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Premessa. La valutazione della gravità del reato. Il concetto di moralità professionale e la locuzione reati gravi in danno dello Stato o della Comunità. L’obbligo di dichiarare tutti  i reati e  la modulistica predisposta dalla stazione appaltante. La nuova formulazione dell’art. 38 del d.lgs. 163/06. Istruzioni operative.

Premessa

Il presente contributo è volto ad illustrare come è cambiata la normativa relativa all’obbligo di dichiarazione delle condanne riportate, alla luce della novella dell’art. 38, ed in particolare del II comma dello stesso articolo, ad opera del D.L. 70/2011. Si cercherà in particolare di ricostruire la portata della disposizione e le modalità di valutazione della gravità dei reati, in stretta correlazione con l’analisi della documentazione di gara  che le stazioni appaltanti dovranno necessariamente modificare in conformità al nuovo dettato normativo.

La valutazione della gravità del reato

Il comma I, lett c)  dell’art. 38 del d.lgs. 163/06, prevede che sono esclusi dalla partecipazione dalle gare d’appalto i soggetti : “nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale…

La preclusione alla partecipazione alle gare d’appalto, secondo la normativa richiamata,  costituisce una  vera e propria misura cautelare amministrativa  che risponde all’esigenza di evitare che la P.A. si trovi a contrarre con soggetti che hanno posto in essere condotte illecite incompatibili con la realizzazione di progetti di interesse collettivo e con l’esborso di danaro pubblico e che pertanto si presume che siano soggetti  inaffidabili[1].

L’art. 38 del d.lgs 163/06 recepisce l’art. 45 della direttiva 2004/18 e concentra in un’unica disposizione cause facoltative e cause obbligatorie di esclusione[2]. Tale norma è stata dichiarata compatibile con il diritto comunitario, in una recente sentenza della Corte di Giustizia[3] che, pur ribadendo la tassatività delle cause di esclusione previste dal diritto comunitario, ha precisato che ciò non impedisce che uno Stato membro preveda altre misure restrittive per garantire la trasparenza delle procedure nel rispetto del principio di proporzionalità.

In ordine al riferimento a reati gravi, la gravità del reato e il suo apprezzamento sono rimessi alla stazione appaltante cui spetta un ampio margine di discrezionalità. Il legislatore ha, infatti, optato per una formulazione flessibile essendo apparsa sconsigliabile, considerata la rapida evoluzione e  trasformazione dei fenomeni criminali, la previsione cristallizzata di un numerus clausus di fattispecie[4].

Le modalità di  valutazione della  gravità del reato possono essere ricondotte all’interno di tre filoni giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento la valutazione in ordine alla gravità del reato deve essere effettuata tenendo conto di elementi rilevanti sul piano penalistico quali la gravità della condanna, il tempus commissi delicti, l’elemento psicologico ed eventuali recidive.

La stessa Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici si è più volte soffermata sui requisiti di partecipazione (cfr.: determinazioni n. 13/2003, n. 4/2006 e, da ultimo, n. 1/2010), precisando che compete alla stazione appaltante l’accertamento, di natura discrezionale e comportante l’obbligo di motivazione, della esistenza e della gravità della violazione commessa e sostenendo, in particolare, che la “gravità”, prevista come presupposto dalla lettera c) dell’art. 38, debba essere desunta dalla specifica tipologia dell’infrazione commessa, sulla base del tipo di sanzione per essa irrogata, dell’eventuale reiterazione della condotta, del grado di colpevolezza e delle ulteriori conseguenze dannose che ne sono derivate, nonché del bene giuridico leso[5].

Secondo un altro orientamento la valutazione in ordine alla gravità del reato non comporta l’applicazione meccanicistica di criteri penalistici, assumendo particolare rilievo l’incidenza del reato sull’affidabilità del concorrente e sul vincolo fiduciario.

