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Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale  ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti


La corretta procedure di conferimento degli incarichi di consulenza

(Corte dei Conti –  sezione regionale Piemonte, deliberazione dell’8 giugno 2015 n. 98) 

Indice

  1. Premessa
  2. I rilievi del collegio       
  3. La procedura corretta di conferimento di incarichi di consulenza
  4. L’affidamento diretto dell’incarico di consulenza
  5. Ipotesi che legittimano l’affidamento diretto
  6. L’accertamento sulla compatibilità con i vincoli finanziari

1. Premessa

La questione presa in considerazione con la delibera n. 98/2015 della sezione Piemonte è quella – di rilievo – relativa al corretto modus operandi nel conferimento di incarichi (di studio, ricerca o consulenza in genere) a soggetti,  evidentemente, esterni all’ente.

Nel caso di specie l’ente interessato (una Camera di Commercio) procedeva con un affidamento diretto – per un importo di 5.000 euro – in applicazione di una norma del proprio regolamento interno che consentiva, per cifre esigue, l’affidamento senza alcuna procedura concorrenziale. Norma che la sezione, condivisibilmente, ha ritenuto scorretta e non consentita dalla norma di cui al decreto legislativo 165/2001 (art. 7) e, soprattutto, considerato che “l’affidamento diretto” è in realtà una procedura amministrativa (in deroga) che non ha nulla a che vedere con gli incarichi di collaborazione in quanto riconducibile – con le dovute eccezioni e limiti – ai procedimenti di acquisizione di beni, servizi e lavori (si pensi in particolare alle ipotesi di cui all’articolo 57, comma 1, lett. b) o alle ipotesi di affidamento diretto  quale species, nell’ambito sottosoglia, delle acquisizioni in economia).

Da notare che gli incarichi di importo superiore ai 5 mila euro, ai sensi dell’art.1, comma 173, della legge 23 dicembre 2005, n.266, devono essere trasmessi alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione. E che la finalità di tale previsione normativa – si rammenta nella deliberazione è quella “riconducibile all’accertamento, di tipo collaborativo, da parte della Corte, dell’idoneità dell’attività amministrativa posta in essere dagli enti controllati a raggiungere determinati risultati, attraverso una verifica della sua efficacia, efficienza ed economicità, che non può comunque prescindere da un riscontro della conformità della stessa a norme giuridiche”.

2. I rilievi del collegio        

Dall’esame degli atti richiesti (in particolare la determina dirigenziale dell’affidamento) si evidenziavano una serie di incongruità rispetto al dettato normativo,  ed in particolare:

  • l’affidamento dell’incarico di consulenza è stato posto in essere senza previa procedura comparativa di cui all’art. 7 co. 6 bis d.lgs n. 165/2001;
  •  non è stato svolto l’accertamento preventivo che il programma di pagamento sia compatibile con gli stanziamenti di bilancio e le regole di finanza pubblica,
  • non si è proceduto alla  pubblicazione sul sito web dell’incarico;
  • non risultavano dati sufficienti per comprendere se fosse intervenuto l’ossequio ai limiti di spesa di cui all’art. 6 comma 7 d.l n. 78/2010.

Alla richiesta di ulteriori chiarimenti emergeva che “l’incarico (…)  era stato conferito in via diretta senza espletamento della procedura comparativa come previsto dal regolamento dell’ente di affidamento degli incarichi di consulenza (…)  secondo cui è possibile per incarichi di importo di € 5.000,00 provvedere con affidamento diretto anziché ricorrere a procedure comparative tra più soggetti in rapporto all’esiguità dell’importo”.

Risultava invece rispettato – secondo le dichiarazioni dell’ente – il limite di spesa e che in ordine alla pubblicazione sulla sezione specifica della trasparenza (ai sensi del decreto legislativo 33/2013) si era, nel frattempo provveduto alla pubblicazione “sul sito internet indicando il relativo link per la visualizzazione”.

Prima della descrizione dell’esatto modus agendi nel caso di conferimento di incarichi esterni alla struttura dipendente dell’ente, l’estensore della delibera rammenta come la giurisprudenza contabile  abbia più volte  “affermato che ”l’accertamento dell’illegittimità per il mancato rispetto di uno o più dei requisiti di legge (talora verificabile nei limiti di sindacabilità di scelte discrezionali) comporta da un lato l’obbligo di rimuovere, ove possibile, l’atto con un provvedimento di secondo grado e dall’altro la responsabilità del soggetto che lo ha posto in essere” (Sez. reg. contr. Lombardia, n. 244/08)”.

