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Cenni introduttivi

La nozione di sponsorizzazione non è rinvenibile nell’ordinamento di settore, il quale, all’art. 42 della L. n. 449/1997 e all’art. 116 del D.lgs. n. 267/2000, si limita ad esprimere un favor per la stipula del contratto da parte dell’ente pubblico nella veste di soggetto sponsorizzato (c.d. sponsee), nella prospettiva tesa a conseguire economie di spesa nella realizzazione di iniziative di pubblico interesse e nel quadro del processo di innovazione e incremento qualitativo dei servizi erogati alla collettività.[1] [2]

La lacuna normativa è stata colmata dalla giurisprudenza che definisce la sponsorizzazione come il contratto mediante il quale l’ente locale (sponsee) offre ad un terzo (sponsor) la possibilità di rafforzamento della propria visibilità nei confronti del pubblico, al fine di ottenere una maggiore penetrazione nel segmento di mercato, in cambio di un “corrispettivo”, che può consistere in un finanziamento o nella fornitura di materiale o di altri beni, oppure in un risparmio di spesa.[3]

La logica ispiratrice dello strumento negoziale risponde, quindi, ad esigenze di utilità sia per le amministrazioni pubbliche che per le imprese: le prime, possono accedere a fonti per il finanziamento delle proprie attività istituzionali integrative o alternative rispetto alle risorse derivanti dal prelievo fiscale o dall’applicazione degli altri strumenti di finanza pubblica; le seconde, possono associare il loro nome o segno distintivo alla fornitura di beni, alla prestazione di servizi, alla progettazione e realizzazione di lavori o al mero finanziamento in favore di pubbliche amministrazioni, elevando queste ultime a mezzo di veicolazione dell’immagine aziendale.

Così delineati i tratti caratterizzanti l’istituto e le potenzialità connesse alla sua utilizzazione, la disamina si soffermerà sui presupposti di legittimità delle iniziative di sponsorizzazione e sull’iter procedimentale che gli enti devono seguire per addivenire alla stipula contrattuale.

Autorità di vigilanza e Codice dei contratti pubblici

Nel regime previgente il Codice dei contratti pubblici, l’Autorità di vigilanza[4] ha avuto occasione di affrontare il tema relativo alla qualificazione del contratto di sponsorizzazione, innanzitutto escludendone la natura passiva sul rilievo che esso non comporta una spesa a carico dell’amministrazione pubblica, bensì un vantaggio patrimoniale valutabile come risparmio di spesa.

Sul fronte dell’utilità derivabile per l’operatore economico privato, l’Autorità ha poi precisato che il ritorno pubblicitario conseguente dalla sponsorizzazione, pur non potendo costituire una “controprestazione” tale da connotare il contratto come oneroso, ne esclude il carattere liberale proprio delle donazioni.

Logico corollario – prosegue l’Autorità – è che trattandosi di negozio gratuito, esso prescinde dall’applicazione della normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici, la quale presuppone l’onerosità dell’accordo.

Ultima notazione – seguendo sempre il ragionamento sviluppato dall’organo di vigilanza – è che la sponsorizzazione configura un contratto sottoposto alla disciplina più idonea sulla base della prevalenza delle prestazioni che lo sponsor si impegna ad eseguire.

Le osservazioni dell’Autorità sono confluite nel Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 163/2006), il quale, all’art. 26, classifica il contratto di sponsorizzazione come “appalto escluso”: per un verso, sottraendolo al vincolo di improntare la negoziazione alle regole valevoli per le tipiche procedure di evidenza pubblica di cui alle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, nonché al D.lgs. n. 163/2006 (applicabili esclusivamente ai contratti onerosi per le amministrazioni aggiudicatrici); per altro verso, assoggettandolo alla sola osservanza dei principi Trattato U.E. enunciati dall’art. 27 del medesimo Codice, ovvero economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità.[5]

I principi del Trattato in tema di libertà della concorrenza, tesi ad evitare restrizioni ingiustificate e sproporzionate alla regola generale della libertà di competizione, sono infatti ancor più pertinenti nel caso delle sponsorizzazioni, in cui, pur in assenza di un corrispettivo pecuniario a carico dell’ente pubblico, viene in rilievo per il privato un’utilità apprezzabile sub specie di vantaggio pubblicitario e di avvicinamento ad una clientela anche di notevoli dimensioni: viene infatti conferita ad un soggetto operante nel mercato un’opportunità di guadagno e, quindi, la possibilità di un’iniziativa economica che può determinare un vantaggio competitivo. Da qui, per l’appunto, la necessità di assicurare il rispetto dei principi (desumibili dal Trattato) di parità di trattamento e non discriminazione, selezionando lo sponsor all’esito di gare informali.[6]

