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Premessa

Con l’Ordinanza del 16 giugno 2023 n. 5949, la V Sezione del Consiglio di Stato ha, per quel che qui rileva, chiesto alla Corte di giustizia dell’UE di pronunciarsi sulla seguente questione pregiudiziale: «se la direttiva 2004/18/CE, gli artt. 16 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli gli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 11 comma 6, 37 commi 8,9,10,18 e 19, 38, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 163 del 2006) che escludono, in caso di scadenza del termine di validità dell’offerta originariamente presentata da un Raggruppamento temporaneo di imprese costituendo, la possibilità di ridurre, all’atto dell’estensione della validità temporale della medesima offerta, la originaria compagine del raggruppamento; in particolare, se tali disposizioni nazionali siano compatibili con i principi generali del diritto dell’Unione europea di libera iniziativa economica ed effetto utile, nonché con l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

Per meglio comprendere il contesto giuridico alla base della questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato, occorre ripercorrere le origini della controversia ed il particolare contesto fattuale della stessa.

1. L’origine della controversia

Con bando pubblicato in GURI nel 2015, veniva indetta una gara a procedura aperta, ai sensi del D. Lgs. n. 163/2006 e s.m.i., per l’affidamento della fornitura del Servizio Luce e dei servizi connessi ed opzionali, suddivisa in 12 Lotti geografici.

Nel termine di presentazione delle offerte risalente al 2016, un RTI, allora composto dalla Capogruppo mandataria e da tre imprese mandanti, presentava offerta in relazione a 4 dei 12 lotti geografici in palio.

Nel frattempo, la procedura di gara, pur dovendo concludersi nel 2017, veniva fatta oggetto di svariate proroghe. Il che aveva di conseguenza comportato la necessità di reiterate conferme delle offerte nel tempo scadute e l’estensione delle relative garanzie provvisorie.

In occasione della settima richiesta di conferma delle offerte, tutti i componenti dell’originario raggruppamento temporaneo di imprese concorrente, rappresentavano alla Stazione appaltante l’intenzione da parte della sola Capogruppo mandataria e di una delle tre mandanti di confermare le originarie offerte e la contestuale indisponibilità delle restanti due originarie mandanti di confermare le medesime offerte, stante la imprevista e imprevedibile durata pluriennale delle operazioni propedeutiche all’affidamento della gara in oggetto, l’incertezza sui tempi ancora necessari alla conclusione della gara, l’insostenibilità per le medesime società dal punto di vista imprenditoriale e sotto il profilo della corretta e prudente gestione aziendale, anche in considerazione delle operazioni in atto sulla loro organizzazione aziendale.

La Stazione appaltante accettava le appendici delle cauzioni provvisorie prodotte dal (ridotto) RTI, senza sollevare obiezione alcuna in ordine alla nuova configurazione dell’RTI concorrente ed alla conferma dell’offerta da parte di quest’ultimo nella configurazione soggettiva residua.

Solo a seguito, di una ulteriore richiesta di estensione di validità delle offerte, la Stazione appaltante, dopo aver avviato un “procedimento ai sensi della legge n. 241/90 al fine di valutare il possesso del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del D. Lgs. n. 163/2006 e la legittimità del recesso delle mandanti”, sul presupposto che, in occasione della mancata conferma delle offerte fosse stato da loro posto in essere un “recesso” abusivo dall’RTI, escludeva il Raggruppamento ed escuteva automaticamente le polizze provvisorie prestate per i lotti oggetto di offerta.

Avverso tale provvedimento di esclusione ed avverso il successivo provvedimento di incameramento delle polizze, insorgevano alcuni componenti del RTI. Con la sentenza n. 4487/2021 il TAR Lazio rigettava il ricorso, ritenendo che non sussistessero gli estremi per sollevare questione di legittimità costituzionale o di compatibilità euro-unitaria degli articoli 11 e 37 del d.lgs. 163/2006, non ravvisando alcuna antinomia tra la disciplina nazionale e quella contenuta nella direttiva 2004/18, ratione temporis vigente, la quale non prevedeva l’obbligo per il legislatore di introdurre, nella situazione innanzi descritta, la possibilità di ridurre la originaria compagine del raggruppamento.