Per il Consiglio di Stato[6] la gravità del reato, ai sensi dell’art 38 del d.lgs. 163/06, non è esclusa dalla lieve pena edittale prevista nella fattispecie penale o dalla natura contravvenzionale[7] del reato.

Per la valutazione della gravità del reato ai fini dell’art. 38 non deve farsi applicazione dei criteri penalistici (quali la natura del reato, il genere e la specie della pena edittale o l’entità di quella concretamente inflitta); le stazioni appaltanti sono, per contro, chiamate a verificare, dimostrando in motivazione la ragionevolezza del loro giudizio, se la specifica condotta sanzionata sia in grado di interferire sulla piena affidabilità dei concorrenti in relazione allo svolgimento delle specifiche prestazioni messe a gara. Invero, al centro del giudizio sulla gravità non è tanto la persona del condannato, ma i riflessi che i reati da questi commessi abbiano prodotto sulla affidabilità dell’impresa concorrente.

Secondo una recentissima pronunzia del Tar Emilia Romagna[8], il vincolo fiduciario costituisce un elemento essenziale del rapporto e pertanto la mancanza di un nesso tra la tipologia di reato e l’oggetto della gara[9] non escluderebbe il ricorrere della fattispecie di cui all’art. 38, lett c) del d.lgs. 163/06.

Un terzo filone giurisprudenziale, per contro, ricostruisce la valutazione relativa all’incidenza del reato sulla base del nesso tra la tipologia di condanna riportata e l’oggetto della gara. Secondo questa ricostruzione[10] il contenuto del contratto oggetto della gara assume importanza fondamentale al fine di apprezzare il grado di “moralità professionale” del singolo concorrente[11].

In ordine alle modalità di valutazione della “gravità” dei reati, a prescindere dall’orientamento giurisprudenziale che la stazione appaltante decida di seguire, trattandosi, peraltro, di  orientamenti non necessariamente contrastanti[12],  la stessa deve essere effettuata  mediante una ponderazione circostanziata e selettiva degli elementi che caratterizzano la fattispecie concreta. La stazione appaltante, pur potendo valutare discrezionalmente l’incidenza di una condanna sulla moralità professionale dell’appaltatore deve sempre dare, in relazione alla decisione adottata, adeguata e congrua motivazione. I margini di insindacabilità attribuiti all’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione, infatti, non consentono alla stazione appaltante di prescindere dal dare contezza di aver effettuato una concreta valutazione dell’incidenza della condanna sul vincolo fiduciario[13], mediante un’accurata indagine della rispondenza della fattispecie di reato a tutti gli elementi che delineano l’ipotesi di esclusione individuata dall’articolo 38, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006.

Il meccanismo di esclusione scaturente dalla prima parte della lettera c) dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici non è quindi automatico. La disposizione fa carico, piuttosto, alla stazione appaltante di valutare la condotta dell’offerente, tenendo conto di molteplici aspetti quali quelli soggettivi, temporali, relazionali per verificare la sua professionalità per come nel tempo si è manifestata.

Il concetto di moralità professionale e la locuzione reati gravi in danno dello Stato o della Comunità

Il concetto di “moralità professionale” per i suoi caratteri di astratta vaghezza ha reso necessario più di un intervento chiarificatore dell’ Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici[14], la quale ha avuto modo di specificare che tale concetto delimita il campo di applicazione della causa di esclusione a quei fatti illeciti che manifestano una radicale e sicura contraddizione con i principi deontologici della professione e che la mancanza di parametri fissi e predeterminati e la genericità della prescrizione normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale per la stazione appaltante.

L’espressione “moralità professionale” si riferisce, non tanto alle competenze professionali dell’imprenditore aspirante contraente con la Pubblica Amministrazione, quanto piuttosto ad una nozione ampia, comprendente la condotta e la gestione di tutta l’attività professionale. Ne possono, quindi, esulare solo quei fatti, estranei allo svolgimento dell’attività professionale, che riguardino esclusivamente la condotta personale del soggetto che partecipi alla gara[15].

