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1. Premesse

Il D.Lgs. 50 del 2016 alla lettera c) del comma 2 dell’art. 45 rubricato “Operatori economici” annovera tra i soggetti che sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici “i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro. I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.

Da una prima analisi, poco sembrerebbe mutato rispetto a quanto disponeva il combinato disposto di cui agli artt. 34 c. 1 lett. c) e c. 1 dell’art. 36 del D.Lgs. 163/06, in quanto la nuova disposizione altro non è che una “crasi” delle due suddette norme abrogate, tuttavia, se si pone riguardo al nuovo tessuto normativo, è possibile rinvenire importanti novità.

I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa

E’ infatti nelle pieghe del dettato normativo dell’art. 47 del Nuovo Codice che si rintracciano importanti cambiamenti di un istituto centrale nel mercato delle commesse pubbliche, che tanto ha favorito l’aggregazione di operatori economici piccoli e medio-piccoli nell’ottica della tutela pro concorrenziale dell’accesso al mercato di sempre più numerosi soggetti economici.

2. Le origini dell’istituto e funzione economico-sociale

I consorzi stabili, come disciplinati dall’art. 36 del D.lgs 12 aprile 2006, n.163 (Vecchio Codice), traevano fondamento e origine – salvo alcuni modesti adattamenti di carattere fiscale (quali la soppressione delle disposizioni previste dai commi 6, 7 ed 8 dell’art. 12 della legge 11 febbraio 1994, n. 109) ed interventi in merito alla disciplina relativa alla responsabilità degli stessi – da quanto prevedevano al riguardo gli artt. 12 e 13 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.

La più grande novità recata dal succitato art. 36 del Vecchio Codice era stata l’estensione dell’operatività dei consorzi stessi non già soltanto al settore dei lavori ed agli appalti di servizi e forniture indetti dai soggetti operanti nei settori speciali, ma a tutti gli appalti di servizi e le forniture, in quanto nel tessuto normativo dei D.lgs. 157/95 e 358/92, non era consentito agli operatori economici ricorrere a tale istituto per la qualificazione a tali gare.

La più grande novità recata dal succitato art. 36 del Vecchio Codice era stata l’estensione dell’operatività dei consorzi a tutti gli appalti di servizi e le forniture

Il consorzio stabile, infatti, costituisce una evoluzione della tradizionale figura di consorzio contemplato dall’art. 2602 c.c. Il tratto saliente è l’aspetto organizzativo, e cioè la previsione di una struttura comune di impresa, quale elemento qualificante che viene a caratterizzare e a differenziare l’istituto in commento dalle altre forme di consorzio. L’unità di struttura imprenditoriale consente, infatti, al consorzio di assumere in proprio l’esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto. Il legame che viene a crearsi tra le imprese che partecipano al consorzio stabile è più forte rispetto alle altre forme di cooperazione tra imprese. Si tende, infatti, a posizionare il consorzio stabile tra le forme di aggregazioni poste a metà strada tra le associazioni temporanee e le forme vere e proprie di concentrazione, come le fusioni.[1]

La nozione di consorzio stabile – come detto – era normativamente disciplinata dall’art.12, comma 1°, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 smi, poi trasposta nel primo comma dell’art. 36 del d. l.gs. n. 163 del 2006, a mente del quale “si intendono per consorzi stabili quelli, in possesso, a norma dell’articolo 35 c. 5., dei requisiti previsti dall’articolo 40, formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.

Dalla lettura del testo normativo istitutivo emergevano, alcuni tratti caratterizzanti il consorzio stabile, poi tutti confermati anche dopo l’approvazione del Vecchio Codice degli Appalti. il Consorzio, infatti:

i) deve essere costituito da non meno di tre Imprese;

ii) occorre che tutte le imprese del consorzio stabile siano in possesso dei requisiti previsti dall’art. 40 del d. l. gs n. 163 del 2006;

iii) è necessario che l’organo deliberativo di ciascuna delle imprese consorziate abbia stabilito di costituire il consorzio stabile ed abbia deciso di operare in modo congiunto alle altre imprese consorziate nel settore dei lavori, dei servizi ovvero delle forniture;

iv) occorre che il consorzio stabile abbia – almeno programmaticamente – una durata non inferiore a cinque anni;

v) ed infine è necessario che le imprese consorziate costituiscano una comune struttura di impresa.[2]

Al ricorrere di questi elementi, si rendeva operativa la deroga di cui all’art. 35 del Vecchio Codice “Requisiti per la partecipazione dei consorzi alle gare” in forza della quale I requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, secondo quanto previsto dal regolamento, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.”