L’art. 26 del D.lgs. n. 163/2006, più in particolare, subordina l’esclusione dalla disciplina comunitaria e nazionale di recepimento in materia di appalti pubblici alla condizione che la sponsorizzazione, intesa come esecuzione di lavori (anche di restauro e manutenzione di beni culturali), oppure come prestazione di servizi o forniture di beni a carico di uno sponsor (privato) e a favore di amministrazioni aggiudicatrici, costituisca l’oggetto principale del contratto.

Giova rammentare, in proposito, che la giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere legittime le clausole dei bandi di gara per l’affidamento del servizio di tesoreria che prevedano il pagamento di un contributo in denaro a favore dell’amministrazione appaltante.[7]

In coerenza a tale orientamento, la sponsorizzazione è frequentemente un contratto che accede a quello (principale) di tesoreria.[8] Restano tuttavia applicabili, a causa del carattere accessorio della sponsorizzazione, le procedure di evidenza pubblica previste dal D.lgs. n. 163/2006 per gli appalti di servizi.[9] Infatti, solo nei casi in cui la sponsorizzazione si configuri come oggetto principale del contratto operano (anziché le procedure di evidenza pubblica) i principi del Trattato per la scelta dello sponsor.

Tornando alle previsioni articolate nell’art. 26 del Codice dei contratti pubblici, vengono in rilievo l’ultimo periodo del comma 1, che estende all’esecuzione delle prestazioni progettuali la normativa sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori[10] (al fine di garantire la qualità delle lavorazioni inerenti beni pubblici indipendentemente dal titolo sulla cui base esse vengono effettuate), nonché l’ultimo comma, che sancisce l’obbligo per le amministrazioni pubbliche della sorveglianza e vigilanza sugli interventi affidati agli sponsor.

Tipologie di sponsorizzazione e referenti normativi

La sponsorizzazione c.d. tecnica ha ad oggetto l’acquisizione o la realizzazione di lavori, servizi, forniture “a cura e spese dello sponsor” e rinviene il proprio fondamento nell’art. 26 del Codice.

Essa differisce dalla sponsorizzazione di mero finanziamento (o pura), nella quale lo sponsor, in cambio dello sfruttamento di spazi a fini pubblicitari, si obbliga non allo svolgimento di un’attività ma al versamento di un contributo.

L’Autorità di vigilanza, anche di recente, ha avuto modo di precisare che la sponsorizzazione pura o di mero finanziamento non ricade nell’ambito applicativo né degli artt. 26 e 27 del D.lgs. n. 163/2006 (gare informali soggette ai soli principi evincibili dal Trattato), né delle direttive comunitarie in tema di appalti pubblici e della normativa interna di adeguamento, bensì in quello del R.D. n. 827/1924, ossia alle norme di contabilità pubblica. Detto tipo di sponsorizzazione, pertanto, integra uno schema contrattuale che implica, pur sempre, il previo esperimento di procedure trasparenti, nel rispetto dei principi di legalità e buon andamento dell’azione amministrativa.[11]

La sponsorizzazione pura, inoltre, è espressamente contemplata dall’art. 120 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004), norma incentrata sulla dazione di un contributo da parte del soggetto privato (sponsor), strumentale alla progettazione o alla realizzazione di una iniziativa istituzionale di tutela o valorizzazione del patrimonio culturale.[12]

La distinzione tra sponsorizzazione pura (o di mero finanziamento) e sponsorizzazione tecnica – come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo – trova conferma nel D.L. n. 5/2012 (c.d. decreto semplificazioni), che ha introdotto nel corpus del D.lgs. n. 163/2006 il nuovo articolo 199 bis in tema di interventi sui beni culturali, intitolato “Discipline delle procedure per la selezione di sponsor”.

