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Premessa

I recenti provvedimenti “emergenziali” (che maggiormente hanno inciso in materia di appalti) ovvero il DL 76/2020 e la successiva legge di conversione n. 120/2020 sono oggetto di alcune considerazioni negative soprattutto in relazione alla pretesa “semplificazione” in materia di appalti della P.A. che, in realtà, tale non sarebbe (nel senso che nessuna semplificazione apporterebbe).

Al di là di valutazioni nel merito della qualità/funzionalità della legge 120/2020 di certo c’è che il legislatore ha ritenuto di “semplificare” riducendo – da un lato – gli obblighi istruttori/procedurali del RUP, ad esempio, aumentando gli importi entro cui è consentito procedere con l’affidamento diretto della commessa ma, pur vero, in altri casi incrementando gli oneri amministrativi che il RUP è tenuto a presidiare.

In tema di affidamento diretto, sicuramente, alcune “semplificazioni” (per riduzione degli adempimenti istruttori) devono essere accolti favorevolmente. Si pensi ad esempio alla facoltatività dell’obbligo di pubblicare l’avviso sui risultati nell’ambito dell’affidamento infra 40mila euro (art. 36, comma 2, lett. a)).

Per il resto, si tratta di comprendere – per evidenziare la novità, nel senso della semplificazione, delle nuove norme (ed in particolare delle deroghe) l’esatto ambito pratico/operativo entro cui si deve sviluppare la procedura dell’affidamento diretto.

Per intendersi, e ciò costituisce oggetto della presente analisi, le questioni pratico/operative che occorre chiarire è se la fattispecie dell’affidamento diretto sia simile o meno alla fattispecie derogabile (di cui all’articolo 36, comma 2, lett. a) del Codice dei contratti) ed il rapporto con l’articolo 30 dello stesso Codice inoltre, più in generale,  con i più classici principi del procedimento amministrativo, ciò che consente di comprendere che tipo e grado di intensità rivesta la motivazione dell’affidamento diretto emergenziale (infra 75mila euro per servizi e forniture e infra 150mila euro per i lavori). Per intendersi la motivazione – che richiede ogni azione amministrativa e, quindi, anche l’affidamento diretto -, deve essere contestualizzata rispetto al periodo in cui l’affidamento in deroga è praticabile ed altresì, sempre per stabilirne l’intensità non può non considerarsi che si tratta di prerogative contingentate nel tempo (entro il 31 dicembre 2021).

In pratica per comprendere chiaramente la fattispecie dell’affidamento diretto emergenziale non può tenersi conto dei vari contesti da cui emerge, evidentemente, l’esigenza di una calibratura (al ribasso) della motivazione.

Calibratura, ovviamente, che dovrebbe far retrocedere l’esigenza di una intensa motivazione rispetto agli obiettivi, prioritari, di carattere nazionale e “non disponibili” da parte del RUP. Per chiarire la questione: se l’affidamento diretto esige una motivazione intensa, anche in questo frangente emergenziale e range temporale limitato (per atti indittivi delle procedure adottati entro il 31/12/2021), probabilmente il RUP potrebbe essere indotto verso l’utilizzo di altre procedure ad esempio la procedura negoziata con pubblicazione (formale) di un avviso pubblico vanificando gli obiettivi di speditezza alla base del primo e secondo articolo della legge 120/2020.

Non v’è dubbio, quindi, che la procedura in parola richieda dal RUP un apparato motivazionale molto meno intenso a causa dell’emergenza sanitaria visto che sulla scelta dell’affidamento diretto insiste già la prevalutazione del legislatore della legge 120/2020. Motivazione e scopi, ad esempio la ripresa economica del Paese nel post covid-19, che rende l’affidamento diretto (come per la procedura negoziata) quasi una procedura ordinaria sempre che si rispetti la rotazione. Il momento nevralgico quindi del comportamento istruttorio del RUP è quello di avere un chiarimento sulla configurazione dell’affidamento diretto “emergenziale” e se questo richieda quell’apparato motivazionale, ad esempio, richiesto fin dalle prime linee guida ANAC n. 4 e/o l’applicazione dei modelli virtuosi come la consultazione/confronto di preventivi che finiscono per snaturare la configurazione dell’affidamento diretto rendendolo, piuttosto una sorta di procedura negoziata semplificata (se messa in confronto con le procedure di cui all’articolo 1, comma 2, lett. b) della legge 120/2020).