In ordine alla locuzione reati gravi in danno dello Stato o della Comunità la Sez. V del Consiglio di Stato[16] ha precisato che, con la disposizione in parola, il legislatore nazionale non ha inteso riscrivere in senso più restrittivo le norme di cui ai previgenti artt. 75 del D.P.R. n. 554 del 1999 e 17 del D.P.R. n. 34 del 2000. Il legislatore ha esercitato la facoltà, in linea con la disciplina previgente, stabilita al paragrafo 2 dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, di prevedere cause preclusive ulteriori rispetto a quelle obbligatorie di cui al paragrafo 1 dello stesso articolo, anche estendendo la sfera dei reati rilevanti a quelli che interessano altri Stati membri della Comunità europea o la stessa Comunità.

La dizione “in danno dello Stato”, non va letta isolatamente, ma nel contesto della più ampia dizione “reati gravi in danno dello Stato (…) che incidono sulla moralità professionale”; contesto in cui appare evidente che quanto rileva non è di certo il soggetto passivo (Stato o Comunità) del reato, bensì l’idoneità di qualsiasi reato ad incidere sulla moralità professionale del soggetto che intenda partecipare ad una gara – quindi la sua affidabilità – in ragione della capacità offensiva dello stesso reato nei confronti di tutti i consociati.

D’altro canto, una diversa ricostruzione  comporterebbe l’impossibilità di configurare come causa di esclusione – al di là delle condanne per i reati elencati nel citato paragrafo 1 dell’art. 45 della direttiva menzionata (cause obbligatorie di esclusione), richiamate in altra parte dello stesso art. 38, co. 1, lett. c) – la maggior parte delle condanne per delitti anche molto gravi implicanti chiaramente un vulnus alla moralità professionale.

Come affermato dall’AVCP nella determinazione n. 1/2010 l’espressione : “in danno dello Stato o della Comunità” va letta nel più ampio contesto della fattispecie indicata alla lettera c) e non si riferisce a tipologie di reato qualificate: una simile restrizione, infatti, non si evince né dalle direttive comunitarie né dall’ordinamento penale italiano, che non contempla una categoria di reati in danno dello Stato o della Comunità. Pertanto, indipendentemente dallo specifico oggetto giuridico della singola norma incriminatrice, deve trattarsi di reati idonei a creare allarme sociale rispetto ad interessi di natura pubblicistica. Gli interessi, cioè, che dovrebbero essere perseguiti attraverso l’appalto..”.

L’obbligo di dichiarare tutti  i reati e  la modulistica predisposta dalla stazione appaltante

Preliminarmente all’analisi dell’attuale formulazione del II comma dell’art. 38 del d.lgs. 163/06 appare opportuna una breve disamina delle pronunzie giurisprudenziali antecedenti alla novella introdotta dal D.L. 70/2011.

La disposizione nella sua precedente formulazione prevedeva genericamente: “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione[17]

Il Consiglio di Stato in un’illuminante sentenza[18], antecedente alla modifica della disposizione in parola,  effettua un importante distinguo, a seconda del contenuto[19] del bando predisposto dalla stazione appaltante, in ordine al soggetto tenuto ad effettuare le valutazioni relative all’incidenza delle condanne sulla moralità professionale.

Al fine di accertare quale sia il corretto contenuto della dichiarazione in ordine all’assenza di condanne penali, occorre preliminarmente verificare quale sia esattamente la prescrizione del bando di gara.

Nell’ipotesi in cui il bando si limiti a richiedere genericamente la dichiarazione circa l’assenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/06, è giustificata la valutazione di gravità/ non gravità compiuta dal concorrente[20]. In questo caso è evidente la difficoltà, qualora la valutazione operata dall’operatore economico non coincida con quella della stazione appaltante, di valutare l’eventuale falsità della dichiarazione[21]. Come affermato dal Consiglio di Stato[22] : “è da escludere che possa qualificarsi falsa dichiarazione una valutazione soggettiva del concorrente stesso la quale potrà tutt’al più non essere condivisa, ma giammai potrà essere ritenuta falsa, e cioè non corrispondente ad un dato oggettivamente riscontrabile.

