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In termini generali, la durata dei contratti pubblici deve essere predeterminata e indicata nella lex specialis di gara al fine di:
– consentire all’amministrazione di calcolare il valore stimato del contratto (ovvero le risorse economico-finanziarie da destinare alla realizzazione dell’opera, all’erogazione del servizio o alla fornitura dei prodotti), in linea con l’obbligo di pianificazione e programmazione degli affidamenti al fine di garantire la massima efficienza amministrativa,
– consentire ai concorrenti di presentare un’offerta informata tenendo conto del rapporto tra periodo di tempo per l’esecuzione delle prestazioni e il corrispettivo che riceverà dall’Amministrazione.
In tal senso dispone l’art. 71 del D.Lgs. n. 50/2016 s.m.i. (di seguito per brevità anche “Codice Appalti”) richiamando l’allegato XIV, parte I lettera C in cui la “durata” è fra gli elementi che devono figurare negli avvisi e bandi di gara.
Ciò nonostante, l’ordinamento prevede degli strumenti a disposizione della Stazione Appaltante per estendere nel tempo gli effetti di un contratto d’appalto in essere al fine di evitare un blocco dell’azione amministrativa: parliamo di proroga e opzione di rinnovo del contratto.
Mentre l’opzione di rinnovo non è motivata dal carattere dell’urgenza in quanto rappresenta una mera facoltà per l’Amministrazione, benchè la stessa per poter essere esercitata deve essere stata espressamente prevista nella documentazione di gara nella sua esatta durata massima, l’utilizzo della proroga è consentito solo in via eccezionale e limitato al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure per l’individuazione di un nuovo contraente, fermo restando che anche l’opzione di proroga deve essere prevista nel bando e nei documenti di gara.
In generale, in ambito giurisprudenziale è stato ampiamente osservato che mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto mediante un differimento temporale, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti benchè alle medesime condizioni originarie: il rinnovo si deve infatti sostanziare in una “semplice” clonazione del precedente rapporto senza mutamento delle condizioni tecnico/economiche cristallizzate con l’ aggiudicazione (cfr. TAR Toscana – Firenze, sez. III, sentenza n. 1696/2018).
Soffermandosi in particolare sull’istituto della proroga, la stessa può assumere la forma della “proroga contrattuale” o della “proroga tecnica”.
La prima consiste nella previsione dell’opzione di proroga già nei documenti di gara e nel contratto: a tutti i partecipanti alla gara è quindi noto che la durata del contratto può essere prolungata e di tale circostanza i concorrenti ne tengono conto ai fini della formulazione dell’offerta. A fronte di detta previsione nei documenti di gara, l’Amministrazione può esercitare la facoltà di richiedere all’aggiudicatario la prosecuzione del contratto alle stesse condizioni e per i periodi indicati nella clausola contrattuale.
La proroga tecnica, istituto sul quale ci soffermeremo nel prosieguo del presente contributo, si ha invece quando il contratto viene prolungato per un breve periodo necessario a garantire la continuità della prestazione nelle more della conclusione delle procedure di scelta del nuovo contraente.
Opzione di rinnovo e di proroga del contratto: strumenti a disposizione della Stazione Appaltante per estendere nel tempo gli effetti di un contratto d’appalto ed evitare un blocco dell’azione amministrativa
1. Proroga contrattuale e proroga tecnica: il quadro di riferimento
Il tema della proroga contrattuale è stato più volte trattato sia in ambito giurisprudenziale sia di prassi – su cui torneremo più avanti nel dettaglio – chiarendo che si tratta di un istituto assolutamente eccezionale ed, in quanto tale, è possibile ricorrervi solo per cause determinate da fattori che comunque non coinvolgono la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice.
Ancor prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163/2006, il Legislatore, al fine di archiviare la procedura d’infrazione n. 2110/2003 aperta dalla Commissione contro la Repubblica Italiana, è intervenuto con l’art. 23 della Legge n. 62/2005, con riferimento alle ipotesi di rinnovo ritenute in contrasto con i principi di non discriminazione e di trasparenza (preordinati ad assicurare la libertà di stabilimento e di prestazioni dei servizi contemplati dagli artt. 43 e 49 del Trattato CE) e con i principi recati dalla Direttiva n. 18/2004: in sostanza, le censure della Commissione muovevano dalla constatazione che le disposizioni nazionali consentivano alle amministrazioni pubbliche di attribuire, in modo diretto e senza alcuna procedura di messa in concorrenza, nuovi appalti di servizi e forniture che verrebbero così affidati mediante procedure non coerenti con il diritto comunitario.
