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Premessa

Il tema dell’accesso agli atti della procedura di gara, e si intende la possibilità di avere/visionare gli atti/documenti prodotti dall’appaltatore per partecipare (ed aggiudicarsi) la gara, è frequente oggetto di importanti pronunciamenti da parte del giudice amministrativo.

Pronunciamenti di rilievo visto che, spesso, esprimono delle statuizioni che rivestono una grande importanza per il lavoro del RUP quale soggetto tenuto a presidiare il procedimento amministrativo dell’accesso agli atti.

E’ evidente, pertanto, che una cognizione precisa delle varie implicazioni può rappresentare un utile momento di riflessione per il responsabile del procedimento per meglio gestire il frangente infraprocedimentale in modo che questo non penalizzi l’aggiudicazione e/o il momento civilistico dell’esecuzione del dell’appalto (e prima ancora la stessa stipula del contratto).

1. Accesso e impugnazione degli atti

Una importante riflessione, appunto, è stata di recente espressa dal Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 3127/2021.

Il giudice, per ciò che in questa sede interessa trattare, si pone il problema dei rapporti tra accesso e decorrenza dei termini per impugnare gli atti della procedura di gara.

La sentenza ritorna, e ne sottolinea la rilevanza, sulla delicata questione traendo spunto da quanto chiarito in sede di Adunanza Plenaria con la sentenza del 2 luglio 2020 n. 12.

La questione della decorrenza del termine di impugnazione degli atti di una procedura di gara per l’affidamento di un contratto di appalto risulta efficacemente chiarita dal pronunciamento ultimo citato che individua i momenti diversi di possibile conoscenza degli atti di gara da parte del diretto interessato (anche a proporre il ricorso). Conoscenza degli atti di gara che rappresenta il momento essenziale (una sorta di dies a quo) da cui decorrono i termini per l’impugnazione.

Ad ognuno di questi momenti – chirurgicamente individuati dall’Adunanza Plenaria -, corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione.

Ciò sulla base di una verità indubitabile per cui l’individuazione della decorrenza del termine per ricorrere (si legge nella sentenza) “continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una “richiesta scritta” per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, 2°comma, del “secondo codice” applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale”.

Più nel dettaglio, l’Adunanza plenaria individua, appunto chirurgicamente, i diversi “momenti” della decorrenza dei termini in parola:

1.  dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara – comprensiva anche dei verbali (ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentante) ai sensi dell’art. 29, comma 1, ultima parte, d.lgs. n. 50 del 2016;

2.  dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 d.lgs. n. 50 del 2016 ma solo a condizione che esse “consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri”, così da permettere la presentazione non solo dei motivi aggiunti ma anche del ricorso principale;

BOX: Una importante riflessione, appunto, è stata di recente espressa dal Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 3127/2021

Il giudice, per ciò che in questa sede interessa trattare, si pone il problema dei rapporti tra accesso e decorrenza dei termini per impugnare gli atti della procedura di gara.

3.  nel caso di proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara è prevista la dilazione temporale fino al momento in cui è consentito l’accesso se “i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

4.  dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara “purchè gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.

Pertanto, in rapporto all’accesso vale la puntualizzazione di cui al punto 3: se con l’istanza di accesso si potrebbero “recuperare” /acquisire quelle informazioni minime indispensabili per proporre il ricorso, il termine di impugnazione non può che decorrere considerando la dilazione temporale che consente l’accesso. 

Nel caso di specie, ma anche in termini generali (sempre dalla sentenza in commento), la dilazione temporale della quale il concorrente può giovarsi per proporre ricorso, se abbia proposto istanza di accesso, “è fissata in quindici giorni, in applicazione della regola posta dall’art. 76, comma 2 del codice dei contratti pubblici, e dipende dal tempo che la stazione impiega a consentire l’accesso solamente nel caso in cui l’amministrazione rifiuti l’accesso o impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, poiché, in tal caso, il termine per l’impugnazione comincia a decorrere solo da quando l’interessato abbia conosciuti gli atti”.

Da ciò deriva, conclude la sentenza che una volta avuta conoscenza del provvedimento di aggiudicazione, “in una delle diverse modalità possibili – ed anche attraverso le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara (non solo per aver avuto comunicazione ai sensi dell’art. 76, comma 5, del codice) – il concorrente (..) è tenuto nel termine di quarantacinque giorni a presentare istanza di accesso ai documenti e a proporre impugnazione, salvo l’ipotesi eccezionale di comportamento ostruzionistico tenuto dall’amministrazione”.

Naturalmente, più tempestiva sarà la presentazione dell’istanza di accesso del concorrente “una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale”.

