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Alcune operazioni finanziarie e societarie sono oggetto di una particolare attenzione, da parte del legislatore, per i possibili fenomeni di riciclaggio connesso ad attività di terrorismo ma anche – ed è questo il tema sul quale il presente contributo cercherà di concentrare principalmente l’attenzione – in relazione alle attività di riciclaggio di denaro da parte della criminalità organizzata, attività che costituisce una delle principali modalità di infiltrazione delle “imprese mafiose” all’interno del circuito dell’economia legale.

Più in particolare, di seguito si cercherà di esaminare le specifiche attività imprenditoriali che sembrano celare, in realtà, attività di riciclaggio nel settore degli appalti pubblici, ed un’attenzione specifica verrà rivolta agli adempimenti che le stazioni appaltanti sono tenute a compiere sia in termini di controllo, sia in relazione ai precisi obblighi di segnalazione dei fatti sospetti agli organismi preposti alla vigilanza.

Si cercherà in tal modo di mettere a fuoco alcune attività che possono essere sospette di riciclaggio ma che, più in generale, possono essere manifestazione delle modalità di inquinamento dell’economia legale da parte delle organizzazioni criminali o essere, in altri casi, manifestazione di fatti corruttivi penalmente sanzionati.

1) Le recenti indicazioni fornite dall’UIF della Banca d’Italia

L’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia istituita presso la Banca d’Italia[1] ha divulgato, con provvedimento del 23 aprile 2018[2], le proprie dettagliate “Istruzioni sulle comunicazioni di dati e informazioni concernenti le operazioni sospette da parte degli uffici delle pubbliche amministrazioni”, adottate in attuazione di quanto a sua volta disposto dal d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231[3].  

Le istruzioni UIF in esame si applicano, in particolare, agli uffici delle Pubbliche amministrazioni competenti allo svolgimento di compiti di amministrazione attiva o di controllo, nell’ambito:

a) dei procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti di autorizzazione o concessione;

b) delle procedure di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi secondo le disposizioni di cui al codice dei contratti pubblici;

c) dei procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere a persone fisiche ed enti pubblici e privati[4].

In tale contesto, di seguito si cercherà di esaminare in particolare – come già accennato – le attività che sembrano nascondere attività di riciclaggio nell’ambito dello specifico settore dei contratti pubblici di appalto e di concessione.

Va in primo luogo notato come, per quanto concerne il profilo soggettivo, le disposizioni adottate dall’UIF si applicano ai seguenti soggetti[5]:

  • amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165[6];
  • enti pubblici nazionali;
  • società partecipate dalle predette amministrazioni pubbliche e società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile[7];
  • soggetti preposti alla riscossione dei tributi nell’ambito della fiscalità nazionale o locale, quale che ne sia la forma giuridica.

La prima osservazione che si può delineare, a tale proposito, è che quello in esame costituisce un ambito soggettivo particolarmente pregnante ed esteso, basti pensare a come le disposizioni in esame si applicano anche a tutte le società che risultano partecipate da parte di amministrazioni pubbliche senza che sia previsto un minimo di “partecipazione pubblica” al capitale della partecipata che sia indispensabile a far scattare l’obbligo di segnalazione delle anomalie.

Peraltro, le disposizioni in esame non si applicano esclusivamente a soggetti che svolgono l’attività di committenza pubblica, poiché nel novero degli enti obbligati ad effettuare la segnalazione di operazione sospetta rientrano, come si è visto, anche i soggetti preposti alla riscossione dei tributi nell’ambito della fiscalità nazionale o locale.

L’antiriciclaggio mira a contrastare le infiltrazioni criminali nell’economia legale

Questa specifica e particolare estensione dell’ambito di applicazione delle disposizioni in esame appare peraltro riconducibile alla necessità di vigilare su tutti gli ambiti che possano evidenziare l’esistenza di operazioni di riciclaggio di denaro di provenienza illecita: ed infatti, al fine di consentire lo svolgimento di analisi finanziarie mirate a far emergere fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, i predetti soggetti sono tenuti a comunicare all’UIF i dati e le informazioni concernenti le operazioni sospette di cui vengano a conoscenza nell’esercizio della propria attività istituzionale. Dal proprio canto, la UIF è tenuta ad individuare con apposite istruzioni – come quelle oggetto di esame all’interno del presente contributo – i dati e le informazioni da trasmettere nonché le modalità e i termini della relativa comunicazione e gli indicatori per agevolare la rilevazione delle operazioni sospette[8].

