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1 Premessa

Col Decreto Legislativo 15 novembre 2011 n. 208 (il “Decreto”), in vigore dal 15 gennaio 2012, il legislatore italiano ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 (di seguito, per semplicita’, la “Direttiva”), relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori.

Non c’e’ dubbio che i richiamati interventi normativi costituiscano una importante novita’ nel panorama degli appalti della difesa che, fino alla loro entrata in vigore, venivano di norma aggiudicati sulla base del paradigma costituito dal “vecchio” testo dell’articolo 17 del D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (ora integralmente novellato dal testo introdotto dal richiamato Decreto 208).

Scopo del presente intervento e’ una breve illustrazione di una delle principali problematiche sottese al recepimento della norma comunitaria, operato dal legislatore italiano col Decreto 208. Con una doverosa precisazione: siamo, infatti, ancora in attesa dell’emanazione dei regolamenti attuativi previsti dall’articolo 4 del Decreto medesimo.

Tuttavia, il Decreto 208 sta sollevando notevoli perplessita’ tra gli operatori del settore, chiamati a darvi esecuzione.

Per il momento, ci soffermeremo sulla disciplina del subappalto, una delle disposizioni piu’ critiche introdotte dal Decreto.

Come noto, nel settore della Difesa il subappalto rappresenta una modalita’ esecutiva molto diffusa. Infatti, proprio per la specificita’ del settore, molto difficilmente una impresa sara’ in grado di realizzare tutte le componenti e le attivita’ che compongono la fornitura di materiale militare. Spesso composta da parti principali che si scompongono a loro volta in componenti e di sottocomponenti ulteriori.

Pensiamo, tanto per fare un esempio, alla realizzazione di una nave da guerra. Composta da parti meccaniche, elettroniche, da sofisticati software per il puntamento delle armi, dalle armi stesse, da radio particolari che nulla hanno a che vedere col settore civile, a loro volta suddivise in componenti delicatissime, eccetera.

Tuttavia, il legislatore non e’ stato particolarmente attento alle esigenze peculiari del mercato degli appalti della Difesa e della sicurezza, introducendo due importanti novita’ che limiteranno sicuramente il campo d’azione sia dei committenti che delle imprese.

In particolare, le novita’ sono cosi’ schematicamente riassumibili:

  1. Introduzione di limiti percentuali precisi alla possibilita’ di ricorso al subappalto. A differenza del legislatore comunitario, quello nostrano ha introdotto dei tassativi limiti percentuali alla possibilita’ di ricorso al subappalto che piu’ avanti illustreremo;
  2. Introduzione dell’obbligatorieta’ di pubblicazione dell’avviso di subappalto sulla GUCE relativamente a quelle forniture e servizi che la stazione appaltante abbia chiesto ai concorrenti di subappaltare a terzi ai sensi dell’articolo 29 comma 1 del Decreto.

2 Il Subappalto

2.1 – aspetti generali

La seconda parte del comma 1 dell’art. 27 (“disciplina del subappalto”) contiene la definizione di “subappalto”, intendendo per tale “qualsiasi contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra un aggiudicatario di un appalto e uno o piu’ operatori economici, al fine di eseguire il contratto e avente ad oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi”.

Questa definizione e’ del tutto analoga a quella contenuta nell’articolo 1 comma 22 della Direttiva. Sarebbe stato invece auspicabile che, nel recepire la formulazione, il legislatore italiano avesse avuto cura di distinguere tra il subappalto “proprio” (quello, cioe’, afferente le attivita’) ed il subcontratto afferente subfornitura di prodotti (che dovrebbe, a rigore, rientrare nel tipo della vendita e non in quello del subappalto).

Augurandoci un intervento chiarificatore da parte del legislatore, la prima osservazione che salta agli occhi e’ che anche la fornitura di un prodotto e’ considerato subappalto dal legislatore del Decreto.

Il comma 2 del citato articolo 27 afferma poi che: “l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto ai sensi del presente articolo non puo’ formare oggetto di ulteriore subappalto”.

Il combinato disposto delle due norme implica delle conseguenze importanti: insomma, se affido la fornitura di un prodotto (ad esempio una radio) ad una Ditta X, questa non potra’ a sua volta procedere all’acquisto di un componente radio (ad esempio l’antenna) da parte della Ditta Y.