Sponsorizzazioni attive

Come già esposto, l’art. 43 della L. n. 449/1997 ha autorizzato in via generale le pubbliche amministrazioni a svolgere le proprie attività istituzionali anche mediante il ricorso alle sponsorizzazioni. Queste ultime, essendo subordinate a condizioni tassativamente stabilite ex lege, consistenti nel perseguimento di interessi pubblici, nell’esclusione di qualsiasi conflitto di interesse tra attività pubblica e privata e nella necessità di risparmi di spesa, erano in realtà concepite e regolate con riferimento ai contratti stipulati dall’ente pubblico in qualità di sponsee, cioè di soggetto sponsorizzato.

Rimanevano sottratte alle disposizioni del citato art. 43 le c.d. sponsorizzazioni attive, nelle quali la veste di sponsor è assunta dall’ente pubblico, ritenute comunque ammissibili dalla giurisprudenza purché non risulti alterata l’immagine di neutralità dell’ente.

L’art. 6 comma 9 del D.L n. 78/2010 (conv. in L. n. 122/2010) ha tuttavia disposto che a decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ai sensi dell’art. 1 comma 3 della L. n. 196/2009), incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni.

Allo stato, pertanto, risulta interdetto il ruolo dell’amministrazione come sponsor. Come però precisato dalla giurisprudenza contabile, il divieto, la cui finalità è quella di ridurre i costi degli apparati, concerne qualsiasi forma di contribuzione intesa a valorizzare il nome o la caratteristica del Comune ovvero a sostenere eventi che non siano diretta espressione dei compiti istituzionali dell’Ente. Sono, invece, da ritenersi tutt’ora ammesse le contribuzioni a soggetti terzi per iniziative, anche culturali, che siano di diretto sostegno di finalità sociali o comunque istituzionali e che rappresentino in via sussidiaria una modalità alternativa della realizzazione del fine pubblico rispetto alla scelta da parte dell’amministrazione di erogare un servizio di utilità per la collettività.[13]

Sponsorizzazione (tecnica, di puro finanziamento) e affidamento diretto nel D.L. n. 5/2012

Come accennato, il c.d. decreto semplificazioni ha disciplinato ex novo le procedure per la selezione dello sponsor in relazione agli interventi sui beni culturali.[14]

La novella prevede che al fine di assicurare il rispetto dei principi di cui all’art. 27 del Codice dei contratti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici competenti integrano il programma triennale di cui all’art. 128 del medesimo Codice con apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture in ordine ai quali intendono ricercare uno sponsor per il finanziamento o la esecuzione di interventi sui beni culturali.

La ricerca dello sponsor avviene mediante un bando pubblicato sul sito istituzionale dell’amministrazione procedente per almeno trenta giorni. Dell’avvenuta pubblicazione viene dato avviso su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, per i contratti di importo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

L’avviso (contenente la descrizione sommaria dell’intervento, il valore di massima, i tempi di realizzazione e la richiesta di offerte in aumento sull’importo minimo indicato) deve specificare se si intende acquisire una sponsorizzazione di puro finanziamento, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell’appalto dovuti dall’amministrazione, ovvero una sponsorizzazione tecnica, consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e spese dello sponsor. In quest’ultimo caso il bando indica gli elementi e i criteri di valutazione delle offerte.

Con riguardo all’iter di affidamento, viene stabilito che l’amministrazione stila la graduatoria delle offerte pervenute entro i termini stabiliti dalla lex specialis (non inferiore a sessanta giorni) e può indire una successiva fase finalizzata all’acquisizione di ulteriori offerte migliorative, fissando il termine ultimo per i rilanci.[15]

L’amministrazione procede, quindi, alla stipula del contratto di sponsorizzazione con il soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore, in caso di sponsorizzazione pura, o ha proposto l’offerta realizzativa giudicata migliore, in caso di sponsorizzazione tecnica.

Degna di nota è la previsione per il caso in cui non sia stata presentata nessuna offerta o nessuna offerta appropriata, ovvero tutte le offerte presentate siano irregolari o inammissibili (in ordine a quanto disposto dal Codice dei contratti pubblici in tema di requisiti degli offerenti e delle offerte) o non siano rispondenti ai requisiti formali della procedura: ricorrendo dette evenienze, la stazione appaltante può, nei successivi sei mesi, ricercare di propria iniziativa lo sponsor con cui negoziare il contratto di sponsorizzazione, ferme restando la natura e le condizioni essenziali delle prestazioni richieste nella sollecitazione pubblica.

In definitiva, risulta codificata la distinzione tra sponsorizzazione tecnica e di puro finanziamento (sebbene con riferimento agli interventi sui beni culturali) e, contestualmente, viene scandita un’identica procedura di affidamento per entrambe le tipologie contrattuali.