Nella prassi, per ovviare a tale inconveniente si è opportunamente diffusa di richiedere all’operatore di riferire tutte le condanne, al fine di rimettere esclusivamente alla stazione appaltante la valutazione in ordine all’incidenza di una condanna sulla moralità professionale.

Nell’ipotesi in cui il bando sia più preciso e richieda che vadano dichiarate tutte le condanne, secondo la giurisprudenza amministrativa la causa di esclusione non sarebbe più soltanto quella sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella dell’essere stata commessa una violazione formale, ossia di aver omesso[23] una dichiarazione prescritta dal bando[24].

Altro orientamento, c.d. sostanzialista, richiede invece sempre una rigorosa valutazione da parte della stazione appaltante. Secondo tale approccio[25] l’amministrazione deve sempre procedere concretamente a valutare se il reato influisca sull’affidabilità morale e professionale del contraente e sia idoneo ad incidere sul rapporto fiduciario con l’amministrazione.

La legittimità dell’operato delle stazioni appaltanti che, trovandosi di fronte alla difficoltà di rimettere all’operatore economico la valutazione in ordine alla gravità della condotta per le conseguenze di cui sopra in ordine alla falsità, richiedevano la dichiarazione di tutte le condanne riportate è stata avallata dalla giurisprudenza[26].

Il diritto comunitario[27] non osta, infatti, a che ulteriori cause di esclusione siano previste dal legislatore nazionale o dal bando di gara, purché proporzionate e ragionevoli. Né osta a che la gara imponga adempimenti formali a pena di esclusione, in funzione di accelerazione delle procedura di gara[28].

La stessa Autorità di Vigilanza nella determinazione n. 1/2010 in linea con l’orientamento giurisprudenziale richiamato  sancisce: “La valutazione della gravità della condanna dichiarata, e della sua incidenza sulla “moralità professionale”, non è rimessa all’apprezzamento dell’impresa concorrente ma alla valutazione della stazione appaltante. Al fine di evitare possibili incertezze applicative, appare necessario che le stazioni appaltanti non si limitino a richiedere agli operatori economici partecipanti di dichiarare, in autocertificazione, l’inesistenza di condanne incidenti sulla moralità professionale, ovvero di dichiarare di non trovarsi in alcuna delle condizioni di cui alla lett. c) dell’articolo 38, comma 1, del Codice, ma prescrivano nei disciplinari di gara che la dichiarazione relativa al possesso dei requisiti autocertificabili, in merito alla lett. c), contenga l’attestazione circa l’assenza di sentenze di condanna, senza o con il beneficio della non menzione, e/o di irrogazione di pene patteggiate e/o di decreti penali di condanna, ovvero, se presenti, l’elencazione di tali precedenti penali[29]”.

La nuova formulazione dell’art. 38 del d.lgs. 163/06

La ricostruzione della portata della dichiarazione in ordine all’assenza di condanne incidenti sulla moralità professionale deve essere ora rivalutata alla luce dell’attuale formulazione del II comma dell’art. 38 del d.lgs. 163/06 il quale sancisce : “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione”.

