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In caso di RTI la misura minima del 40% richiesta in capo alla mandataria non può essere raggiunta attraverso l’incremento del quinto

La questione verte sull’interpretazione da darsi agli artt. 95, comma 2, d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e 3 d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, al fine di stabilire se il beneficio dell’aumento del 20% contemplato dalla seconda disposizione sia “spendibile” dall’impresa per dimostrare il possesso del requisito di partecipazione percentuale prescritto dalla prima, ovvero, in altre parole, se in relazione al precetto di cui all’art. 95 citato rilevi la classifica di iscrizione ovvero la capacità tecnica “aumentata” ai fini della qualificazione in concreto per la singola gara. L’art. 3, comma 2, del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 stabilisce che “la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggrupata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei avori a base di gara“. Sul piano letterale, la disposizione di cui all’art. 95, comma 2, facendo riferimento al possesso dei requisiti ivi previsti in una “misura minima” rapportata ai requisiti richiesti in capo alle imprese singole, sembra univocamente riferirsi alla soglia di qualificazione attinta attraverso la mera classifica d’iscrizione, e non già all’entità quantitativa dei lavori realizzabili attraverso il beneficio dell’aumento del quinto, di cui parimenti fruiscono anche le imprese partecipanti individualmente alla gara. Manca inoltre un dato testuale che, attraverso un richiamo dall’una all’altra disposizione, legittimi l’interprete ad integrare la portata dispositiva dell’una attraverso quella dell’altra.

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Avv. Giuseppe Morolla
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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