Ulteriore, rilevante novità introdotta dal D.L. n. 5/2012 attiene alla possibilità di affidare direttamente il contratto di sponsorizzazione (tecnica) di cui all’art. 26 del D.lgs. n. 163/2006 in deroga ai principi del Trattato per la scelta dello sponsor (cioè in deroga alla procedura di gara informale declinata dall’art. 27 del D.lgs. n. 163/2006 cit.) allorché l’importo sia pari od inferiore alla soglia di quarantamila euro.


[1] Art. 43 della L. n. 449/1997: “Al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiore economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile”.

[2] Art. 119 del D.lgs. n. 267/2000: “In applicazione dell’art. 43 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le provincie e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi”.

[3] Tra le tante: Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Lazio, Deliberazione n. 27/2010, par.

[4] Determinazione n. 24/2001 e Deliberazione n. 48/2008.

[5] L’art. 27 del D.lgs. n. 163/2006 esprime, com’è noto, la necessità che la scelta del contraente sia conseguente a una procedura competitiva e concorrenziale ispirata ai principi del Trattato U.E., in modo da consentire alle imprese interessate di esplicare le proprie chances partecipative. Il principio di trasparenza si pone in correlazione con il divieto di discriminazione in base alla nazionalità e si traduce nell’esigenza di diffondere le informazioni relative ai contratti da stipulare, per consentire alle imprese di valutare l’opportunità della presentazione di un’offerta. La trasparenza è il logico corollario della parità di trattamento di cui assicura l’utile effetto, garantendo, tramite l’eguale possibilità di partecipare alle gare e l’obiettiva ed imparziale selezione dei candidati, condizioni di concorrenza non falsate, imponendo alle amministrazioni aggiudicatrici l’adozione di adeguati regimi di pubblicità anche nell’affidamento degli appalti sottratti alla disciplina del Codice dei contratti pubblici.

[6]Tutte le volte in cui si ha l’affidamento di un’attività, di un servizio, di un’opportunità economicamente rilevante si sollecita il mercato e, quindi, bisogna rispettare le regole di parità di trattamento, di non discriminazione, di par condicio tra gli operatori del mercato stesso (…). Restano, pertanto, sottoposti ai principi desumibili dal trattato in materia di tutela della concorrenza i contratti gratuiti nei quali l’impresa, in virtù di un’utilità economica “indiretta”, in termini di pubblicità o notorietà, accetta di eseguire prestazioni senza alcun onere economico per gli enti pubblici” (Cons. Stato, sez. VI, 10 giugno 2007, n. 30).

[7] Cons. Stato, Ad. Plen. 18 giugno 2002, n. 6; Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2010, n. 8933; idem, 22 marzo 2010, n. 1673.

[8] L’effetto della sponsorizzazione è quello, previa espressa previsione nel bando, di riservare alla relativa voce una quota del punteggio da attribuire agli istituti di credito concorrenti.

[9] Cfr. art. 20 comma 2 del D.lgs. n. 163/2006.

[10] Artt. 40, 41 e 42 del D.lgs. n 163/2006.

[11] Deliberazione A.V.C.P. n. 9 del 8 febbraio 2012; cfr. anche parere sula normativa n. AG1/10 del 11 marzo 2010.

[12] Art. 120 del D.lgs. n. 42/2004: “E’ sponsorizzazione di beni culturali ogni contributo, anche in beni e servizi, erogato per la progettazione o l’attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività del soggetto erogante”. La  norma è completata dalle previsioni secondo cui il contratto di sponsorizzazione definisce le modalità di erogazione del contributo, nonché le forme di controllo sulla realizzazione dell’iniziativa cui il contributo si riferisce.

[13] Corte Conti, Sez. Reg. Contr. Lombardia, Deliberazione n. 1075/2010 par; Idem, Deliberazione n. 6/2011 par.; Corte Conti, Sez. Reg. Contr. Liguria, Deliberazione n. 6/2011 par.

[14] Art. 199 bis del D.lgs. n. 163/2006.

[15] È previsto che le offerte pervenute siano esaminate da una commissione giudicatrice in caso di interventi il cui valore stimato al  netto dell’iva sia superiore a un milione di euro e nei casi di particolare complessità.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giangiuseppe Baj
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica.
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