Parimenti, nel ramo dei servizi e delle forniture era stabilito all’art. 277 c. 3 del Regolamento 207/10 che: “Per la partecipazione del consorzio alle gare, i requisiti economico – finanziari e tecnico – organizzativi posseduti dai singoli consorziati relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo sono sommati; i restanti requisiti economico – finanziari e tecnico – organizzativi sono sommati con riferimento ai soli consorziati esecutori”.

In apparente deroga rispetto a quanto prevedeva l’art. 36 c. 7 quale principio generale: “Il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate. Per i lavori la qualificazione è acquisita con riferimento ad una determinata categoria di opere generali o specialistiche per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle imprese consorziate”, peraltro confermato concettualmente da quanto previsto dal comma 2 dell’art. 94 del Regolamento attuativo del Vecchio Codice, a mente del quale “I consorzi stabili conseguono la qualificazione a seguito di verifica dell’effettiva sussistenza in capo alle singole consorziate dei corrispondenti requisiti”.

Parimenti l’art. 277 del Regolamento 207/2010 stabiliva che “La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati.”

Tale apparente antinomia ha ingenerato, in special modo in relazione ai servizi e alle forniture, prassi applicative da parte delle stazioni appaltanti ondivaghe che hanno inevitabilmente consentito la creazione di una nutrita giurisprudenza, tesa a chiarire, da un lato, la ratio dell’istituto ed in particolare dell’art. 35 del Vecchio Codice e, conseguentemente, sotto altro profilo, indirizzare il contenuto delle determinazioni a tal riguardo delle commissioni di gara allorquando dovevano decidere circa l’ammissione (recte qualificazione) di un consorzio stabile. 

3. Orientamenti giurisprudenziali

Il Giudice Amministrativo – investito, pertanto, dell’onere conferito dall’ordinamento giuridico di dirimere l’apparente antinomia delle norme testè citate – ha avuto modo di affermare principi che di seguito si riassumono, delineando, nel tempo, un istituto dalle forti connotazioni ampliative della platea dei potenziali offerenti nelle gare per l’affidamento di contratti pubblici.

Con la celebre sentenza del Consiglio di Stato sez. VI 10/5/2013 n. 2563 è stato chiarito che Appare legittima l’indicazione in sede di gara del fatturato minimo richiesto attraverso la sommatoria dei fatturati specifici delle imprese consorziate designate quali esecutrici dei servizi, in quanto, già nella disciplina previgente l’entrata in vigore dell’art. 277, comma 3, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dal combinato disposto degli artt. 35 e 36, comma 7, prima proposizione (“Il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”), d.lgs. n. 163 del 2006, in materia di qualificazione del consorzio stabile nel settore dei servizi e delle forniture, doveva ritenersi operativo il criterio del c.d. cumulo alla rinfusa, in capo al consorzio stabile, dei requisiti dei consorziati, attesa le peculiarità, strutturali e funzionali, del consorzio stabile, delineate dalle altre disposizioni contenute nell’art. 36 d.lgs. n. 263/2006, rispondenti alla ratio normativa di dare maggiori possibilità di sviluppo alle imprese sprovviste di sufficienti requisiti per accedere a determinate gare (rispetto a quanto sia già consentito con lo strumento delle a.t.i.), attraverso l’accrescimento delle facoltà operative, ottenibile non imponendo al consorzio di avere i requisiti in proprio, soprattutto nella fase iniziale dell’attività, né prescrivendo quote minime in capo alle consorziate portatrici dei requisiti, anche perché, altrimenti, si riprodurrebbe inutilmente il modulo organizzativo delle a.t.i., già, peraltro, replicato con l’aggregazione cui dà luogo il consorzio ordinario.”