Il fulcro motivazionale della decisione di primo grado, che si era pronunciata in parte qua sul rigetto del ricorso, stava nell’impossibilità di conferma parziale, ovvero da parte di solo alcuni componenti del RTI, dell’offerta presentata, all’atto della scadenza del termine di vincolatività, e nell’inammissibilità dell’esercizio del diritto del recesso da un RTI nel vigore della disciplina del D.lgs. 163/2006 (applicabile ratione temporis alla procedura di cui è causa), se non nei ristretti limiti ammessi dalla giurisprudenza, ed in ogni caso nel carattere elusivo del recesso esercitato nella gara de qua, in quanto volto ad evitare un provvedimento di esclusione.

Il provvedimento di esclusione, come evidenziato nella sentenza di prime cure, era idoneo a fondarsi sull’autonoma ragione d’illegittimità del recesso esercitato dalle originarie mandanti attuato tramite la non conferma dell’offerta, con relativa modifica in riduzione del RTI, in quanto violativo degli artt. 11, comma 6 e 37, comma 9, d.lgs. 163/2006, essendo in tesi possibile il recesso unicamente del “concorrente” – e dunque del RTI nel suo complesso – “e non delle singole società che lo compongono”.

Nella specie non ricorreva – secondo il primo giudice – finanche l’ipotesi del recesso c.d. in riduzione ammessa dalla giurisprudenza, in quanto il recesso era stato ritenuto elusivo della verifica sull’affidabilità del concorrente originario mandatario, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006.

Avverso tale decisione veniva proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato.

2. La normativa applicabile e l’interpretazione giurisprudenziale

Nella controversia de qua assume portata dirimente il combinato disposto degli artt. 11 comma 6, 37 commi 8, 9, 10, 18 e 19 e 38 comma 1 lett. f) del D.lgs. 163/2006.

Non pare inutile rammentare, quindi, che:

  • l’art. 11, comma 6, dispone(va) che: “Ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta. L’offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell’invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di detto termine”;
  • l’art 37, ai commi 8, 9, 10, 18 e 19, a sua volta, prevede(va) che: “8. È consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi ordinari di concorrenti e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti.

9. È vietata l’associazione in partecipazione. Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta.

10. L’inosservanza dei divieti di cui al precedente comma comporta l’annullamento dell’aggiudicazione o la nullità del contratto, nonché l’esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, concomitanti o successivi alle procedure di affidamento relative al medesimo appalto. […].

18. In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall’appalto.

19. In caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”.

  • Infine, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f): “1. sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: […] f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.

Fatta tale doverosa premessa della cornice normativa della controversia, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, avuto riguardo all’interpretazione di tali norme come operata dalla giurisprudenza, il provvedimento di esclusione si profilava come atto dovuto in primo luogo in quanto violativo del divieto di modifica del raggruppamento temporaneo: infatti il diritto potestativo di sciogliersi dall’offerta presentata in gara, una volta che la stessa sia giunta a scadenza, può essere esercitato dal costituendo RTI nella sua interezza, avendo riguardo al combinato disposto dell’art. 11 comma 6 e dell’art. 37, commi 8 e 9 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Al principio di immodificabilità del RTI fanno eccezione le sole ipotesi contemplate dai successivi commi 18 e 19 del medesimo art. 37. La violazione di tale divieto è sanzionata con l’esclusione degli operatori riuniti in raggruppamento, ai sensi del comma 10 del medesimo disposto normativo.

Il RTI partecipa infatti alla gara in qualità di parte plurisoggettiva composta da “tutti gli operatori economici” che lo costituiranno. La sottoscrizione dell’offerta da parte dei singoli operatori del raggruppamento consente, da un lato, di imputare la proposta contrattuale che è stata formulata a tutti i partecipanti del futuro raggruppamento e, dall’altro lato, in caso di aggiudicazione, di vincolare i singoli operatori, ognuno secondo il diverso regime di responsabilità solidale previsto per la tipologia di raggruppamento prescelto (verticale o orizzontale), nei confronti della stazione appaltante.

Avuto riguardo al combinato disposto di tali norme non sarebbe stato pertanto possibile la conferma dell’offerta, all’atto della scadenza della sua vincolatività, da parte di soli due componenti (rispetto ai quattro originari) del RTI, avendo da un lato riguardo alla ratio dell’art. 11 comma 6 del Codice e dall’altro al principio di immodificabilità soggettiva del RTI in corso di gara, evincibile dal disposto dell’art. 37 comma 9 del Codice.

