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Introduzione

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, adottato con D.lgs. n. 36/2023, dedica alle procedure sotto-soglia gli articoli da 48 a 55.

Tale parte riproduce alcune disposizioni già contenute nel decreto Semplificazioni (Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76) e nel decreto Semplificazioni-bis (Decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77), dettate per il periodo emergenziale o in relazione agli interventi finanziati con le risorse del PNRR e del PNC, che ora sono estese indistintamente a tutti i contratti pubblici.

In particolare, le soglie per la l’affidamento diretto e per la procedura negoziata senza bando sono quasi del tutto corrispondenti a quelle indicate all’art. 1 del D.L. 76/2020.

Quanto all’abito di applicazione, le procedure sotto-sottosoglia si applicano agli appalti inferiori alle soglie comunitarie previste dall’articolo 14 del Codice, le quali, come da ultimo aggiornamento, in vigore dal 1° gennaio 2024, sono le seguenti:

– per i settori ordinari

  1. euro 5.538.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
  2. euro 143.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle stazioni appaltanti che sono autorità governative centrali indicate nell’allegato I alla direttiva 2014/24/UE; se gli appalti pubblici di forniture sono aggiudicati da stazioni appaltanti operanti nel settore della difesa, questa soglia si applica solo agli appalti concernenti i prodotti menzionati nell’allegato III alla direttiva 2014/24/UE;
  3. euro 221.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da stazioni appaltanti sub-centrali; questa soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, quando gli appalti concernono prodotti non menzionati nell’’allegato III alla direttiva 2014/24/UE;
  4. euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e assimilati elencati all’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE.

– per i settori speciali

  1. euro 5.538.000 per gli appalti di lavori;
  2. euro 443.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;
  3. euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e assimilati elencati nell’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE.

Le nuove soglie per i settori ordinari in vigore dal 1° gennaio 2024: 143.000 euro per forniture e servizi aggiudicati dalle autorità governative; 221.000 euro per forniture e di servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; 5.538.000 euro per lavori pubblici.

  1. Le procedure individuate dall’articolo 50 del D.lgs. n. 36/2023

L’articolo 50 individua le procedure che le Stazioni Appaltanti sono tenute a seguire per l’affidamento di contratti sotto-soglia comunitaria.

In particolare, è previsto l’affidamento diretto:

  • per appalti di lavori di importo inferiore a 150.000,00 €, anche senza previa consultazione di più operatori economici, assicurando che i soggetti scelti siano in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali;
  • per appalti di servizi e forniture di importo inferiore a 140.000,00 €, anche senza previa consultazione di più operatori economici, assicurando che i soggetti scelti siano in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Si procede invece con procedura negoziata senza bando:

  • per appalti di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro: previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici;
  • per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14: previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, salva la possibilità di ricorrere alle procedure di scelta del contraente di cui alla Parte IV del presente Libro, previa adeguata motivazione;
  • per appalti di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14 (Euro 215.000) previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici.

Per gli appalti di lavori superiori a 1 milione e inferiori alle soglie è prevista la procedura negoziata previa consultazione di 10 operatori, oppure la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie

  • Quando le stazioni appaltanti possono ricorrere comunque alle procedure ordinarie?

Come appena visto, la lettera d) del comma 1 dell’articolo 50 introduce la possibilità che per l’affidamento di lavori di importo pari o superiore ad 1 milione di euro, ma inferiore a 5.538.000 euro (soglia comunitaria), la stazione appaltante possa scegliere se procedere con la procedura negoziata previa consultazione di dieci operatori, oppure ricorrere alle procedure ordinarie.

Si tratta dunque di una scelta discrezionale della stazione appaltante, la quale deve essere adeguatamente motivata nella determina di indizione.