Con le considerazioni che verranno svolte, quindi, si cercherà di comprendere se l’affidamento diretto “emergenziale” beneficia, per poter essere realmente definito come semplificato, di una serie di “riduzioni” anche nell’apparato motivazionale da cui deve essere, si potrebbe dire “naturalmente”, supportato. Anche perché, già si anticipa, se così non fosse non è chiaro, davvero, in che cosa possa consistere la semplificazione se non nell’estensione “oggettiva (fino ai 75mila euro per servizi e forniture e fino a 150mila euro per i lavori) della fattispecie prevista nell’articolo 36, comma 2, lett. a) del Codice.

In tema di affidamento diretto, sicuramente, alcune “semplificazioni” (per riduzione degli adempimenti istruttori) devono essere accolti favorevolmente. Si pensi ad esempio alla facoltatività dell’obbligo di pubblicare l’avviso sui risultati nell’ambito dell’affidamento infra 40mila euro (art. 36, comma 2, lett. a)).

L’affidamento diretto nella prima versione del Codice dei contratti

Per provare a capire se insistano o meno delle differenze tra le varie versioni dell’affidamento diretto – per giungere così come previsto, in deroga alla previsione codicistica, alla legge emergenziale 120/2020 -, non si può non annotare che originariamente la previsione dell’articolo 36, comma 2, lettera a) associasse l’affidamento diretto alla necessità dell’adeguata motivazione da parte del RUP.

Il problema, anche allora, come quello attuale, era sempre lo stesso: come si può giungere ad una adeguata motivazione nell’affidamento diretto? 

Sulla norma andava quindi ad innestarsi l’intervento dell’ANAC, fin dagli schemi delle linee guida n. 4 (dedicate alla disciplina del comportamento istruttorio del RUP nel sotto soglia comunitario) in cui si è detto che la motivazione, congrua ed adeguata, non potesse che trovare la sua ragione fondante nel confronto tra preventivi. Da subito si è rilevato che tale affermazione, in realtà, tanto sotto il profilo pratico/tanto sotto quello giuridico, concretasse una forte contraddizione: se si parla di affidamento diretto si parla di una procedura diversa da una microcompetizione (per quanto informale) tra preventivi. Per intendersi, se c’è una competizione non si è in presenza di un affidamento diretto ma di una procedura negoziata che richiede comunque un minimo di regole per disciplinare procedimento e procedura.

Quest’ultima annotazione deve essere meglio chiarita per evitare fraintendimenti. Anche l’affidamento diretto, evidentemente, ha delle proprie regole ma, la differenza rispetto alla procedura negoziata, è che nel primo le regole la stazione appaltante (o il RUP) può anche non scriverle; nel caso della seconda (procedura negoziata) oggettivamente procedere senza regole scritte pare cosa improbabile.

L’affidamento diretto quindi si fonda su principi (si pensi all’articolo 30 del Codice dei contratti) la cui interpretazione esige una calibratura rimessa alla “sensibilità” giuridica (oggettiva) del RUP. Soprattutto oggi, già si anticipa, nel caso dell’affidamento diretto “emergenziale” per cui, secondo il legislatore – e secondo quanto emerge dalla legge 120/2020 – la tempestività/celerità dell’azione amministrativa viene considerata quel valore aggiunto che il RUP deve assicurare rispetto alla forma (comunque, ma entro certi limiti) necessaria.

Se l’affidamento diretto, quindi, ha un approccio (deve avere) un approccio ad intensità – sull’interpretazione/applicazione dei principi ex art. 30 del Codice che devono presidiare ogni affidamento di commesse pubbliche – “contestualizzata” al momento (al tempo di “guerra”) in cui si vive, la procedura negoziata opera invece in altro ambito quanto ad aspetti formali.

La procedura negoziata non può prescindere, neanche nel periodo emergenziale, dal corredo classico di regole, di disposizioni, di adempimenti istruttori.