Ed invero la ratio posta a presidio del disposto dell’art. 11 comma 6 “è evidentemente quella di mantenere ferma l’offerta per tutto il periodo di presumibile durata della gara e non quella di limitare nel tempo la validità (o meglio l’efficacia) dell’offerta, non corrispondendo certamente tale limitazione ad un interesse dell’amministrazione” (cfr., Consiglio di Stato, Sez. III, 25 febbraio 2013, n. 1169).

Tale ricostruzione è del tutto coerente con la giurisprudenza amministrativa, che ha chiarito che l’art. 11 comma 6 D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 – a norma del quale nelle gare d’appalto l’offerta del concorrente è vincolante per il periodo indicato nel bando e, in caso di mancata indicazione per 180 giorni decorrenti dalla scadenza del termine per la sua presentazione, salvo che la Stazione appaltante chieda ai concorrenti il differimento di tale termine – è posto a protezione e tutela dell’offerente, il quale, decorso il termine, può ritenersi sciolto dall’offerta presentata; pertanto, la sussistenza del “vincolo” non significa che l’offerta decade ex lege decorso il termine, ma solo che l’offerente può svincolarsi da essa e se non dichiara di ritenersi sciolto, l’offerta non decade, con la conseguenza che la circostanza che allo scadere dei predetti 180 giorni il concorrente non abbia dichiarato di voler mantenere l’offerta non comporta la decadenza dell’offerta medesima (ex multis Cons. Stato Sez. V, Sent., 13/09/2016, n. 3866; CGA, 27 novembre 2012, n. 1045; Cons. St., Sez. VI 24 giugno 2010 n. 4019; Id., 24 novembre 2010 n. 8224).

Avendo riguardo a tale ratio, una volta che sia venuto a scadenza il termine di vincolatività dell’offerta, non si tratta di confermare un’offerta non più efficace, ma di liberarsi da un vincolo che, pertanto, in mancanza di contraria volontà espressa da tutti i soggetti componenti la parte plurisoggettiva, deve intendersi ancora sussistente. Inoltre, il principio di immutabilità soggettiva del RTI, è applicabile anche alle ipotesi in cui quest’ultimo non sia ancora formalmente costituito.

A tale proposito, infatti, la giurisprudenza ha ritenuto che “l’art. 37, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006 impone ai soggetti di cui all’art. 34, comma 1, lett. d) ed e), l’impegno, in sede di offerta, a rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una componente del raggruppamento per il caso di aggiudicazione” (cfr. Cons. Stato Sez. V, Sent., 10 novembre 2010, n. 7996). La formulazione di tale impegno è una componente indefettibile dell’offerta richiesta da una norma primaria puntuale che non necessita della mediazione data dalla lex specialis. Va rammentato che l’impegno a conferire il mandato collettivo speciale con rappresentanza e, quindi, a costituire il raggruppamento, ha natura negoziale, ed è elemento essenziale della “espressione della volontà contrattuale” del concorrente in sede di gara.

Segnatamente, se la sottoscrizione congiunta dell’offerta risponde all’esigenza di assicurare la contitolarità del rapporto contrattuale tra le imprese concorrenti, l’esigenza che, nell’ipotesi di imprese associate, queste si presentino unitariamente nei confronti della controparte pubblica, resterebbe insoddisfatta in difetto dell’impegno, da assumere contestualmente all’offerta, a rilasciare un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse per il caso di aggiudicazione (così Consiglio Stato, sez. V, 19 giugno 2003, n. 3657).

In definitiva, detto impegno mira a garantire alla stazione appaltante la serietà della partecipazione alla procedura di raggruppamenti formalmente non ancora costituiti, in guisa da garantire la stazione appaltante in ordine all’effettiva costituzione del soggetto collettivo chiamato alla stipulazione del contratto a seguito dell’aggiudicazione. Il soddisfacimento di tale interesse richiede, in definitiva, l’assunzione di un impegno formale giuridicamente vincolante nei termini richiesti dalla normativa primaria – ossia un contratto preliminare di mandato condizionato all’aggiudicazione – come tale non sostituibile con dichiarazioni di altro tenore che consentano di desumere aliunde l’intenzione di costituire il raggruppamento temporaneo senza avere eguale portata giuridicamente impegnativa.