Il comma 1 dell’art. 23 ha così disposto l’abrogazione dell’istituto del rinnovo espresso mediante la soppressione del solo ultimo periodo dell’art. 6, comma 2 Legge n. 537/1993 come sostituito dall’articolo 44 dalla Legge n. 724/1994, che recitava «entro 3 mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza delle ragioni di convenienza dei contratti medesimi e, verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione». Restano, invece, vigenti, il divieto di rinnovo tacito, in quanto normato dal primo periodo del citato comma 6, comma 2 della stessa Legge n. 537/1993.
Il comma 2 dell’art. 23 della Legge n. 62/2005 si è occupato invece della proroga, disciplinando in via transitoria che «I contratti per acquisti e forniture di beni e servizi, già scaduti o che vengano a scadere nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi e che il bando di gara venga pubblicato entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge».
Da ultimo, il comma 3 dell’art. 23 ha sancito un’ulteriore ipotesi transitoria di prosecuzione del rapporto contrattuale per i contratti che hanno ad oggetto lo svolgimento di funzioni e servizi pubblici non ricadenti nell’ambito di applicazione dell’art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL), in scadenza entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge, prevedendo che essi possano «essere prorogati per una sola volta per un periodo di tempo non superiore alla metà della originaria durata contrattuale, a condizione che venga concordata una riduzione del corrispettivo di almeno il 5 per cento». Detta disposizione è stata successivamente abrogata dall’art. 28 della Legge n. 13/2007).
In sostanza, la disciplina in parola ha posto un generale divieto di proroga di qualsiasi rapporto negoziale con la pubblica amministrazione, prevedendo, altresì, una deroga, che, tuttavia, è sottoposta a stringenti condizioni oggettive, funzionali e temporali. Infatti, la proroga può essere assentita:
– per i contratti scaduti o che sarebbero scaduti entro novembre 2006;
– per un massimo di ulteriori 6 mesi;
– per il tempo necessario per la predisposizione degli atti per l’espletamento di una procedura a evidenza pubblica.
Inoltre, la proroga, nell’intervento legislativo, viene collegata ad un dato momento: una Stazione appaltante avrebbe potuto farvi ricorso solo se avesse pubblicato il bando per l’affidamento al nuovo contraente non oltre 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
Con la citata disposizione transitoria, dunque, per i contratti di appalto già scaduti, o in scadenza nei 6 mesi successivi al varo della legge stessa, è stata introdotta nell’ordinamento degli appalti la cd. proroga tecnica, ovvero il prolungamento per non più di 6 mesi del contratto, al fine di garantire la continuità essenziale della prestazione nelle procedure di scelta del contraente, purchè – come detto – il bando per il nuovo affidamento fosse stato pubblicato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della Legge n. 62/2005.
Con l’art. 23 della Legge n. 62/2005 è stato introdotto un generale divieto di proroga di qualsiasi rapporto negoziale con la PA, prevedendo tuttavia la possibilità di operare una proroga tecnica quale deroga sottoposta a stringenti condizioni
La giurisprudenza amministrativa ha precisato inoltre che il principio «stabilito dall’art. 23, l. 18 aprile 2005 n. 62, ha valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni dell’ordinamento: il predetto divieto esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE» (TAR Lombardia – Brescia, sez. II, sentenza 3 ottobre 2016, n. 1281).
Il disposto dell’art. 23 della Legge 62/2005 è stato infatti applicato anche al di là dei settori espressamente indicati (cfr. TAR Lombardia – Milano, sez. III, sentenza 19 aprile 2012, n. 1150 “costituisce espressione di un principio generale attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato e, come tale, valevole per tutti gli atti negoziali della pubblica amministrazione e non solo per quelli concernenti gli appalti di servizi, opere e forniture, come sembrerebbe evincersi dal suo tenore letterale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 7 aprile 2011 n. 2151)”), consentendo la proroga esclusivamente per il tempo “strettamente necessario al reperimento di un nuovo contraente”.
