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Premessa

Prosegue l’iter di approvazione del nuovo codice dei contratti e con esso l’innovativa disciplina di molti istituti ivi contemplati; in questa sede, intendiamo concentrarci su quanto relativo al finanziamento privato degli investimenti pubblici, fin qui prevalentemente attuato ricorrendo all’istituto della concessione di lavori e/o servizi, al netto delle altre formule attualmente tipizzate, e non, dal d.lgs. n.50/16.

Lo schema di decreto legislativo approvato in via preliminare dal Governo lo scorso 16 dicembre, sul quale sia la Conferenza Unificata (di cui all’art. 8 del d.lgs. 281/97) che il Parlamento hanno in questi giorni reso i prescritti pareri, riserva all’argomento in esame 28 articoli, sui 229 che il testo prevede, allocati nelle prime cinque parti del libro IV, ai quali si aggiunge l’allegato IV.1.

Le nuove logiche ispiratrici della codificazione potranno valere anche in questo campo?

Pur in continuità con le precedenti codificazioni, quanto fin ora complessivamente messo a punto rappresenta un importante passo avanti verso l’adozione di nuove e più efficaci logiche operative per la gestione dei contratti pubblici (in primis il principio di risultato), da verificare anche per i temi che in questa sede si intende trattare.

1. Le novità

Tra le modifiche sostanziali che con immediatezza emergono da una prima lettura della bozza di decreto si segnala, anzitutto, l’introduzione dell’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, quindi non per gli enti committenti operanti nei settori speciali, di adottare una specifica programmazione triennale delle esigenze che possono essere soddisfatte con operazioni di finanziamento privato, atto al quale si affianca la relativa “valutazione preliminare” sulla fattibilità e la convenienza della singola ipotesi (art.175 commi 1 e 2).

Segue la possibilità di affidare le concessioni ovvero promuovere iniziative di PPP solo ad opera di stazioni appaltanti opportunamente qualificate in quanto iscritte nell’elenco di cui all’articolo 63 del nuovo Codice (art. 174, comma 5).

Tra le novità assolute:le concessioni sottosoglia affidate con procedure negoziate e la scomparsa del tetto fisso al finanziamento pubblico

Altresì rileva in termini radicalmente nuovi la facoltà di affidare le concessioni d’importo inferiore alla soglia comunitaria tramite procedura negoziata senza bando (art. 187), previsione che pienamente si colloca nel filone delle semplificazioni introdotte dalla disciplina emergenziale, in questo caso dall’articolo 2 del decreto legge 76/2020, che il nuovo codice intende, qui come altrove, stabilizzare.

Da notare, ancora, l’eliminazione di riferimenti numerici prefissati per il calcolo dell’entità del finanziamento privato ritenuto rilevante ai fini di poter configurare un’operazione come partenariato pubblico privato, categoria generale in cui rientrano le concessioni; l’articolo 174, comma 1, oggetto peraltro di serrata critica da parte dalla Conferenza Stato Regioni nell’ambito del parere reso il 26 gennaio, si limita infatti a prevedere che la copertura dei fabbisogni finanziari faccia capo al privato in misura significativa, senza tuttavia operare alcuna quantificazione che esprima tale concetto di significatività.

Il superamento di ogni riferimento alla qualificazione dei privati intenzionati a proporre iniziative di finanziamento privato, sembra, poi, trovare riscontro nel fatto che non si rinviene nel nuovo Codice (art.193) quanto è attualmente previsto dall’art. 183 del d.lgs. 50/16, in tema di qualificazione del cosiddetto promotore; il mero riferimento alla figura dell’operatore economico fa ritenere, infatti, che non siano più richiesti specifici requisiti ai fini della presentazione di proposte, fermo restando che per la partecipazione alla successiva gara per l’affidamento della concessione il promotore dovrà associarsi o consorziarsi con altri operatori in possesso dei requisiti richiesti dal bando.

Altresì nuova è la previsione che, nel caso di progetti di interesse statale o finanziati con contributo a carico dello Stato di importo superiore a 10 milioni di euro, dispone che la già citata “valutazione preliminare” sia sottoposta al parere, ancorché non vincolante, del Dipe e della Ragioneria generale dello Stato (art. 175 comma 3).

Il diritto di prelazione è in pericolo?