Restando in ambito, è bene evidenziare che la giurisprudenza ha anche chiarito l’impossibilità di reiterare l’istanza di accesso in caso di mancata impugnazione del primo diniego.

In questo senso, sempre il Consiglio di Stato, sez. V con la sentenza n. 1779/2021 ha ribadito che “in materia di accesso la giurisprudenza ha affermato che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo debba riconoscersi carattere meramente confermativo del primo (Cons. Stato, Ad. plen., 20 aprile 2006, n. 7)”.

BOX: Naturalmente, più tempestiva sarà la presentazione dell’istanza di accesso del concorrente “una volta avuta conoscenza dell’aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale”

2. L’oggetto dell’accesso

Circa l’oggetto dell’accesso agli atti, nel caso del procedimento amministrativo contrattuale – a prescindere dai fini/scopi evidenti -, non può non evidenziarsi che la particolarità dei momenti (e della documentazione correlata) impone di distinguere, per semplificare, tra la richiesta di ostensione della c.d. documentazione amministrativa e la richiesta della documentazione tecnica (l’offerta vera e propria) a cui si deve aggiungere anche la “documentazione” che supporta/giustifica l’offerta tecnico/economico presentata.

Si allude, ovviamente, alle eventuali giustificazioni richieste e prodotte in caso di avvio del sub-procedimento di verifica della potenziale anomalia e/o anche al sub-procedimento di verifica facoltativa sulla congruità dell’offerta (art. 97, comma 6, secondo periodo, del Codice dei contratti). Non solo, alla distinzione in parola si aggiunge la questione ulteriore, ed oggi di rilevanza estrema, della possibilità di accedere agli atti afferenti l’esecuzione del contratto. Circostanza che intessa non tanto l’accesso agli atti procedimentale ma il c.d. accesso civico generalizzato di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 33/2013 e succ. modifiche.

Sotto il profilo pratico (e quindi sempre con riferimento all’impegnativo lavoro istruttorio del RUP) i momenti che maggiormente interessano hanno a che fare con la richiesta di accesso alla documentazione (latamente) tecnica e agli atti della fase esecutiva (questi ultimi, addirittura, esigibili anche da chi non ha un interesse vero e proprio).

Due momenti, pertanto, che si distinguono (si pensi all’accesso procedimentale ex art. 53 del Codice e ai sensi degli artt. 22 e segg. della legge 241/90) per (con metafora) l’intensità verticale della possibilità dell’ostensione, al netto dei limiti determinati dai segreti commerciali/tecnici di cui si dirà a breve, e il secondo (accesso civico generalizzato) caratterizzato dalla possibilità di essere richiesto erga omnes (e quindi anche da soggetti che nulla hanno a che vedere con il procedimento d‘appalto) caratterizzato, invece, da una intensità orizzontale considerato che, l’accesso civico generalizzato, si estende ad ogni dato/documento detenuto dalla pubblica amministrazione (al netto di limitatissime eccezioni).

Nelle due fattispecie, semplificando, cambiano totalmente le condizioni legittimanti la richiesta. Nel primo caso, accesso documentale ex art. 53 del Codice e art. 22 della legge 241/90, si impone la presenza di una posizione giuridica legittimata; nel secondo caso, l’accesso civico generalizzato si prescinde da ogni formalismo e quindi anche da una posizione giuridica del richiedente. Ciò in coerenza con lo scopo/natura dell’accesso civico generalizzato quale strumento che mira a consentire un controllo sociale sull’azione amministrativa e sulle modalità di spendita del denaro pubblico.   

Si tratta di due differenti approcci. Nel prosieguo si intende esaminare, in particolare, i rapporti tra c.d. accesso difensivo e i documenti tecnici dell’offerta (o quelli che supportano la serietà dell’impegno tecnico/economico).

BOX: Nelle due fattispecie, semplificando, cambiano totalmente le condizioni legittimanti la richiesta. Nel primo caso, accesso documentale ex art. 53 del Codice e art. 22 della legge 241/90, si impone la presenza di una posizione giuridica legittimata; nel secondo caso, l’accesso civico generalizzato si prescinde da ogni formalismo e quindi anche da una posizione giuridica del richiedente

3. L’accesso all’offerta tecnica (e/o documentazione tecnica)

Il “frangente” infra procedimentale che, sicuramente, impegna in modo intenso il RUP è la richiesta di ostensione, come detto, della documentazione tecnica dell’offerta e/o le (eventuali) giustificazioni prodotte dall’aggiudicatario per dimostrare la congruità/serietà/sostenibilità della propria offerta.