Dalla formulazione letterale della norma sembra emergere – come meglio si vedrà anche di seguito – che quello posto in capo ai soggetti individuati dalla norma costituisce un vero e proprio obbligo, posto che he l’inosservanza delle norme in esame assume rilievo ai fini dell’articolo 21, comma 1-bis del d.lgs. n. 165/2001[9] in tema di responsabilità dirigenziale: ne consegue che, al dirigente nei confronti del quale sia stata accertata una colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione, la retribuzione del dirigente di risultato potrà essere decurtata di una quota fino all’ottanta per cento.

È poi importante sottolineare che gli enti tenuti all’applicazione della norma sono tenuti ad adottare procedure interne, proporzionate alle proprie dimensioni organizzative e operative, idonee a valutare il livello di esposizione dei propri uffici al rischio e indicano le misure necessarie a mitigarlo[10]. I medesimi soggetti adottano, nel quadro dei programmi di formazione continua del personale, le misure idonee ad assicurare il riconoscimento, da parte dei propri dipendenti delle fattispecie meritevoli di essere comunicate alla UIF[11].

2) L’obbligo di segnalazione

I soggetti tenuti a comunicare all’UIF i dati e le informazioni concernenti le operazioni sospette effettuano la comunicazione a prescindere dalla rilevanza e dall’importo dell’operazione sospetta: ciò comporta che l’obbligo di segnalazione dovrà trovare applicazione anche in presenza di operazioni che abbiano ad oggetto importi modesti, in quanto ciò che rileva è l’anomalia, di per sé, della singola e specifica operazione, che peraltro potrebbe costituire soltanto un segmento ‒ frazionato ‒ di una più complessa ed estesa attività di riciclaggio.

Il sospetto dei soggetti obbligati ad effettuare la segnalazione deve essere basato su una compiuta valutazione degli elementi oggettivi e soggettivi acquisiti nell’ambito dell’attività istituzionale da essi correntemente svolta: si tratta dunque, a ben vedere, di un’attività vincolata nell’an, ma che presuppone in ogni caso, a monte, un’inevitabile attività di valutazione sul quomodo dell’operazione e comporta, quindi, una inevitabile cernita e selezione dei fatti da effettivamente segnalare all’UIF. La comunicazione di dati e informazioni concernenti le operazioni sospette costituisce, inoltre, un atto separato e distinto rispetto alla necessaria denuncia all’Autorità Giudiziaria dei fatti penalmente rilevanti, denuncia che continua a rimanere obbligatoria, per la stazione appaltante, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 331 del codice di procedura penale e di cui all’articolo 361 del codice penale.

Le istruzioni UIF precisano che le pubbliche amministrazioni assicurano la massima riservatezza dell’identità delle persone che effettuano la comunicazione e del contenuto della medesima: si tratta di un obbligo volto a tutelare non soltanto il dipendente che effettua la segnalazione – per il quale vige già, in via generale, la disciplina dettata in tema di whistleblowing[12]  – ma finalizzato anche a proteggere la necessaria segretezza delle indagini, anche di ordine penale, nel corso del relativo svolgimento. Le pubbliche amministrazioni sono quindi tenute ad individuare ‒ mediante l’adozione di un formale provvedimento interno di carattere organizzativo ‒ lo specifico soggetto delegato a valutare le operazioni sospette di anomalia e ad effettuare le comunicazioni alla UIF, in quanto tale soggetto costituirà l’unico interlocutore al quale competeranno le comunicazioni ma anche le relative valutazioni istruttorie.

3) Le anomalie

Gli indicatori di anomalia previsti all’interno delle istruzioni divulgate dall’UIF sono esplicitamente finalizzati a ridurre i possibili margini di incertezza insita nelle valutazioni soggettive che presuppongono la stessa attività di segnalazione delle operazioni sospette. Come accennato, infatti, l’atto di segnalazione costituisce un atto vincolato nell’an debeatur – la stazione appaltante, una volta appurata l’esistenza di un’operazione sospetta, deve necessariamente procedere all’invio della comunicazione all’UIF – ma che, a monte, presuppone una preventiva analisi dei contenuti dell’operazione sospetta, per valutarne (alla luce del quomodo relativo allo svolgimento dell’attività esaminata) anche il carattere di operazione realmente significativa. Tale valutazione coinvolge così il tema – non pienamente affrontato all’interno delle istruzioni rilasciate dall’UIF – della necessaria motivazione dell’atto di segnalazione, motivazione sempre indispensabile ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3 della legge n. 241/1990.

