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L’Ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. V, 16 luglio 2018, n. 4303 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione sull’affidamento diretto del servizio di Trasporto Pubblico Locale.

Premessa: le questioni rimesse alla Corte di Giustizia UE e la prassi A.G.C.M.

Il dilemma è sempre lo stesso: affrontare le tempistiche ed incognite di una gara pubblica, o affidare in via diretta il servizio di Trasporto Pubblico Locale (“TPL”), assicurando la continuità del servizio stesso e, possibilmente, anche gli standard qualitativi (ed i prezzi) già entrati nell’abitudine dell’utenza?

Ovvero – più in sintesi – privilegiare gli affidamenti diretti, magari giustificati con motivi “di urgenza”, oppure privilegiare l’aspetto concorrenziale?

Come interpretare il quadro normativo – soprattutto comunitario – che, come si vedrà in prosieguo, consente importanti (nel senso di “molteplici”, poiché “indefinite”) deroghe, rispetto al principio generale dell’affidamento mediante procedura competitiva?

Il tema, dibattuto anche tra Roma Capitale e l’A.G.C.M., per il caso della proroga dell’affidamento ad ATAC, viene ora analizzato dalla V Sezione del Consiglio di Stato che – con l’Ordinanza n. 4303 del 16 luglio 2018 – decide di rimettere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale “se l’art. 5, comma 4, del Regolamento (CE) 23/10/2007 n. 1370/2007 deve essere interpretato nel senso che ricorre nella legislazione nazionale il divieto all’affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico locale, preclusivo dell’affidamento diretto anche nei casi in cui sarebbe consentito dalla normativa euro-unitaria, quando è posta la regola generale della gara pubblica per l’affidamento del predetto servizio ovvero soltanto nel caso di divieto specifico di affidamento diretto anche in relazione alle ipotesi in cui è consentito dalla normativa euro-unitaria“.

A tale Ordinanza di rinvio, fa’ immediatamente eco quella della I Sezione del TAR Sardegna – la n. 682 del 25 luglio 2018 -, con la quale si pongono all’attenzione della Corte europea due questioni, connesse (o meglio, “conseguenti”) a quella sollevata dal Consiglio di Stato:”a) se l’art. 7, par. 2, del Regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007 deve essere interpretato nel senso che impone, all’autorità competente che intende procedere all’aggiudicazione diretta del contratto, di prendere i provvedimenti necessari per pubblicare o comunicare le informazioni necessarie a tutti gli operatori potenzialmente interessati alla gestione del servizio per predisporre un’offerta seria e ragionevole;  b) l’art. 7, paragrafo 4, del Regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007, deve essere interpretato nel senso che l’autorità competente, prima di procedere all’aggiudicazione diretta del contratto, deve valutare comparativamente tutte le offerte di gestione del servizio eventualmente ricevute dopo la pubblicazione dell’avviso di pre-informazione di cui al medesimo art. 7, par. 4”.

Rispondendo – in un dialogo ideale, si intende – al dubbio interpretativo posto dalla giurisprudenza alla Corte di Giustizia, l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato aveva inaugurato la discussione sul tema prendendo posizione con il citato parere del 31 ottobre 2017, reso ai sensi dell’art. 22 L. 287/1990, “S3030 – Al Comune di Roma Capitale su un nuovo possibile affidamento in house del servizio di trasporto pubblico locale ad ATAC”.

L’Autorità, nel comunicato stampa che ha accompagnato l’emissione del parere ha confermato di aver “invitato il Comune di Roma Capitale a valutare con estrema attenzione la sussistenza dei requisiti formali e sostanziali per un nuovo affidamento in house del servizio di trasporto pubblico locale ad ATAC (o per una proroga dell’attuale affidamento).” E, soprattutto, che “la valutazione della proposta di concordato preventivo in continuità aziendale per ATAC si baserà necessariamente sulla possibilità che la società di proprietà del Comune di Roma Capitale continui a svolgere il servizio di trasporto pubblico locale anche oltre l’attuale scadenza del 3 dicembre 2019. Ciò potrebbe avvenire in virtù di una proroga dell’attuale affidamento o tramite un nuovo affidamento in house.