Il Collegio, dopo aver evidenziato tale profilo, ha osservato che l’esclusione, avuto riguardo alla mancata conferma dell’offerta da parte delle originarie due mandanti una volta che si sia esclusa la possibilità di non conferma dell’offerta da parte di alcuni dei componenti del RTI e si sia pertanto equiparato lo svincolo del singolo operatore ad un recesso dal RTI – in presenza della riserva espressa nella fattispecie de qua ab initio dalla stazione appaltante sull’affidabilità morale di una delle due originarie mandanti (a cui è, in corso di gara, era subentrato un nuovo operatore economico per effetto del contratto di affitto di ramo d’azienda) si profilava come atto dovuto anche per altro motivo, risolvendosi la mancata conferma dell’offerta da parte della mandante – id est il suo recesso – in un atto elusivo del preannunciato controllo sull’affidabilità morale.

A tale proposito, la giurisprudenza, infatti, a partire della nota sentenza dell’Adunanza Plenaria 4 maggio 2012 n. 8, ha ammesso la legittimità del recesso di una delle imprese del raggruppamento “purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva” .

La giurisprudenza successiva, sulla base di tali principi ha pertanto precisato che il rigore di questa disposizione vada temperato in ragione dello scopo che persegue, “che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari […]. Tale soluzione va seguita, come ha stabilito l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio e non, invece, per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva (Cons. St., Ad. Plen., 4.5.2012, n. 8)” (ex multis Cons. Stato Sez. III, Sent., 04/12/2015, n. 5519).

È stato pertanto precisato (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, 24 febbraio 2020, n. 1379; Consiglio di Stato, 17/07/2017 n. 3507) che la modifica soggettiva del RTI è possibile solo in presenza di tre presupposti:

“a) laddove tale modificazione operi ‘in riduzione’ (e non ‘in aggiunta’ o ‘in sostituzione’ di alcuno dei componenti il raggruppamento);

b) laddove la modificazione soggettiva non risulti finalizzata ad impedire la verifica dei controlli in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione;

c) laddove, comunque, i residui membri del raggruppamento siano di per sé in possesso – anche in assenza dell’operatore escluso – della totalità dei requisiti di partecipazione, senza la possibilità di ammettere a tal fine integrazioni di sorta.

Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, quali elaborate nel tempo dalla giurisprudenza amministrativa, l’esclusione del raggruppamento nel suo complesso si profilava quale atto dovuto, sia in quanto violativo del principio di immodificabilità del RTI – qualora non sia dimostrata la sussistenza di esigenze organizzative dell’intero raggruppamento a base del recesso esercitato dal singolo operatore aderente al raggruppamento (cui deve equipararsi, per le ragioni innanzi evidenziate, la mancata conferma dell’offerta all’atto della scadenza della sua vincolatività) – sia laddove il recesso si profili come operato con finalità elusiva, in quanto volto a evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente del RTI che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva.

3. I dubbi sollevati dal Consiglio di Stato sulla compatibilità delle norme del d.lgs. n. 163/2006 e della loro interpretazione “nazionale” con i principi eurounitari

Il Consiglio di Stato, con un’articolata e non scontata motivazione, ha, però, ritenuto che il “costringere” i componenti del RTI a rimanere vincolati all’offerta presentata per un periodo indefinito di tempo, anche in caso di plurime scadenze della sua vincolatività, in presenza di gare complesse, il cui svolgimento richieda anche svariati anni – con la sola possibilità di non conferma dell’offerta da parte di tutti gli originari componenti del RTI – appare violativo del principio della libertà di impresa di cui all’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Il suddetto articolo 16 – nel disporre che “È riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali” nonché con i principi di proporzionalità di cui all’art. 52 della medesima Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché di proporzionalità concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli gli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE” –  codifica in termini positivi gli approdi giurisprudenziali della Corte di giustizia che hanno riconosciuto la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale (cfr. sentenze del 14 maggio 1974, causa 4-73, Nold, e del 27 settembre 1979, causa 230/78, SpA Eridania) e la libertà contrattuale (cfr., tra l’altro, sentenze Sukkerfabriken Nykøbing, causa 151/78; del 5 ottobre 1999, causa C-240/97, Spagna/Commissione) e sull’articolo 119, paragrafi 1 e 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea che riconosce la libera concorrenza.