3. La procedura corretta di conferimento di incarichi di consulenza

I  presupposti di legittimità per il ricorso ad incarichi di collaborazione sono specificamente precisati nell’art. 7 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ( che contiene le Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

I presupposti in  argomento sostanziano la codificazione di quanto affermato  costantemente dalla giurisprudenza contabile in ordine al conferimento di atti riferiti all’estesa tipologia di spese soggette a controllo da parte della Sezione (le consulenze, gli studi, le ricerche, le spese per relazioni, rappresentanza, mostre, convegni, pubblicità), in tal senso, si richiama la deliberazione di questa Sezione n. 362/2013/SRCPIE/INPR.

In particolare, la disciplina vigente prevede che:

  •  La corrispondenza dell’oggetto alle competenze dell’amministrazione richiedente.

Si legge in delibera che   “l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente; è stato in proposito chiarito che: “il requisito della corrispondenza della prestazione alla competenza attribuita dall’ordinamento all’amministrazione conferente è determinato dal poter ricorrere a contratti di collaborazione autonoma solo con riferimento alle attività istituzionali stabilite dalla legge” (Sez. contr. Reg. Lombardia, n. 37/09, nonché Sez. Reg. Lombardia, n. 244/08)”.

  • L’accertamento che l’incarico rappresenti l’estrema ratio.

Sul punto, nella deliberazione si legge chel’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno”.

Al riguardo il Collegio rammenta “che in base ai principi generali di organizzazione amministrativa gli enti pubblici devono di norma svolgere i compiti istituzionali avvalendosi di proprio personale.  Tale regola trae il suo fondamento dal principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione e il conferimento degli incarichi di consulenza a professionisti esterni alla P.A. si pone come eccezione in presenza di speciali e peculiari condizioni”.

Del resto, ordinariamente, il legislatore – da oltre un decennio-,  va ribadendo l’eccezionalità dell’incarico assegnato  a collaborazioni esterne condizionandolo esclusivamente  all’assenza di personale idoneo  (art. 7 comma 6 d.lgs. n. 165/2001), ribadendo  più volte tale regola e la necessità di fornire adeguata motivazione in caso di ricorso all’esterno dell’amministrazione.

Disposizione che per inciso statuisce che “le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione”.

In particolare, il responsabile del procedimento deve vagliare concretamente le varie schede dei dipendenti dell’ente verificando effettive competenze o la carenza assoluta. In questo procedimento, il  responsabile può tranquillamente avvalersi dell’ufficio del personale e/o a seconda delle dimensioni anche avvalersi di una circolare interna tesa a verificare se insistano o meno – nell’organizzazione di lavoro –  figura con le competenze specifiche. L’aver svolto questo compito istruttorio è fondamentale in quanto, evidentemente, costituirà la prova provata  che sono state fatte ricerche serie e certosine ed è emerso  che quella particolare competenza non era reperibile all’interno dell’amministrazione. Naturalmente, la procedura più corretta è la verifica dei titoli e dei curricula  con l’ausilio del servizio del personale.

  • Connotazioni specifiche della prestazione: temporaneità e qualificazione.

Correttamente si puntualizza nel deliberato che l’incarico viene anche giustificato dalla particolare connotazione della prestazione ed in specie se “la prestazione” ha “natura temporanea e altamente qualificata” tesa a “ soddisfare esigenze straordinarie ed eccezionali”. Inoltre, non è ammesso il rinnovo; l’eventuale proroga dell’incarico originario è consentita, esclusivamente in via eccezionale, “al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico”.

  • Previa definizione degli elementi fondamentali dell’incarico.

Il responsabile del procedimento – nella proposta redatta per il dirigente/responsabile del servizio deve curare con particolare attenzione alcuni aspetti che poi dovranno essere declinati nella convenzione ovvero la previa determinazione   della “durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”.

  • Devono sussistere specifici requisiti di “qualità e competenza” nel soggetto individuato.

Dalla norma si evince – e viene puntualmente riportato nella deliberazione – l’esigenza che sussista “il requisito della “comprovata specializzazione anche universitaria”: le amministrazioni, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, possono conferire incarichi individuali (con contratti di lavoro autonomo professionale, occasionale o di collaborazione coordinata e continuativa) a esperti  muniti di tale requisito. Si prescinde  dal  requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o  albi  o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché’ a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10  settembre  2003,  n.  276,  purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la  necessità  di  accertare  la  maturata  esperienza  nel settore”.

  • Il previo accertamento della congruità contabile e monetaria.

Nella  deliberazione si rammenta che “in sede di assunzione dell’impegno di spesa il funzionario, ai sensi dell’art. 9  co. 1 lett. a) n. 2 d.l. n. 78/2009 convertito dalla legge n. 102/2009, ha l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza pubblica, salvo incorrere, in caso di inosservanza di tale obbligo, in responsabilità disciplinare ed amministrativa” (ora comma 8,m articolo 183 del decreto legislativo 267/2000).