Fermo restando quanto sopra, nella vigenza del D.Lgs. n. 163/2006, in assenza di una espressa previsione di carattere generale della proroga del contratto, la giurisprudenza ha ammesso la proroga affermando che «la legislazione vigente non consente di procedere al rinnovo o alla proroga automatica dei contratti in corso, ma solo alla loro proroga espressa per il tempo strettamente necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica. Tale divieto, pure se fissato dal legislatore in modo espresso con riguardo agli appalti di servizi, opere e forniture, esprime un principio generale attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato e, come tale, operante per la generalità dei contratti pubblici ed è addirittura estensibile anche alle concessioni di beni pubblici (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 aprile 2011 n. 2151 , per una applicazione più recente dei suindicati principi, cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 11 febbraio 2016 n. 293)» (TAR Lazio – Roma, Sez. II-Quater, sentenza 4 settembre 2017, n. 9531).
In conclusione, l’unica proroga possibile è quindi solo quella “tecnica” (cioè quella diretta a consentire la mera prosecuzione del rapporto contrattuale in corso, nelle more dell’espletamento della nuova procedura di gara) e la proroga cd. “tecnica”, per essere legittima, non può durare più di sei mesi (limite di creazione giurisprudenziale fondato sulla norma di cui all’art. 23, comma 2 della Legge n. 62/2005).
Nel D.Lgs. n. 163/2006 tuttavia la proroga tecnica ha comunque trovato un fondamento normativo, seppur limitato all’ipotesi di acquisti in economia: il comma 10, lettera c), dell’art. 125 del D.Lgs. n. 163/2006 stabilisce che l’acquisizione in economia di beni e servizi è consentita anche in relazione a «prestazioni periodiche di servizi, forniture, a seguito della scadenza dei relativi contratti, nelle more dello svolgimento delle ordinarie procedure di scelta del contraente, nella misura strettamente».
Nella vigenza del D.Lgs. n. 163/2006, in assenza di una espressa previsione di carattere generale della proroga del contratto, la giurisprudenza ha ammesso la proroga cd. tecnica
2. La disciplina del D.Lgs. 50/2016
Il Legislatore del D.Lgs. n. 50/2016 ha introdotto una disciplina puntuale in ordine alla proroga cd. “tecnica” nell’ambito dell’art. 106 ove al comma 11, in tema di modifica di contratti durante il periodo di efficacia, disponendo che «La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante».
Esaminando il dato letterale della disposizione, con l’inciso «se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga», sembra che il Legislatore abbia escluso la possibilità di una proroga “tecnica” del contratto qualora la lex specialis di gara non abbia a suo tempo previsto espressamente tale possibilità.
Più nel dettaglio dalla disciplina dell’art. 106 del Codice Appalti si desume che:
- perché l’Amministrazione possa disporre una proroga tecnica del contratto è necessario che nella lex specialis di gara sia stata a monte inserita la clausola di opzione di proroga tecnica, poi trasfusa nel contratto di appalto;
- la proroga tecnica, sulla base della clausola di opzione prevista nella lex specialis di gara, deve essere adottata dall’Amministrazione prima della scadenza del contratto al quale detta proroga si riferisce: poiché con la proroga viene modificata la durata del contratto, la stessa presuppone che il contratto sia ancora in corso di esecuzione e pertanto efficace. Se infatti il contratto è già scaduto e quindi non più efficace non è possibile dar corso a una proroga tecnica della durata in quanto la durata, intesa come validità, è già venuta meno;
- la proroga tecnica è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura di scelta del nuovo contraente alla scadenza del contratto. In tal senso al momento di adozione della proroga tecnica del contratto scaduto dovrà essere stata già avviata la procedura di gara per l’aggiudicazione del nuovo contratto, ancora in corso di svolgimento;
- la proroga tecnica può essere disposta unicamente per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura di gara per l’individuazione del nuovo contraente: trattandosi di un rimedio eccezionale, deve essere finalizzato ad assicurare la prosecuzione del contratto senza soluzione di continuità nelle more del subentro del nuovo affidatario;
- nel periodo di differimento temporale del contratto determinato dalla proroga tecnica l’Amministrazione può disporre che l’affidatario sia tenuto – per tutta la durata della proroga – all’esecuzione delle prestazioni contrattuali agli stessi prezzi, patti e condizioni ovvero a prezzi, patti e condizioni più favorevoli per l’Amministrazione stessa.
