non può peraltro non rilevarsi che gli impegni connessi, ad esempio alla rendicontazione dei fondi PNRR, prevedono vincoli temporali non solo per la fase di scelta del contraente ma anche per quella relativa al completamento degli interventi, da concludersi in via generale entro il 2026.

D’altro canto, sebbene i profili legati all’esecuzione dei contratti restano regolati dalla previgente disciplina laddove le procedure di scelta del contraente siano iniziate ante 30 giugno 2023, con tutte le conseguenze del caso, tale circostanza non esclude la necessità di attivarsi da subito per aggiornare procedure e clausole contrattuali da applicare ai nuovi affidamenti.

  1. La disciplina del nuovo codice dei contratti

In questo senso non pochi sono gli elementi di innovazione sui quali puntare l’attenzione.

Senza poterli affrontare tutti in questa sede, e semmai riservandoci di ulteriormente intervenire su altre questioni qui non trattate, un tema di particolare portata innovativa è senz’altro quello riferito alla disciplina delle riserve, regolata in via generale all’articolo 115 del d.lgs. 31 marzo 2023, n.36 e, per quanto specificamente attiene alle sospensioni esecutive, parziali o totali, all’articolo 121; in tal senso, la relazione al nuovo codice peraltro distingue tali riserve da quelle definite diverse e a contenuto economico, di cui alla disciplina generale.

Riserve per sospensioni esecutive diverse da quelle a contenuto economico?

Al riguardo, il comma 2 dell’articolo 115 prevede che le riserve siano iscritte con le modalità e nei termini previsti dall’allegato II.14, a pena di decadenza dal diritto di fare valere, in qualunque tempo e modo, pretese relative ai fatti e alle contabilizzazioni risultanti dall’atto contabile.

Tale previsione, evidentemente riferita ai lavori, trova peraltro specifico riscontro per il campo delle forniture e dei servizi nel successivo comma 4, dove è disposto che, per tali contratti, il capitolato speciale contiene anche la disciplina delle contestazioni in corso di esecuzione, fatta salva l’iscrizione delle riserve secondo quanto previsto al comma 2, secondo periodo.

Posta, dunque, la rilevanza delle indicazioni recate sul punto dall’articolo 115 per l’intero contesto della contrattualistica pubblica, vanno di seguito passati in rassegna i contenuti dell’allegato II.14 che sostituisce il vecchio d.m. 7 marzo 2018, n.49, recante il regolamento di approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione.

Da considerare, al riguardo, gli articoli 7, per i contratti di lavori, e 34 per quelli di forniture e per i servizi; quest’ultimo sinteticamente afferma che fermo restando quanto previsto nella presente sezione e nei documenti contrattuali sulle contestazioni in corso di esecuzione, l’esecutore è tenuto, a pena di decadenza, a iscrivere riserva nei documenti contabili. Si applica la disciplina delle riserve contenuta nell’articolo 7.

Disciplina delle riserve unitaria per lavori (con funzione trainante), forniture e servizi

Posta, dunque, la funzione trainante della disciplina dei lavori, in quanto storicamente radicata nel tempo, anche per forniture e servizi, l’evocato articolo 7 si perita, anzitutto, di chiarire quale risulti esserne la finalità, testualmente affermando che, in linea di principio, l’iscrizione delle riserve è finalizzata ad assicurare alla stazione appaltante, durante l’intera fase di esecuzione del contratto: i) il continuo ed efficace controllo della spesa pubblica; ii) la tempestiva conoscenza e valutazione, sulla base delle risultanze contenute nel registro di contabilità, delle eventuali pretese economiche avanzate dall’appaltatore; iii) l’adozione di ogni misura e iniziativa volte a evitare che i fondi impegnati si rivelino insufficienti.

Dispone, altresì, la norma che non costituiscono riserve: a) le contestazioni e le pretese economiche che siano estranee all’oggetto dell’appalto o al contenuto del registro di contabilità; b) le richieste di rimborso delle imposte corrisposte in esecuzione del contratto di appalto; c) il pagamento degli interessi moratori per ritardo nei pagamenti; d) le contestazioni circa la validità del contratto; e) le domande di risarcimento motivate da comportamenti della stazione appaltante o da circostanza (rectius: circostanze) a quest’ultima riferibili; f) il ritardo nell’esecuzione del collaudo motivato da comportamento colposo della stazione appaltante.

