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Lo Sblocca-cantieri modifica l’art. 95 del Codice, eliminando il tetto massimo del 30% per l’offerta economica nell’Offerta economicamente più vantaggiosa (O.E.P.V.): si ritorna alla discrezionalità nella fissazione del criterio prezzo.

Premessa

L’art. 1, comma 1, lett. s) sub 3) del D.L. n. 32/2019 (c.d. “Sblocca-cantieri”) ha soppresso l’ultima parte dell’art. 95, comma 10 bis; in tal modo, è stato eliminato il limite del 30% al punteggio economico nell’ambito del criterio di aggiudicazione con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (O.E.P.V.).

Il comma 10 bis, come si ricorderà, era stato introdotto nel corpus dell’art. 95 del Codice, per effetto del cd. “I Correttivo” (il D.Lgs. n. 56/2017), proprio per dare un sostegno di rango normativo al criterio dell’Offerta economicamente più vantaggiosa, attribuendo un valore – limite finalizzato ad esaltare, in definitiva, l’aspetto qualitativo dell’offerta.

All’atto pratico, se la norma rimarrà tal quale in sede di conversione, l’offerta economicamente più vantaggiosa potrà essere declinata con l’assoluta libertà di determinare la soglia dei punteggi fra la parte economica e quella tecnica.

In altre parole, quindi, verrà lasciata indeterminata, soggetta alla motivata valutazione della stazione appaltante, la scelta su come dare concreta attuazione a quanto prescritto dall’art. 95, comma 10 bis D. Lgs. n. 50/2016 (per la parte rimasta tuttora in vigore), ove si dispone “La stazione appaltante, al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici.”.

Analizzando le ragioni a sostegno di tale limite percentuale dell’offerta economica (rese emblematiche nella prassi ANAC) e le ragioni di dissenso (richiamate dall’AGCM), si cercherà di enucleare un criterio che possa guidare gli operatori nell’applicazione pratica dell’Offerta economicamente più vantaggiosa, per quantificare correttamente il “peso” da attribuire alla componente economica dell’offerta.

1. L’interpretazione di ANAC e le Linee Guida n. 2: invalicabilità del limite del 30%

La scelta del legislatore, espressa nel vigente Codice e ribadita nel “I Correttivo”, è stata quella di rendere preferenziale il criterio di aggiudicazione mediante Offerta economicamente più vantaggiosa; ciò al duplice fine di privilegiare le offerte con un miglior contenuto tecnico e di evitare di premiare le offerte che presentavano eccessivi ribassi economici (con possibili ripercussioni negative sui costi del personale e la qualità dell’esecuzione).

Il criterio dell’Offerta economicamente più vantaggiosa, dunque, è stato uno dei segni distintivi dell’attuale Codice dei contratti pubblici e, pertanto, il legislatore ha previsto che l’ANAC ne dettagliasse l’utilizzo mediante l’emanazione di apposite Linee Guida.

L’ANAC, proprio sul criterio dell’Offerta economicamente più vantaggiosa ha lungamente riflettuto: dapprima approvando le Linee Guida n. 2 con Delibera n. 1005 del 21 settembre 2016 e poi, a seguito dell’emanazione del “I Correttivo”, aggiornando le stesse Linee Guida n. 2 con Delibera n. 424 del 2 maggio 2018.

L’Autorità, nella versione aggiornata delle Linee Guida ricorda le motivazioni che hanno portato ad attribuire una netta prevalenza all’aspetto tecnico dell’offerta, ricordando “Sulla base delle indicazioni contenute nel Codice, il valore 100 deve poter essere ripartito tra il punteggio assegnato alla componente economica (nella misura massima del 30%, secondo quanto previsto dall’art. 95 comma 10-bis) e il punteggio assegnato alla componente tecnica (inclusiva del punteggio per le varianti e del punteggio per i criteri premiali di cui al comma 13 che devono rappresentare una componente limitata del punteggio complessivo, in modo da non modificare l’oggetto dell’affidamento). In generale si deve attribuire un punteggio limitato (vale a dire inferiore alla misura massima consentita, del 30%) alla componente prezzo quando si ritiene opportuno valorizzare gli elementi qualitativi dell’offerta o quando si vogliano scoraggiare ribassi eccessivi ritenuti difficilmente perseguibili dagli operatori economici; viceversa si deve attribuire un peso maggiore alla componente prezzo quando le condizioni di mercato sono tali che la qualità dei prodotti offerti dalle imprese è sostanzialmente analoga. Limitato deve essere, di regola, il peso attribuito ai criteri di natura soggettiva o agli elementi premianti, ad esempio non più di 10 punti sul totale, considerato che tali elementi non riguardano tanto il contenuto dell’offerta ma la natura dell’offerente. Tuttavia si può attribuire un punteggio maggiore in relazione alla specificità dei servizi come avviene per quelli relativi all’ingegneria e all’architettura in ordine ai quali è alta l’interrelazione tra la capacità dell’offerente e la qualità dell’offerta. Si ricorda che, accanto a una concorrenza basata esclusivamente sulle caratteristiche qualitative dell’offerta ottenuta con il prezzo o costo fisso, le stazioni appaltanti possono imporre un livello minimo qualitativo, determinando un valore soglia per il punteggio che le offerte devono ottenere per determinati criteri, fermo restando che lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato (art. 95, comma 8). È evidente che, qualora nessuna offerta soddisfi il livello qualitativo richiesto, la stazione appaltante può non aggiudicare la gara.”.