Il D.Lgs. n. 50/2016 tra le modifiche dei contratti durante il periodo di efficacia ha introdotto una disciplina puntuale sulla proroga cd. “tecnica” nell’ambito dell’art. 106, comma 11
3. Il punto della giurisprudenza e della prassi di settore
La giurisprudenza e la prassi di settore nell’ambito delle diverse pronunce relative alla valutazione della legittimità delle proroghe via via disposte, hanno individuato i limiti di applicazione della proroga tecnica intesa come “istituto volto ad assicurare che, nelle more dello svolgimento di una gara per il nuovo affidamento di un servizio, l’erogazione dello stesso non subisca soluzioni di continuità – rappresenta un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali” (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 17 gennaio 2018, n. 274).
È stato affermato che la proroga «è teorizzabile ancorandola al principio di continuità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) nei soli limitati ed eccezionali casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente» (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 11 maggio 2009, n. 2882).
La giurisprudenza in generale ha ammesso la proroga tecnica affermando che: «Per effetto dell’applicazione dei principi comunitari che considerano la proroga o il rinnovo di un contratto quale contratto nuovo soggiacente a regole competitive, è vietata la proroga tacita e la proroga può essere concessa, esclusivamente con provvedimento espresso, al fine di evitare l’interruzione delle attività in atto, per il solo tempo necessario a consentire l’espletamento della procedura di evidenza pubblica» (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 7 aprile 2011 n. 2151). Dunque, è legittima la proroga solo se connessa ad una nuova gara e, quindi, non può che essere posta in essere ed approvata quasi simultaneamente con l’avvio della gara medesima.
Di recente i Giudici di Palazzo Spada sono tornati sul carattere eccezionale della proroga tecnica, per mezzo della quale si effettua un differimento del termine finale del rapporto di appalto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, individuando il suo fondamento unicamente in oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della nuova gara non imputabili alla stazione appaltante. I Giudici di Palazzo Spada circa la disposizione di cui all’art. 106 comma 11 del Codice Appalti rilevano che «La legge lo riserva a circostanze del tutto eccezionali («La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente»), la cui ratio è solo quella di assicurare la continuità delle forniture pubbliche nelle more della gara. Il che ne evidenzia il carattere derogatorio e di stretta interpretazione, dunque di applicazione consentita solo se ricorrano le condizioni di legge. “La cd. “proroga tecnica” – istituto volto ad assicurare che, nelle more dello svolgimento di una gara per il nuovo affidamento di un servizio, l’erogazione dello stesso non subisca soluzioni di continuità – rappresenta un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali (ex multis, Cons. Stato, III, 3 aprile 2017, n. 1521)” (Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 274)» (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 29 maggio 2019, n. 3588). Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha accolto l’impugnazione rilevando che la Stazione appaltante aveva fatto un illegittimo uso della proroga tecnica, in quanto la stessa non risultava ancorata a oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della gara, ma a un’indizione tardiva della procedura di gara che appariva soggettivamente addebitabile all’amministrazione.
Ed ancora è stato di recente affermato che «la proroga, nell’unico caso oggi ammesso ai sensi dell’art. 106, del d. lgs. n. 50 del 2016, ha carattere di temporaneità e rappresenta uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un vincolo contrattuale ad un altro. Ciò, peraltro, è stato chiarito, conformemente all’univoco orientamento della giurisprudenza, anche dall’ANAC, pure in relazione al previgente impianto normativo; è stato, infatti, evidenziato (parere AG 38/2013) che la proroga “è teorizzabile ancorandola al principio di continuità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) nei soli limitati ed eccezionali casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente” (CdS, sez. V, sent. 11.5.2009, n. 2882). Se è vero, dunque, che sono considerate legittime le clausole di proroga inserite ab origine nella lex specialis (Cons. Stato, sez. III, 5 luglio 2013, n. 3580; sez. V, 27 aprile 2012, n. 2459; sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 850), giacché in tal modo non è configurabile una violazione della par condicio, né si dà vita ad una forma di rinnovo del contratto in violazione dell’obbligo di gara (laddove se la stazione appaltante procedesse a prorogare il contratto oltre i limiti delle previsioni della lex specialis ovvero, in assenza di tali previsioni, alla scadenza naturale del contratto, sussisterebbe un’illegittima fattispecie di affidamento senza gara), è altrettanto vero che la facoltà di proroga del contratto di appalto, anche in presenza di una clausola della lex specialis, soggiace, comunque, a determinate condizioni» (TAR Lazio – Roma, sez. II-Bis, sentenza 10 settembre 2018 n. 9212).