Onere di iscrizione tempestiva e completa a pena di decadenza e di inammissibilità

Ribadita l’indicazione, già contenuta nell’articolo 115 secondo la quale l’iscrizione delle riserve è un adempimento da osservarsi a pena di decadenza, sul piano procedurale il comma 2 dell’articolo 7, altresì dispone che l’iscrizione debba aver luogo sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverle, successivo all’insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio del l’esecutore. In ogni caso, sempre a pena di decadenza, le riserve sono iscritte anche nel registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole, nonché all’atto della sottoscrizione del certificato di collaudo mediante precisa esplicitazione delle contestazioni circa le relative operazioni. Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono rinunciate.

Sul piano procedurale, qui a pena di inammissibilità, le riserve devono essere formulate in modo specifico e indicare con precisione le ragioni sulle quali si fondano nonché contenere: a) la precisa quantificazione delle somme che l’esecutore ritiene gli siano dovute, quantificazione da effettuare in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto al l’importo iscritto, salvo che la riserva stessa sia motivata con riferimento a fatti continuativi; b) l’indicazione degli ordini di servizio, emanati dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione, che abbiano inciso sulle modalità di esecuzione dell’appalto; c) le contestazioni relative all’esattezza tecnica delle modalità costruttive previste dal capitolato speciale d’appalto o dal progetto esecutivo; d) le contestazioni relative alla difformità rispetto al contratto delle disposizioni e delle istruzioni relative agli aspetti tecnici ed economici della gestione dell’appalto; e) le contestazioni relative alle disposizioni e istruzioni del direttore dei lavori o del direttore dell’esecuzione che potrebbero comportare la responsabilità dell’appaltatore o che potrebbero determinare vizi o difformità esecutive dell’appalto.

Riserve e conto finale

All’atto della firma del conto finale, l’esecutore, non può iscrivere domande diverse per oggetto o per importo da quelle formulate nel registro di contabilità durante lo svolgimento dei lavori, e ha l’onere, a pena di decadenza, di confermare le riserve già iscritte sino a quel momento negli atti contabili per le quali non siano intervenute procedure di carattere conciliativo.

Se l’esecutore, in fine, non firma il conto finale nei termini all’uopo fissati, o se lo sottoscrive senza confermare le domande già formulate nel registro di contabilità, il conto finale si intende come definitivamente accettato.

  • La disciplina previgente

Come appare evidente, pur con alcune modifiche il nuovo codice recupera per intero lo storica disciplina delle riserve, risalente addirittura al regolamento di contabilità dei lavori del 1895, sostanzialmente confermata fino al 2016 attraverso il d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, con le relative disposizioni attuative di cui al dpr 207 del 2010 e cancellata con un tratto di penna dal regime di cui al d.lgs. 50/2016 che, in pratica, non ne facendone menzione specifica alcuna, rinviava tutto al d.m. 7 marzo 2018, n. 49.

Quest’ultimo, peraltro con un’inversione di rotta dell’ultima ora, prevedeva con distinte disposizioni di contenuto identico, sia per lavori (art.9), sia per forniture e servizi (art.21), che il direttore dei lavori/dell’esecuzione per la gestione delle contestazioni su aspetti tecnici e delle riserve, dovesse semplicemente attenersi alla relativa disciplina prevista dalla stazione appaltante e riportata nel capitolato d’appalto.

In sostanza, il codice del 2016 aveva rimesso l’intera tematica riguardante contestazioni e riserve al la disciplina contrattuale con tutte le conseguenze del caso, a cominciare dalla ricostruzione pattizia di tutta la regolamentazione già in passato sperimentata, con il relativo ambito applicativo ed il quadro procedurale, inclusivo di decadenze ed inammissibilità, caratterizzato da rilevanti limitazioni sul piano delle modalità di esercizio dei diritti patrimoniali da parte dell’assuntore della commessa.

Disciplina delle riserve ante nuovo codice necessita(va) di specifica approvazione

Ciò, fermo restando che una disciplina contrattuale riproduttiva delle modalità di iscrizione e coltivazione delle riserve vigente ante d.lgs. 50/2016 per avere chances di effettività, stante l’assenza di copertura legislativa alcuna, oltre ad essere correttamente posta avrebbe dovuto comunque essere accompagnata da specifica approvazione di controparte dei relativi contenuti, ai sensi e per gli effetti dell’art.1341 del codice civile in materia di clausole vessatorie.

