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Costituiscono condizioni, perché l’esclusione consegua alla condanna, la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale dimodochè, al fine di apprezzare il grado di moralità del singolo concorrente, in applicazione del principio comunitario di proporzionalità, assumono rilevanza la natura del reato ed il contenuto del contratto oggetto della gara

Sul tema della gravità per l’esclusione negli appalti pubblici va richiamato l’art. 38, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che, alla lettera c), parla di reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla “moralità professionale” e alla lettera i) tratta delle violazioni gravi in materia di contributi previdenziali e assistenziali, da intendersi per tali quelle “ostative” al rilascio del documento unico di regolarità contributiva. Laddove si applicasse in modo sostanzialmente automatico l’esclusione dalle gare di cui al citato art. 38, comma 1 del codice dei contratti, fuori dei casi previsti, ovvero a prescindere da ogni valutazione circa la gravità del comportamento colpevole del soggetto, il quadro ricostruttivo in tal modo delineato si porrebbe in contrasto con l’articolo 45, par. 2 della direttiva 2004/18/CE, secondo cui può essere escluso dalla partecipazione alla gara ogni operatore economico quando il reato “incida” sulla sua moralità professionale (lett. c) oppure quando “non sia in regola” con gli obblighi contributivi (lett. e). L’art. 38 del codice dei contratti va dunque letto nel senso che costituiscono condizioni, perché l’esclusione consegua alla condanna, la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale dimodochè, al fine di apprezzare il grado di moralità del singolo concorrente, in applicazione del principio comunitario di proporzionalità, assumono rilevanza la natura del reato ed il contenuto del contratto oggetto della gara, senza eccedere quanto è necessario a garantire l’interesse dell’amministrazione di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano l’adeguata moralità professionale, come ricorre nel caso di “falso innocuo” (Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2010, n. 3560).

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Avv. Giuseppe Morolla
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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