In altre parole, secondo l’Autorità è proprio il limite del 30% la proporzione più corretta per qualificare l’aspetto tecnico rispetto a quello economico – quindi, per caratterizzare l’Offerta economicamente più vantaggiosa –.

Lo stesso concetto è stato ribadito dall’Autorità con il parere di pre-contenzioso approvato con Delibera n.7 del 9 gennaio 2019. Qui, l’ANAC chiarisce che – ove l’appalto venga aggiudicato con il criterio Offerta economicamente più vantaggiosa – il limite del 30% è assolutamente inderogabile: anche nel caso in cui – come in quello esaminato nel parere – l’appalto abbia ad oggetto una fornitura.

La stazione appaltante, in quella sede, aveva quantificato al 40% il limite del punteggio economico, motivando la scelta con il peculiare oggetto dell’appalto (fornitura di prodotti medicali), che non giustificava – anche ad una lettura delle Linee Guida n. 2 – un particolare apprezzamento delle qualità tecniche, trattandosi di prodotti con caratteristiche vincolate e caratterizzate da “un elevato grado di omogeneità” in cui, pertanto, era più apprezzabile l’aspetto economico, “nell’intendimento di assicurare maggiore risparmio di spesa, a tutto vantaggio del bilancio aziendale”.

L’Autorità, però, ha dissentito da tale ragionamento, ribadendo che il limite del 30% per il punteggio economico è da considerarsi un “principio generale … se si vuole apprezzare la parte qualitativa dell’offerta…” e che, laddove nelle Linee Guida si afferma “si deve attribuire un peso maggiore alla componente prezzo quando le condizioni di mercato sono tali che la qualità dei prodotti offerti dalle imprese è sostanzialmente analoga”, deve essere comunque inteso nel senso che “il peso del prezzo può essere maggiore degli altri casi, ma sempre calibrato nel limite di legge del 30%.”, giungendo alla conclusione che “quindi … una percentuale del 40% per l’offerta economica prevista dal bando di gara … è illegittima. In ogni caso, quando le prestazioni contrattuali presentano un elevato grado di omogeneità (qualitativa) è sempre possibile utilizzare anche esclusivamente il criterio del minor prezzo, ma deve trattarsi, appunto, di forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato» ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b) “.

2. L’AGCM: il limite del 30% per il punteggio economico nel metodo dell’Offerta economicamente più vantaggiosa è troppo basso

All’indomani dell’emanazione del “I Correttivo” al vigente Codice dei Contratti pubblici, le riflessioni dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM) pervengono a ben diverse conclusioni.

L’AGCM, infatti, con l’Atto di Segnalazione n. 1422 del 18 agosto 2017 sostiene che “l’art. 95, comma 10 bis del D.Lgs. n. 50/2016 … inserito dall’art. 60, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 56/2017, nella parte in cui prevede un tetto massimo per il punteggio economico, entro la soglia del 30%, limita eccessivamente la facoltà della stazione appaltante di tenere adeguatamente conto delle offerte economiche, conferendole, allo stesso tempo, un’ampia discrezionalità nella valutazione delle offerte tecniche, con possibile pregiudizio al corretto ed efficiente svolgimento della gara e a una adeguata concorrenza anche di prezzo tra gli offerenti.”.

