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È dei primi di maggio la sentenza n. 1223 a firma del TAR Lombardia Milano, con la quale richiamando e ricostruendo la questione “art. 95 co. 10 del d.lgs. 50/2016”, relativamente ai costi della manodopera e degli oneri di sicurezza aziendali, si focalizza l’attenzione sul problema interpretativo di stabilire se la mancata esplicitazione dei costi della manodopera integri di per sé una causa di esclusione, trattandosi di una lacuna relativa ad un elemento essenziale dell’offerta, a fronte della quale non è neppure attivabile il soccorso istruttorio, ovvero imponga alla stazione appaltante di procedere, in contraddittorio con l’operatore interessato, alla verifica della congruità dell’offerta, al fine di accertare se i costi della manodopera, pur non esplicitati, siano ab origine compresi nell’offerta economica presentata. Due orientamenti giurisprudenziali contrapposti, uno a favore della legittimità dell’automatica esclusione in dipendenza del fatto in sé della mancata indicazione separata di detti oneri, l’altro contrario all’automatismo espulsivo (cfr. sui due orientamenti si considerino Tar Lazio Roma, Sezione I Bis, 15 giugno 2017, n. 7042; Tar Campania Napoli, sez. VIII, 03 ottobre 2017, n. 4611). Il secondo orientamento è coerente con il quadro normativo interno e comunitario di riferimento, oltre che aderente ai più recenti approdi della giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E.. Il riferimento va alle ordinanze della Corte di giustizia dell’UE, 10 novembre 2016, C-140/16, C-697/15, C-162/16 10 novembre 2016, C-140/16, C-697/15, C-162/16, che, seppure in relazione al solo tema degli oneri della sicurezza aziendali e richiamando i principi già espressi dalla Corte con sentenza 2 giugno 2016, C-27/15, hanno escluso ogni automatismo espulsivo, prediligendo una logica sostanzialistica, in coerenza, del resto, con il più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa (si tratta di Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 19/2016 e n. 20/2016). La Corte di Giustizia si muove su principi quali: parità di trattamento; chiarezza della documentazione di gara e delle offerte; trasparenza. Si tratta di principi, che seppure riferiti alla disciplina degli oneri della sicurezza, si attagliano a quella, sostanzialmente coincidente, che l’art. 90, comma 5, del d.l.vo 2016 n. 50 dedica ai costi della manodopera, fermo restando che il giudice nazionale deve applicare il diritto interno interpretandolo in modo conforme al diritto comunitario (cfr. Corte di Giustizia, 13 novembre 1990, causa C 106/89; Corte di Giustizia, 23 aprile 2009, C-378/07 a C-380/07).

Nel caso trattato dal TAR Lombardia gli atti di gara, non esplicitano che l’esposizione dei costi della manodopera è pretesa a pena di esclusione, sicché l’applicazione dei principi fissati dalla Corte di Giustizia induce a ritenere che la ricorrente avrebbe dovuto essere posta in condizione di rimediare all’esclusione, palesando in sede procedimentale il valore dei costi della manodopera. Il Tar tiene a precisare che la soluzione non si traduce nella generale ed indiscriminata possibilità per i concorrenti di integrare o modificare sostanzialmente l’offerta dopo la sua presentazione, perché a ciò ostano proprio i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza valorizzati dalla giurisprudenza unitaria.

Aggiunge il Consiglio di Stato con la sentenza 2691 del 7 maggio che secondo la giurisprudenza consolidata (da ultimo, sez. V, 6 febbraio 2017, n. 501, ribadita da Sez. III, 25 novembre 2016, n. 4989, 2 marzo 2015, n. 1020; Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 854; Sez. V, 24 luglio 2014, n. 3937), nelle gare pubbliche i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da essi non legittima, di per sé, un giudizio di anomalia; ma solo l’avvio della procedura finalizzata alla verifica di congruità della singola offerta.

