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L’attuale previsione normativa del conflitto di interesse nel codice degli appalti pubblici va interpretata anche alla luce della pronuncia del TAR LAZIO n.12917 del 31/07/2023, che si è espresso su un caso di conflitto nell’ambito di un’aggiudicazione di appalti di servizi, fornendoci l’occasione per riepilogare alcuni dei principi fondamentali presenti nel nuovo Codice degli Appalti art 16 del d.lgs. 36/2023.

L’art 16 definisce il conflitto di interesse quale circostanza che si verifica nel momento in cui un soggetto, coinvolto nella selezione o esecuzione dei contratti o concessioni, vada ad influenzare il risultato o la gestione a causa di un proprio interesse economico, finanziario o personale. Tale interesse potrebbe andare a modificare o a minare la sua imparzialità sia durante la procedura di selezione, che durante la fase di esecuzione contrattuale.

Tali principi, sono oggi contenuti all’interno del nuovo Codice dei contratti pubblici, il quale al comma 2 dell’art 16, prevede espressamente che in coerenza con il principio della fiducia e al fine di preservare la funzionalità dell’azione amministrativa, la minaccia all’imparzialità e all’indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base dei presupposti specifici e documentati.

L’obbiettivo del legislatore è quello di preservare l’imparzialità dell’azione amministrativa quale pilastro, insieme alla legalità e il buon andamento, sul quale poggia l’intero statuto costituzionale dell’amministrazione italiana, espressione dell’immediata percettività dell’art. 97 cost. quale idoneo parametro normativo di valutazione della legittimità dell’attività amministrativa.

La possibile ricorrenza di un conflitto d’interessi nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un contratto pubblico deve essere supportata da elementi concreti, specifici ed attuali, dovendo essere accertata sulla base di prove specifiche.

Difatti l’art 16 del d.lgs. 36/2023 sulla vecchia scia dell’art 42 del d.lgs. 50/2016 prevede espressamente al comma 2, in coerenza con il principio della fiducia richiamato dall’art 2, che al fine di garantire la funzionalità dell’azione amministrativa, la minaccia all’imparzialità ed indipendenza dell’azione amministrativa, deve essere provata da chi invoca il conflitto di interesse sulla base dei presupposti specifici e documentati e deve riferirsi ad interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro.

Dal punto di vista soggettivo la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che, nell’ambito delle gare pubbliche ed in particolare in relazione alle ipotesi di conflitto di interesse del personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi, il riferimento dell’art 42 comma 2 del dl.gs 50/2016 con la nozione di “personale della stazione appaltante” non intenda solo far riferimento ai soggetti che intrattengono con l’amministrazione rapporti di lavoro dipendente, al contrario, tale nozione va riferita a quanti, in base ad un valido titolo giuridico, siano in grado di impegnare, nei confronti dei terzi, i propri danti causa o comunque rivestano un ruolo tale da poterne obiettivamente influenzare l’attività esterna.

Sempre la giurisprudenza ha affermato che i conflitti di interesse non possono sussistere in via astratta, ma devono fondarsi su indizi concreti che dimostrino la sussistenza di un interesse comune tra concorrenti e commissari, che laddove un funzionario sia titolare anche di interessi personali od i terzi, la situazione del conflitto deve essere accertata sulla base di prove specifiche. (Consiglio di Stato 06/05/2020 n. 2863; Consiglio di Stato 17/04/2019 n. 2511).

Quindi se da un lato il personale che si ritrova in una situazione di conflitto deve astenersi dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all’esecuzione e deve prontamente darne comunicazione alla stazione appaltante o all’ente concedente, dall’altro lato le stazioni appaltanti devono adottare misure necessarie per individuare, prevenire e risolvere ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni.

Infatti, con la delibera n. 291 del 20 giugno 2023, l’ANAC fornisce delle indicazioni sull’adozione di misure di prevenzione del conflitto nell’ambito dei contratti pubblici ovvero:

  • Prevedere che un incarico di responsabile di un ufficio o di un servizio conferito ad un Sindaco o ad un componente della Giunta possa essere oggetto di rotazione nel corso della consiliatura tra i componenti della medesima Giunta;
  • Indicare le modalità operative che favoriscano una maggiore partecipazione del personale alle attività degli uffici la cui responsabilità è affidata al Sindaco o ad un componente di Giunta;
  • Assicurare la doppia firma sull’atto di aggiudicazione di un contratto pubblico nelle circostanze in cui sia demandata al Sindaco o ad un componente della Giunta la responsabilità dell’ufficio tecnico o lo stesso abbia svolto la funzione di RUP;
  • Favorire la partecipazione a specifici percorsi formativi in tema di conflitti di interesse finalizzati a supportare, i titolari di incarico politico cui è affidata la responsabilità degli uffici e dei servizi;

Dalle evidenze emerse quindi l’autorità ammette l’esclusione del concorrente nelle ipotesi di conflitti di interesse non in maniera automatica, ma attraverso una valutazione della stazione appaltante. Nel settore dei contratti pubblici l’ipotesi del conflitto di interessi non può essere predicata in astratto, ma deve essere accertata in concreto sulla base di prove specifiche. I rapporti societari e professionali fra il soggetto incaricato dalla stazione appaltante e l’operatore economico costituiscono indizi presuntivi di un conflitto di interesse. Spetta poi ai soggetti coinvolti fornire prove concrete che non vi sia stata violazione del principio delle pari opportunità per gli offerenti nella formulazione delle offerte e che non si sia determinato alcun rischio effettivo, reale di pratiche atte a falsare la concorrenza.

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Redazione MediAppalti
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