Il ricorso alle procedure ordinarie, in luogo di quelle più snelle previste per gli affidamenti sotto-soglia, è quindi espressamente ammesso dal nuovo Codice solamente per i lavori di importo pari o superiore ad un milione di euro, ma a questo punto emergono alcune domande:

  1. Alla luce del principio del risultato enunciato all’articolo 1 come si colloca l’ampiezza della discrezionalità dell’ente nello scegliere il tipo di procedura applicabile?
  2. In virtù di tali principi, la facoltà di scegliere la procedura da seguire è ammessa esclusivamente per i lavori di importo pari o superiore ad 1 milione di euro e inferiore alle soglie comunitarie, oppure anche per tutte le altre procedure?
  3. Esistono altri casi in cui è possibile ricorrere alle procedure ordinarie pur in presenza di importi inferiori alle soglie di rilevanza comunitaria?
  • Tra principio del risultato e principio di auto-organizzazione

La scelta della procedura da seguire per l’affidamento di un appalto pubblico incide sia sulla platea di concorrenti che può coinvolgere, con la conseguenza che più operatori economici partecipano, più offerte si avrà la possibilità di esaminare.

Tale scelta influisce tuttavia anche sulle tempistiche entro cui la procedura è in grado di concludersi e quindi sulla tempestività della conclusione dell’affidamento e della sua esecuzione.

Ne consegue che la decisione della Stazione Appaltante di adottare una procedura negoziata ovvero una procedura aperta coinvolge alcuni dei principi cardine dell’evidenza pubblica.

In particolare, anche alla luce della nuova formulazione dei principi contenuta nel D.lgs. n. 36/2023, i principi che orientano la scelta della Stazione Appaltante sulla procedura da intraprendere sono:

  • il principio del risultato
  • e il principio di auto-organizzazione.

Il principio del risultato è individuato dall’articolo 1 del nuovo Codice e richiama la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo che gli enti aggiudicatori possono ottenere, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Inoltre, il risultato costituisce attuazione del principio costituzionale del buon andamento e dei suoi principi corollari di efficacia, efficienza ed economicità.

Da tale previsione si evince come il risultato rappresenti dunque una sorta di evoluzione del principio del buon andamento.

Il risultato si inserisce ovviamente nel contesto della legalità e della concorrenza, ma il nuovo impianto codicistico ha lo scopo di precisare che legalità e concorrenza da sole non bastano, in quanto l’obiettivo principale rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività (cfr. comma 2: “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.”).

La lettera dell’articolo 1 sembra dunque porre il principio del risultato addirittura al di sopra della tutela della concorrenza.

Ed infatti, la stessa norma precisa che il principio del risultato “costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto” di cui dunque le stazioni appaltanti devono sempre tenere conto anche nel momento in cui esercitano il proprio potere discrezionale di scelta della procedura da seguire.

La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale.

Da una prima analisi del principio del risultato, sembrerebbe dunque opportuno propendere per una interpretazione dell’articolo 50 comma 1 lett. d) più restrittiva, con la conseguenza che la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie per gli appalti sotto-soglia dovrebbe ritenersi limitata ai lavori di importo superiore ad un milione di euro.

Ed infatti, dalla sola lettura dell’articolo 1 del Codice, l’obiettivo della stazione appaltante dovrebbe essere sempre quello di ottenere il risultato e quindi l’aggiudicazione nel modo più celere possibile.

Ebbene, la procedura ordinaria è senz’altro più macchinosa di una procedura negoziata previa consultazione, di conseguenza la facoltà ammessa per gli appalti di lavori superiori ad un milione di euro dovrebbe ritenersi possibile solo per questi affidamenti, restando preclusa per gli altri casi di affidamenti sotto-soglia.

Tuttavia, l’altro principio che viene in rilievo è il principio di auto organizzazione amministrativa degli enti pubblici, disciplinato dal nuovo Codice all’articolo 7, il quale al primo comma stabilisce che “Le pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso l’auto-produzione, l’esternalizzazione e la cooperazione nel rispetto della disciplina del codice e del diritto dell’Unione europea”.