Continua il Consiglio di Stato del 2013: “In tale ottica, la disposizione sulle attrezzature, mezzi d’opera e organico contenuta nell’art. 35 d.lgs. n. 263/2006 – che testualmente statuisce: “I requisiti di idoneità tecnica e finanziari per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere b) e c) (tra cui, appunto i consorzi stabili; n.d.e.), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi secondo quanto previsto dal regolamento, salvo che per i requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese” – non può essere interpretata restrittivamente argomentando a contrariis, ma deve essere interpretata in modo estensivo, nel senso che essa sancisce l’applicazione, in ogni caso e in qualsiasi periodo di vita del consorzio stabile, del criterio del cumulo alla rinfusa per i requisiti da essa specificamente menzionati, e dunque non contraddice, in un’ottica d’interpretazione sistematica, la sopra richiamata, prima proposizione normativa contenuta nel comma 7 dell’art. 36, affermativa del principio del cumulo dei requisiti. Inoltre, sul piano dell’interpretazione letterale, la locuzione “posseduti e comprovati dagli stessi” è suscettibile di essere interpretata come meramente ricognitiva della facoltà, in capo al consorzio stabile, di decidere come provare il possesso dei requisiti, se, cioè, con attribuzioni proprie e dirette del consorzio, oppure con quelle dei consorziati. Tale approccio interpretativo s’impone sulla base del rilievo, di natura sistematica, che il modulo del consorzio stabile, quale delineato dagli artt. 34 e 36 d.lgs. n. 163 del 2006, concretizza un’impresa operativa che fa leva sulla causa mutualistica e realizza, nella sostanza, una particolare forma di avvalimento che poggia direttamente sul patto consortile e sulla causa mutualistica. Tali connotati del modulo organizzativo e gestionale in esame consentono al consorzio di avvalersi di qualsiasi contributo (in termini di requisito) dei consorziati, senza dover ricorrere allo strumento dell’avvalimento ex art. 49 d.lgs. n. 163/2006, fermo restando che, in alternativa, il consorzio può qualificarsi con requisiti posseduti in proprio e direttamente.”

Tale approccio interpretativo s’impone sulla base del rilievo, di natura sistematica, che il modulo del consorzio stabile, quale delineato dagli artt. 34 e 36 d.lgs. n. 163 del 2006, concretizza un’impresa operativa che fa leva sulla causa mutualistica e realizza, nella sostanza, una particolare forma di avvalimento che poggia direttamente sul patto consortile e sulla causa mutualistica.

Pertanto, nel tentativo di riassumere i contenuti esplicitati nel citato precedente, si è chiarito come il modulo organizzativo del consorzio stabile sia uno strumento speciale apprestato dall’ordinamento pubblicistico teso ad ampliare le capacità dei soggetti che ne fanno parte onde consentire agli stessi di partecipare a gare cui singulatim non avrebbero mai potuto partecipare.

Ancor più chiaramente, è stato aggiunto con la sentenza del 19/11/2014 n. 5689, del Consiglio di Stato sez. III che “Per gli appalti, come nella specie, diversi da quelli di lavori, i consorzi stabili, alla cui categoria appartiene l’odierno appellante, l’art. 277, c. 3 del DPR 5 ottobre 2010 n. 207 precisa che «… i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi posseduti dai singoli consorziati relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo sono sommati; i restanti requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono sommati con riferimento ai soli consorziati esecutori…».  Come si vede, il modulo del consorzio stabile, posto dagli artt. 34 e 36 del Dlg 163/2006, dà vita ad un’impresa che fa leva sulla causa mutualistica e che realizza, in sostanza, una particolare forma di avvalimento basato direttamente sul patto consortile e sulla causa mutualistica. Tutto ciò consente al consorzio di giovarsi di qualsiasi contributo, maxime dei requisiti dei consorziati, senza dover ricorrere all’avvalimento di cui al successivo art. 49, ferma sempre la possibilità alternativa per il consorzio di qualificarsi con requisiti posseduti in proprio ed in via diretta (arg. ex Cons. St., V, 10 maggio 2013 n. 2563; id., III, 25 febbraio 2014 n. 895). Anzi (cfr. Cons. St., V, n. 2563/2014, cit.), l’art. 35 del Dlg 163/2006 va interpretato nel senso che esso sancisce l’applicazione, in ogni caso ed in tutti i periodi di vita del consorzio stabile, del criterio del cumulo alla rinfusa per i requisiti colà specificamente menzionati, che non contraddice e così ribadisce, in un’ottica d’interpretazione sistematica, la regola ex art. 36, c. 7, I per. («…il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate…»), affermativa del principio del cumulo dei requisiti. Sicché, ai fini della partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica, i requisiti d’idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio stabile ai sensi dell’art. 94 e/o del successivo art. 277 del DPR 207/2010 mercé il criterio di cumulo, quelli generali di partecipazione, previsti dall’art. 38 del Dlg 163/2006, devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate (cfr., p.es., Cons. St., V, 15 luglio 2014 n. 3704)”.