L’istanza in parola, in primo luogo, deve essere “condivisa” con i cc.dd. controinteressati. Ciò è quanto emerge (ed è imposto) nell’ambito dei principi generali dell’azione amministrativa come scolpiti nella legge 241/90.

Si allude, evidentemente, a quanto specificato nel comma 7 della legge sull’azione amministrativa. Non può sfuggire, al RUP, il fatto che in presenza di una istanza di accesso agli atti si è in un “frangente” che innesta un vero e proprio procedimento amministrativo (sia pure infra procedimentale nella procedura di aggiudicazione) e, quindi, come tale deve essere trattato.

In questo senso, il primo comma della norma appena citata puntualizza che “ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’ articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento”.

La richiesta di ostensione di atti della procedura d’appalto non può non avere effetti nei confronti dei potenziali destinatari del provvedimento finale. Si pensi, solamente alla differenza tra adottare l’aggiudicazione dell’appalto al caso contrario di non aggiudicare la commessa.

Pertanto, prima (ovvia) azione del RUP è quella, innanzi ad una richiesta di ostensione degli atti (e questo vale anche per la documentazione amministrativa anche se nel caso di specie insistono, in questo caso, minori problematiche istruttorie, stante anche l’ampia trasparenza che la P.A. deve assicurare sui propri atti ai sensi dell’articolo 29 del Codice dei contratti), di preavvisare i diretti (gli appaltatori) interessati.

Questo anche nel caso in cui la legge di gara prevedesse (come buona regola) la richiesta del consenso (o il diniego) anticipato alla eventuale richiesta di accesso agli atti. Clausola a cui, frequentemente, l’operatore economico oppone già il limite dei segreti tecnici/commerciali.   

Si ritiene che il contraddittorio debba essere attivato anche nel caso in cui l’operatore economico abbia già espresso – nella fase di partecipazione – un generale consenso.

Non si può non riflettere sul fatto che un conto è dare un consenso generale in fase di partecipazione altra questione è dare il consenso nel caso in cui l’operatore economico interessato abbia acquisito una posizione giuridica (potenziata) circa l’aggiudicazione dell’appalto (ad esempio per essere il primo in graduatoria).

4. La questione istruttoria principale

La questione istruttoria principale, in questo frangente procedimentale, è che il RUP è tenuto ad istruire/analizzare il riscontro (alla richiesta di accesso) del soggetto interessato.

L’obbligo di istruire/analizzare la risposta (soprattutto nel caso in questa sia negativa o con accesso limitato solo ad alcune parti) rappresenta uno degli aspetti di maggiore responsabilità: per intendersi il RUP non può “appiattirsi” sulla decisione del diretto interessato se non previa analisi e ragionamento sulla “bontà” /correttezza, ad esempio, di una risposta negativa.

Il responsabile del procedimento, quindi, è obbligato a verificare la fondatezza/correttezza delle ragioni che sostanziano una risposta negativa all’ostensione prodotta dal diretto interessato.

La giurisprudenza, frequentemente, ha avuto modo di analizzare l’approccio che il RUP deve ossequiare.

In tempi recentissimi, ad esempio – e ciò rappresenta uno dei casi più rilevanti ed impegnativi -, la giurisprudenza si è soffermata sulla corretta configurazione del “segreto tecnico/commerciale opposta dall’operatore (aggiudicatario) per “paralizzare” la richiesta di accesso all’offerta tecnica. Strumento, questo, d’altra parte, essenziale per l’operatore che non si ritenga convinto delle operazioni svolte dalla stazione appaltante e degli atti prodotti (offerta tecnica) da parte dell’aggiudicatario.

5. Rapporti tra offerta tecnica e “segreti tecnici/commerciali”        

La problematica dei rapporti, appunto, tra riservatezza (di dati contenuti nell’offerta tecnica e/o nella documentazione prodotta a seguito di verifica della potenziale anomalia dell’offerta) e la necessità dell’ostensione degli atti è stata affrontata, in modo efficace, con la recente sentenza del Tar Lazio, Roma, sez. I-quater, n. 9363/2021.

Oggetto della richiesta di ostensione, nel caso di specie e come di consueto, era sia l’offerta tecnica sia la documentazione/giustificazioni prodotte per evidenziare al congruità/sostenibilità della proposta tecnico/economica.

Il giudice puntualizza alcuni punti fermi nella materia dei rapporti tra accesso agli atti e riservatezza che costituiscono preziosa indicazione per il RUP.