L’applicazione pratica di questa norma non manchera’ di suscitare problematiche complesse, dal momento che una definizione cosi’ stringente di “subappalto” non e’ contenuta neppure nel tanto vituperato comma 11 dell’art. 118 del D. Lgs. 163.

Il punto e’ che, come si diceva in premesse, negli appalti della difesa esistono delle estreme specializzazioni in base alle quali se una societa’ realizza un componente militare, di solito lo fa avvalendosi di altre societa’ a loro volta superspecializzate nella produzione di subelementi di quel componente.

2.2 – La Procedura per l’affidamento del subappalto su richiesta del Committente. “La forcella”.

L’art. 27, commi 1 e 5, e gli artt. 29 e 30 del Decreto, prevedono una sorta di procedura “informale” a carico dell’appaltatore per la scelta dei subappaltatori qualora sia la stazione appaltante a chiedere “ai concorrenti di subappaltare a terzi una quota del contratto” (che, comunque, non può superare il 30% del valore dell’appalto). La norma dice che, in tal caso, andranno utilizzate “procedure competitive”.

In tal caso (qualora, cioe’, sia la stazione appaltante a chiedere di procedere col subappalto), il comma 3 dell’art. 27 prevede l’obbligo a carico del Committente di stabilire nel bando di gara o nell’invito, la quota di lavori, le forniture o i servizi compresi nel contratto per i quali viene richiesto il subappalto.

Tale quota deve essere prevista sotto forma di una “forcella” di valori che non puo’ in ogni caso superare il 30% del valore complessivo dell’appalto.

Questa previsione e’ in linea con l’analogo disposto dell’art. 21 comma 4 della Direttiva. Anche quest’ultima, infatti, prevede quale valore massimo della forcella la percentuale massima pari al 30% del valore dell’appalto.

Il Decreto stabilisce poi che nella determinazione di tale forcella, si dovra’ tenere conto “dell’oggetto e del valore del contratto, nonche’ della natura del settore industriale interessato, compresi il livello di competitivita’ su quel mercato e le pertinenti capacita’ tecniche su base industriale”.

2.3 – Il subappalto “extra forcella”.

Il comma 10 del citato art. 27 prevede comunque che, al di fuori di tale ipotesi, “ovvero oltre la quota” del 30%, è sempre “facoltà dell’aggiudicatario ricorrere al subappalto secondo le modalità di cui all’articolo 118 del Codice“.

Dunque, la norma citata sembrerebbe prevedere che, oltre alla percentuale del 30% affidata a seguito dell’esperimento di una procedura “informale”, l’appaltatore possa (stavolta liberamente e senza formalita’ particolari) ricorrere ad un ulteriore subappalto nella misura massima stabilita dall’art. 118 del Codice dei Contratti pubblici cui fa espresso rinvio (e, quindi, nella percentuale massima del 30%).

Dunque, secondo il legislatore italiano, la percentuale massima subappaltabile nel settore difesa e sicurezza e’ pari al 60% (a differenza del settore “civile” dove, invece, il limite resta ancorato al 30%).

Tale percentuale del 60% e’ costituita: da un 30% di quota derivante dal subappalto a seguito della procedura “informale”; l’altro 30%, da una quota “libera” affidabile direttamente dall’appaltatore a condizioni e termini dell’art. 118 del D. Lgs. 163.

Sotto questo profilo, si deve tuttavia rilevare un contrasto con l’analoga previsione contenuta nella Direttiva, la quale non prevede un limite alla quota di ulteriore subappalto. L’art. 21 comma 4 terzo periodo della Direttiva, infatti, prevede unicamente l’onere a carico dell’appaltatore di proporre l’affidamento in subappalto nella misura che superi il valore della forcella. Ma, appunto, a differenza della normativa italiana, per questo ulteriore subaffidamento, non si prevede alcun limite massimo.

2.4 – le modalita’ di affidamento del subappalto su richiesta del committente (“forcella”) a mezzo di procedura “informale”.  I principi.

Il comma 11 dell’art. 27 rinvia agli emanandi regolamenti che dovranno stabilire le modalita’ per l’assegnazione di subappalti, qualora sia la stazione appaltante a formulare la relativa richiesta ai concorrenti. 

