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Dopo circa 20 minuti di navigazione si giunge “dove giunge chi sogna”. Usò queste parole Giovanni Pascoli descrivendo il suo arrivo nella città in cui avrebbe insegnato Letteratura Latina. “A Messina ho passato i cinque anni migliori, più operosi, più lieti, più raccolti, più raggianti di visioni, più sonanti d’armonie della mia vita”, scrisse il poeta in una lettera indirizzata all’amico Ludovico Fulci. In quegli anni, siamo a cavallo tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, la città visse il suo massimo splendore: l’operosità delle botteghe artigiane, l’energica novità delle industrie, la vivacità del porto, assicuravano a Messina uno stato grazia che attirava importanti capitali stranieri. Il terremoto del 1908 che sterminò metà della popolazione mietendo circa 80mila vittime, segnò l’inizio di un rapido declino al quale ha fatto seguito un lento, lentissimo processo di rinascita mai completato. Messina non è mai definitivamente uscita fuori dal disastro che la rase al suolo. Quando gli edifici si sgretolarono, la vita proseguì nelle baracche. Solo dal 2019 è stato avviato un iter procedurale definito e, si spera, definitivo per lo sbaraccamento. 1700 famiglie vivono ancora in quelle baracche.  

Dopo i fasti dell’ottocento, le sofferenza dell’ultimo secolo che hanno portato questo centro così ricco e brioso sul fondo della classifica “Qualità della vita” stilato da IlSole24Ore. Messina non è sola. Nella graduatoria del 2023, le nove province siciliane sono racchiuse tra l’86esimo e il 106° posto.  

L’opportunità di riscatto per Messina può essere il ponte che la unirebbe al continente. Lungo tutto il secolo scorso, fino ai giorni nostri, il ponte sullo stretto è stato un costante argomento di discussione, un sogno ricorrente, un assillo. Acclamato a più riprese e altrettante volte ricusato. Progettato e accantonato. Ripensato e congelato ancora. Dopo tanto discutere, pare che sia giunto il momento per trasformare in realtà un sogno che risale all’epoca delle guerre puniche. I cantieri saranno avviati nell’estate del 2024. Termineranno nel 2032. Non ci sono più tracce di ipotetici coniugazioni al condizionale. Si offrono date certe. Il 15 febbraio scorso il progetto è stato definitivamente approvato. “Il ponte si farà e sarà un vanto per tutta l’Italia”, afferma il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini. Ma alle certezze di chi vuole, fortemente vuole, il ponte, si contrappone il “partito” dei detrattori. “Il ponte è un progetto sbagliato, anacronistico, dannoso e dispendioso”, afferma il coportavoce dei Verdi Angelo Bonelli in linea con la segretaria del Partito democratico Elly Shlein e con il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni.  

Ai telespettatori che osservano da casa la vicenda, comincia ad esser chiaro che la fattibilità del ponte non dipende da studi ingegneristici e architettonici, ambientali e sociologici, ma dal lato in cui si sta seduti in Parlamento. La destra vuole il ponte. La sinistra lo aborra. Ma un’opera pubblica non ha colori né simboli di partito. Non dovrebbe. Esiste una verità che sia universale? Che travalichi le fazioni, trascenda le opinioni e stabilisca sulla scorta di dati scientifici certi e certificabili che il ponte si può fare o non si può fare? Una gara d’appalto viene indetta per realizzare opere che vanno a colmare il vuoto generato da una determinata esigenza: la realizzazione di una strada, di una scuola, di un parco. Tutti d’accordo, abbiamo bisogno di una strada più sicura che colleghi quei due centri abitati, di una scuola in un quartiere di periferia, di un parco dove portare i bambini a giocare. Esigenze certe sulle quali nessuno ha di che contestare. Perché un’opera come il ponte sullo stretto è invece opinabile? Ogni tentativo di fare chiarezza, al contrario, crea ancora più confusione.  

Tra chi lo esalta e chi lo demolisce, dov’è la verità? E i siciliani cosa ne pensano? I messinesi come la vedono? Non sarebbe un’idea delirante conoscere il loro pensiero. Non sarebbe un folle vaneggiare l’ipotesi di un referendum. I Siciliani, il ponte, lo vogliono? È il quesito che come una pietra angolare si dovrebbe porre alla base di qualsiasi decisione.  

Il ponte unirà definitivamente la Sicilia al continente promettendo spostamenti più veloci. Un’opportunità di sviluppo sulla quale non ci dovrebbero essere dubbi. Dubbi che sorgono sulla fattibilità del ponte a campata unica più lungo del mondo in una zona ad alto rischio sismico e che si alimentano delle tante opere pubbliche di cui il Mezzogiorno e la Sicilia necessitano, forse, ancor prima del ponte. 

Si è diffusa l’immagine che il ponte sullo stretto è un ponte inusuale. Un ponte che divide invece di unire. Probabilmente proprio questa mancanza di univocità che coinvolge anche il mondo scientifico deve essere letta come un segnale e suggerire di desistere, almeno per ora, lasciando spazio e risorse ad appalti che potrebbero risultare più urgenti e fattibili per la stessa Messina che a oltre un secolo di distanza deve ancora del tutto rimarginare le ferite inferte dal terremoto del 1908 e consegnare a centinaia di famiglie una dimora dignitosa.   

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.