L’articolo 7 recepisce il principio di auto-organizzazione amministrativa, sancito anche nell’art. 2 direttiva 2014/23/UE, in base al quale le pubbliche amministrazioni scelgono autonomamente di organizzare l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso il ricorso a tre modelli fra loro alternativi: a) auto-produzione, b) esternalizzazione; c) cooperazione con altre pubbliche amministrazioni.

Ne consegue che rientra nella piena discrezionalità del singolo ente decidere come allocare le proprie risorse, in base alle proprie specifiche esigenze.

Le pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi

Appare evidente che accordare alle stazioni appaltanti la piena autonomia nella propria organizzazione per l’esecuzione di lavori, forniture e servizi, significa garantire anche massima discrezionalità (seppure sempre nei limiti previsti dalla legge) nella individuazione delle procedure da utilizzare per la scelta del contraente.

  • I pareri del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione

Per dirimere la questione sull’ampiezza della discrezionalità spettante alle Stazioni Appaltanti nella scelta della procedura da seguire è necessario fare un passo indietro.

Ed infatti, già in costanza di applicazione del DL Semplificazioni, ci si era posti il problema del se le stazioni appaltanti potessero decidere di applicare le procedure ordinarie, in luogo di quelle semplificate; oppure se la disciplina dettata dal DL Semplificazioni, in quanto specifica, dovesse ritenersi preponderante e quindi non derogabile.

Già in quella sede, si era espresso il Ministero dei Trasporti (cfr. parere n. 735/2020), il quale, pur caldeggiando l’utilizzo delle procedure più snelle previste dal decreto, aveva affermato che, in conformità ai principi di cui all’articolo 30 del previgente Codice (principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza) non poteva ritenersi precluso il ricorso alle procedure ordinarie.

Il tema era stato affrontato anche dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 14 maggio 2021 n. 1536), la quale aveva rilevato che “non revocando o sospendendo la disciplina ordinaria, la norma in rilievo non ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche … di operare mediante la disciplina ordinaria dell’evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell’affidamento diretto. Quanto precede ha trovato, per altro, il conforto nelle osservazioni rese dell’ANAC in sede di parere reso in commissione al Senato prima della approvazione del testo di legge. Sul punto l’ANAC ha osservato, infatti che: “sebbene l’art. 1 del d.l. non abbia fatto salva la richiamata facoltà, la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’art. 30 induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno” (parere ANAC del 3 agosto 2020 parere reso in sede di approvazione al Senato).”.

Il TAR era giunto dunque alla conclusione che si trattasse di procedure tra loro alternative e che dunque le Stazioni Appaltanti potessero scegliere le procedure ordinarie in luogo di quelle semplificate, in base alle proprie specifiche esigenze.

D’altro canto, l’articolo 36 comma 2 del d.lgs. n. 50/2016 sanciva espressamente la possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere alle procedure ordinarie per tutti gli appalti sotto-soglia (e quindi senza limitazione agli appalti di lavori).

Il nuovo Codice invece, come visto, limita tale possibilità esclusivamente agli appalti di lavori superiori a 1 milione di euro, si tratta dunque di una posizione intermedia che si pone tra la possibilità di derogare sempre alle procedure semplificate in luogo di quelle ordinarie e quella di non poter attuare mai una deroga; tuttavia, tale specificazione non appare di chiarissima lettura.

ANAC sul nuovo Codice: in applicazione del principio di auto-organizzazione amministrativa alla stazione appaltante deve sempre consentito di ricorrere alle procedure ordinarie anche sotto soglia, qualora le caratteristiche del mercato di riferimento inducano a ritenere preferibile un ampio confronto concorrenziale

Sul punto si è espressa innanzitutto ANAC, la quale in fase di redazione del Codice (cfr. parere ANAC “Osservazioni di ANAC in relazione all’Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 19) ha rilevato che “la norma consente alla stazione appaltante di ricorrere alle procedure ordinarie nel solo caso di cui al comma 1, lett. d): procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno 10 operatori economici, ove esistenti, per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie comunitarie.