Rileva, infine, la possibilità di sostituire il diritto di prelazione a vantaggio del proponente, nel caso di iniziative formulate dal privato, con una premialità da riconoscergli in sede di gara (art.193 comma 8), scelta comunque da effettuare fin dalla programmazione (art.175 comma 1) indicando, per ciascun progetto, le eventuali ragioni che giustificano l’applicazione del criterio premiale in luogo della prelazione. Trattasi di un’innovazione, peraltro va detto subito giustamente censurata nel parere reso in sede Parlamentare, che modifica sensibilmente una procedura che, dopo numerosi tentativi, aveva trovato un assetto equilibrato, dimostrandosi fin qui assai utile ed efficace per l’interesse pubblico; ciò introducendo una modalità che, comunque, necessita di verifica a livello comunitario, cosa di cui, viceversa, non ha più bisogno l’istituto della prelazione.

2. Ulteriori aspetti da rilevare

Da segnalare anzitutto, la risistemazione della disciplina in tema di risoluzione del contratto di concessione (art.190) che, anche attraverso una scelta più accurata delle definizioni giuridiche utilizzate, razionalizza le relative precedenti disposizioni, specie per l’ipotesi di inadempimento del concessionario; per quanto attiene gli indennizzi a quest’ultimo viceversa dovuti, è previsto che, oltre al valore delle opere realizzate ed ai costi conseguenti al recesso, essi includano il mancato guadagno peraltro compreso tra il 2 e il 5 per cento degli utili previsti dal piano economico finanziario, secondo criteri da indicare puntualmente nei bandi e nei contratti, misura sensibilmente diversa da quella prevista dalla disciplina vigente, che fa riferimento al 10% del valore delle opere ancora da eseguire o, nel caso di opera collaudata, del valore dei ricavi previsti per gli anni residui di gestione.

La riscrittura organica della vigente disciplina riguarda peraltro anche i casi di revisione del contratto di concessione, con l’indicazione dei necessari presupposti affinché ad essa si possa legittimamente procedere (art. 192).

Il rischio operativo come driver

Chiarimenti importanti riguardano, ancora, la nozione di rischio operativo, inserita quale elemento causale necessario nello schema contrattuale tipico anche della locazione finanziaria che, insieme al contratto di disponibilità, risulta peraltro confermata nella lista delle nominate fattispecie in cui si può esplicare l’istituto del Partenariato Pubblico Privato di matrice contrattuale (art.174, comma 3).

La società di progetto diventa  società di scopo

Ancora, la società di progetto cambia nome in società di scopo (art.194), che alcuni peraltro leggono come ormai sempre obbligatoria (il Parlamento, infatti, ne chiede l’indicazione come facoltativa sotto soglia comunitaria) mentre per la disciplina dei subappalti del concessionario, l’articolo 188 rinvia a quella generale fissata all’articolo 119, mentre per la categoria degli investitori istituzionali si apre (art.193, comma 1) la possibilità espressa del subappalto totale: anche qui si aprono, quindi, non pochi punti di domanda.

Non pare costituire, viceversa, una novità la previsione che consente di porre a base di gara anche il solo progetto di fattibilità, stabilendo che sia il concessionario a predisporre il successivo livello di progettazione (art.185, comma 1). Ciò in quanto l’interpretazione nel senso della possibilità di affidare concessioni sul progetto preliminare è già percorribile, argomentarlo in base alla disciplina vigente. E’ inoltre da considerare che il nuovo codice prevede, come novità generale, due soli livelli di progettazione, di cui il primo è, per l’appunto, il progetto di fattibilità tecnico economica (PFTE).

3. Alcune considerazioni sistematiche

Il testo fin qui elaborato chiarisce, poi, l’equivoco oggi esistente tra PPP inteso sia come contratto tipizzato ai sensi del comma 8 dell’articolo 180 del d.lgs. 50/16, sia come categoria generale di contratti; ciò in favore della seconda opzione, posta l’eliminazione di qualsivoglia menzione del PPP nella già richiamata nuova lista.