Il provvedimento dell’UIF evidenzia, peraltro, come l’elencazione degli indicatori di anomalia in esso contenuta non deve essere considerata come esaustiva, tenuto conto anche della continua evoluzione delle modalità di svolgimento delle operazioni: tale precisazione tiene opportunamente conto delle molteplici modalità di riciclaggio alle quali le organizzazioni criminali possono sempre ricorrere alla luce della quotidiana evoluzione della tecnologia e delle opportunità offerte dal web. Si pensi, ad esempio, alla nuova frontiera delle “criptovalute”: la relazione annuale sull’attività svolta dell’UIF nel corso del 2017 aveva già messo in evidenza come la criminalità organizzata sempre più spesso ricorre alle “valute virtuali” per il reinserimento dei proventi illeciti “nell’economia regolamentata” ed aveva rilevato come tali valute “si prestano anche a utilizzi illeciti o criminali, oltre ad esporre gli utenti a notevoli rischi di frode e perdite di valore”. Nel 2017 sono dunque emerse oltre 200 segnalazioni di operazioni sospette riferite proprio all’utilizzo di criptovalute (“circa 600 negli ultimi anni”) e, in diversi casi, sono state chiaramente individuate le connessioni con estorsioni on line, truffe e schemi piramidali, che hanno anche innescato rilevanti attività investigative. In alcune situazioni, il ricorso alle criptovalute si inserisce in operazioni complesse, con probabili collegamenti con la criminalità organizzata oppure con connessioni con paradisi fiscali e, in diversi casi, è emersa la presenza di “collettori” che ricevono i fondi destinati alla conversione del denaro in valute virtuali mediante bonifici dall’estero oppure con ricariche di carte prepagate o con altre operazioni, ancorché di importo singolarmente contenuto[13].

Le istruzioni dell’UIF contengono l’elenco delle “operazioni sospette”

Le istruzioni UIF in commento precisano, per converso, che l’impossibilità di ricondurre operazioni o comportamenti a uno o più degli indicatori in esse riportati non è di per sé sufficiente a escludere che l’operazione sia sospetta e vanno pertanto valutati con la massima attenzione anche gli ulteriori comportamenti e le caratteristiche dell’operazione che, sebbene non descritti negli indicatori, siano egualmente sintomatici di profili di sospetto. Ciò equivale a sottolineare come gli indicatori prospettati dall’UIF devono essere considerati come una casistica delle possibili operazioni sospette, ma che gli esempi contenuti nelle istruzioni in esame non possono essere considerati come esaustivi. A tale proposito va quindi nuovamente sottolineata la necessità e l’importanza che, in sede di segnalazione, le stazioni appaltanti abbiano cura di esprimere una adeguata motivazione delle ragioni, in fatto ed in diritto, che hanno concotto alla segnalazione. Nel contempo, la mera ricorrenza di operazioni o comportamenti descritti in uno o più indicatori di anomalia non è motivo di per sé sufficiente per la qualificazione dell’operazione come sospetta ma è comunque necessario svolgere una specifica analisi, nel concreto, e una valutazione complessiva, avvalendosi di tutte le altre informazioni disponibili: sembra quindi trattarsi di una presunzione semplice di anomalia – una presunzione iuris tantum – che richiede, da parte della stessa stazione appaltante, quella valutazione preliminare all’invio della segnalazione alla quale si è già poc’anzi accennato.

La struttura delle istruzioni UIF in esame è distinta in due parti, nella misura in cui in esso si prevede che le pubbliche amministrazioni – tenuto conto dell’attività istituzionale da esse in concreto svolta – sono tenute ad applicare:

  • gli indicatori di carattere generale;
  • gli indicatori specifici dettati dall’UIF per le diverse tipologia attività, tra le quali rientra anche il settore degli appalti pubblici.