Anche il Consiglio di Stato con la pronuncia n. 2867 del 14 maggio si precisa che: se lo scostamento del costo del lavoro rispetto ai valori ricavabili dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, non può comportare, di regola e di per sé, un giudizio di inattendibilità – esso è, tuttavia, rivelatore di inattendibilità e anti-economicità se sia consistente e rilevante, riscontrandosi, cioè, una divergenza quantitativamente significativa. Nello stesso alveo interpretativo si colloca la costante giurisprudenza di questo Consiglio (richiamata anche nella sentenza appellata), della quale è sufficiente menzionare gli arresti successivi alla pubblicazione (25 ottobre 2017) della medesima sentenza e a loro volta contenenti richiami a ulteriori precedenti; e cioè:

  • per la sez. V, 7/02/2018, n. 811, secondo cui gli scostamenti del costo del lavoro rispetto ai valori medi delle tabelle ministeriali possono essere ritenuti anomali se eccessivi e tali da compromettere l’affidabilità dell’offerta; e 18/12/2017, n. 5939, per la quale “in sostanza devono considerarsi anormalmente basse solo le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva”;
  • per questa Sezione, 15/01/2018, n. 188, che riprende la stessa locuzione della sentenza n. 811/2018; e 13/03/2018, n. 1609, secondo cui “perché possa dubitarsi della (…) congruità” di un’offerta “occorre che le discordanze siano considerevoli e palesemente ingiustificate”. Alla stregua di tali principi, la sentenza n. 1609/2018 da ultimo citata non ha ad. es. ritenuto considerevole uno scostamento dello 0,80%.

Si inserisce nell’alveo di tali pronunce il TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 16/5/2018, n. 1011, il quale tiene a sottolineare l’importanza di una rigorosa e puntuale giustificazione relativamente ai diversi aspetti che compongono la voce di costo della manodopera. Il Tribunale è dell’avviso che per quanto le componenti del costo del lavoro indicate nelle tabelle ministeriali, di cui all’articolo 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016, esprimendo valori medi e non valori minimi inderogabili, possano teoricamente essere stimate in riduzione, nel caso di specie le giustificazioni addotte a sostegno dei contestati scostamenti in riduzione dalla società ricorrente in sede di gara non riescano, comunque, a garantire in modo certo, anche a fronte di quanto ulteriormente ribadito in atti, la congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità della relativa offerta, con la conseguenza che quest’ultima doveva essere per l’effetto esclusa. Rileva, infatti, a tal proposito come – per quanto dette tabelle ministeriali, poste alla base del calcolo del costo del lavoro eseguito dal ricorrente, identifichino il costo medio “nel costo orario lavorativo effettivamente gravante sul datore di lavoro, comprensivo dei costi di sostituzione per malattia, ferie, permessi, assenteismo, al netto degli oneri posti a carico degli istituti previdenziali” (in tal senso, T.A.R. Firenze, (Toscana), sez. I, 01/12/2015, n. 1656) – l’indicazione in sede di giustificazione di soltanto il 16% delle ore teoriche quali ore necessarie per coprire le assenza del personale (inferiore al 24% previsto nelle tabelle) e di un tasso di assenteismo per festività di solo 32 ore l’anno (piuttosto che di 96 ore, previste nelle medesime tabelle) nonché la mancata considerazione di alcun costo per le ore di formazione indicate in progetto non risultino essere sufficientemente giustificate dalla ricorrente mediante il generico riferimento a contingenze e proiezioni meramente ipotetiche, nonché lesive del diritto dei lavoratori al godimento delle festività nazionali. La giurisprudenza amministrativa ha, in tal senso, chiarito come lo scostamento, rispetto alle tabelle ministeriali, del costo del lavoro indicato dall’impresa partecipante alla gara d’appalto, per poter essere accettato dalla stazione appaltante ai fini del giudizio di congruità dell’offerta nel procedimento di verifica di anomalia, debba essere rigorosamente giustificato in relazione a ciascuno dei parametri di riferimento individuati in tali tabelle, ivi compreso il dato delle “ore annue mediamente lavorate” che, dunque, non solo “necessita per definizione di una stima prudenziale”, ma non può, in nessun caso, essere ridotto sulla base di mere dichiarazioni provenienti dalla società interessata, coinvolgendo tale dato eventi diversi, alcuni non suscettibili di oscillazione (ferie, festività, riduzione orario contrattuale) ed altri, invece, variabili ma pur sempre non rientranti nella disponibilità dell’impresa (assemblee e permessi sindacali, diritto allo studio, malattia, infortuni, maternità, formazione) – in tal senso, ex multis, T.A.R. Toscana, sez. I, n. 1656/2015, nonché T.A.R. Basilicata, sez. I, n. 511/2014.