Secondo l’AGCM, il limite del 30% non proviene da alcuna disposizione normativa – nazionale o comunitaria –, né da “orientamenti giurisprudenziali tali da giustificare l’applicazione di un così rigido criterio di valutazione delle offerte. Le stesse Direttive Europee del 2014 non prevedono l’introduzione di soglie predeterminate dal legislatore nazionale per l’attribuzione del punteggio economico e di quello tecnico, rimettendo alla discrezionalità delle stazioni appaltanti la loro concreta individuazione. La stessa Legge delega n. 11/2016, pur privilegiando l’aggiudicazione secondo criteri qualitativi rispetto all’aggiudicazione al prezzo più basso, non ha fissato alcuna soglia per l’attribuzione del punteggio economico. Anche la prima versione del Codice dei contratti non prevedeva alcun limite.”.

Ricorda l’Autorità per la Concorrenza che anche il Consiglio di Stato, con il parere sul “I Correttivo” (parere n. 782 del 30 marzo 2017), aveva suggerito di limitare la discrezionalità delle stazioni appaltanti sull’ Offerta economicamente più vantaggiosa, ma senza indicare alcun limite percentuale all’offerta economica, limitandosi a suggerire l’adozione di un criterio tale da “assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, … valorizzando gli elementi qualitativi dell’offerta e individuando criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. … A tal fine [la stazione appaltante] stabilisce il punteggio massimo previsto per l’offerta economica in modo da evitare che tale elemento prevalga sugli altri”.

Ciò, anche nella consapevolezza degli svantaggi dell’Offerta economicamente più vantaggiosa, che il Consiglio di Stato così descrive: “l’OEPV garantisce meglio la valutazione dell’aspetto qualitativo ed evita che la competizione si concentri esclusivamente sulla riduzione dei costi; tuttavia, esso determina un appesantimento della procedura e amplia gli spazi discrezionali della stazione appaltante. Inoltre tale criterio richiede una particolare competenza e preparazione della stazione appaltante e, per essa, della commissione di gara. … “.

L’AGCM, nel suo Atto di Segnalazione, richiama il quadro giurisprudenziale formatosi in materia, a cominciare dal principio espresso dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 7 ottobre 2004 (causa C-247/2002: Sintesi S.p.A. contro AVCP), ove la Corte ha rilevato che “la fissazione da parte del legislatore nazionale, in termini generali ed astratti, di un unico criterio di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici priva le amministrazioni aggiudicatrici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche peculiari di tali appalti, isolatamente considerati, scegliendo per ognuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicura-re la selezione della migliore offerta”.

Analogamente – aggiunge l’AGCM citando le decisioni del Consiglio di Stato, Sez. V, 31 dicembre 2007, n. 6837 e 26 novembre 2011, n. 581 – “il Consiglio di Stato ha avuto modo di sottolineare, con riguardo al precedente d.lgs. 163/2006, come il legislatore non avesse voluto predeterminato il valore ponderale da attribuire, rispettivamente, all’elemento qualità e all’elemento prezzo delle offerte, lasciando spazio alla discrezionalità della pubblica amministrazione, da esplicare alla luce degli interessi da perseguire e delle circostanze specifiche della singola procedura in relazione alle condizioni della rete. Nel caso al suo esame, la scelta di attribuire il peso di due terzi circa all’elemento economico rispetto all’elemento tecnico per l’andamento del servizio di distribuzione del gas naturale non era apparsa irragionevole né sproporzionata”.

Secondo l’AGCM, quindi, la scelta di prevedere una soglia massima del 30% per l’attribuzione del punteggio economico sembra “limitare eccessivamente e ingiustificatamente la valorizzazione dell’offerta economica, in particolare in quei mercati dove le forniture possono presentare un elevato grado di omogeneità, conferendo allo stesso tempo un’ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti nella valutazione delle offerte tecniche, con possibile pregiudizio al corretto ed efficiente svolgimento della gara e ad una adeguata concorrenza di prezzo tra gli operatori.”.

E ancora, “una più ampia valorizzazione dell’offerta economica dovrebbe invece … essere consentita … anche in quei casi in cui, vuoi per le condizioni particolarmente stringenti stabilite nella disciplina di gara, vuoi per la presenza di alcune caratteristiche standardizzate (come per i servizi accessori o altre componenti dell’offerta), il punteggio economico assume particolare rilevanza anche in una procedura di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Questo permetterebbe di definire più rapidamente le procedure di gara, di ridurre la discrezionalità delle stazioni appaltanti nell’attribuzione del punteggio tecnico e di consentire una più ponderata valutazione delle offerte economiche, a beneficio della concorrenza e del mercato.”.