L’affidamento diretto quindi si fonda su principi (si pensi all’articolo 30 del Codice dei contratti) la cui interpretazione esige una calibratura rimessa alla “sensibilità” giuridica (oggettiva) del RUP.

La prima modifica sulla fattispecie dell’affidamento diretto 

Con il primo decreto correttivo (decreto legislativo 57/2016) dall’articolo 36, comma 2, lett. a) è stato soppresso il riferimento alla necessità dell’adeguata motivazione a vantaggio di un (ancora singolare) riferimento alla non necessità del confronto tra preventivi.

Il riferimento chiaro, pur singolare come detto, esprime una chiara indicazione istruttoria che, comunque, lascia aperto il problema della motivazione. Per chiarire: non può sfuggire che confrontare dei preventivi fornisce ex se la motivazione circa il soggetto aggiudicatario. A margine il fatto che ne tralascia una diversa: come sono stati scelti i preventivi da far competere? Ecco che allora il problema/intensità della motivazione si riproduce ad ogni livello: per rispondere all’ultimo quesito, ex se la motivazione sarebbe semplice se il RUP facesse un avviso pubblico “formale” anche per l’affidamento diretto.

Una sorta di matrioska infinita e, soprattutto, a discapito di una pretesa, ed ora richiesta/imposta dalla legge 120/2020, semplificazione.

Fare l’affidamento diretto (a margine il fatto che non si chiamerebbe più così) strutturando una procedura che prenda avvio da un avviso pubblico significa non discostarsi dai procedimenti formali/burocratici inaccettabili.   

Da qui la domanda: ma il legislatore ha pensato ad un affidamento diretto di questo tipo? Tanto nel Codice quanto (e soprattutto) nella legge 120/2020 esige un apparato motivazionale così inteso da “condizionare” in questo modo (la necessità di un avviso pubblico formale) l’attività delle stazioni appaltanti (del RUP)?

A parere di chi scrive, la risposta deve essere negativa. Su tutte, forse è sufficiente una sola considerazione.   

Nel momento in cui il legislatore giunge alla modifica/ricalibratura della fattispecie in commento con il primo decreto correttivo avendo a disposizione le indicazioni “istruttorie” dell’ANAC che configurava (e forse configura tutt’ora) l’affidamento diretto adeguatamente motivato come assegnazione che scaturisce da un confronto tra preventivi ha però deciso di non utilizzarle (per intendersi: ha deciso di non utilizzare il suggerimento dell’ANAC).

L’indicazione, evidentemente non condivisibile, era quella di avvicinare l’affidamento diretto ad una procedura negoziata semplificata che, si ripete, il legislatore non ha condiviso. In modo parzialmente diverso, ad esempio, il legislatore, più recente, ha agito con riferimento ad alcune indicazioni contenute nel documento del 3 agosto 2020, di commento al DL 76/2020, della stessa ANAC che si è espressa in modo negativo sull’estensione degli importi entro cui si può procedere con l’affidamento diretto. Questa valutazione negativa – anche questa –  sta sicuramente alla base della riduzione dell’importo a 75mila euro per l’affidamento diretto per servizi e forniture (si ricorderà che originariamente la previsione era fino ai 150mila euro per le amministrazioni non centrali).  

Il punto, però, tornando al passaggio dalla originaria previsione dell’articolo 36 a quella, codicistica, attuale, è che il legislatore non ha tenuto conto della configurazione espressa dall’ANAC – fin dagli schemi delle linee guida n. 4 – di affidamento diretto adeguatamente motivato “solo” previo confronto tra preventivi.

Anzi, a ben vedere, a scelto in senso opposto visto che alla configurazione giuridica espressa nelle prime indicazioni dell’autorità anticorruzione ha introdotto una norma che testualmente dispone che “per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici”.

Non può non vedersi nella formulazione utilizzata, al netto della singolarità, una “risposta” in senso esattamente opposto alle indicazioni/lettura dell’ANAC.