Più drastica la posizione del TAR Calabria Catanzaro n. 1100 del 28 maggio che aderendo ad uno specifico orientamento giurisprudenziale e richiamando anch’esso la Corte di Giustizia UE 02/06/2016 C-27/15, ritiene doversi specificare separatamente costi e oneri senza che gli stessi possano essere altresì interessati dall’applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio; affermando altresì che non è invocabile alcuna scusabilità o regolarizzazione dell’omissione, trattandosi di una previsione (art. 95 co. 10 del Codice) di norma legislative chiara ed univoca circa il possesso di determinati requisiti di qualificazione. A tal proposito, pur nella consapevolezza di orientamenti, allo stato, non uniformi nella giurisprudenza amministrativa, il Collegio ritiene di dare seguito (cfr. TAR Calabria – Catanzaro, 6 febbraio 2018, n. 332; Id. 7 febbraio 2018, n. 337) alla ricostruzione che ritiene necessaria l’indicazione separata di tali costi e oneri e che in relazione ad essi non operi il soccorso istruttorio. Si tratta, infatti, di una norma imperativa di legge, non derogabile dal bando, che si inserisce direttamente nell’atto unilaterale amministrativo anche in presenza di clausole contrastanti difformi (in applicazione degli artt. 1339 e 1419 c.c., pacificamente applicabili all’atto amministrativo ex art. 1324 c.c. ovvero tramite il procedimento analogico). D’altro canto, trattandosi di requisiti dell’offerta economica, per essi non appare applicabile il soccorso istruttorio, espressamente escluso per tali requisiti dall’art. 85 comma 9 d.lgs. n. 50 del 2016, né può farsi riferimento alla tutela dell’affidamento del contraente alla luce del carattere imperativo della norma e dei requisiti professionali richiesti ad un operatore economico qualificato partecipante a una gara pubblica. La giurisprudenza, cui aderisce questo Tribunale, ritiene che il suddetto obbligo sussista anche in ipotesi di silenzio del bando, da ritenersi sul punto eterointegrato, con conseguente esclusione del concorrente silente, non potendosi ricorrere nemmeno al soccorso istruttorio – diversamente dal sistema previgente – trattandosi di indicazione costituente elemento essenziale dell’offerta (ex multis T.A.R. Campania – Napoli, Sez. II, 27 marzo 2018, n. 1952; T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. IV, 170 novembre 2017, n. 2688; T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. III, 31 luglio 2017, n. 1981; T.A.R. Umbria 17 maggio 2017, n. 390; T.A.R. Campania – Salerno, Sez. I, 5 gennaio 2017, n. 34; T.A.R. Calabria – Reggio Calabria 25 febbraio 2017, n. 166; Cons. Stato, Sez. V, ord. 15 dicembre 2016, n. 5582). Alla mancata indicazione degli oneri non può che conseguire l’esclusione del concorrente dalla gara, pur in assenza di una specifica disposizione nel bando. Il Collegio non intende discostarsi dall’indirizzo interpretativo invalso, secondo cui le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono essere tutte indicate nel bando di gara, e che solo in casi eccezionali ammette l’eterointegrazione della lex specialis con obblighi imposti da norme di legge, sul presupposto che l’enucleazione di cause di esclusione non conosciute o conoscibili dai concorrenti contrasta con i principi europei di certezza giuridica e di massima concorrenza. Al principio di tassatività delle cause di esclusione, sancito dall’art. 83, comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016, non può tuttavia attribuirsi valenza differente da quella che la giurisprudenza gli aveva assegnato nel vigore dell’art. 46 del d.lgs. 18 aprile 2006, n. 163, stante la sovrapponibilità testuale delle due disposizioni: l’esclusione dalla gara va pertanto disposta “sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione ma sempre nella logica del numerus clausus” (così Cons. Stato, Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9, la quale, rinviando alle proprie precedenti sentenze 16 ottobre 2013, n. 23, e 7 giugno 2012, n. 21, ribadisce la non necessità che la sanzione della esclusione sia espressamente prevista dalla norma di legge “allorquando sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un determinato adempimento ai partecipanti ad una gara”). E non pare discutibile che, a differenza del passato, l’obbligo di indicare gli oneri della sicurezza nell’ambito dell’offerta economica costituisca nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016 un precetto imperativo espressamente risultante dal diritto nazionale, e non da una sua interpretazione, ciò che rende l’esclusione dalla procedura coerente con i principi di proporzionalità, trasparenza, e parità di trattamento come declinati dalla giurisprudenza euro unitaria.