4. L’affidamento diretto dell’incarico di consulenza

Non adeguate risultano – secondo il collegio –le giustificazioni inerenti l’affidamento dell’incarico in via diretta e l’accertamento preventivo della compatibilità con i vincoli finanziari del programma di spesa”.

L’estensore si sofferma sulla necessità – stabilita per via legislativa al comma 6 –bis dell’articolo 7 del decreto legislativo 165/2001 di seguire sempre  procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione Tale obbligo – prosegue la deliberazione – viene  considerato dalla giurisprudenza amministrativa costante  un adempimento essenziale per la legittima attribuzione di incarichi di collaborazione.

Al riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare  che “il conferimento di incarichi di collaborazione esterna da parte delle P.A. deve avvenire previo esperimento di procedure para-selettive e non già in base alla sola valutazione di idoneità del prescelto”. (T.A.R. Puglia n. 494 del 19.2.2007)”. Inoltre, detto obbligo deve ritenersi generalizzato, in ossequio ai principi generali di trasparenza, pubblicità e massima partecipazione e sul punto la giurisprudenza amministrativa ha ricordato che “l’affidamento di incarichi di consulenza e/o di collaborazione da conferire a soggetti esterni alla Pubblica amministrazione non può prescindere dal preventivo svolgimento di una selezione comparativa adeguatamente pubblicizzata” (Cons. St., 28 maggio 2010, n. 3405) ed ancora: “qualsivoglia pubblica amministrazione può legittimamente conferire ad un professionista esterno un incarico di collaborazione, di consulenza, di studio, di ricerca o quant’altro, mediante qualunque tipologia di lavoro autonomo, continuativo o anche occasionale, solo a seguito dell’espletamento di una procedura comparativa previamente disciplinata ed adottata e adeguatamente pubblicizzata, derivandone in caso di omissione l’illegittimità dell’affidamento della prestazione del servizio.” (T.A.R. Piemonte, 29.9.2008 n. 2106; cfr. Corte Conti  sez. reg. contr. Lombardia,  11.2.2009. n. 37; 27.11.2012, n. 509 che ribadiscono i principi in questione)”.

Le stessa magistratura contabile – sezione centrale – ha avuto modo di precisare che  “il comma 6-bis dell’art.7 del d.lgs. n. 165/2001, prevedendo l’obbligo per le amministrazioni di disciplinare e rendere pubbliche le procedure comparative per il conferimento di incarichi di collaborazione, ha in concreto posto la necessità dell’espletamento della procedura concorsuale, nella considerazione che un simile modus operandi, implicando il rispetto di precisi adempimenti procedurali e moduli operativi, concorra a rendere l’operato dell’Amministrazione conforme ai parametri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, costituzionalmente tutelati ex art.97” (cfr. Corte Conti, sez. centrale controllo prev. legittimità Stato, 2.10.2012, n. 23; analogamente la stessa sezione delibera 26.10.2011, n. 21).

5. Ipotesi che legittimano l’affidamento diretto

La sezione rammenta le rare ipotesi in cui si può procedere ad un affidamento diretto. L’indicazione è preziosa perché consente di inserire le dinamiche suggerite nella delibera anche negli specifici regolamenti interni in tema di procedura per l’affidamento di incarichi di consulenza.    

Secondo il  collegio, “il ricorso a procedure comparative adeguatamente pubblicizzate può essere derogato con affidamento diretto nei limitati casi individuati dalla giurisprudenza:

a) procedura comparativa andata deserta;

b) unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo;

c) assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità della consulenza in relazione ad un termine prefissato o ad un evento eccezionale, ricordando che la “particolare urgenza” deve essere “connessa alla realizzazione dell’attività discendente dall’incarico” (ex plurimis, deliberazione Sez. Contr. Lombardia n. 67/2012”).

Data la residualità delle ipotesi, che dovranno essere adeguatamente illustrate e motivate nella determinazione dirigenziale  dell’incarico  non è possibile ritenere  legittima una  previsione generica – contenuta nei regolamenti interni delle amministrazioni pubbliche –  che prevedanoaffidamenti di incarichi senza procedura comparativa al di sotto di una soglia individuata in valore monetario (o di un numero massimo di ore della prestazione richiesta al collaboratore)”  considerato, come evidenziato in premessa, che   “la materia è del tutto estranea a quella degli appalti di lavori, di beni o servizi, pertanto non può farsi ricorso neppure per analogia a detti criteri”, ed in particolare agli affidamenti in economia ( cfr. Corte Conti, Sez. contr. Reg. Lombardia, n. 37/09; Sez. contr. Prov. Trento, n. 2/10 e n. 8/10; cfr le recenti Sez. contr. reg. Piemonte n. 362/2013; 421/2013). 