Il legislatore con la modifica introdotta obbliga l’operatore economico a dichiarare tutte le condanne riportate. Tale previsione si inserisce nel contesto cui muove lo stesso DL 70/2011, ossia di semplificazione, riduzione del contenzioso ed introduzione di un più efficace sistema di controllo per le imprese. L’obbligo di indicare tutte le condanne, fatta eccezione per quattro fattispecie individuate dallo stesso II comma dell’art. 38 del d.lgs 163/06[30], comporta di conseguenza il venir meno della problematica su indicata in ordine alla possibilità di contestare la falsità delle dichiarazioni rese dal concorrente. L’obbligo di dichiarare tutte le condanne sembra essere perfettamente aderente anche con quanto affermato dall’AVCP nella determinazione n. 1/2010, su indicata, che invitava le stazioni appaltanti ad inserire una formulazione più ampia, relativa alle condanne da dichiarare, rispetto alla formulazione dell’allora vigente art. 38, comma II del d.lgs 163/06. La valutazione relativa all’incidenza del reato che secondo la giurisprudenza consolidata[31], ante decreto sviluppo, era di esclusiva competenza della Stazione Appaltante, trova ora un effettivo riscontro nella formulazione letterale della norma.

Tuttavia deve darsi atto di una recente giurisprudenza[32] che mossa da un intento sostanzialista e forse eccessivamente garantista nei confronti delle imprese arriva di fatto a disapplicare lo stesso art. 38 del d.lgs. 163/06. Il Tar Lazio ha, infatti, affermato che nonostante l’intervento legislativo richiamato, in caso di mancata indicazione di condanne successivamente riscontrate, in fase di controllo a seguito dell’acquisizione del certificato del casellario giudiziale, la stazione appaltante non potrebbe tout court procedere all’esclusione ma dovrebbe in ogni caso effettuare una valutazione in ordine all’incidenza della condanna non indicata sulla moralità professionale. Secondo il Tar Lazio : “il comma 2 dell’art. 38, anche nella nuova formulazione, non può essere disgiunto dal contenuto del comma 1, nel senso che nel richiedere la denuncia di tutte le condanne riportate non può non riferirsi alle condanne indicate nel comma 1, sicché le eventuali condanne devono logicamente connettersi ai reati gravi in danno dello Stato o della Comunità di cui al comma 1, lett. c), che incidono sulla moralità professionale e, quindi, sul rapporto fiduciario che deve instaurarsi con la Stazione appaltante. Una lettura diversa comporterebbe, come nella specie, l’esclusione dalla gara del concorrente che abbia omesso di dichiarare una condanna per reati che nulla hanno a che fare con la moralità professionale. Quando, cioè, il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la condanna omessa nella dichiarazione sia palesemente per reati, ancorché caratterizzati da gravità, ma non incidenti sull’affidamento professionale del concorrente, l’omissione o l’incompletezza in ordine a dette condanne non può pregiudicare gli interessi tutelati dalle norme, ricorrendo una ipotesi di mero formalismo, che, come tale, deve ritenersi insuscettibile a fondare l’esclusione”.

Tale ricostruzione, a parere della scrivente, non può essere condivisa. L’interpretazione del comma II dell’art. 38 del d.lgs. 163/06, effettuata alla luce  dei criteri di cui all’art. 12 delle preleggi, letterale sistematica  e teleologica, non può che portare all’obbligatorietà da parte dell’operatore economico di riportare tutte le condanne riportate. L’intervento del Legislatore muove, tra l’altro, da un’ evidente necessità di deflazione del contenzioso, considerata la corposa giurisprudenza prodottasi sul punto derivante dalla formulazione della stessa norma, alla quale le amministrazioni, come ricordato, avevano ovviato in fase applicativa della disposizione in esame.

La pronunzia del Tar Lazio[33] finisce per svilire la portata della novella legislativa comportando un eccessivo onere per le stazioni appaltanti che piomberebbero di fatto nella stessa situazione di incertezza in cui si erano trovate in fase applicativa dell’originario art. 38 del d.lgs. 163/06. La ricostruzione, peraltro, non può essere condivisa anche alla luce del principio di tassatività[34] della cause di esclusione disciplinato dal comma 1bis dell’art. 46 del d.lgs. 163/06 che sancisce: “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”