Anche l’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP) si è – a suo tempo – espressa favorevolmente sostenendo che «è pacifico che, in tema di rinnovo o proroga dei contratti pubblici, non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, ma vige il principio che, salvo espresse previsioni dettate dalla legge in conformità alla normativa comunitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora, abbia la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara. La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro» (AVCP, deliberazione n. 33/2013).
Con una recentissima pronuncia l’ANAC ha ribadito in linea generale che l’uso improprio di proroghe contrattuali, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, configura una violazione delle disposizioni vigenti in materia di affidamento di contratti pubblici, in quanto la proroga costituisce un rimedio eccezionale. In particolare l’ANAC ha affermato che «In tema di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto non vi è alcun spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, ma vige il principio che, salvo espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara (Cons. di Stato n. 3391/2008). La proroga, come soluzione di carattere eccezionale in caso di effettiva necessità di assicurare il servizio, deve mantenere carattere di temporaneità esclusivamente al fine di assicurare il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente. L’Autorità sul tema ha espresso il proprio orientamento per ciò che concerne la c.d. “proroga tecnica”, (cfr. Delibere nn. 6/2013 e 1/2014, Comunicato del Presidente del 4.11.2015, sull’utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi di contratti pubblici) e della consolidata giurisprudenza, che ammettono la proroga tecnica solo in via del tutto eccezionale, poiché costituisce una violazione dei principi comunitari di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, enunciati nel previgente codice dei contratti al comma 1 dell’art. 2 [oggi art. 30 del D. Lgs. 50/2016], riconducendo la proroga ad «una prassi amministrativa, in via del tutto eccezionale, in considerazione della necessità – riscontrata e adeguatamente ponderata nella circostanza concreta – di evitare un blocco dell’azione amministrativa, ma tenendo presente che essa, in generale, comporta una compressione dei principi di libera concorrenza. Il ripetuto uso della proroga come nel caso in esame, è causato prima di tutto dalla mancata programmazione nell’acquisto di beni e servizi, che dovrebbe garantire il regolare e tempestivo avvicendamento degli affidatari. L’assenza di questa attività moltiplica le emergenze, in cui la proroga tecnica viene presentata ancora prima che abbia inizio il vero e proprio affidamento del servizio. La proroga abbandona e tradisce la sua unica funzione di essere, uno strumento di transizione per qualche mese di ritardo determinato da fatti imprevedibili, per il tempo strettamente necessario ad espletare la nuova procedura e diventa un ammortizzatore pluriennale di inefficienze di programmazione» (ANAC, Delibera n. 882 del 25 settembre 2019).
Già in passato l’ANAC si era pronunciata con riferimento alla possibilità di ricorrere a una proroga rilevando il carattere di eccezionalità che deve contraddistinguere l’istituto: «Il tema delle proroghe contrattuali è stato più volte trattato da questa Autorità e, in modo specifico, con il Comunicato del Presidente del 4 novembre 2015, Utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi di contratti pubblici – parere. In tale atto, dopo una premessa di carattere generale, si legge: Sull’istituto della proroga e del rinnovo, l’Autorità è intervenuta in numerosi casi; con la deliberazione n. 34/2011, ha chiarito che la proroga – oggetto di numerose pronunce da parte della giustizia amministrativa – è un istituto assolutamente eccezionale ed, in quanto tale, è possibile ricorrervi solo per cause determinate da fattori che comunque non coinvolgono la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice. Al di fuori dei casi strettamente previsti dalla legge (art. 23, legge n. 62/2005) la proroga dei contratti pubblici costituisce una violazione dei principi enunciati all’art. 2 del d.lgs. 163/2006 e, in particolare, della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro. Una volta scaduto un contratto, quindi, l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara (Cons. di Stato n. 3391/2008).» (ANAC, Delibera n. 779 del 11 settembre 2018).