PPP e concessioni: un tema aperto

Più impegnativa, viceversa, è la valutazione dell’opzione di fondo che conferma il Partenariato Pubblico Privato quale autonoma categoria di contratti che peraltro include le concessioni; ciò anche perché il PPP è contemplato solo nelle regole Eurostat per la certificazione dei bilanci pubblici, non dalle direttive di settore che ad esso non fanno riferimento alcuno; il tutto con implicazioni che si estendono alla disciplina della scelta del contraente (si applica la direttiva 2014/23/UE o la 24 ?). Si aggiunga che l’articolo 174, comma 1, del testo in adozione afferma che tutti i PPP hanno sempre per base un rapporto concessorio, (il partenariato pubblico-privato è un’operazione economica … tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati), opzione questa degna di attenta riflessione, comunque non in linea con la disciplina Eurostat che tratta i due schemi in modo diverso. La domanda, dunque è se, per il nuovo codice, tutti contratti di Partenariato Pubblico Privato sono considerati concessioni; se per tutti trova quindi applicazione la Direttiva 23 o se questa, come sembrerebbe più corretto, si applica alle sole concessioni propriamente dette, mentre le altre formule contrattuali (locazione finanziaria e contratto di disponibilità) sono/sarebbero da trattare in base alla diversa Direttiva 24.

Finanza di progetto: un concetto spurio che rimane

Solo in parte conseguito, poi, è l’auspicato obiettivo di intervenire sulla nozione di “finanza di progetto”, a più riprese utilizzata dal vigente codice senza un approccio chiaro ed unitario (trattasi di tecnica economica, procedura di affidamento o di autonomo modello contrattuale ?): se è vero, infatti, che il nuovo articolo 174 correttamente più non la include nella lista delle tipizzate figure di PPP, inutili, quando addirittura non fuorvianti, riferimenti restano nella rubrica del titolo IV, del libro IV e nell’articolo 194, in tema di società di scopo (corrispondenti alle attuali società di progetto). Il completo abbandono di ogni richiamo ad una formula economica più che giuridica sarebbe peraltro auspicabile.

Valutazioni diverse riguardano, infine, ulteriori aspetti della disciplina in via di adozione, sul piano dell’ormai acquisita possibilità per gli operatori economici di rendersi proponenti di iniziative basate sul finanziamento privato, che paradossalmente rischia di venir limitata.

Sottratti da tale possibilità propositiva risultano, infatti, i progetti già inclusi negli atti generali di programmazione, scelta sulla quale nessuna positiva ricaduta può derivare dall’aver introdotto, come già visto, una programmazione ad hoc per gli interventi in PPP. Tale opzione appare limitante anche in termini di stimolo per le amministrazioni ad attivare iniziative spesso altrimenti destinate a restare sulla carta, non solo per l’assenza di finanziamenti ma anche per la difficoltà di costruire efficaci soluzioni realizzative, alternative rispetto al tradizionale appalto.

4. Conclusioni

Lungi dal voler considerare qui esauriti tutti i profili di innovazione implicati dalla disciplina che la nuova codificazione pone in tema del finanziamento privato, l’auspicio e che i passaggi che restano, in specie l’adesione o meno da parte del Governo alle sollecitazioni da più e diverse parti in queste settimane intervenute, possa contribuire a rendere ancor più soddisfacente una formula la cui utilità non è più in discussione anche per favorire l’innovazione e la qualità dei servizi, ben al di là, quindi, dall’esigenza di mera ottimizzazione della spesa pubblica. 

I suggerimenti del Parlamento

In questo senso pare doveroso segnalare il richiamo del Parlamento al Governo affinché questo valuti, in sede di stesura finale del testo, l’opportunità di introdurre il contributo al processo di trasformazione digitale insito nella natura del progetto tra i criteri di valutazione preliminare di convenienza e fattibilità per il ricorso al partenariato pubblico privato.

Tutt’altro che secondaria è poi la necessità di coordinamento della figura del Responsabile Unico del Progetto di partenariato con quella generale disciplinata dall’articolo 15, al fine di evitare incertezze in fase applicativa, garantendo una uniforme applicazione del procedimento di nomina del RUP.

Il nuovo Codice: pubblicato ad aprile ed in vigore dal 1° gennaio 2024?

Appuntamento, quindi, alla versione in Gazzetta Ufficiale del nuovo codice, al momento prevista nel mese di aprile, per verificare in quale misura i riferiti suggerimenti saranno stati raccolti, salvo che per la sua entrata in vigore il Parlamento è ipotizzabile un rinvio. Ancora una volta, infatti, il Parlamento suggerisce qualcosa al Governo: di valutare l’opportunità di differirla al 1° gennaio 2024, per consentire di effettuare, nelle more, i percorsi di qualificazione delle stazioni appaltanti anche aggregate, la formazione del personale, la digitalizzazione del sistema e, aggiungiamo noi, magari anche qualche ulteriore aggiustamento?

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Questo articolo è stato scritto da...

Stefano De Marinis
Avvocato, già vicepresidente FIEC
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.