Quanto alla proroga, l’AGCM ritiene che, al momento, e nonostante la situazione di grave crisi economica e finanziaria in cui versa ATAC, non sussistano le condizioni di emergenza o di pericolo imminente di interruzione di servizio che giustifichino questo tipo di intervento. In particolare, il lungo periodo che ancora ci separa dalla scadenza dell’attuale affidamento (pari a due anni) rappresenta un lasso di tempo sufficiente per il Comune di Roma Capitale per organizzare il servizio senza il ricorso a misure urgenti.

Quanto, invece, alla possibilità di affidare nuovamente in house il servizio ad ATAC al termine dell’attuale contratto di servizio, l’AGCM ha ricordato al Comune di Roma Capitale come sia un prerequisito ineliminabile, anche nell’ambito di una procedura di concordato preventivo in continuità, l’ancoraggio ai criteri formali di matrice europea ed agli obblighi motivazionali previsti sia dalla disciplina settoriale sul trasporto pubblico locale sia dalle norme generali sui servizi pubblici locali.

Di conseguenza, il Comune di Roma Capitale, qualora intenda riaffidare in house il servizio di trasporto pubblico locale ad ATAC, dovrebbe non solo effettuare una valutazione rigorosa della preferibilità di tale scelta rispetto al ricorso al mercato tramite una gara, ma svolgere anche un effettivo confronto tra lo scenario di affidamento in house ed una serie di benchmark di mercato appropriati volto a valutare la correttezza della scelta dal punto di vista dell’efficienza, dell’economicità e della qualità del servizio reso ai cittadini. …”.

2. L’Ordinanza di rimessione della V Sezione del Consiglio di Stato, n. 4303 del 16 luglio 2018

La tematica posta all’attenzione del Consiglio di Stato riguarda un caso di portata mediatica meno significativa, rispetto al “caso ATAC” analizzato dall’A.G.C.M., ma che presenta molte analogie con quest’ultimo.

Nei fatti, la Regione Molise, con propria Deliberazione del 30 giugno 2015, modificava la rete dei servizi minimi regionali di TPL, prevedendo anche un incremento chilometrico di circa 150.000 chilometri/anno, a fronte del quale riconosceva un incremento del corrispettivo del servizio, pari a circa 330.000 Euro.

La Regione, nel proprio provvedimento, specificava che l’incremento della rete dei servizi TPL avveniva “in via d’urgenza e con carattere provvisorio in attesa di procedere alla rivisitazione e parziale riorganizzazione dell’intero programma dei servizi di TPL regionale” e, in virtù di ciò, affidava in via diretta il servizio – così incrementato – alle società che erano già gestori del servizio.

Questo modus operandi viene censurato da un operatore del settore – A.T.M., Azienda di Trasporti Molisana S.p.A. – che impugna il provvedimento regionale innanzi al TAR Molise – uscendone vittorioso -.

A ben vedere, la fattispecie assume i contorni del “caso paradigmatico”, cioè, quello che sembra essere studiato apposta per riassumere in un’unica vicenda giudiziaria – e, così, affrontare definitivamente – i temi più comuni nel dibattito – in questo caso, sulla materia dell’affidamento diretto del TPL -.

In primo grado, dunque, A.T.M. “con il primo motivo lamentava la violazione dell’art. 18 d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 e dell’art. 15 l. reg. Molise 24 marzo 2000, n. 19 per aver la Regione disposto l’affidamento dei servizi di nuova istituzione in via diretta senza l’attivazione di procedura di evidenza pubblica tra le imprese interessate all’esercizio dei servizi; a tale procedura la ricorrente dichiarava avrebbe avuto interesse a partecipare in quanto operatrice del settore e, comunque, gestore di servizi di TPL per conto della Regione fino al 2013.

Il TAR, nell’accogliere le censure formulate dalla ricorrente, osserva – richiamando anche il principio generale di pro-concorrenzialità -: “l’art. 5 del Regolamento europeo in materia di servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia stabilisce che l’affidamento ad un soggetto terzo del servizio deve avvenire mediante procedura di gara; la stessa disposizione prevede, tuttavia, una deroga alla gara aperta in presenza di talune specifiche condizioni ivi esattamente individuate, precisando, però, che l’affidamento diretto è consentito “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale”; nella vicenda in esame, pur rientrando il servizio in esame tra quelli affidabili in via diretta, tale facoltà è preclusa dalla previsione dell’art. 18 d.lgs. 422 del 1997 che prevede la gara aperta quale regola generale per l’affidamento delle concessioni di servizio TPL; la regola della gara aperta è ribadita anche dalla legislazione regionale … e risponde ai principi del Trattato UE, per come espressi dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea e dalla comunicazione interpretativa della commissione europea sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000.”.