La circostanza viene costantemente ribadito dalle sezioni – in questo senso ancorala sezione Piemonte con delibera n. 5/20123 ha ribadito che   “si è posto il problema del se e in quali limiti sia consentito l’affidamento diretto dell’incarico senza ricorrere a procedure concorsuali, in taluni casi facendo riferimento ai limiti previsti nel codice degli appalti pubblici. La materia, peraltro, è del tutto estranea a quella degli appalti di lavori, di beni o servizi, cui, quindi, non può farsi ricorso neppure per analogia. Va quindi ribadito che il ricorso a procedure concorsuali deve essere generalizzato, salve circostanze del tutto particolari ed eccezionali (quali, ad es., la procedura concorsuale andata deserta, l’unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo, l’assoluta urgenza determinata dalla imprevedibile necessità della consulenza in relazione ad un termine prefissato o ad un evento eccezionale, ecc.) (cfr. Sez. Lombardia Del. n. 379 del 26 giugno 2009).”  (cfr. di recente sez. controllo Piemonte, 11 aprile 2014, n. 11).

Sempre nella delibera, a titolo esemplificativo, viene rammentata anche la circostanza  che in passato la stessa  Sezione (con la deliberazione del  20 dicembre 2012, n. 5)  ha già avuto modo di puntualizzare“esaminando un regolamento comunale che prevedeva l’osservanza di una procedura comparativa, resa pubblica con pubblicazione all’albo pretorio, solo per incarichi eccedenti una determinata soglia monetaria, che una siffatta disciplina” non era da ritenersi  conforme a quanto declinato nell’art. 7 comma 6 – bis del D.lgs. n. 165/2001, come introdotto dall’art 32 D.L. 223/2006 e relativa legge di conversione.

E’ emerso inoltre, oltre alla incongruità della norma regolamentare, che lo steso regolamento non era stato oggetto di approvazione da parte della sezione (è noto che le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo dell’invio del regolamento sugli incarichi di consulenza alle sezioni regionali) ed il conseguente invio alla disapplicazione della norma utilizzata e della sua sostanziale riscrittura e rimozione. In modo perentorio, nella delibera si legge,  “fermo restando la doverosità di una modifica al testo regolamentare nella parte oggetto del segnalato contrasto con la disciplina legislativa come puntualmente interpretata dalla giurisprudenza contabile (cfr. Corte conti, sez. reg. contr., 11.4.2014, n.76).

6. L’accertamento sulla compatibilità con i vincoli finanziari

La sezione interviene anche in relazione  agli obblighi del responsabile del procedimento di spesa di accertare se il pagamento sia o meno compatibile con i vincoli di finanza pubblica.

In delibera si richiama  la previsione di cui all’art. 9  co. 1 lett. a) n. 2 d.l. n. 78/2009 convertito dalla l. n. 102/2009, – come in altre circostanza ribadito –  “che pone in capo al funzionario che impegna una spesa l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza pubblica. Si tratta di obbligo preventivo posto direttamente in capo al funzionario o dirigente che effettua l’impegno, di qualunque servizio o settore esso sia e che va fatto a prescindere dalle modalità di finanziamento della spesa, essendo funzionale innanzitutto ad una verifica di cassa circa l’effettiva sostenibilità del pagamento nei termini contrattualmente previsti e alla conformità dello stesso  con il complesso dei vincoli vigenti. Conseguentemente sotto tale profilo non è adeguata la risposta della Camera di Commercio che sul punto si è limitata ad affermare che in sede di bilancio di previsione sarebbero state stanziate risorse sufficienti risultando una somma di € 20.000,00, risultando assicurata unicamente la capienza del capitolo di bilancio. La suddetta verifica preventiva è infatti essenzialmente un controllo inerente la cassa finalizzato ad assicurare l’effettività del pagamento nei tempi stabiliti, da effettuarsi operativamente mediante una programmazione dei flussi di cassa ed un successivo monitoraggio nel corso dell’anno delle disponibilità liquide, onde scongiurare ritardi anche con riferimento alle previsioni contenute nel d.lgs n. 231/2002, modificato dal d.lgs n. 192/2012, in tema di lotta al ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali. Va infine rammentato che secondo l’espressa previsione di legge in caso di inosservanza di tale obbligo, quale misura organizzativa per garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute, il soggetto inadempiente può incorrere in responsabilità disciplinare ed amministrativa”.

Disposizione, oggi transitata nel T.U. 267/2000, comma 8 dell’articolo 183.      l’Amministrazione, pertanto, viene invitata   “ad adottare gli opportuni provvedimenti per conformare la propria attività alla legge in materia di affidamento di incarichi,  dando riscontro

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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