Si ritiene che, in applicazione del principio di auto-organizzazione amministrativa (esplicitato dall’articolo 7 dello schema di codice), alla stazione appaltante, nell’esercizio della sua discrezionalità, debba essere sempre consentito di ricorrere alle procedure ordinarie anche sotto soglia, qualora le caratteristiche del mercato di riferimento inducano a ritenere preferibile un ampio confronto concorrenziale e che sia, pertanto, opportuno prevedere la possibilità generalizzata di indire una procedura ordinaria (es. aperta) in luogo della procedura negoziata, qualora tale soluzione appaia la più idonea a soddisfare le esigenze dell’amministrazione”.

Da ultimo il MIT, di nuovo interpellato sul tema, con circolare del 20 novembre 2023 n. 298, ha affermato che “va ribadito che l’art. 48, comma 1, del Codice, sulla disciplina comune applicabile ai contratti sotto-soglia, richiama accanto al principio del risultato tutti i principi contenuti nel titolo I della Parte I del Primo Libro del Codice, tra cui rilevano, in particolare, il principio di accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità e il principio della fiducia, che valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici. Tale richiamo conferma che le procedure del sotto-soglia saranno interpretate ed applicate tenendo conto, al contempo, del principio del risultato, degli ulteriori principi del Titolo I, Parte I, Primo Libro del Codice e dei principi generali dell’ordinamento attraverso le prassi delle Amministrazioni pubbliche e la giurisprudenza. In considerazione di quanto esposto, si ribadisce che le disposizioni contenute nell’art. 50 del Codice vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla direttiva 2014/24/UE.”

Alla luce di quanto appena esposto, appare dunque evidente che il principio del risultato non vada interpretato con riferimento esclusivamente alla celerità dell’azione amministrativa (in questo caso la conclusione di una procedura di affidamento). Viceversa, la lettura fornita sia da ANAC che dal MIT lasciano intendere che l’ottenimento del risultato a cui le stazioni appaltanti devono propendere non può prescindere dalle proprie specifiche esigenze che possono essere anche ulteriori e diverse rispetto alla sola tempistica relativa alla conclusione della procedura e all’individuazione dell’aggiudicatario.

Il parere del MIT: le disposizioni contenute nell’art. 50 vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla direttiva 2014/24/UE

Si può dunque concludere sul punto rilevando che, alla luce delle autorevoli interpretazioni fornite, le Stazioni Appaltanti possono certamente applicare le procedure ordinarie per gli affidamenti di lavori superiori ad un milione di euro, ma anche negli altri casi in cui non è espressamente previsto.

Tuttavia, al fine di non incorrere in contestazione, seppure non espressamente richiesto dalla norma di riferimento, risulta preferibile in ogni caso motivare la scelta della procedura che si intende seguire, alla luce dei principi del risultato e di auto organizzazione. Evidenziando dunque quali sono gli aspetti che assicurano alla Stazione Appaltante una individuazione dell’affidatario coerente con le proprie specifiche esigenze.

  • Altri casi di applicazione delle procedure ordinarie nei sotto-soglia

In disparte, per completezza espositiva, vale la pena ricordare che l’articolo 48 del Codice precisa anche che in ogni caso, le procedure sotto-soglia non sono applicabili qualora un affidamento, seppure di valore inferiore alle suddette soglie, rivesta carattere transfrontaliero certo. È espressamente previsto dunque un ulteriore caso in cui, anche laddove l’importo dell’affidamento è inferiore alle soglie comunitarie, possa essere utilizzata una procedura ordinaria per l’individuazione dell’affidatario.