Il quadro descritto risulta superato dal d.lgs. 36/2023, che riprende e chiarisce la disciplina ante decreto legislativo 50, peraltro migliorandone l’operatività con alcuni chiarimenti applicativi.

Primo elemento di chiarimento consiste nell’aver fissato, a livello di normativa primaria, la decadenza dell’esecutore dal diritto di far valere, in qualunque tempo e modo, pretese relative ai fatti e alle contabilizzazioni risultanti dalla contabilità, conseguente alla mancata iscrizione delle riserve, nei modi e nei termini indicati nell’allegato II.14.

Pretese di natura economica,che non implicano dell’istituto delle riserve

In questo senso, ed in linea con quanto poc’anzi si affermava, nella relazione che accompagna il nuovo codice si legge espressamente che avendo inteso ribadire la sanzione della decadenza dai diritti a contenuto patrimoniale dell’esecutore, come conseguenza della mancata iscrizione o esplicitazione delle riserve, si è preferito inserirne la previsione (anche in coerenza con quanto previsto per le riserve relative alle sospensioni) nella normativa primaria.

Altro rilevante chiarimento, qui riferito all’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto con la relativa disciplina decadenziale è quello di aver stabilito, per la prima volta in una disposizione legislativa, quali situazioni comunque destinate a sfociare in pretese di natura economica, per esser fatte valere non implicano di essere trattate a mezzo dell’istituto delle riserve. Il primo comma dell’articolo 7 dell’all.14, riporta, infatti, una serie di fattispecie, la cui elencazione deve ritenersi tassativa, che, secondo la dizione normativa, non costituiscono riserve.

Ancorché si sia in presenza di una formulazione che poteva sicuramente esser resa in modo più chiaro, la previsione recupera, poi, un’ampia serie di ipotesi, alcune delle quali già condivise sul piano  interpretativo, come ad esempio il caso degli interessi moratori per ritardo nei pagamenti, per le quali l’iscrizione delle riserve non è richiesta: dalle contestazioni sulla validità del contratto a quelle, incluse le pretese economiche, estranee all’oggetto dell’appalto o al contenuto del registro di contabilità; dalle richieste di rimborso delle imposte corrisposte in esecuzione del contratto; alle domande di risarcimento motivate da comportamenti della stazione appaltante o da circostanze a quest’ultima riferibili; dal ritardo nell’esecuzione del collaudo per colpa della stazione appaltante al testé riferito richiamato tema degli interessi.

Sfugge dall’elencazione l’espresso riferimento alla revisione prezzi, per la quale la giurisprudenza già in passato espressasi aveva escluso la necessità di apporre riserva per il riconoscimento del relativo compenso, in base al nuovo codice dovuto per legge al verificarsi degli indicati presupposti (articolo 60).

Esplicitazione delle riserve contestuale alla loro iscrizione?

Sul piano procedurale altra rilevante modifica rispetto alle discipline pregresse riguarda il mancato richiamo al termine di quindici giorni dalla sottoscrizione degli atti contabili, per l’esplicitazione delle motivazioni che sostengono la richiesta, con la relativa quantificazione peraltro tuttora espressamente richiesta.

Il nuovo quadro normativo non riproduce, infatti, la disposizione da ultimo contenuta nel dpr 207 del 2010 che, al comma 3 dell’articolo 190, prevedeva che l’esecutore, che ha firmato con riserva, qualora l’esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della stessa procede in tal senso a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennità e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede aver diritto, e le ragioni di ciascuna domanda.

La mancanza di tale riferimento sembra quindi implicare un obbligo generalizzato di riempimento della riserva con tutti i contenuti prescritti già all’atto della sua apposizione, a pena di decadenza e senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all’importo iscritto, salvo che la riserva stessa riguardi fatti continuativi.

Detti contenuti risultano peraltro specificamente enumerati, al comma 2 dell’articolo 7, con una previsione che, anche sotto tale profilo, ha natura innovativa sul piano legislativo, per le indicazioni da rendere all’uopo; detti adempimenti, peraltro, certamente non agevoleranno l’obbligo di indicare con precisione le ragioni sulle quali le riserve si fondano, contestualmente alla loro apposizione.