Le comunicazioni sono effettate “senza ritardo” alla UIF in via telematica, attraverso il portale INFOSTAT-UIF della Banca d’Italia, con precisazione che, per le segnalazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, le modalità per l’adesione al sistema di comunicazione on line e per la trasmissione delle informazioni saranno indicate in un apposito comunicato che verrà successivamente pubblicato nel sito internet della medesima UIF.

4) Gli indicatori specifici per il settore dei contratti pubblici

Alcuni dei più rilevanti indicatori specifici per il settore degli appalti previsti all’interno del provvedimento UIF in esame sono, in particolare, i seguenti:

  • Partecipazione a gara per la realizzazione di lavori pubblici, specie se non programmati, in assenza dei necessari requisiti (soggettivi, economici, tecnico-realizzativi, organizzativi e gestionali) con apporto di rilevanti mezzi finanziari privati, specie se di incerta provenienza o non compatibili con il profilo economico-patrimoniale dell’impresa, ovvero con una forte disponibilità di anticipazioni finanziarie: si pensi, in particolare, alla realizzazione dei contratti con la formula del project financing che prevedono di per sé il ricorso a capitali privati e richiedono la disponibilità di anticipazioni finanziarie e che, in caso di project ad iniziativa privata di cui all’art. 183, comma 15 d.lgs. n. 50/2016, hanno ad oggetto proprio la realizzazione di contratti non inseriti nell’attività programmatoria dell’Amministrazione pubblica;
  • Partecipazione a procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi e forniture:

a) in assenza di qualsivoglia convenienza economica all’esecuzione del contratto, anche con riferimento alla dimensione aziendale e alla località di svolgimento della prestazione: si pensi, ad esempio, agli appalti per il quali vengono presentate offerte con un utile pari a zero, di per sé non illegittimo ma che possono comunque costituire il segnale di un possibile interesse ad eseguire la commessa non per perseguire la legittima aspettativa di un giusto corrispettivo;

b) da parte di un raggruppamento temporaneo di imprese costituito da un numero di partecipanti del tutto sproporzionato in relazione al valore economico e alle prestazioni oggetto del contratto, specie se il singolo partecipante è a sua volta riunito, raggruppato o consorziato: si pensi al fenomeno ‒ anche in questo caso formalmente legittimo – ‒ei raggruppamenti sovrabbondanti, censurato a suo tempo dall’Autorità Garante della Concorrenza sul Mercato[14] ma considerato legittimo da parte della consolidata giurisprudenza amministrativa[15];

c) da parte di una rete di imprese il cui programma comune non contempla tale partecipazione tra i propri scopi strategici[16];

d) mediante ricorso al meccanismo dell’avvalimento plurimo o frazionato, ai fini del raggiungimento della qualificazione richiesta per l’aggiudicazione della gara, qualora il concorrente non dimostri l’effettiva disponibilità dei mezzi facenti capo all’impresa avvalsa, necessari all’esecuzione dell’appalto, ovvero qualora dal contratto di avvalimento o da altri elementi assunti nel corso del procedimento se ne desuma l’eccessiva onerosità ovvero l’irragionevolezza: occorre tuttavia sottolineare, a tale proposito, che le stazioni appaltanti hanno il preciso dovere di eseguire, in corso d’esecuzione, le verifiche sostanziali circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell’avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria nonché l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto. A tal fine il responsabile unico del procedimento accerta in corso d’opera che le prestazioni oggetto di contratto sono svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell’impresa ausiliaria che il titolare del contratto utilizza in adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento. La stazione appaltante trasmette inoltre all’Autorità Anticorruzione tutte le dichiarazioni di avvalimento, indicandone l’aggiudicatario, per l’esercizio della vigilanza e per la necessaria pubblicità, pena la risoluzione del contratto d’appalto[17];

e) da parte di soggetti che, nel corso dell’espletamento della gara, ovvero della successiva esecuzione, realizzano operazioni di cessione, affitto di azienda o di un suo ramo ovvero di trasformazione, fusione o scissione della società, prive di giustificazione: la previsione è, in tal caso, particolarmente pregnante, nella misura in cui impone, indirettamente, alle imprese di fornire una giustificazione all’attuazione di istituti giuridici nei quali si esplica, in linea teorica, la loro incondizionata “libertà di impresa” tutelata anche costituzionalmente; sarà quindi molto delicato, in tali ipotesi, il concreto esercizio del potere-dovere di valutazione richiesto dalla norma in capo alla stazione appaltante;