Ma la vicenda giurisdizionale non si conclude con la sentenza di merito, poiché l’affidataria del servizio – SATI S.p.A. – propone appello.

I motivi di impugnazione, in particolare, si appuntano “sulla ritenuta impossibilità di procedere all’affidamento diretto benché il servizio da aggiudicare rientrasse pacificamente tra quelli che, a norma dell’art. 5 del Regolamento europeo, l’ente pubblico ha facoltà di affidare in via diretta.”

L’appellante, infatti, sostiene “che il giudice di primo grado abbia errato nell’interpretazione della normativa interna, la quale non porrebbe affatto quel divieto assoluto di affidamento diretto del servizio TPL in presenza del quale la disciplina comunitaria impone l’attivazione, in ogni caso, della gara aperta.”.

Il Consiglio di Stato, davanti a questa contestazione, si scopre più titubante, rispetto al Tribunale di merito (ed anche rispetto all’A.G.C.M., che si era espressa nel frattempo) ed osserva che “i motivi di appello sono in grado di condurre alla riforma integrale della sentenza di primo grado, poiché mettono in discussione, con critiche ragionevoli, tutte le considerazioni che hanno indotto all’accoglimento del ricorso di primo grado e che, per questa ragione, assume rilevanza ai fini della decisione del giudizio innanzitutto il primo motivo di appello ove si prospetta la questione dell’affidabilità dei servizi di nuova istituzione in via diretta.”.

Secondo la Sezione remittente, ricostruendo il quadro normativo comunitario di riferimento, non risultano preclusioni assolute al principio di affidamento diretto del servizio.

Infatti, “l’art. 5 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2007 n. 1370/2007 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/91 e (CEE) n. 1107/70, prevede al comma 4, che: “A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, l’autorità competente ha facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico:a) il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1 000 000 EUR … oppure b) che riguardano la prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300 000 chilometri l’anno … “.

Qualora un contratto di servizio pubblico sia aggiudicato direttamente a una piccola o media impresa che ha in esercizio non più di 23 veicoli stradali, dette soglie possono essere aumentate a un valore annuo medio stimato inferiore a 2 000 000 EUR oppure alla prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 600 000 chilometri l’anno.”.

Tale norma sembra prevalere anche sull’art. 18 d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 – i cui contenuti sono richiamati dalla legge regionale molisana sul Trasporto Pubblico Locale – ove si enfatizza l’aspetto pro-concorrenziale disponendo che: “allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale, per l’affidamento dei servizi le regioni e gli enti locali si attengono ai principi dell’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, garantendo in particolare: a) il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla base degli elementi del contratto di servizio di cui all’articolo 19 e in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio prevede alcun divieto espresso di affidamento diretto del servizio. …”.

La norma comunitaria, infatti, non solo è più recente e gerarchicamente sovraordinata, ma soprattutto si pone come “deroga specifica” (consentendo affidamenti diretti solo in presenza di particolari circostanze, rispetto alla regola generale – comune anche al diritto UE – dell’affidamento mediante gara).

Dunque,“l’esistenza di un dubbio interpretativo che giustifica il rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 TFUE. Il dubbio riguarda la corretta interpretazione della norma europea (l’art. 5, comma 4 del Regolamento 1370/2007 …) nella parte in cui esclude la facoltà di affidamento diretto dei contratti di servizio pubblico in materia di TPL anche per le ipotesi marginali (c.d. “de minimis”) ivi previste qualora ciò “sia vietato dalla legislazione nazionale”.

Si domanda se, per ritenere operante il suddetto divieto, è sufficiente anche soltanto la previsione da parte del legislatore della regola generale della gara pubblica per l’affidamento dei contratti di servizio di TPL locale (come previsto dal riportato articolo 18, comma 2, d.lgs. 422) o, invece, è necessario un divieto specifico e riferito proprio a quelle fattispecie per le quali nella legislazione europea è consentito l’affidamento diretto.

Perciò, il Collegio ha necessità di conoscere la corretta interpretazione della questione “se si ritiene necessario un divieto specifico, riferito pure ai casi per i quali nella normativa euro-unitaria è consentito l’affidamento diretto”, giacché “in mancanza di tale espresso divieto nella normativa italiana, la condotta della Regione non potrebbe essere censurata.” e, soprattutto, considerando che “lo specifico divieto all’affidamento diretto, d’altronde, non risulta presente neanche nella legislazione regionale…”.

