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L’obbligo imposto alle SOA sulla sede legale nel territorio della Repubblica non è conforme ai principi del Trattato sulla libertà di stabilimento e sulla libera prestazione di servizi. La questione è stata rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

L’art. 64, co. 1, DPR 5 ottobre 2010 n. 207, prevede che, per le “società organismi di attestazione” (costituite nella forma delle società per azioni), “la sede legale deve essere nel territorio della Repubblica”. In tale previsione, la società ricorrente in I grado (ed il primo giudice) individuano una norma limitativa delle libertà di stabilimento e di concorrenza, di cui devono godere le imprese appartenenti a Paesi dell’Unione Europea nell’ambito del territorio dell’Unione. Questo Collegio, quindi, in ragione dei motivi dei ricorsi instaurativi dei giudizi di I grado, nonché dei conseguenti ricorsi in appello proposti dalle Amministrazioni, deve giudicare della legittimità della predetta norma regolamentare, anche in relazione a precise disposizioni del Trattato per il funzionamento dell’Unione Europea. Ed infatti: – per un verso, l’art. 49 del Trattato, relativo al “diritto di stabilimento”, vieta “restrizioni” alla libertà di stabilimento dei cittadini e delle imprese di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato, affermando espressamente che “la libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio”; – per altro verso, l’art. 56 vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione; – per altro verso ancora, l’art. 51 del Trattato esclude dall’applicazione di talune disposizioni (tra le quali il citato art. 49) le attività che, nell’ambito dello Stato, partecipano, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri. Occorre, dunque, comprendere (e per questo si rende necessario rimettere preliminarmente la questione interpretativa alla Corte di giustizia dell’Unione Europea), se il divieto di restrizioni di cui ai citati artt. 49 e 56 del Trattato possa riferirsi anche alle SOA. E ciò in quanto questi organismi, pur a fronte della loro natura giuridica (società per azioni) e la loro operatività sul libero mercato in regime di concorrenza, partecipano tuttavia dell’esercizio di pubblici poteri (in specie, certificativi) e sono pertanto sottoposti a controlli da parte delle Pubbliche Autorità competenti (e quindi potrebbe configurarsi, in relazione all’attività degli stessi, l’applicazione dell’esclusione dai divieti, prevista dal citato art. 51). Tanto premesso, il Collegio ritiene di dover rimettere alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale in ordine alla compatibilità dell’art. 64 DPR n. 207/2010 con gli articoli 49 e 56 Trattato di funzionamento dell’Unione Europea e con gli artt. 14 e 16 della direttiva 2006/123/CE, in particolare sottoponendo i seguenti quesiti: – se i principi del Trattato sulla libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) e sulla libera prestazione di servizi (art. 56 TFUE), nonché quelli di cui alla direttiva 2006/123/CE, ostino alla adozione ed applicazione di una normativa nazionale che sancisce che per le SOA, costituite nella forma delle società per azioni, “la sede legale deve essere nel territorio della Repubblica”; – se la deroga di cui all’art. 51 TFUE debba essere interpretata nel senso di ricomprendere una attività come quella di attestazione svolta da organismi di diritto privato, i quali: per un verso, devono essere costituiti nella forma delle società per azioni ed operano in un mercato concorrenziale; per altro verso, partecipano dell’esercizio di pubblici poteri e, per questo, sono sottoposti ad autorizzazione e a stringenti controlli da parte dell’Autorità di vigilanza.

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Avv. Giuseppe Morolla
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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