  • Presentazione di offerta:

a) con un ribasso sull’importo a base di gara particolarmente elevato nei casi in cui sia stabilito un criterio di aggiudicazione al prezzo più basso; le istruzioni non indicano una specifica percentuale di ribasso che faccia presumere l’operazione come indice di possibile riciclaggio, ma la disposizione va letta in combinato disposto con l’art. 97, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016, ai sensi del quale la stazione appaltante può in ogni caso valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa;

b) che risulta anormalmente bassa sulla base degli elementi specifici acquisiti dalla stazione appaltante, specie se il contratto è caratterizzato da complessità elevata: non è chiaro, sotto tale profilo, se le offerte valutate come anomale da parte della stazione appaltante, debbano essere sempre e necessariamente segnalate all’UIF;

Le stazioni appaltanti hanno l’obbligo di segnalare le operazioni sospette di riciclaggio

  • Presentazione di una sola offerta da parte del medesimo soggetto nell’ambito di procedure di gara che prevedono:

a) tempi ristretti di presentazione delle offerte: il sospetto, in questo caso, è piuttosto quello di una possibile collusione tra la stessa stazione appaltante e l’unico concorrente partecipante alla gara, il quale potrebbe aver goduto, a tali fini, di informazioni privilegiate indispensabili a consentirgli l’effettiva partecipazione alla gara, in tempi ristretti;

b) requisiti di partecipazione particolarmente stringenti: il sospetto, anche in questo caso, concerne possibili forme collusive tra l’amministrazione ed il concorrente sino a giungere al possibile configurarsi del fenomeno dei “bandi fotografia” di cui all’art. 353-bis del codice penale;

c) costo della documentazione di gara sproporzionato rispetto all’importo del contratto, specie se il bando di gara è stato modificato durante il periodo di pubblicazione, ovverosia soprattutto nei casi in cui il limite all’accesso, costituito dalla necessità di acquisire la documentazione di gara, sia stato raddoppiato, nel corso della procedura, a causa della modifica della medesima documentazione e della conseguente necessità, per i concorrenti, di riacquisirne nuovamente la disponibilità, sostenendone per due volte i costi; la disposizione va tuttavia letta anche alla luce di quanto attualmente disposto all’art. 40 del codice dei contratti pubblici in tema di obbligo di uso dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento di procedure di aggiudicazione;

  • Ripetuti affidamenti a un medesimo soggetto, non giustificati dalla necessità di evitare soluzioni di continuità di un servizio nelle more della indizione ovvero del completamento della procedura di gara; anche in questo caso il sospetto sembra derivare, soprattutto, da possibili forme di accordi collusivi tra la PA e l’aggiudicatario, risultato beneficiario di proroghe e rinnovi ripetuti nel tempo;
  • Ripetute aggiudicazioni a un medesimo soggetto, in assenza di giustificazione, specie se in un breve arco temporale, per contratti di importo elevato e mediante affidamenti diretti o con procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, oppure a seguito di procedura a evidenza pubblica precedentemente revocata;
  • Contratto aggiudicato previo frazionamento in lotti non giustificato in relazione alla loro funzionalità, possibilità tecnica o convenienza economica: la disposizione è interessante in quanto ‒ in controtendenza con l’obbligo generale, di derivazione europea, di suddividere l’appalto in lotti ‒ pone in evidenza i rischi connessi ad una simile suddivisione allorché a stessa sia finalizzata a consentire affidamenti frazionati in violazione, ad esempio, delle disposizioni vigenti per le procedure ordinarie;
  • Modifiche delle condizioni contrattuali in fase di esecuzione, consistenti in:

a) variazione delle prestazioni originarie; si tratta di una violazione del generale divieto di rinegoziazione del contratto pubblico;

b) allungamento dei termini di ultimazione dei lavori, servizi o forniture; la disposizione sembrerebbe applicarsi, peraltro, a qualunque estensione dei termini di esecuzione contrattuale, anche se tale modifica non comporti oneri economici aggiuntivi a carico della stazione appaltante;

c) rinnovi o proroghe, al di fuori dei casi normativamente previsti;

d) significativo incremento dell’importo contrattuale, con ciòdovendosi intendere, verosimilmente, l’estensione del contratto al di là dell’istituto del c.d. quinto d’obbligo di cui all’art. 106, comma 12 del d.lgs. n. 50/2016;

  • Ricorso al subappalto:

a) oltre la quota parte subappaltabile;

b) in assenza di preventiva indicazione in sede di offerta;

c) senza il necessario deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante o della documentazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di legge.