Così posta, la questione sollevata dal Consiglio di Stato, si potrebbe ricondurre alla domanda: “se la norma speciale – l’art. 5 del Regolamento (CE) n. 1370/2007, che prevede la necessità di un espresso divieto di affidamento diretto del servizio TPL – si imponga rispetto a quella generale – recata dalla Direttiva n. 24/2014/UE, che impone un generale obbligo di porre a gara i servizi, incluso quello afferente il TPL –”. E questa domanda, per la verità, aveva già trovato una risposta in una precedente sentenza della IV Sezione della Corte di Giustizia UE, 27 ottobre 2016, nella causa C- 292/15 in cui  – su altra problematica afferente il TPL (quella del limite ai subappalti) – la Corte ha fatto “applicazione del criterio di specialità, affermando in particolare che l’art. 5, par. 1, del regolamento n. 1370/2007 deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri con autobus, l’art. 4, par. 7, di tale regolamento, laddove prevede limitazioni al subappalto, resta applicabile, in quanto norma speciale rispetto all’art. 25 della direttiva 2004/18 sulla quale è destinato a prevalere in quanto lex specialis.

Il ragionamento del Collegio, esplicitato nell’Ordinanza in commento, effettivamente richiama alcuni passaggi nodali della sentenza resa dalla Corte di Giustizia nella causa C- 292/15; in particolare, sembra ripercorrere lo snodo “la natura di appalto dell’affidamento ed il suo assoggettamento alla disciplina di cui alla direttiva 2004/18 non vale dunque, … a neutralizzare l’applicabilità della disciplina restrittiva del subappalto contenuta nell’art. 4, par. 7, considerato che l’applicabilità di tale norma, a differenza di altre ivi espressamente menzionate, non viene, in siffatte ipotesi, esclusa dall’art. 5, par. 1 del regolamento n. 1370/2007, sicché la natura speciale del regolamento n. 1370/2007, recante la disciplina dei servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, deve prevalere sulla direttiva 2004/18 che ha invece portata generale.”.

A questo punto, come ben può rilevarsi, l’interpretazione richiesta alla Corte UE potrebbe condizionare non solo la prassi negli affidamenti del servizio TPL, ma anche un intero filone giurisprudenziale, nel caso di specie fatto proprio dal TAR Molise, che – in omaggio al principio di libera concorrenza – impone comunque la gara pubblica.

3. L’Ordinanza di rimessione della I Sezione del TAR Sardegna, n. 682 del 25 luglio 2018

Diversa – forse per certi versi anche distonica e più assimilabile alla visione dell’A.G.C.M. (che, infatti, è nel caso di specie la ricorrente) – è la tesi propugnata dal TAR Sardegna, con l’Ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia, n. 682/2018, che segue di pochi giorni quella del Consiglio di Stato.

La tematica trattata dal Tribunale di merito è quella di una gara per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico ferroviario della Regione Sardegna per il periodo 1° gennaio 2017 – 31 dicembre 2025 – affidamento disposto in via diretta, dalla Regione Sardegna, a favore di Trenitalia S.p.A. -.

Nel caso di specie, l’A.G.C.M., evocata su segnalazione di un operatore concorrente, ai sensi dell’art. 21-bis L. 10 ottobre 1990, n. 287 chiede l’annullamento della deliberazione della Giunta Regionale con la quale è stato disposto l’affidamento diretto ed autorizzata la stipula del contratto di servizio.

Anche in questo caso, dunque, la fattispecie è paradigmatica e sembra scelta appositamente per ergersi ad emblema delle tesi dell’A.G.C.M.; presenta, infatti, alcune caratteristiche “topiche” degli affidamenti in via d’urgenza – in particolare la motivazione sulle esigenze di continuità del servizio -, che l’Autorità aveva già trovato (e censurato), ad esempio nel parere espresso per ATAC, ricordato in apertura.

Avverso i provvedimenti impugnati, l’Autorità deduce due motivi di ricorso, incentrati sulla illegittimità dell’affidamento diretto del servizio di trasporto ferroviario regionale, per il contrasto con l’articolo 7, paragrafi 2 e 4, del regolamento (CE) n. 1370/2007. In particolare, l’Autorità ritiene che la norma del regolamento comunitario (art. 5, paragrafo 6) che consente l’affidamento diretto del servizio in questione nulla dice circa le modalità procedurali che l’autorità competente deve seguire per disporre l’affidamento, che debbono essere ispirate al rispetto dei principi generali di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, posti a fondamento del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, di cui sono applicazione le disposizioni del regolamento (CE) n. 1370/2007 di cui all’art. 7, paragrafi 2 e 4.”

