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Volendo analizzare, a poco tempo dall’entrata in vigore del d.lgs. 36/2023, taluni specifici istituti, ed in particolare tra questi, l’istituto del subappalto nella parte più delicata dello stesso, cioè il divieto di apposizione di limitazioni al subappalto nell’ottica della più ampia partecipazione; ci si imbatte in alcune pronunce che si ritiene utile considerare.

In primis Tar Friuli Venezia-Giulia, Sez. I, 27 maggio 2023, n. 187, nel quale si legge che “5.1. La ricorrente lamenta la mancata applicazione, nella fase esecutiva del rapporto contrattuale, della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sez. V, 26.09.2019, C-63/18, Vitali s.p.a.), che ha dichiarato incompatibile con la direttiva 2014/24/UE la disposizione nazionale – art. 105, comma 2, codice dei contratti pubblici all’epoca vigente – avente l’effetto di limitare “al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi”.

5.2. Il ragionamento non è condivisibile, fin dalle sue premesse. La ricorrente non considera, innanzitutto, che la Corte non ha inteso censurare in assoluto la previsione di limiti quantitativi al subappalto, ma solo la loro fissazione in via generale ed astratta ad opera della fonte primaria. Una disposizione come l’art. 105, comma 2 del Codice vigente ratione temporis, nella sua assolutezza e indistinta applicabilità, viene ritenuta in contrasto con il principio di proporzionalità, potendo ipotizzarsi misure meno restrittive e parimenti idonee a perseguire l’obiettivo avuto di mira dal legislatore italiano, cioè il contrasto alla criminalità organizzata. Secondo la Corte, in particolare (par. 40 della sentenza): “la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”.

5.3. La C.G.U.E. ha dunque inteso preservare, anche in materia di subappalto, la discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici, consentendo loro di valutare, con la necessaria elasticità, le caratteristiche della situazione concreta. Considerata la ratio della pronuncia, non è possibile ricavarne un divieto assoluto all’apposizione di limiti quantitativi al subappalto, che porterebbe ugualmente a vincolare – pur se in senso opposto rispetto al censurato art. 105, comma 2 del Codice – l’azione degli Enti aggiudicatori. Non a caso, anche il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36 del 2023), pur non prevedendo limiti generali al subappalto, lascia le stazioni appaltanti libere di disciplinarne il ricorso in senso restrittivo, attraverso l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni “da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto …” (art. 119, comma 2).

L’analisi dell’istituto transita altresì attraverso la conoscenza delle differenze operative individuabili scorredo i due testi normativi di riferimento (d.lgs. 50/2016 e d.lgs. 36/2023). In quest’ottica pertanto ci si rende ad esempio conto delle indicazioni provenienti dalla disciplina Comunitaria e dall’impatto di queste con il c.d. divieto di subappalto a cascata, presente nel “vecchio codice”, eliso con specifiche accortezze, nel “nuovo codice”.

Gli art. 105 co. 19 d.lgs. 50/2016 e l’art. 119 co. 17 del d.lgs. 36/2023, si pongono in posizione diametralmente opposta davanti alla questione subappalto a cascata, ma volendo prendere a spunto una interessante sentenza sul punto: Tar Liguria – Genova con la sentenza della I sezione del 10 maggio 2023 n. 495, si può cogliere una interessante indicazione, nella specie che non rientrano nel novero dei casi di subappalto a cascata, le prestazioni di consulenza specialistica in materia ambientale ed archeologica in favore di due società (rispettivamente, omissis …), le quali hanno a loro volta individuato per l’espletamento delle prestazioni affidate due professionisti nominativamente indicati (rispettivamente, omissis …) ad esse legati da un rapporto di lavoro dipendente.