Principi di recente confermati dal Supremo Consesso Amministrativo, laddove ha avuto modo di ribadire “come infatti ripetutamente affermato da questo Consiglio di Stato, il consorzio stabile si qualifica ai sensi degli artt. 35 e 36 del codice dei contratti pubblici e 277 del regolamento di attuazione in base al cumulo dei requisiti, traendo tale regola fondamento dalla natura del patto consortile, dalla stabilità della sottostante organizzazione aziendale cui le imprese consorziate hanno dato vita e dal rapporto di immedesimazione organica di queste ultime rispetto all’ente consortile, unico responsabile nei confronti della stazione appaltante per l’esecuzione del contratto (da ultimo: Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 244)” Consiglio di Stato sez. V 27/4/2015 n. 2157.

Di stesso avviso si è mostrata l’Autorità di settore che, dal canto suo, ha sottolineato come, Il d.P.R. 207/2010, nello specificare il dettato del citato art. 35, prevede, all’art. 277, comma 3, che «per la partecipazione del consorzio alle gare, i requisiti economico- finanziari e tecnico-organizzativi posseduti dai singoli consorziati relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo sono sommati; i restanti requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono sommati con riferimento ai soli consorziati esecutori». La norma è stata interpretata nel senso che il possesso del requisito in capo al consorzio deve ritenersi soddisfatto con il possesso dello stesso da parte delle imprese esecutrici del servizio (cfr. T.A.R. Lombardia, Sez. III, sent. n. 2236/2013). Tale orientamento risulta in linea con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 10 maggio 2013, n. 2563, a tenore della quale la locuzione “posseduti e comprovati dagli stessi” è meramente ricognitiva della facoltà, in capo al consorzio stabile, di decidere come provare il possesso dei requisiti, se, cioè, con attribuzioni proprie e dirette del consorzio, oppure con quelle dei consorziati (Parere di precontenzioso n.17 del 5 agosto 2014)” (Parere ANAC del 28/10/2014 n. 71).

4. Le novità dell’art. 47

L’art. 47 c. 1 del Nuovo Codice, rubricato “Requisiti per la partecipazione dei consorzi alle gare”, stabilisce, in apparente continuità con le precedenti normative in tema consorzi stabili, che:

1. I requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.

Dall’esegesi del primo comma, al di là di un generico richiamo alle “modalità previste dal codice”, refuso del precedente dettato normativo che facevo richiamo, invece, al regolamento, il testo normativo è del tutto simile al previgente art. 35 e pertanto appare possibile trasporre l’ermeneutica anzi richiamata per la quale la norma in parola “non può essere interpretata restrittivamente argomentando a contrariis, ma deve essere interpretata in modo estensivo, nel senso che essa sancisce l’applicazione, in ogni caso e in qualsiasi periodo di vita del consorzio stabile, del criterio del cumulo alla rinfusa per i requisiti da essa specificamente menzionati” e pertanto l’art. 35 del Dlg 163/2006 “va interpretato nel senso che esso sancisce l’applicazione, in ogni caso ed in tutti i periodi di vita del consorzio stabile, del criterio del cumulo alla rinfusa per i requisiti colà specificamente menzionati, che non contraddice e così ribadisce, in un’ottica d’interpretazione sistematica, la regola ex art. 36, c. 7, I per. («…il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate…»), affermativa del principio del cumulo dei requisiti. Sicché, ai fini della partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica, i requisiti d’idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio stabile ai sensi dell’art. 94 e/o del successivo art. 277 del DPR 207/2010 mercé il criterio di cumulo, quelli generali di partecipazione, previsti dall’art. 38 del Dlg 163/2006, devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate (cfr., p.es., Cons. St., V, 15 luglio 2014 n. 3704)”.