Tale disposizione, introducendo la c.d. tassatività delle cause di esclusione, prevede, tra le altre ipotesi, che la stazione appaltante escluda i candidati in caso di mancato adempimento alle disposizioni del codice, nonché  in caso di mancanza di elementi essenziali dell’offerta. I due casi di esclusione richiamati assumono evidentemente rilevanza fondamentale, come è emerso da due recentissime pronunzie giurisprudenziali, in ordine alla mancata dichiarazione di tutte le condanne penali. La giurisprudenza riconduce tale mancanza o nell’ ambito dell’’inosservanza delle norme del codice dei contratti ovvero la considera quale assenza di uno degli elementi essenziali dell’offerta.

Lo stesso Consiglio di Stato[35] afferma che: “l’autodichiarazione sia prescritta dal comma 2 dell’articolo 38 del Codice degli appalti con le conseguenze previste dall’articolo 75 del D.P.R. n. 445/2000, che prevede, in caso di falsità dell’autocertificazione, la perdita dei benefici cui l’autodichiarazione è finalizzata. Pertanto, nel caso di specie, l’esclusione deriva direttamente da cause previste da disposizioni di legge come richiesto dalla puntuale applicazione delle nuove disposizioni di recente introdotte dall’articolo 46, comma 1 bis, del Codice dei contratti, che vieta che bandi e lettere di gara prevedano ulteriori cause di esclusione non previste dalla legge[36]”.

 La sentenza in esame ha una portata applicativa particolarmente dirompente laddove afferma che: “la valutazione della gravità dell’illecito, ai fini di cui si discute, è rimessa alla discrezionalità dell’ente appaltante. Di conseguenza non si può escludere che nella fattispecie l’ente appaltante, ove quei decreti penali gli fossero stati tempestivamente e correttamente dichiarati, potesse giungere alla conclusione che i relativi episodi non rivestivano una sufficiente gravità. Per esprimere questa valutazione discrezionale, tuttavia, era necessario che l’ente venisse informato nei modi previsti dall’art. 38”. In sostanza si ribadisce che la valutazione in ordine all’incidenza dei reati sulla moralità professionale è di esclusiva competenza della stazione appaltante; l’elemento di novità sta nell’ affermazione secondo la quale solo una dichiarazione conforme al disposto di cui al II comma dell’art. 38 del d.lgs. 163/06 consente alla stazione appaltante di effettuare una valutazione di tipo sostanziale in ordine alla rilevanza e all’incidenza dei reati. In caso di mancato rispetto dell’art. 38 la stazione appaltante non può quindi che procedere all’esclusione del concorrente.

In tale contesto si inserisce anche la pronunzia del Tar Basilicata[37] che afferma: “la mancata dichiarazione delle sentenze penali di condanna riportate costituisce una causa autonoma di esclusione dalla gara, a prescindere dal tipo di prescrizioni contenute nel bando di gara. e tali statuizioni giurisdizionali dovranno essere confermate anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 46, comma 1 bis D.Lg.vo n. 163/2006 …in quanto anche quest’ultima norma prevede la sanzione dell’esclusione dalla gara nel “caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente Codice” dei Contrati Pubblici di cui al D.Lg.vo n. 163/2006….al riguardo, va pure evidenziato che l’art. 4, comma 2, lett. b, n. 4, D.L. n. 70/2011 conv. nella L. n. 106/2011 statuisce espressamente l’obbligo dei concorrenti di indicare “tutte le condanne riportate“, specificando che i concorrenti non sono tenuti ad indicare soltanto “le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione”

Secondo un’altra ricostruzione la mancanza della dichiarazione in ordine alle condanne riportate concerne un elemento essenziale dell’offerta e pertanto rientrerebbe in una delle ipotesi di esclusione di cui all’art. 46, comma 1bis del d.lgs 163/06. Il Tar Umbria ha infatti affermato che: “…….poiché la previsione disattesa è prevista dalla legge (articolo 38, comma 2), e comunque concerne <<elementi essenziali>> dell’offerta (la dichiarazione di tutte le condanne penali, ritenuta dalla stazione appaltante necessaria a consentire la valutazione della loro eventuale rilevanza ostativa), si rientrerebbe comunque in una delle ipotesi di esclusione consentite”.