La norma stabilisce che tali affidamenti debbono avvenire sulla base di un “accordo quadro”. Per l’assunzione della qualita’ di “subappaltatore” occorre aver fatto parte dell’accordo quadro sin dal momento genetico della procedura competitiva.

La durata dell’accordo quadro non puo’ superare i sette anni (comma 12). Tale limite puo’ essere eccezionalmente superato, qualora esigenze tecniche e/o di prodotto lo impongano. In ogni caso, il ricorso all’accordo quadro non puo’ costituire elemento distorsivo del mercato e della concorrenza (comma 13).

In attesa dei chiarimenti che, ci auguriamo, saranno presto portati dai regolamenti citati, il Decreto detta gia’ dei principi cui dovra’ conformarsi l’espletanda procedura “informale”.

Relativamente agli oneri di pubblicita’ ed alle informazioni che devono figurare nei bandi e negli avvisi di subappalto di cui all’art. 27 comma 1 (“la forcella”), il comma 1 delll’art. 29 del D. Lgs. 208 prescrive un onere di pubblicita’ a carico dell’appaltatore da esercitarsi a mezzo “avviso” che deve riportare le informazioni previste nell’allegato IV al D. Lgs. medesimo (nome, indirizzo, numero di fax e indirizzo di posta elettronica dell’aggiudicatario, luogo di esecuzione, termine di esecuzione, eccetera).

Il comma 4 dell’art. 29 prevede poi che l’aggiudicatario debba trasmettere gli avvisi di subappalto alla Commissione europea per la pubblicazione, “secondo quanto previsto dall’articolo 66, commi da 1 a 6 del Codice” (ivi compresa, quindi, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Italiana, serie speciale).

Dunque, le modalita’ di pubblicazione degli avvisi di subappalto sono analoghi a quelle previste per gli avvisi e per i bandi a cura delle stazioni appaltanti.

L’aggiudicatario dovra’ trattare i potenziali subappaltatori “in modo equo e non discriminatorio” (cosi’ il comma 1 dell’articolo 30) e dovra’ aver cura di indicare nell’avviso di subappalto i criteri di selezione qualitativa prescritti dalla stazione appaltante, nonche’ ogni altro criterio per la selezione qualitativa dei subappaltatori.

Relativamente a questi ultimi, la norma ha cura di precisare che questi criteri sono “obiettivi, non discriminatori e coerenti con i criteri applicati dalla stazione appaltante per la selezione degli offerenti per il contratto principale”. Le capacita’ richieste “devono essere direttamente connesse all’oggetto del subappalto ed i livelli di capacita’ richiesti devono essere commisurati con il medesimo”.

2.5 – problematiche di giurisdizione

L’art. 7 del d. Lgs. 2 luglio 2010 n. 104 prevede la giurisdizione del giudice amministrativo per le controversie nelle quali “si faccia questione di interessi legittimi”.

Come noto ai sensi dell’art. 103 della Costituzione, al di fuori delle materie di giurisdizione esclusiva, il generale criterio di riparto di giurisdizione e’ basato sulla consistenza della posizione soggettiva azionata e, quindi, in ultima analisi, sulla distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo.

Stando ai principi generali, si potrebbe infatti sostenere che un concorrente alla gara di affidamento del subappalto, qualora illegittimamente pretermesso o valutato, potrebbe vantare, rispetto al procedimento di selezione competitiva, una posizione sostanziale qualificabile come di interesse legittimo, la cui eventuale lesione ne legittimerebbe la tutela nanti il Giudice Amministrativo, quale giudice “naturale” dell’interesse.

Se, invece, si considera la procedura competitiva avviata dall’appaltatore, al di fuori dell’azione amministrativa e come una sorta di mero “invito ad offrire”, in caso di violazione delle regole di gara, l’appaltatore sara’ tenuto –al piu’- al risarcimento per lesione di questi doveri di buona fede e correttezza precontrattuale, cristallizzati nell’art. 1337 del codice civile. 

Alla luce di quanto sopra, resta aperta la questione dell’individuazione del Giudice avente giurisdizione, attesa la sostenibilita’ in astratto della tesi secondo la quale l’eventuale violazione della lex specialis di gara, darebbe luogo a lesione di una posizione giuridica sostanziale qualificabile come di “interesse legittimo”, con la conseguenza di potenzialmente radicare la giurisdizione in capo al giudice amministrativo.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Fabio Salierno
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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