In una prima riflessione/precisazione, attingendo anche da una precedente analisi dei rapporti tra accesso difensivo e segreto tecnico commerciale dello stesso giudice capitolino (sentenza n.8858/2021 del 22 luglio 2021), si chiarisce immediatamente che ad eccezione del caso in cui venga in considerazione la tutela della riservatezza o di dati personali delle persone fisiche, i segreti tecnici commerciali e il diritto d’accesso c.d. difensivo non sono affatto valori di pari dignità/valore.

Non sfugge all’attento giudice che la tutela della riservatezza (nel caso di specie la pretesa tutela di segreti tecnici/commerciali) ed il diritto di accesso appartengono a ranghi completamente diversi. 

Il segreto tecnico-commerciale trova tutela in fonti di rango primario (art.53 comma 6 d.lgs. 50/2016 – art.98 ss. Codice della proprietà industriale), mentre il diritto di accesso c.d. “difensivo” trova riconoscimento, oltre che in norme di legge primaria o (art. 22 ss. legge n. 241/90), direttamente nella Carta costituzionale (art. 24 Cost.) trovando pertanto una tutela costituzionalmente “rafforzata”.

Il bilanciamento dei rapporti/implicazioni tra riservatezza e accesso (nell’ambito degli appalti) trova un preciso chiarimento proprio nell’articolo 53 del Codice dei contratti, il cui comma 5, lett. a) prevede l’esclusione e il divieto di ogni forma di divulgazione delle “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.

Occorre però distinguere, puntualizza il giudice, tra il mero intento (scopo) divulgatorio dall’esigenza difensiva dell’operatore (che si reputasse danneggiato nel non avere acquisito l’aggiudicazione dell’appalto).

Nel caso in cui, quindi, il richiedente vantasse un interesse “difensivo”, il successivo comma 6 dello stesso art. 53 precisa prevede che “in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.

Deve esistere quindi un rapporto di necessità/collegamento tra gli atti e l’esigenza concreta di tutelarsi.

Il legislatore del Codice ha creato un sistema “autosufficiente” che non ha “falle”. Si pensi al caso in cui la semplice “obiezione” della presenza di segreti commerciali/tecnici avesse l’effetto di annullare il diritto di difesa.

Per ciò stesso, in chi nega l’ostensione dei propri atti anche sollevando la presenza di una esigenza superiore di tutela della riservatezza (alludendo alla presenza di segreti tecnici/commerciali) dovrà fornire la prova risultando insufficiente un diniego fondato su una motivazione stereotipata. Che il RUP, come detto, è tenuto a vagliare/verificare per avere conferma della ragionevolezza di tale opposizione.    

E nel momento in cui verifica la “bontà” tecnica del riscontro (negativo/oppositivo) – e quindi avvia l’istruttoria del procedimento amministrativo correlato -, non potrà discostarsi dalla definizione normativa contenuta “nel Codice della proprietà Industriale, di cui all’art 98 del d.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, che richiede, ai fini della tutela, che le informazioni aziendali e commerciali ed esperienze sulle applicazioni tecnico industriali rispondano a requisiti di segretezza e rilevanza economica e siano soggette, da parte del legittimo detentore, a misure di protezione ragionevolmente adeguate (Cons. Stato Sez. V, 07/01/2020, n. 64)”.

Ed il segreto tecnico/commerciale, conclude il giudice capitolino, ha una sua precisa configurazione visto che in esso non può essere ricompreso qualsiasi elemento di originalità dello schema tecnico del servizio offerto, “perché è del tutto fisiologico che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione, propri contatti commerciali, e idee differenti da applicare alle esigenze della clientela”.

La configurazione esatta, che legittima il diniego riguarda quindi solamente l’esistenza di segreti tecnici riconducibili alla normativa appena citata.

La semplice obiezione (presenza di segreti commerciali/tecnici) non determina, in pratica, l’immediata qualificazione di detti elementi in termini di segreto tecnico o commerciale. 

Detta qualificazione non può che essere riservata a quelle “elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico, che trovano applicazione in una serie indeterminata di appalti, e sono in grado di differenziare il valore del servizio offerto solo a condizione che i concorrenti non ne vengano mai a conoscenza (T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 24/02/2020, n. 270)”.

BOX: La prevalenza, sul diritto di riservatezza, è però temperato dalla serietà delle intenzioni dell’istante e quindi dalla sua volontà di proporre il ricorso (di impugnare gli atti). In questo senso, ad esempio il Tar Lombardia, Milano, sez. I, sentenza n. 745/2020.

6. Rapporti con il giudizio (ricorso)

La prevalenza, sul diritto di riservatezza, è però temperato dalla serietà delle intenzioni dell’istante e quindi dalla sua volontà di proporre il ricorso (di impugnare gli atti). In questo senso, ad esempio il Tar Lombardia, Milano, sez. I, sentenza n. 745/2020.