Ed allora il senso della scelta non può che essere uno ovvero quello di “asciugare” la procedura che riguarda l’affidamento diretto anche per quanto concerne l’esigenza della motivazione: il RUP può affidare direttamente l’appalto anche senza preoccuparsi di consultare di operatori economici. 

Altro aspetto che non può essere sottovalutato, ai nostri fini verso una possibile interpretazione pratica della “nuova” fattispecie di affidamento diretto emergenziale in deroga, è la decisione anche di non riprendere il riferimento alla adeguata motivazione. Di più il legislatore non solo ha deciso di abbandonare il riferimento all’aggettivo (adeguata) ma anche alla necessità della motivazione. In sostanza aveva due opzioni, limitarsi a richiedere una “semplice” motivazione (piuttosto che adeguata e le varie implicazioni che ciò ha comportato) ed invece ha preferito eliminare ogni riferimento specifico.

La decisione non può essere liquidata con il consueto (e sia consentito stereotipato) riferimento al fatto che la motivazione rappresenta un dovere imprescindibile ed in questo senso già dispone l’articolo 3 della legge 241/90.  

Una “replica” di questo tipo è troppo, sia consentito, banale. Anche perché, come detto, la modifica ha riguardato non soltanto la questione della motivazione ma ha portato alla indicazione, al contrario, di un modus agendi che al RUP è stato suggerito, nientemeno, dal legislatore ovvero assegnare la commessa anche senza consultare uno o più operatori economici.

Sempre con una accezione equilibrata, sembra potersi sostenere che il legislatore del Codice (e del decreto correttivo) abbia consapevolmente deciso di privilegiare la sostanza alla forma (l’adeguata motivazione) e la praticità rispetto all’azione burocratica (e all’eccesso di zelo) almeno nell’ambito degli affidamenti infra 40mila (come da previsione codicistica).

Occorrerebbe poi comprendere se una decisione, declinata nella nuova norma post decreto correttivo n. 57/2016, di “brutale” praticità abbia inteso eliminare o ridurre l’onere motivazionale a carico del RUP.

Difficile pensare che l’onere motivazionale sia stato espunto ma è legittimo, invece, pensare che l’intensità di tale onere debba essere, appunto, contestualizzata.

Altro aspetto che non può essere sottovalutato, ai nostri fini verso una possibile interpretazione pratica della “nuova” fattispecie di affidamento diretto emergenziale in deroga, è la decisione anche di non riprendere il riferimento alla adeguata motivazione.

Una motivazione semplificata

Un’ onere motivazionale, e non può essere altrimenti, evidentemente rimane ma si introduce, sia consentito, una configurazione (necessariamente) sfumata di tale obbligo. Per usare le espressioni dell’ANAC (ad esempio riportate nel documento del 3 agosto 2020 di commento al DL 76/2020) l’assegnazione diretta, che quindi trova legittimazione ex legis (anche senza la consultazione di operatori), richiede semplicemente una motivazione semplificata, espressa “in modo semplificato”.

L’onere motivazionale semplificato che il RUP deve comunque innestare nell’atto dell’aggiudicazione è, quanto ad ambito e contenuto, esplicitato nelle linee guida ANAC n. 4, applicabili anche in relazione all’affidamento diretto emergenziale come chiarito dalla stessa ANAC nel documento più volte citato.

Nelle linee guida n. 4 si legge che l’affidamento diretto “in ottemperanza agli obblighi di motivazione del provvedimento amministrativo sanciti dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 e al fine di assicurare la massima trasparenza, la stazione appaltante motiva in merito alla scelta dell’affidatario, dando dettagliatamente conto del possesso da parte dell’operatore economico selezionato dei requisiti richiesti nella determina a contrarre o nell’atto ad essa equivalente, della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dall’affidatario, della congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione, nonché del rispetto del principio di rotazione”.

Questa sintesi, si ripete statuita dall’ANAC, non si pone il problema di come sia stato scelto l’operatore X piuttosto che l’operatore Y ovvero dell’applicazione, rimane aperta in sostanza la necessità di spiegare sotto il profilo pratico/operativo in che modo ed in che misura debbano essere rispettati i principi imprescindibili delle procedure di affidamento ovvero i principi di cui all’articolo 30 del Codice dei contratti.