Pertanto, l’Autorità ritiene – sposando una tesi più sostanzialistica – che “la norma di cui all’art. 95, comma 10-bis, del Codice dei Contratti pubblici si pone in contrasto con i principi di concorrenza, non discriminazione e parità di trattamento, in quanto l’aggiudicazione dell’appalto dovrebbe avvenire secondo criteri che garantiscano un raffronto obiettivo e ponderato delle offerte al fine di determinare, in condizioni di effettiva concorrenza anche di prezzo, quale sia l’offerta economicamente più vantaggiosa. L’Autorità invita dunque le Autorità in indirizzo a valutare l’opportunità di una modifica della normativa in esame, eventualmente eliminando dalla disposizione l’inciso “A tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento” o comunque rivedendo in aumento la soglia del 30%, al fine di consentire una maggiore valorizzazione della componente economica dell’offerta.”.

Lo Sblocca-cantieri, dunque, esaudisce gli auspici dell’AGCM, ma senza confortare le stazioni appaltanti con criteri utili a determinare la soglia dell’offerta economica nell’ambito dell’ Offerta economicamente più vantaggiosa, di fatto de-regolamentando proprio il tratto distintivo di tale criterio di aggiudicazione, fedele all’ottica di ampliare nuovamente l’ambito di applicazione del criterio di aggiudicazione del “minor prezzo”.

3. L’Adunanza Plenaria n. 8 del 21 maggio 2019: è obbligatoria l’Offerta economicamente più vantaggiosa per servizi ad alta densità di manodopera

Contemporaneamente, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n. 8 del 21 maggio 2019 ha confermato l’obbligo di applicazione del criterio di aggiudicazione mediante Offerta economicamente più vantaggiosa nell’ambito dei servizi ad alta percentuale di manodopera, riportando così all’attualità il problema della corretta ponderazione dell’elemento “prezzo”.

Secondo il Collegio, infatti, da una lettura sistematica degli articoli 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), D.Lgs. n. 50/2016, gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera devono comunque essere aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, ancorché caratterizzati da “prestazioni standardizzate” (così come qualificate dall’art. 95, comma 4, lett. b).

Il Collegio, risolvendo un contrasto interpretativo formatosi in conseguenza della novella apportata dal “I Correttivo”, ha chiarito che “le caratteristiche di servizio ad alta intensità di manodopera [nel caso di specie, un servizio di vigilanza antincendio] non consentono che lo stesso sia aggiudicato con il criterio del massimo ribasso, benché caratterizzato anche da una forte standardizzazione dello attività in esso comprese. … giacché … il comma 3 dell’art. 95 del Codice dei contratti si pone ad un punto di convergenza di valori espressi in sede costituzionale e facoltà riconosciute a livello europeo ai legislatori nazionali, per la realizzazione dei quali nel codice dei contratti pubblici il miglior rapporto qualità/prezzo è stato elevato ad criterio unico ed inderogabile di aggiudicazione per appalti di servizi in cui la componente della manodopera abbia rilievo preponderante”.

L’Adunanza Plenaria ha analizzato il quadro normativo nazionale e comunitario e (forse rielaborando le considerazioni dell’AGCM) ha altresì valutato l’esigenza di attribuire un valore ponderale limitato all’offerta economica, proprio in considerazione della standardizzazione delle prestazioni.

Il Collegio, in conclusione, ha definito “il rapporto tra i commi da 2 a 5 dell’art. 95 in esame nel senso seguente: – ai sensi del comma 2 le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio (ora denominato in generale) dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia; – in attuazione della facoltà riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva 2014/24/UE di escludere o limitare per determinati tipi di appalto il solo prezzo o il costo (art. 67, par. 2, ultimo cpv., sopra citato), e in conformità ai criteri direttivi della legge delega n. 11 del 2016, il comma 3 pone invece una regola speciale, relativa tra l’altro ai servizi ad alta intensità di manodopera, derogatoria di quella generale, in base alla quale per essi è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo; – per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate si riespande invece la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l’elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una “motivazione adeguata”. Nell’ipotesi in cui un servizio ad alta intensità di manodopera abbia contemporaneamente caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo art. 95, come nel caso che ha dato origine alla rimessione a questa Adunanza plenaria, vi è un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l’uno o l’altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma. Si pone quindi un conflitto (o concorso apparente) di norme, che richiede di essere risolto con l’individuazione di quella prevalente. Il conflitto così prospettato non può che essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è subvalente.”