Il giudice lombardo, alla stregua di un preciso orientamento giurisprudenziale precisa che la tutela di un segreto industriale incontra “un limite in relazione agli interessi di un concorrente ad accedere agli atti della procedura necessari alla sua difesa in giudizio, essendo questi ultimi prevalenti su quello alla riservatezza dei partecipanti (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 20.4.2015, n. 963), ferma restando tuttavia la necessità di contemperare le opposte esigenze, consentendo pertanto unicamente la possibilità di visionare gli atti, senza diritto di estrarne copia (C.S., Sez. VI, 10.5.2019, n. 2313)”.

Ciò risulta chiaramente esplicitato dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, n. 5286/2021 in cui si legge che in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto. Si tratta, pertanto, di una ipotesi/fattispecie che subordina l’interesse ostensivo prevalente alla sussistenza di una correlazione strumentale tra l’accesso e la difesa in giudizio degli interessi che “innervano la posizione di concorrente nell’ambito di una procedura di affidamento, quale non può non trovare concreta ed attuale dimostrazione nella avvenuta instaurazione di un giudizio avverso gli atti lesivi di quella procedura”.

L’ambito classico, quindi, della dovuta ostensione è data dal caso in cui il ricorso avverso l’aggiudicazione sia già stato prodotto. Ma occorre anche dare “sostanza” all’ipotesi in cui, effettivamente, insista serietà nel proporre il ricorso.

Piuttosto chiaro l’ulteriore passaggio della sentenza in cui si precisa che “nella specifica materia de qua, il discrimine tra interesse emulativo/esplorativo, insufficiente a giustificare la deroga all’esigenza di protezione dei segreti tecnici e commerciali della concorrente incorporati nella documentazione relativa all’offerta tecnica, ed  interesse genuinamente difensivo, atto secundum legem a superare la suddetta barriera opposta dal legislatore al soddisfacimento dell’interesse ostensivo, coincide con l’avvenuta (o meno) instaurazione di un giudizio inerente agli atti della gara cui l’istanza di accesso si riferisce: conclusione che, ad avviso della Sezione, è coerente con la formulazione testuale della clausola derogatrice (art. 53, comma 6, d.lvo n. 50/2016”.

Ancora più chiaro quanto è stato statuito nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 5167/2020.

Nel decisum ultimo citato si precisa che dal combinato disposto delle disposizioni, sopra dette, dell’articolo 53 (comma 6), si evince la voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale che informa la disciplina dei contratti pubblici, di escludere dall’estensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta od anche delle giustificazioni dell’anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali od in genere gestionali proprie  dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed  acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che  concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza.

Il limite all’estensibilità è subordinato all’espressa “manifestazione di interesse” da parte dell’impresa interessata, cui incombe l’onere dell’allegazione di motivata e comprovata dichiarazione, mediante la quale sia dimostrata l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (nel caso di specie il riferimento è alla nota di TLS in data 14 ottobre 2019, recante l’opposizione alla richiesta di accesso).

Nondimeno, “la evidenziata causa di esclusione dall’accesso viene meno allorché il concorrente dimostri che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”. 

Per effetto di quanto, l’accesso è correlato alla sola esigenza di difesa in giudizio, previsione più restrittiva di quella, con portata generale, dell’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, che consente un ventaglio più ampio di possibilità di accesso (correlate alla dimostrazione che la conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, in una proiezione non necessariamente processuale).

Ne consegue che, al fine di esercitare, in un procedimento di gara per l’affidamento di contratti pubblici, il diritto di accesso riguardo ad informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da intendersi in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio (Cons. Stato, V, ord. 27 marzo 2020, n. 2150).

In definitiva il criterio normativo del bilanciamento dei contrapposti interessi, di cui all’art. 53, comma 6, richiede, da parte dell’istante, la prova dell’indispensabilità dei documenti ai quali è chiesto l’accesso, affinché possa difendersi in un determinato giudizio.

Il che equivale ad affermare che l’interesse difensivo all’accesso agli atti di gara va verificato in concreto (Cons. Stato, V, 30 luglio 2020, n. 5856).

BOX: Il limite all’estensibilità è subordinato all’espressa “manifestazione di interesse” da parte dell’impresa interessata, cui incombe l’onere dell’allegazione di motivata e comprovata dichiarazione, mediante la quale sia dimostrata l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (nel caso di specie il riferimento è alla nota di TLS in data 14 ottobre 2019, recante l’opposizione alla richiesta di accesso)

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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