Anche a questo quesito istruttorio – forse quello più “urgente” sotto il profilo pratico/operativo – risponde la stessa autorità anticorruzione sempre con le linee guida n. 4.

Sempre con riferimento alla fattispecie dell’affidamento diretto, nelle linee guida si legge che “al fine di assicurare il rispetto dei principi di cui all’articolo 30 del Codice dei contratti pubblici e delle regole di concorrenza, la stazione appaltante può acquisire informazioni, dati, documenti volti a identificare le soluzioni presenti sul mercato per soddisfare i propri fabbisogni e la platea dei potenziali affidatari”.

Più avanti, ai fini della “certificazione” – che nella determina di aggiudicazione non può mancare –  della congruità del prezzo si precisa che il RUP “può ricorrere alla comparazione dei listini di mercato, di offerte precedenti per commesse identiche o analoghe o all’analisi dei prezzi praticati ad altre amministrazioni”.

In questa fase, o se si preferisce in relazione alla fattispecie dell’affidamento diretto, l’ANAC non richiede una indagine di mercato (a ben vedere neppure informale).

Rende essenziale la procedura ossequiando la volontà del legislatore fermo restando, si ricorda nelle linee guida n. 4 che “In ogni caso, il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici rappresenta una best practice anche alla luce del principio di concorrenza”.

Ma nulla si dice su un percorso/sentiero istruttorio specifico e strutturato da seguire per l’individuazione dell’affidatario (se non nel momento in cui si parla del vincolo della rotazione da ossequiare).

Nelle linee guida n. 4 si legge che l’affidamento diretto “in ottemperanza agli obblighi di motivazione del provvedimento amministrativo sanciti dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 e al fine di assicurare la massima trasparenza, la stazione appaltante motiva in merito alla scelta dell’affidatario, dando dettagliatamente conto del possesso da parte dell’operatore economico selezionato dei requisiti richiesti nella determina a contrarre o nell’atto ad essa equivalente, della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dall’affidatario, della congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione, nonché del rispetto del principio di rotazione”.

L’affidamento diretto emergenziale della legge 120/2020

Rimane, infine, da analizzare la “nuova” fattispecie di affidamento diretto emergenziale ovvero ex comma 1, lett. a) dell’articolo 1 della legge 120/2020.

In primo luogo, come anche palesato dall’ANAC (sempre nel documento di commento al DL 76/2020) si è in presenza di un affidamento diretto “puro” ovvero dell’assegnazione che non richiede la intermediazione della consultazione e/o valutazione di più preventivi.

Nella elaborazione della nuova disposizione legislativa (art. 1, comma 2, lett. a) della legge 120/2020), il legislatore, effettivamente, aveva due esempi. Il primo si sostanziava nel suggerimento fornito dall’ANAC già con gli schemi delle linee guida n. 4; il secondo è dato, evidentemente, dalla attuale norma codicistica che può essere derogata (ex art. 36, comma 2, lett. a)).

Il legislatore, praticamente, non si è affidato né al primo (già “respinto” nel caso della predisposizione del decreto legislativo correttivo 57/2016 che ha modificato l’articolo 36 sopprimendo il riferimento all’adeguata motivazione) ma non si è ispirato neppure al secondo ed attuale comma 2, lett. a) dell’articolo 36 del Codice per il quale anzi – con le norme emergenziali – ha previsto la deroga

Le ragioni per cui non sia stata “ripetuta” la norma o effettuato un mero rinvio ma con importi aumentati, sarebbe stato sufficiente infatti scrivere la norma come un rinvio del tipo: “fino alla data del 31/12/2021 è consentito l’affidamento diretto per gli importi di …”, non è dato conoscere.

E’ chiaro che imporre – come emerge dal verbo, le stazioni appaltanti “procedono”, avrebbe dovuto avere efficacia differente rispetto ad un mero rinvio.

Nella nuova previsione non viene richiamato il fatto istruttorio per cui l’assegnazione diretta può avvenire anche senza consultazione di più operatori ma ciò per un fatto, secondo chi scrive, ancor più ovvio.