Da ultimo si segnala un parere della Regione Friuli Venezia Giulia 18/5/2018 n. 9356 che raccogliendo gli orientamenti giurisprudenziali vigenti, distingue  un orientamento, minoritario, per il quale lo scostamento dalle tabelle ministeriali costituisce un indicatore automatico di anomalia, o perlomeno un importante indice di anomalia dell’offerta, che dovrà comunque essere verificata attraverso un giudizio complessivo di rimuneratività. Detto filone sostiene, in particolare, che «il costo del lavoro è ritenuto indice di anomalia dell’offerta quando non risultino rispettati i livelli salariali che la normativa vigente – anche a base pattizia – rende obbligatori. Una determinazione complessiva dei costi basata su un costo del lavoro inferiore ai livelli economici minimi fissati normativamente (o in sede di contrattazione collettiva) per i lavoratori del settore può costituire, infatti, indice di inattendibilità economica dell’offerta e di lesione del principio della par condicio dei concorrenti ed è fonte di pregiudizio per le altre imprese partecipanti alla gara che abbiano correttamente valutato i costi delle retribuzioni da erogare». Pertanto, in base a detta impostazione, un’offerta che si discosti dai dati contenuti nelle tabelle ministeriali è ammissibile solo se lo scostamento è minimo e debitamente motivato in sede di verifica dell’anomalia.

A tale orientamento si contrappone quello maggioritario, che fonda il proprio convincimento sulla constatazione che le tabelle ministeriali riportano un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, cosicché i valori ivi contenuti rappresentano solo un parametro di congruità dell’offerta e non un limite inderogabile. L’indirizzo prevalente afferma, infatti, che «un’offerta non può ritenersi anomala ed essere esclusa da una gara per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata». Va, poi, segnalato che la giustizia amministrativa rileva che:

  • il costo del lavoro non è un costo standardizzato e uguale per tutte le imprese, potendo esso variare in relazione all’organizzazione del lavoro dell’impresa e all’efficienza della stessa;
  • una possibile differenza del costo del lavoro può essere concretamente giustificata dalle diverse e particolari situazioni aziendali e territoriali e dalla capacità organizzativa dell’impresa che possono rendere possibile, in determinati contesti particolarmente virtuosi, anche una riduzione dei costi del lavoro.
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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Croce
Avvocato specializzato in materia di diritto civile e amministrativo, esperto in materia di appalti pubblici
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