Si tratta, in sostanza, di fattispecie che si vanno ad aggiungere all’illecito penale del subappalto non autorizzato, previsto e punito all’art. 21, comma 1, della legge 13 settembre 1982, n. 646, i cui effetti sono stati di recente ampliati con l’adozione delle nuove misure in tema di sicurezza contenute all’interno del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 s.m.i.;

  • Cessioni di crediti derivanti dall’esecuzione del contratto, effettuate:

a) nei confronti di soggetti diversi da banche e da intermediari finanziari aventi nell’oggetto sociale l’esercizio dell’attività di acquisto dei crediti;

b) senza l’osservanza delle prescrizioni di forma e di previa notifica della cessione, fatta salva la preventiva accettazione, da parte della stazione appaltante, contestuale alla stipula del contratto.

Anche in tali ipotesi è utile sottolineare che non si tratta di operazioni di per sé vietate, ma che vanno “attenzionate” in quanto le concrete modalità mediante le quali esse vengono realizzate possono essere idonee a destare il sospetto di riciclaggio;

  • Previsione, nei contratti di concessione o finanza di progetto di importo superiore alle soglie comunitarie, di un termine di realizzazione di lunga durata, soprattutto se superiore a 4 anni, a fronte anche delle anticipazioni finanziarie effettuate dal concessionario o promotore: in queste ipotesi, invero, il possibile sospetto è destato dall’ingenza delle anticipazioni che possano essere disposte dal concessionario a fronte di un periodo di recupero (pari alla durata del contratto) superiore a quattro anni; si tratta, invero, della generalità delle ipotesi dei contratti di concessione e di project stipulati dalle pubbliche amministrazioni, posto che, di norma, il periodo di gestione contrattuale necessario a recuperare i costi di investimento non è mai di breve o brevissima durata;
  • Esecuzione delle attività affidate al “contraente generale” direttamente o per mezzo di soggetti terzi in assenza di adeguata esperienza, qualificazione, capacità organizzativa tecnico-realizzativa e finanziaria: è importante sottolineare, a tale proposito, che l’attuale formulazione del codice dei contratti ha significativamente previsto che per gli appalti pubblici di lavori, aggiudicati con la formula del contraente generale, è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un albo nazionale obbligatorio dei soggetti che possono ricoprire rispettivamente i ruoli di direttore dei lavori e di collaudatore. La relativa nomina nelle procedure di appalto avviene mediante pubblico sorteggio effettuato all’interno di una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno triplo per ciascun ruolo da ricoprire[18].

Il provvedimento dell’UIF rappresenta una “mappa” delle possibili modalità di riciclaggio negli appalti pubblici

5) Altre anomalie

Da ultimo, le istruzioni divulgate dell’UIF concentrano l’attenzione su ulteriori aspetti ritenuti rilevanti per l’esecuzione degli appalti pubblici, tra i quali vanno ricordati, in particolare, i seguenti:

  • Indicatori di anomalia connessi    con l’identità o il comportamento del soggetto cui è riferita l’operazione, in quanto il soggetto cui è riferita l’operazione sospetta:
    • risiede in una zona o un territorio notoriamente considerati a rischio, in ragione tra l’altro dell’elevato grado di infiltrazione criminale, di economia sommersa o di degrado economico-istituzionale;
    • risulta collegato, direttamente o indirettamente, con soggetti sottoposti a procedimenti penali o a misure di prevenzione patrimoniale e richiede ovvero effettua operazioni di significativo ammontare con modalità inusuali, in assenza di plausibili ragioni;
    • è notoriamente contiguo (ad esempio, familiare, convivente, associato) ovvero opera per conto di persone sottoposte a procedimenti penali o a misure di prevenzione patrimoniale o ad altri provvedimenti di sequestro;
    • è un’impresa, specie se costituita di recente, partecipata da soci ovvero con amministratori di cui è nota la sottoposizione a procedimenti penali o a misure di prevenzione;
    • intrattiene rilevanti rapporti finanziari con fondazioni, associazioni, altre organizzazioni non profit ovvero organizzazioni non governative, riconducibili a persone sottoposte a procedimenti penali o a misure di prevenzione patrimoniale o a provvedimenti di sequestro;
    • risulta collegato con organizzazioni non profit ovvero con organizzazioni non governative che presentano tra loro connessioni non giustificate, quali ad esempio la condivisione dell’indirizzo, dei rappresentanti o del personale, ovvero la titolarità di molteplici rapporti riconducibili a nominativi ricorrenti;
    • risulta caratterizzato da assetti proprietari, manageriali e di controllo artificiosamente complessi od opachi e richiede ovvero effettua operazioni di significativo ammontare con modalità inusuali, in assenza di plausibili ragioni;
    • è caratterizzato da strutture societarie opache (desumibili, ad esempio, da visure nei registri camerali) ovvero si avvale artificiosamente di società caratterizzate da catene partecipative complesse nelle quali sono presenti, a titolo esemplificativo, trust, fiduciarie, fondazioni, international business company;
    • è un’impresa caratterizzata da ripetute e/o improvvise modifiche nell’assetto proprietario e manageriale (ivi compreso il “direttore tecnico” o di controllo dell’impresa);
    • è un’impresa di recente costituzione che effettua un’intensa operatività finanziaria, che poi cessa improvvisamente l’attività e viene posta in liquidazione;
    • è un’impresa, specie se costituita di recente, controllata o amministrata da soggetti che appaiono come meri prestanome;
    • è un’impresa che mantiene invariati gli assetti gestionali e/o la propria operatività, nonostante sia sistematicamente in perdita o comunque in difficoltà finanziaria;
  • Indicatori di anomalia connessi con le modalità (di richiesta o esecuzione) delle operazioni:Operazioni richieste o effettuate da più soggetti recanti lo stesso indirizzo ovvero la medesima domiciliazione fiscale, specie se tale indirizzo appartiene anche a una società commerciale e ciò appare incoerente rispetto all’attività dichiarata dagli stessi;
    • Richiesta di regolare i pagamenti mediante strumenti incoerenti rispetto alle ordinarie prassi di mercato, in assenza di ragionevoli motivi legati al tipo di attività esercitata o a particolari condizioni adeguatamente documentate;
    • Offerta di polizze di assicurazione relative ad attività sanitaria da parte di agenti o bmkers operanti in nome c/o per conto di società estere, anche senza succursali in Italia, a prezzi sensibilmente inferiori rispetto a quelli praticati nel mercato;
    • Frequente ed inconsueto rilascio di deleghe o procure al fine di evitare contatti diretti ovvero utilizzo di indirizzi, anche postali, diversi dal domicilio, dalla residenza o dalla sede, oppure ricorso ad altre forme di domiciliazione di comodo;
    • Operazioni ripetute, di importo significativo, effettuate in contropartita con società che risultano costituite di recente ed hanno un oggetto sociale generico o incompatibile con l’attività del soggetto che richiede o esegue l’operazione (ad esempio, nel caso di rapporti ripetuti fra appaltatori e subappaltatori “di comodo”);
    • Richiesta di accredito su rapporti bancari o finanziari sempre diversi.

Una strada ancora tutta da percorrere

Di fronte ad un simile provvedimento, così impattante ed innovativo per le amministrazioni che curano i procedimenti di affidamento dei contratti pubblici, quella appena sopra delineata costituisce poco più di una esegesi letterale, delineata al solo scopo di porre l’attenzione sul tema e di sollecitare le stazioni appaltanti ad una riflessione sulla relativa, imminente attuazione.

La vera sfida consisterà, come sempre accade, nell’effettiva implementazione delle norme, la cui efficacia dipenderà dalla reale capacità degli operatori del settore degli appalti pubblici di dare corpo ed attuazione concreta alle indicazioni di massima fornite dall’organismo della Banca d’Italia.

Si tratta forse, di una frontiera particolarmente sfidante e complessa, ma, nel contempo, rappresenta una strada pressoché obbligata per coloro che vogliano realmente contrastare l’ingresso di capitali mafiosi all’interno del circuito dell’economia legale.