Ai fini della valutazione della legittimità delle proroghe, la giurisprudenza ha ritenuto rilevante anche il numero di proroghe disposte, rilevando che “costante orientamento della giurisprudenza secondo cui il principio del divieto di rinnovo dei contratti di appalto scaduti, stabilito dall’art. 23 della L. 18/4/2005 n. 62, ha valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni dell’ordinamento: il predetto divieto esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE (che, in quanto tale, opera per la generalità dei contratti pubblici) mentre la semplice proroga può essere accordata per un tempo predeterminato e limitato, oltre ad essere prevista ab origine negli (eventuali) atti di gara e venire esercitata in modo espresso e con adeguata motivazione (cfr. T.A.R. Abruzzo L’Aquila – 19/3/2015 n. 182; sentenza Sezione 7/4/2015 n. 490 confermata in appello dal Consiglio di Stato, sez. V – 15/3/2016 n. 1034). Detti presupposti non si rinvengono nella determinazione impugnata, tenuto conto peraltro che la situazione di estrema urgenza aveva già giustificato l’adozione di provvedimenti extra ordinem (impugnati con i primi motivi aggiunti). Se l’eccezionalità delle condizioni poteva sorreggere il primo affidamento (di 9 mesi), l’ulteriore prolungamento del contratto appare illegittimo, ponendosi in diretto contrasto con i principi e le disposizioni in materia» (TAR Lombardia – Brescia, sez. II, sentenza 3 ottobre 2016, n. 1281).
Con riferimento alla durata del periodo oggetto di proroga tecnica in giurisprudenza è stato osservato che quest’ultima «…non può che avere la durata strettamente necessaria per l’espletamento della gara volta all’affidamento della sua concessione, non potendosi ex ante fissare una data lontana nel tempo, che presumibilmente supera la chiusura della gara medesima, in violazione del necessario obbligo di affidamento solo a seguito di procedura selettiva comparativa … » (TAR Lazio – Roma, sez. II, sentenza 22 luglio 2019, n. 9784).
Con riferimento poi alla motivazione dell’atto di proroga, sempre in ambito giurisprudenziale è stato rilevato che «La clausola di proroga inserita nel contratto conferisce, infatti, all’ente il diritto potestativo di richiedere al contraente privato la prosecuzione del contratto e, inoltre, come chiarito dalla unica giurisprudenza anche del Giudice d’Appello, il rapporto tra la regola, cioè la gara, e l’eccezione, cioè la possibilità di – limitata – proroga, se prevista, si riflette sul contenuto della motivazione, giacché ove l’amministrazione opti per l’indizione di una nuova procedura, nessuna particolare motivazione è necessaria; per contro, solo nell’ipotesi in cui l’amministrazione si determini alla proroga del rapporto tale determinazione dovrà essere analiticamente motivata, dovendo essere chiarite le ragioni per le quali l’ente ritiene di discostarsi dal principio generale (Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6194)» (TAR Lazio – Roma, sez. II-Bis, sentenza 10 settembre 2018 n. 9212).
Giurisprudenza e prassi hanno individuato i limiti di applicazione della proroga tecnica intesa come istituto di natura eccezionale e temporaneo per il solo tempo necessario a consentire l’espletamento della nuova procedura di gara
4. Conclusioni
Rimane confermata l’impostazione, ampiamente condiva in ambito giurisprudenziale e di prassi, secondo cui la proroga di un affidamento ha carattere di eccezionalità, poiché derogatoria del principio generale dell’evidenza pubblica. In ogni caso, la stessa previsione della possibilità di proroga prevista nella lex specialis di gara, non vincola in alcun modo la stazione appaltante in quanto la praticabilità del differimento può avvenire solo a determinate condizioni: in particolare, perché sia legittima una proroga la stessa deve essere sottoposta a stringenti limiti di cui all’art. 106, comma 11 del Codice Appalti tenuto conto del carattere di temporaneità dello strumento, atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un vincolo contrattuale ad un altro.
La proroga in generale non può essere considerata un diritto dell’operatore uscente, né comunque un’opzione che l’Amministrazione è tenuta a reputare preferibile rispetto ad esempio un affidamento in via d’urgenza a un nuovo operatore.