Ricorda il TAR che ”ad avviso dell’Autorità ricorrente, inoltre, le disposizioni da ultimo richiamate debbono essere interpretate alla luce alla luce dei “Considerando” 29 e 30 del regolamento. Ciò dovrebbe autorizzare una interpretazione della disciplina europea sull’affidamento diretto del servizio di cui trattasi, nel senso che la pubblicazione dell’avviso di pre-informazione con largo anticipo rispetto al momento dell’aggiudicazione (art. 7, paragrafo 2, del regolamento CE) ha lo scopo di consentire ai potenziali operatori del servizio pubblico di predisporre una proposta da presentare nell’ambito della procedura di affidamento diretto (in tal senso l’Autorità invoca anche la Comunicazione della Commissione europea 2014/C92/01, sugli orientamenti interpretativi concernenti il regolamento (CE) 1370/2007, pubblicata sulla G.U.U.E. del 29 marzo 2014). Ne deriva ulteriormente che gli obblighi informativi della Regione Sardegna, quale autorità competente nel caso di specie, ai sensi dell’art. 7, paragrafo 2, del citato regolamento (CE), avrebbero dovuto comprendere anche la richiesta al soggetto che da sempre svolge il servizio di trasporto (c.d. incumbent, nel caso: Trenitalia S.p.A.), di tutti quei dati in suo possesso relativi ai livelli di domanda, entità del personale, materiale rotabile e altro, al fine di metterli a disposizione dei soggetti potenziali interessati all’affidamento del servizio in questione.”

Dal canto loro, la Regione Sardegna e Trenitalia S.p.A. si sono difese sostenendo la correttezza delle scelte dell’Amministrazione, rammentando che “il regolamento (CE) n. 1370/2007 consente l’affidamento diretto del servizio pubblico di trasporto per ferrovia (art. 5, par. 6)”, inoltre, obiettano che “la tesi dell’Autorità porterebbe a una disapplicazione della norma sull’affidamento diretto, configurando una vera e propria procedura di gara competitiva. Anche in relazione agli obblighi informativi, premesso che l’amministrazione regionale ha rispettato quanto previsto dall’art. 7 del regolamento (CE) n. 1370/2007, l’ulteriore documentazione richiesta da Arriva Italia Rail s.r.l. [l’operatore concorrente che ha evocato l’A.G.C.M. – n.d.a.] attiene a un complesso di informazioni di dettaglio che si riscontra nelle sole procedure di gara, ma non nelle procedure di affidamento diretto.”.

Il TAR, sul punto, ritiene di dover rimettere alla Corte di Giustizia UE, in via pregiudiziale, la questione sulla corretta interpretazione delle citate disposizioni del Regolamento comunitario n. 1370/2007.

Ricostruendo il quadro normativo, il Tribunale di merito trae argomenti dalle tesi dell’Autorità ricorrente e rileva che “Per la soluzione del caso di specie assumono rilevanza diverse disposizioni del regolamento (CE) n. 1370/2007. In primo luogo, l’art. 5, paragrafo 6, del menzionato regolamento, che prevede: “A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia, fatta eccezione per altri modi di trasporto su rotaia quali metropolitana o tram. In deroga all’articolo 4, paragrafo 3, la durata di tali contratti non è superiore a dieci anni, salvo nei casi in cui si applica l’articolo 4, paragrafo 4.”.

Rilevano, inoltre, le disposizioni di cui all’articolo 7, paragrafi 2 e 4, secondo le quali: “Ciascuna autorità competente prende i provvedimenti necessari affinché, almeno un anno prima dell’inizio della procedura di gara o un anno prima dell’aggiudicazione diretta del contratto, siano pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, come minimo, le seguenti informazioni: a) nome e indirizzo dell’autorità competente; b) tipo di aggiudicazione previsto; c) servizi e territori potenzialmente interessati dall’aggiudicazione. Le autorità competenti possono decidere di non pubblicare queste informazioni qualora un contratto di servizio pubblico riguardi una fornitura annuale di meno di 50 000 chilometri di servizi di trasporto pubblico di passeggeri. Qualora dette informazioni cambino successivamente alla loro pubblicazione, l’autorità competente pubblica di conseguenza una rettifica al più presto. Tale rettifica non pregiudica la data di avvio dell’aggiudicazione diretta o del bando di gara. Il presente paragrafo non si applica all’articolo 5, paragrafo 5.” (art. 7, par. 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007).