Solo il tempo, in ogni caso, potrà dire se tale sfida sarà raccolta, ed in quale misura, dall’Amministrazione pubblica del nostro Paese.


[1] Si tratta dell’organismo istituito presso la Banca d’Italia dal d.lgs. n. 231/2007, in conformità di regole e criteri internazionali che prevedono la presenza in ciascuno Stato di una Financial Intelligence Unit (FIU), dotata di piena autonomia operativa e gestionale, con funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. L’Unità di Informazione Finanziaria, nel sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, è l’autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori; di tali informazioni l’UIF effettua l’analisi finanziaria, utilizzando l’insieme delle fonti e dei poteri di cui dispone, e ne valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e della collaborazione con l’autorità giudiziaria, per l’eventuale sviluppo dell’azione di repressione.

[2] Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 19 novembre 2018.

[3] Si tratta del decreto legislativo recante disposizioni per l’Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

[4] Art. 10, comma 1 del d.lgs. n. 231/2007.

[5] Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera hh) del d.lgs. n. 231/2007.

[6] Ai sensi del d.lgs. n. 165/2001, infatti, “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”.

[7] Ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, sono considerate società “controllate”:

1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;

3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

(..) Sono considerate “collegate” le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

[8] Art. 10, comma 4 del d.lgs. n. 231/2007.

[9] Art. 10, comma 5 del d.lgs. n. 231/2007.

[10] Art. 10, comma 3 del d.lgs. n. 231/2007.

[11] Art. 10, comma 6 del d.lgs. n. 231/2007.

[12] La cui principale fonte risiede all’art. 1, comma 51 della legge n. 190/2012.

[13]Il testo integrale del Rapporto annuale UIF per il 2017, n. 10/2018, è consultabile al seguente link: https://uif.bancaditalia.it/pubblicazioni/rapporto-annuale/2018/index.html .

[14] Sul punto va peraltro ricordato che, nel far seguito alla segnalazione AS880 del 28 settembre 2011, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con successiva comunicazione del 23 dicembre 2014, ha reso ulteriori chiarimenti in merito all’inserimento nei bandi di gara ed alla relativa applicazione da parte delle stazioni appaltanti, di clausole che escludono a monte la partecipazione alla gara di raggruppamenti temporanei di imprese costituiti da due o più imprese che già singolarmente possiedono i requisiti finanziari e tecnici per la partecipazione alla gara (c.d. RTI “sovrabbondanti”). Al riguardo, l’Autorità Antitrust ha da ultimo chiarito che l’inserimento nei bandi di gara di tali clausole escludenti è legittimo solo laddove la clausola:

1.espliciti le ragioni della possibile esclusione in relazione alle esigenze del caso concreto;

2.preveda che l’esclusione del RTI non può essere automatica, essendo la stazione appaltante tenuta a dimostrare la sussistenza di rischi concreti e attuali di collusione delle imprese partecipanti alla gara in raggruppamento;

3.disponga che la valutazione della stazione appaltante, relativa alla sussistenza dei possibili profili anticoncorrenziali nella formazione del RTI, tenga conto delle giustificazioni ‒ in termini di efficienza gestionale e industriale, alla luce del valore, della dimensione o della tipologia del servizio richiesto ‒ che le imprese partecipanti al RTI forniscono al momento della presentazione della domanda o su richiesta della stazione appaltante.

[15] La giurisprudenza ha infatti avuto modo di chiarire che un raggruppamento sovrabbondante non è vietato in via generale dall’ordinamento, anche in considerazione del favor del diritto europeo alla partecipazione alle gare ad evidenza pubblica da parte di soggetti riuniti, quale che sia la forma giuridica di tale aggregazione: così Consiglio di Stato, sentenza 8 febbraio 2017, n. 560.

[16] Sulle caratteristiche delle reti di impresa e sulle dinamiche della loro partecipazione alle pubbliche gare si veda quando indicato da ANAC (ex Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture), con la determinazione n. 3/2013.

[17] Art. 89, comma 9 del d.lgs. n. 50/2016.

[18] Art. 196, comma 3 del d.lgs. n. 50/2016.

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Ilenia Filippetti
Avv. Ilenia Filippetti
Avvocato, Responsabile della Sezione Monitoraggio appalti di servizi e forniture della Regione Umbria, Presidente dell’Associazione Forum Appalti
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