Riserve e la codificazione della ratio dell’istituto

Rileva, infine, il recepimento a livello normativo del principio interpretativo da tempo elaborato in via giurisprudenziale, più volte affermato anche dalla suprema Corte, secondo il quale l’istituto delle riserve è finalizzato non tanto ad attribuire all’appaltatore ragioni e o diritti diversi da quelli di ottenere dalla stazione appaltante un pronunciamento sulle proprie richieste, quanto ad assicurare ad essa, durante l’intera fase di esecuzione del contratto, il continuo ed efficace controllo della spesa pubblica, la tempestiva conoscenza e valutazione, sulla base delle risultanze contenute nel registro di contabilità, delle eventuali pretese economiche avanzate dall’appaltatore per l’adozione di ogni misura e iniziativa destinate ad evitare che i fondi impegnati si rivelino insufficienti; ad esempio la riduzione quantitativa delle prestazioni commissionate di un quinto come tuttora previsto dall’articolo 120, comma 9, del nuovo codice. Su questo specifico aspetto occorre peraltro rilevare come la nuova formulazione della norma richieda, per la relativa possibilità di applicarla, il preventivo richiamo ad essa nella documentazione di gara.

  • Riserve e procedure conciliative

Come si è già avuto modo di vedere, il tema riserve è strettamente connesso a quelle che il d.lgs. 36/2023 definisce globalmente come procedure conciliative, ovvero in primo luogo la transazione e l’accordo bonario.

Riferendoci a quest’ultima procedura il nuovo codice conferma integralmente, all’articolo 210, quanto già previsto dall’articolo 205 del d.lgs. 50/2016 secondo cui si da corso all’accordo bonario qualora in seguito all’iscrizione di riserve sui documenti contabili l’importo economico dell’opera possa variare tra il 5 per cento e il 15 per cento dell’importo contrattuale, procedimento che può essere reiterato quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già esaminate, raggiungano nuovamente l’importo suindicato, nell’ambito comunque di un limite massimo complessivo del 15 per cento dell’importo del contratto.

Riserve o non riserve nell’accordo bonario

Orbene appare del tutto evidente il rilievo del fatto di considerare una determinata pretesa economica riconducibile, o meno, al regime delle riserve; solo per le prime vale il limite massimo complessivo sopra indicato, mentre per le altre detta limitazione beninteso non sussiste.

La questione presenta peraltro un non secondario spunto interpretativo nella misura in cui, pur non dovuto, l’operatore abbia iscritto riserva per far valere pretese che non contemplano il suddetto obbligo e la procedura di accordo bonario si trovi ad esaminare il relativo intero monte riserve: il punto è se il predetto valore massimo delle pretese in tal modo riconoscibili vada, ovvero possa essere, calcolato al netto delle entità economiche corrispondenti alle richieste non riconducibili al regime delle riserve, oppure al lordo delle stesse.

Posto che si intenda procedere al netto delle entità escluse, l’ulteriore interrogativo si pone in relazione alle procedure di accordo bonario in corso, o anche tuttora da avviare, ma relative a contratti affidati in base a normative precedenti al d.lgs. 36 del 2023.

Diritto transitorio

Prevede al riguardo il secondo comma dell’articolo 226 che per le procedure di accordo bonario di cui agli articoli 210 e 211, di transazione e di arbitrato, le procedure relative a controversie aventi a oggetto contratti pubblici, per i quali i bandi o gli avvisi siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia, ovvero, in caso di mancanza di pubblicazione di bandi o avvisi, gli avvisi a presentare le offerte siano stati inviati prima della suddetta data, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.

In questo senso l’applicazione ai procedimenti in corso sarebbe esclusa per la parte innovativa del l’elencazione recata dall’allegato II.14, articolo 7,comma 2, non potendosi per la parte confermativa di letture giurisprudenziali già rese, ad esempio quella per cui non necessita dell’iscrizione di riserva il riconoscimento dei corrispettivi dovuti per legge, applicare un regime giuridico peggiorativo.

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Questo articolo è stato scritto da...

Stefano De Marinis
Avvocato, già vicepresidente FIEC
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