Premesso che parlare di affidamento diretto previa consultazione è un errore visto che non si sarebbe in presenza di un affidamento diretto ma, soprattutto, la modalità operativa del RUP, come detto, fissata al contrario, risulta assolutamente superflua in un contesto emergenziale in un tempo di “guerra” con le finalità della stessa norma (di privilegiare la celerità e la sostanza alla mera forma).

Nella elaborazione della nuova disposizione legislativa (art. 1, comma 2, lett. a) della legge 120/2020), il legislatore, effettivamente, aveva due esempi. Il primo si sostanziava nel suggerimento fornito dall’ANAC già con gli schemi delle linee guida n. 4; il secondo è dato, evidentemente, dalla attuale norma codicistica che può essere derogata (ex art. 36, comma 2, lett. a)).

Come si affida direttamente e quali sono le motivazioni da addurre

Che si sia in presenza di un affidamento puro, non dissimile da quello previsto nell’articolo 36, emerge oltre che dall’ANAC anche dalla prima giurisprudenza (Tar Liguria sentenza n. 742/2020).

Si tratta pertanto di affidamento diretto che può avvenire senza consultazione di più operatori e quindi senza la consultazione del mercato ma, come si legge nel passo delle linee guida n. 4 già riportate, attingendo una serie di elementi istruttori necessari e sufficienti anche da altre esperienze, sia della stessa stazione appaltante sia di altre stazioni.

Soprattutto deve essere sottolineato il fatto che ciò che vincola la scelta dell’affidatario è semplicemente il possesso dei requisiti e l’economicità (la convenienza/congruità) del prezzo praticato.

Se il primo aspetto è ovvio, il secondo richiede un minus di sforzo istruttorio (la correlata “certificazione” di congruità) ma che può essere espresso anche dal “prezzo” offerto in un dato preventivo ed il prezzo precedentemente pagato per lo stesso appalto, oppure dal prezzo di contratto di altre amministrazioni o, infine, e dalla stessa prassi di mercato (per il quale è sufficiente un minimo di ricerca).

In sostanza ciò che rileva nell’affidamento diretto non è il perché sia stato scelto quell’operatore economico ma come si sia  verificato il possesso dei requisiti e l’economicità dell’acquisizione da intendersi – ed è questo il dato istruttorio rilevante – non in senso assoluto (perché ciò potrebbe essere dimostrato solo con una gara classica) ma in senso relativo/contestualizzato ovvero con un bilanciamento prezzo/condizioni di emergenza che impongono un dispendio di adempimenti istruttori assolutamente minimo/irrisorio, solo l’indispensabile,  rispetto all’acquisizione.

Per dirla con una metafora il legislatore dell’emergenza vuole un RUP minimalista quanto a procedure di affidamento senza che si prescinda da alcuni valori fondamentali dell’azione amministrativa ovvero l’alternanza/rotazione (e ciò esprime il valore della concorrenza), l’economicità (che viene espressa anche dal semplice confronto rispetto al prezzo d’appalto precedente sia nell’esperienza della stazione appaltante sia in altre esperienze), infine il minus sul dato motivazionale  che sintetizza quanto appena detto.

Valori classici della procedura d’appalto che nell’emergenza subiscono una “deminutio

La stessa trasparenza e pubblicità, richiamate nell’articolo 30 del Codice, hanno subito una deminutio nella decisione del legislatore dell’emergenza da un lato nel momento in cui ha ritenuto facoltativa la pubblicazione dell’avviso pubblico (per gli affidamenti infra 40mila euro) dall’altra nella decisione di consentire, solo nell’affidamento diretto emergenziale, la possibilità di adottare la determina unica che si situa, come tante volte ripetuto, a valle della procedura e non a monte.

Questo significa, ma è una scelta del legislatore, che gli atti istruttori (e conseguentemente gestionali) vengono adottati in una zona d’ombra ovvero senza alcuna trasparenza.

Solo alla conclusione della procedura è dato sapere chi è l’aggiudicatario (neanche chi è stato, e se è stato, coinvolto) all’insegna quindi della massima semplicità sempre in un comportamento corretto e in buona fede del RUP. 

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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