Articolo 48, comma 2: quando per uno dei contratti di cui al comma 1 la stazione appaltante accerta l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, segue le procedure ordinarie di cui alle Parti seguenti del presente Libro

In primo luogo, vale la pena precisare che in questo caso non si tratta di una mera facoltà della Stazione Appaltante, al contrario è fatto obbligo di seguire le procedure ordinarie in caso di presenza di un interesse transfrontaliero certo.

In secondo luogo, occorre però evidenziare che non è prevista una definizione normativa univoca di “interesse transfrontaliero certo”.

Secondo la Corte di Giustizia UE, “spetta in linea di principio all’amministrazione aggiudicatrice interessata valutare, prima di definire le condizioni del bando di appalto, l’eventuale interesse transfrontaliero di un appalto il cui valore stimato è inferiore alla soglia prevista dalle norme comunitarie, fermo restando che tale valutazione può essere oggetto di controllo giurisdizionale” (Corte di Giustizia, 15 maggio 2008, C. 147/06).

La Corte precisa, inoltre, che “una normativa può certamente stabilire, a livello nazionale o locale, criteri oggettivi che indichino l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo. Tali criteri potrebbero sostanziarsi, in particolare, nell’importo di una certa consistenza dell’appalto in questione, in combinazione con il luogo di esecuzione dei lavori. Si potrebbe altresì escludere l’esistenza di un tale interesse nel caso, ad esempio, di un valore economico molto limitato dell’appalto in questione” (cfr. sentenza 21 luglio 2005, causa C-231/03, Coname, Racc. pag. I-7287, punto 20).

Come detto, nel nostro ordinamento non è rinvenibile una specifica definizione dell’interesse transfrontaliero certo.

Ne consegue dunque che la Stazione Appaltante è tenuta, ogni volta, caso per caso, a verificare se in concreto sussistono elementi che possano portare imprese di altri paesi UE ad avere un interesse a partecipare alla gara. Per quanto riguarda i criteri oggettivi utili a rilevare l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, la Corte di Giustizia UE ha precisato che tali criteri potrebbero sostanziarsi, ad esempio, nell’importo di una certa consistenza dell’appalto in questione, in combinazione con il luogo di esecuzione dei lavori o, ancora, nelle caratteristiche tecniche dell’appalto e nelle caratteristiche specifiche dei prodotti in causa (cfr. sentenze del 15 maggio 2008, SECAP e Santorso, C‑147/06 e C‑148/06, EU:C:2008:277, sentenza del 16 aprile 2015, Enterprise Focused Solutions, C‑278/14, EU:C:2015:228).

A titolo esemplificativo quindi, un appalto di lavori può rivestire un interesse transfrontaliero:

  • in virtù dell’importo (ad esempio se molto vicino alla soglia di rilevanza);
  • in virtù della specifica tecnicità dei lavori da eseguire;
  • in virtù dell’ubicazione dei lavori da eseguire (ad esempio se previsti in luoghi di confine);
  • in virtù delle caratteristiche tecniche dell’appalto e del settore di riferimento (struttura e dimensioni del mercato, ad esempio se è possibile un’esecuzione completamente da remoto, come ad esempio gli appalti concernenti i software o prodotti informatici).

Appare evidente che non sempre può risultare semplice capire se ci si trova in un affidamento sotto-soglia avente interesse transfrontaliero; pertanto, è consigliabile che le Stazioni Appaltanti provvedano a pubblicare preventiva manifestazione di interesse rivolta agli operatore del settore, in modo tale da verificare se in concreto manifestano interesse anche operatori stranieri.

A seguito di questa preventiva consultazione del mercato transfrontaliero, in assenza di riscontri, l’Amministrazione potrà dunque proseguire la propria attività attraverso le procedure previste dal Codice, dando ovviamente atto nella determina a contrarre, dell’assenza di un interesse transfrontaliero a seguito della specifica verifica avvenuta tramite la consultazione preventiva del mercato di riferimento.

In questo modo risulterebbe infatti assicurata la piena di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, limitando la possibilità di incorrere in contestazioni.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Ilenia Paziani
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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