È vero che questo diritto si esercita nel rispetto del diritto dell’Unione e delle legislazioni nazionali e che può essere sottoposto alle limitazioni previste all’articolo 52, paragrafo 1 della Carta (“Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui”).

Ma per altro verso, il divieto di svincolo dall’offerta, giunta alla sua ulteriore scadenza, da parte del singolo componente del RTI, soprattutto in relazione a gare che si protraggano per un lungo periodo di tempo, pena l’esclusione del RTI nel suo complesso, quale evincibile dalla equiparazione fra mancata conferma dell’offerta da parte del singolo operatore aderente al RTI e recesso dal RTI, derivante dall’applicazione delle norme innanzi indicate, non è sembrato al Consiglio di Stato misura proporzionale rispetto all’esigenza di garanzia della serietà dell’offerta presentata e della sua imputabilità al RTI quale parte plurisoggettiva, laddove gli operatori economici che hanno confermato l’offerta siano di per sé in possesso – anche in assenza dell’operatore che si sia svincolato dall’offerta – della totalità dei requisiti di partecipazione, senza la possibilità di ammettere a tal fine integrazioni di sorta.

Difatti, conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione europea e cui l’aggiudicazione di appalti conclusi negli Stati membri deve conformarsi, come risulta dal considerando 2 della direttiva 2004/18, le misure adottate dagli Stati membri non devono infatti andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo (v., in tal senso, sentenze della Corte 28 febbraio 2018, cause riunite MA.T.I. SUD SpA C‑523/16 e C‑536/16, del 16 dicembre 2008, Michaniki, C‑213/07, punti 48 e 61; del 19 maggio 2009, Assitur, C‑538/07, punti 21 e 23; del 23 dicembre 2009, Serrantoni e -OMISSIS- stabile edili, C‑376/08, punto 33, nonché del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C‑425/14, punto 29).

Il Collegio ha dunque osservato che una volta operata l’equiparazione fra mancata conferma dell’offerta da parte del singolo operatore economico aderente al RTI e recesso dal raggruppamento, l’esclusione diventa in ogni caso vincolata, laddove ritenuta elusiva del controllo sull’affidabilità morale, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f) del Codice, dell’operatore che viene meno per effetto del recesso; per contro, nell’ipotesi in cui fosse ammessa la non conferma dell’offerta da parte di tale operatore, non potendo più considerarsi lo stesso come componente del RTI partecipante alla gara, alcun controllo successivo dovrebbe essere operato su detta affidabilità professionale.

4. Conclusioni

Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato, del tutto opportunamente, ha ravvisato la necessità, quale giudice di ultima istanza, di disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, volto ad accertare la compatibilità con i principi europei di libera circolazione e libertà di stabilimento di un sistema che equipari la mancata conferma dell’offerta da parte di una delle imprese del costituendo RTI, all’atto della scadenza della sua vincolatività, al recesso dal RTI, rendendo pertanto vincolata l’esclusione del raggruppamento per violazione del divieto di modifica soggettiva del RTI. E posta tale equiparazione ed a prescindere dal divieto innanzi indicato, sanzioni in ogni caso con l’esclusione del raggruppamento la mancata conferma dell’offerta – id est il recesso – operata dall’operatore economico con finalità elusive del controllo ex art. 38 comma 1 lett. f) d.lgs. 163/2006.

Il divieto di svincolo dall’offerta è misura proporzionale rispetto all’esigenza di garanzia della serietà dell’offerta presentata e della sua imputabilità al RTI quale parte plurisoggettiva, laddove gli operatori economici che hanno confermato l’offerta siano di per sé in possesso – anche in assenza dell’operatore che si sia svincolato dall’offerta – della totalità dei requisiti di partecipazione, senza la possibilità di ammettere a tal fine integrazioni di sorta?

Il parametro, ancora una volta, è quindi costituito dalla proporzionalità (o meno) della misura imposta dalle norme nazionale, come interpretate dalla giurisprudenza domestica…

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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