“Per i primi cinque anni dalla costituzione, ai fini della partecipazione dei consorzi di cui all’articolo 45, comma 2, lettera c), alle gare, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi previsti dalla normativa vigente posseduti dalle singole imprese consorziate esecutrici, vengono sommati in capo al consorzio.”

Dei richiamati precedenti, però, non appare possibile – de iure condito – conservare il dato temporale sempre sottolineato: “in qualsiasi periodo di vita del consorzio stabile”.

Infatti, il comma 2 dell’art. 47 del Nuovo Codice, espressamente prevede un lasso intertemporale durante il quale poter beneficiare del cumulo alla rinfusa: “Per i primi cinque anni dalla costituzione, ai fini della partecipazione dei consorzi di cui all’articolo 45, comma 2, lettera c), alle gare, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi previsti dalla normativa vigente posseduti dalle singole imprese consorziate esecutrici, vengono sommati in capo al consorzio.”.

Dunque, alla luce della limitazione temporale oggi prevista dal Nuovo Codice, sarà quindi possibile poter avvalersi, senza con ciò ricorrere all’istituto dell’avvalimento, attesa la causa mutualistica del patto consortile, non più vita natural durante, ma esclusivamente per i primi 5 anni dalla sua costituzione.

5. Conclusioni

Le conseguenze di una tale decisione trova la propria ragion d’essere, seppur non ritracciabile nella Relazione di accompagnamento al Nuovo Codice, quindi a parer di chi scrive, nella necessità di valorizzare i singoli consorziati, una volta concluso il grace period dei 5 anni.

In altri termini, il legislatore ha inteso, ponendo un limite temporale entro il quale poter beneficiare dei vantaggi ai fini della partecipazione alle gare derivanti dall’istituzione di un patto consortile, stabilire un principio per il quale l’accrescimento dei requisiti medio tempore acquisiti durante i 5 anni di attività del consorzio debbano essere considerati una sorta di “bonus avviamento” da spendersi alla fine del quinquennio, evitando, con ciò, che il proseguire della vita consortile possa costituire, paradossalmente, a cagione di un eventuale ingigantimento delle dimensioni dello stesso, una causa di restrizione del mercato.

E’ infatti indubbio che, una volta avuto accesso al mercato di commesse dagli ammontari più cospicui grazie al cumulo premiale concesso dalla norma, acquisiti medio tempore i relativi requisiti e guadagnata, conseguenzialmente, sul mercato una posizione referenziale tale da consentire anche ai singoli consorziati di poter partecipare autonomamente, ovvero ricorrendo all’ati, alle gare più grandi, non si vede quale possa essere l’utilità economico-sociale del cumulo premiale concesso come è stato sine die, potendo lo stesso degenerare in uno strumento di favore per la costituzione di posizioni dominanti sul mercato.

Al di là delle appena rammentate considerazioni, ciò che dovrà essere chiarito, anche attraverso un intervento integrativo del primo ed atteso decreto correttivo, è il processo di scioglimento dei consorzio oggi esistenti ed aventi vita già superiore ai 5 anni.

E’ stata espunta, infatti, dall’ordinamento la norma di cui all’art. 94 c 4. del Dpr 207/2010, applicabile anche ai servizi ex art. 277 c. 1, a mente della quale “In caso di scioglimento del consorzio stabile ai consorziati sono attribuiti pro-quota i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio in quanto da questi non assegnati in esecuzione ai consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all’apporto reso dai singoli consorziati nell’esecuzione dei lavori nel quinquennio antecedente.”

Sarà quindi importante comprendere se sia stata una dimenticanza del legislatore ovvero se, anche su tale tema, dovrà essere la soft law dell’ANAC a dover farsi carico di tale ulteriore incombenza.


[1] Sersale-Tirabocchi, La partecipazione aggregata alle gare e l’avvalimento, Milano, 2015, pp. 51 ss ; R. Greco, Codice degli appalti pubblici, di Garofoli e Ferrari, 2011, pp.398.

[2] NOTA A CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA – SENTENZA 20 maggio 2013, n.14, A cura di Pietro Algieri: “La disciplina dei consorzi di cooperative e l’indicazione a cascata da parte del consorzio esecutore”

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Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
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