La soluzione espressa dal Collegio “è infatti conseguenza diretta di quanto rilevato in precedenza, e cioè del carattere speciale e derogatorio di quest’ultima regola rispetto a quella generale, laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell’amministrazione di aggiudicare l’appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo. Il ritorno alla regola generale incontra tuttavia un ostacolo insuperabile nella deroga prevista nel comma 3, che impone alle amministrazioni un obbligo anziché una mera facoltà, per cui per effetto di essa in tanto è possibile aggiudicare i contratti di appalto di servizi con caratteristiche standardizzate al massimo ribasso in quanto il servizio non abbia nel contempo abbia caratteristiche di alta intensità di manodopera.”.

In definitiva, dunque, la recentissima decisione dell’Adunanza Plenaria – pur senza entrare nel merito della percentualizzazione del valore dell’offerta economica nell’ambito dell’Offerta economicamente più vantaggiosa (O.E.P.V.) – pone un ulteriore argine alla libertà di quantificazione di tale fattore ponderale – quanto meno con riferimento agli appalti di servizi “ad alta intensità di manodopera” –. 

Il che, a ben vedere, coinvolge non solo (in senso più ampio) il dibattito sul tema della cd. “clausola sociale”, ma si propone di governare gli appalti dei servizi pubblici locali e dei servizi più diffusi quali mese, pulizie, ecc.

Di fatto, quindi, ripropone la necessità di una adeguata riflessione/motivazione – da parte delle stazioni appaltanti – in ordine alla costruzione della lex specialis di gara, nel momento in cui essa deve attribuire la percentuale al “peso” dell’offerta economica – pur in presenza di elementi di “standardizzazione” del servizio, oggetto della gara -.

4. Conclusioni

L’art. 95 D.Lgs. n. 50/2016 individua una serie di elementi che concorrono ad identificare l’Offerta economicamente più vantaggiosa (O.E.P.V.) nella quale, a maggior ragione dopo l’intervento dello Sblocca-cantieri, il “prezzo” costituisce solo uno degli elementi di valutazione.

La percentualizzazione del prezzo, tuttavia, deve essere accompagnata da una corretta valutazione da parte della stazione appaltante, che possa motivatamente sorreggere il “peso” percentuale attribuito all’”elemento-prezzo”, rispetto agli altri elementi qualitativi.

Ad oggi, venuto a cadere lo sbarramento percentuale del 30%, l’operatore non è per questo legittimato ad attribuire immotivatamente i pesi percentuali, ben dovendo, in ogni caso, tenere presenti le esigenze e l’oggetto della singola gara e – di conseguenza – ponderare gli elementi di valutazione, tenendo a mente i principi tradizionalmente affermati dalla giurisprudenza amministrativa in tema di motivazione e correttezza dei punteggi: “il punteggio numerico può essere considerato sufficiente a motivare gli elementi dell’offerta economicamente più vantaggiosa soltanto nell’ipotesi in cui il bando di gara abbia espressamente predefinito specifici obiettivi e puntuali criteri di valutazione, visto che tale criterio di aggiudicazione svincola l’amministrazione da una valutazione meccanica, attribuendole un potere fortemente discrezionale. Tale esigenza risponde al principio di correttezza dell’azione amministrativa, ineludibile per tutte le procedure ad evidenza pubblica, a garanzia dell’imparziale svolgimento di tali procedimenti ed al fine di consentire la verifica dell’operato della P.A. sia da parte del privato interessato che del giudice amministrativo, il quale deve poter ricostruire l’iter logico seguito dalla stazione appaltante” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 agosto 2005, n. 4423; Sez. V, 14 ottobre 2009, n. 6311).

Tornano dunque di attualità gli insegnamenti della giurisprudenza, riferiti ad un periodo anteriore all’introduzione dello sbarramento al 30%, oggi rimosso, dai quali possono essere tratti utili spunti per orientare le stazioni appaltanti nell’attribuire una corretta ponderazione tra i punteggi tecnici e quelli economici; ma torna allo stesso tempo la conflittualità ed un rischio di contenzioso per impugnazione dei criteri fissati nei bandi di gara, successivamente agli esiti della gara stessa, che la fissazione di un criterio normativo aveva, al di là delle critiche, fortemente limitato.

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Questo articolo è stato scritto da...

Massimiliano Lombardo
Avv. Massimiliano Lombardo
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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