Il paragrafo 4 dell’articolo 7 cit. stabilisce che: “Quando è richiesto da una parte interessata l’autorità competente le trasmette la motivazione della sua decisione di aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico”.

Infine, debbono essere richiamati anche il considerando 29 (secondo cui: “Ai fini dell’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico, ad eccezione delle misure di emergenza e dei contratti relativi a distanze limitate, le autorità competenti dovrebbero adottare le necessarie misure per pubblicizzare, con almeno un anno di anticipo, il fatto che intendono aggiudicare tali contratti così da consentire ai potenziali operatori del servizio pubblico di attivarsi”), e 30 (“I contratti di servizio pubblico aggiudicati direttamente dovrebbero essere soggetti a una maggiore trasparenza”) del regolamento (CE) n. 1370/2007.”

Guardando al diritto nazionale, poi, sottolinea che “nell’ambito del diritto nazionale, è rilevante la disposizione di cui all’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, secondo cui “Al fine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie, le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all’articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6, e all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007. Alle società che, in Italia o all’estero, risultino aggiudicatarie di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del predetto regolamento (CE) n. 1370/2007 non si applica l’esclusione di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422.”.

Inoltre, deve essere considerato quanto previsto dall’art. 17, comma 1, lett. i), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 … secondo cui “Le disposizioni del presente codice non si applicano agli appalti e alle concessioni di servizi […] concernenti i servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia o metropolitana; […]

Da ultimo, il TAR ricorda l’art. 4 del medesimo codice dei contratti pubblici, che dispone: “l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”.

Conclude, quindi, che “il dubbio che giustifica la rimessione della questione pregiudiziale riguarda la possibilità di un’interpretazione dell’articolo 7, paragrafi 2 e 4, del regolamento (CE) n. 1370/2007, conforme ai principi del Trattato in tema di concorrenza, non discriminazione, trasparenza, attribuendo alle predette disposizioni del regolamento il significato più ampio, sia quanto agli obblighi di informazione al mercato, gravanti sull’autorità competente che intenda procedere all’affidamento diretto, che dovrebbero consentire a tutti gli operatori potenzialmente interessati alla gestione del servizio di formulare un’offerta seria e ragionevole; sia quanto agli obblighi di motivazione della scelta dell’affidatario diretto, che dovrebbe includere anche la valutazione comparativa nel caso in cui l’autorità, dopo la pubblicazione dell’avviso di pre-informazione di cui all’art. 7 del regolamento (CE), riceva una pluralità di proposte di gestione del servizio.“.

4. Conclusioni

In questo caso, la conclusione dovrà essere indicata dalla Corte di Giustizia, che si pronuncerà sulle questioni pregiudiziali ad essa rimesse.

Come detto, quindi, la corte avrà il difficile compito di coordinare le esigenze di celerità degli affidamenti e continuità del servizio (argomentazioni che militano a favore delle ipotesi eccezionali di affidamento diretto) con quelle di apertura alla concorrenza (quindi, a favore dell’obbligo generalizzato di affidamento mediante gara).

Lo snodo sarà l’interpretazione del Regolamento comunitario n. 1370/2007, laddove esso reca deroghe alla regola generale di affidamento con procedura competitiva: infatti, spetterà alla giurisprudenza comunitaria l’arduo compito di tracciare il perimetro entro il quale dovranno essere circoscritte le eccezioni alla regola;  per converso, la Corte si troverà a dover definire una platea potenzialmente infinita di casistiche “di urgenza” in cui l’affidamento diretto, in ossequio ai principi comunitari, viene ammesso.

Il legislatore europeo non ha, sinora, puntualmente delimitato tali casistiche, forse consapevole delle difficoltà di raccogliere, in definizioni giuridiche, le innumerevoli circostanze concrete che caratterizzano l’urgenza; si vedrà se la corte si limiterà a ribadire il principio astratto, o se entrerà nella specifica analisi di alcune fattispecie concrete.

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Questo articolo è stato scritto da...

Massimiliano Lombardo
Avv. Massimiliano Lombardo
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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