Altro interessante risvolto attiene all’inserimento o meno, nel novero del subappalto delle attività specifiche affidate a lavoratori autonomi per le quali vi è obbligo di comunicazione alla stazione appaltante (nel vecchio codice art. 105 co. 3 lett. a); nel nuovo codice art. 119 co. 3 lett. a)). Sul punto interessantissima ricostruzione effettuata dal Consiglio di Stato, sez. V, 21.08.2023 n. 7862, il quale anche attraverso il richiamo ad una precedente pronuncia (Cons. di Stato sez. V, n. 4150 del 31.05.2021) afferma che: “L’art. 105, comma 3, lett. a), d.lg. n. 50 del 2016 non può essere configurato come una norma derogatoria del subappalto posto che la disposizione muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto e con l’amministrazione appaltante, giunge alla conclusione che i contratti con i quali vengono affidate a lavoratori autonomi specifiche attività rientranti nell’appalto non sono contratti di subappalto; nondimeno, ‘la distinzione tra le due figure contrattuali (subappalto e lavoro autonomo) si fonda non solo, come si è veduto, sulla specificità delle prestazioni, ma anche sulla diversità degli effetti giuridici dei due tipi di contratto. Le prestazioni alla base dei due contratti sono infatti dirette a destinatari diversi: nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario; nell’altro caso, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale. Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto (Consiglio di Stato, sez. V, 31/05/2021, n. 4150 sopra richiamata).”

Da ultimo, concludendo questa rapidissima carrellata sull’istituto del subappalto, l’attenzione si pone sul Parere n. 1756 del 31/01/2023 reso dal supporto giuridico del MIMS, calibrato in risposta a tre questioni discendenti da un assunto di partenza e cioè l’esistenza di un importo contrattuale di appalto tra S.A. e appaltatore diverso (nella specie inferiore) rispetto al contratto sussistente tra appaltatore e subappaltatore.

In particolare le questioni sollevate attenevano:

  1. Se l’importo autorizzato dalla S.A. deve essere quello originario di contratto che la lega alla ditta appaltatrice, ovvero il diverso importo (più alto) che lega quest’ultima alla subappaltatrice.

Sul punto il MIMS afferma che la S.A. non potrà in nessun caso pagare un importo superiore a quello determinato dai prezzi di contratto.

  • La S.A. che paga al subappaltatore direttamente, dovrà corrispondergli quindi l’importo contrattualmente definito nell’appalto con la ditta appaltatrice, ovvero il diverso importo che lega il subappaltatore alla ditta appaltatrice?

Su tale aspetto il MIMS risponde inequivocabilmente validando la prima opzione, pagamento dell’importo contrattuale di appalto definito a monte con la ditta appaltatrice.

  • Da ultimo, dovendo la S.A. pagare direttamente la ditta subappaltatrice, essa dovrà richiedere e verificare la fattura quietanzata attestante il riconoscimento della differenza corrisposta dall’appaltatore al subappaltatore?

Su tale aspetto il MIMS rammenta che nel vigente codice dei contratti non si ritrova l’analoga previsione relativa all’obbligo di vigilanza e controllo del RUP prevista dal precedente Codice degli appalti (art. 10d.lgs12 aprile 2006 n. 163) e relativo regolamento (D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207).Tuttavia, come anche di recente affermato dalla giurisprudenza, la stazione appaltante deve sempre verificare l’avvenuto tempestivo pagamento del subappaltatore, quale doveroso controllo sulla corretta esecuzione delle obbligazioni contrattuali che – tra l’altro – esclude la configurabilità di una sua responsabilità ex art. 2043 c.c. per lesione colposa del diritto di credito del terzo (Tribunale Roma, sez. II, 27 settembre2022, n. 13949). Quindi, e a maggior ragione nel caso in cui negli atti di gara sia previsto l’obbligo dell’aggiudicatario di trasmettere la copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti corrisposti ai subappaltatori, la stazione appaltante dovrà procedere alla verifica dell’integrale pagamento al subappaltatore dell’importo “A”, nello stesso modo in cui, ordinariamente, verificherebbe l’integrale pagamento dei prezzi che, nei contratti di subappalto, sono quasi sempre ribassati rispetto a quelli contrattuali.

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Redazione MediAppalti
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