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Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti


I finanziamenti europei non devono essere computati  nel saldo misto del patto di stabilità

Corte dei Conti, sezione regionale Sicilia, deliberazione 11 febbraio 2015 n. 94

Indice

  1. Premessa
  2. Il parere
  3. L’accertamento preventivo del responsabile del procedimento di spesa
  4. La non computabilità del finanziamento europeo

1. Premessa

Il Sindaco di un comune siciliano si è rivolto alla sezione regionale per avere chiarimenti sulla corretta contabilizzazione – rispetto ai calcoli del patto di stablità – di un finanziamento comunitario soggetto a restituzione, senza interessi, con rendicontazione.

In relazione a quanto, considerata l’entità della cifra e le rigorose responsabilità in tema di rispetto del patto di stabilità, il Sindaco chiedeva di conoscere “se tale finanziamento comunitario, benché soggetto a restituzione, rientri nell’ambito applicativo dell’art. 77-bis, comma 7-quater, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in L. 6 agosto 2008, n. 133, ss,mm., e 1, comma 97, L. 13 dicembre 2010, n. 220 che esclude dal saldo finanziario del patto “le risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione europea né le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni”.

2. Il parere

Il parere espresso con la deliberazione in commento risultava, evidentemente, di estremo  rilievo.

E’ nota la rilevanza della massima regola della finanza pubblica e, non  a caso, il collegio ritenendo ammissibile il quesito – pur in una considerazione necessariamente astratta e generale -, annota che la questione patto di stabilità (come si può evincere anche in questi giorni dalla stampa quotidiana in relazione alle prospettive di mutamento della disciplina relativa per alleggerire gli enti sottoposti)“ha notevole incidenza sul bilancio degli enti locali e sulla sua corretta formazione ed attiene pacificamente alla materia della contabilità pubblica, secondo l’accezione tecnica delineata dalle citate deliberazioni”.

La dinamica gestionale del patto, come anche si è potuto dire in precedenti interventi, non è tematica che coinvolge il solo responsabile dei servizi finanziari ma ogni attore gestionale dell’ente. Tale compartecipazione viene oggi enfatizzata dalle recenti disposizioni del decreto legislativo 126/2014 (che completa il processo della c.d. contabilità armonizzata avviato con il decreto legislativo 118/2011) ed in particolare – per ciò che in questa sede interessa – in relazione all’assunzione dell’impegno di spesa.

3. L’accertamento preventivo del responsabile del procedimento di spesa

Per gli enti locali, e quindi nel decreto legislativo 267/2000 come adeguato dal decreto legislativo 126/2014, la norma di riferimento è l’articolo 183 (rubricato: impegno di spesa) il cui comma 8 innovato dal decreto ultimo citato puntualizza che “al fine di evitare ritardi nei pagamenti e la formazione di debiti pregressi, il responsabile della spesa che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa ha l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di cassa e con le regole del patto di stabilità interno; la violazione dell’obbligo di accertamento di cui al presente comma comporta responsabilità disciplinare ed amministrativa. Qualora lo stanziamento di cassa, per ragioni sopravvenute, non consenta di far fronte all’obbligo contrattuale, l’amministrazione adotta le opportune iniziative, anche di tipo contabile, amministrativo o contrattuale, per evitare la formazione di debiti pregressi”.

Da ciò l’estrema rilevanza delle disposizioni sul patto e la necessità di un presidio concertato dai dirigenti/responsabili di servizio con il coordinamento del responsabile dei servizi finanziari.

4. La non computabilità del finanziamento europeo

La sezione, richiamata la disciplina del patto di stabilità, si sofferma sulla previsione – ampia e generica – contenuta nell’art. 31, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183 in cui si prevede la possibilità per gli enti locali di non considerare nel saldo finanziario di competenza mista, rilevante ai fini del patto di stabilità interno, “le risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione europea né le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni”.

Fermo restando, si precisa, che non può essere esclusa dal calcolo del patto di stabilità la quota eventuale di finanziamento dal bilancio dell’ente. Quota su cui, da più parti, anche in funzione di rivitalizzare gli investimenti, se ne chiede l’affrancamento ed il Governo italiano è direttamente impegnato.   

E’ proprio la genericità della formulazione, precisa il giudice escusso, che fa propendere per una soluzione positiva al quesito posto ovvero per la possibilità di non considerare nel saldo misto del patto di stabilità il finanziamento di origine comunitaria a prescindere dalla circostanza che per questa sia prevista la restituzione (e non sia a fondo perduto).

In questo senso, nel parere si legge che “ai fini della soluzione del quesito, ricorda che il legislatore, nel disciplinare tale fattispecie, ha fatto riferimento, genericamente, alle risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione Europea, senza distinguere se tali risorse siano contributi “a fondo perduto” o soggetti a restituzione. Sulla base di quanto prospettato dall’ente, le risorse attivate dalla Banca europea degli investimenti sono previste nell’ambito del PO FESR 2007-2013, rispetto alle cui linee d’intervento il progetto dev’essere coerente. I costi sostenuti a valere sul finanziamento ad opera del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, inoltre, sono oggetto di rendicontazione all’UE secondo le norme regolamentari europee per il periodo 2007/2013. Nel delineato contesto, il Collegio, condividendo le valutazioni espresse a riguardo dalla Sezione regionale di controllo per la Lombardia nella deliberazione n. 113/2011/PAR, ritiene che il vincolo di finalizzazione dell’opera e dei relativi costi rispetto alle linee d’intervento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale possano deporre per la neutralità di tali risorse comunitarie ai fini della finanza pubblica, e, più in generale, del patto di stabilità interno, indipendentemente dall’esistenza di un vincolo di restituzione al soggetto erogatore”.

Fermo restando che “tale esclusione” sempre che insistano i “richiamati presupposti legislativi, opera nei limiti delle risorse comunitarie all’uopo effettivamente trasferite all’ente locale beneficiario, il quale, nella valutazione specifica delle stesse, terrà conto dei relativi atti di assegnazione e di spesa, nonché delle informazioni fornite a riguardo dall’ente erogatore (cfr. Ragioneria generale dello Stato, circolare prot. n. 13546 del 14 febbraio 2014)”.     

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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