Secondo i primi commenti[38] sulla disposizione in parola, la modifica legislativa dovrebbe comportare il tramonto dell’orientamento giurisprudenziale che, in presenza di una lex specialis che prevedeva un generico richiamo all’art. 38 d.lgs. 163/2006 senza null’altro statuire, rimetteva sul concorrente la valutazione circa le eventuali condanne penali da indicare in sede di offerta. In sostanza, attraverso il combinato disposto degli artt. 38 e 46, comma 1 bis, del d.lgs 163/06 consegue l’esclusione in caso di mancanza di una dichiarazione di condanna pur in assenza di un’espressa comminatoria di esclusione all’interno dello stesso articolo 38.

Dalla ricostruzione svolta possono essere enucleate le seguenti istruzioni operative.

Gli adempimenti della stazione appaltante in 6 step.

1 La stazione appaltante deve inserire nel disciplinare di gara e nella modulistica allegata l’attuale formulazione dell’art. 38, lett. c) del d.lgs. 163/06 e del II comma dello stesso, nella parte in cui prescrive che il candidato debba indicare tutte le condanne.

2 Il concorrente non deve indicare le condanne per reati:

  1. depenalizzati;
  2. dichiarati estinti dopo la condanna;
  3. le condanne revocate,
  4. le condanne per le quali è intervenuta la riabilitazione

3 Precisare, nel disciplinare di gara, che la valutazione in ordine all’incidenza dei reati sulla moralità professionale è di esclusiva competenza della Stazione Appaltante.

4 Qualora dalla documentazione di gara emerga un reato effettuare valutazioni motivate e circostanziate considerando:

1 elementi penalistici quali gravità della condanna, tempus commissi delicti, elemento psicologico ed eventuali recidive;

2 l’incidenza del reato sull’affidabilità del concorrente e sul vincolo fiduciario;

3 il nesso tra la tipologia di condanna riportata e l’oggetto della gara

5 Nel caso in cui dalla documentazione non emergano reati risultanti dal certificato del casellario giudiziale, successivamente acquisito, procedere all’esclusione sulla base del combinato disposto degli artt. 38 e 46, comma 1 bis del d.lgs. 163/06

6 In caso di esclusione procedere alla segnalazione all’AVCP alla quale è rimessa la valutazione, in ordine all’elemento soggettivo, ai fini dell’iscrizione nel casellario informatico (comma 1 ter art. 38 d.lgs. 163/06)


[1] Codici del Professionista, Codice degli appalti pubblici e nuova direttiva ricorsi, a cura di Roberto Garofoli e Giulia Ferrari, pag. 334 e ss

[2] La norma di cui all’art. 38 del d.lgs 163/06 non indica in modo indefettibile quali fattispecie penali , secondo il diritto nazionale, siano rilevanti  nell’ambito della cause di esclusione automatiche ; con riferimento ai casi di facoltatività della cause di esclusione, reati gravi in danno dello Stato e della Comunità che incidano sulla moralità professionale lascia un ampio spazio discrezionale alla stazione appaltante in ordine all’individuazione dei  ai reati che incidano sulla moralità professionale.  Le nuove leggi amministrative, commento al d.lgs 163/06, codice dei contratti pubblici, Giuffré 2007.

[3] Corte giust. Com.eu, Grande sez, 16 dicembre 2008, causa C-213/07

[4] Di Geronimo, La moralità professionale dell’imprenditore quale requisito di ammissione alle gare per l’aggiudicazione di appalti pubblici, alla luce della normativa nazionale e comunitaria in tema di partecipazione ed esclusione dagli stessi, in Riv. Amm., 1996,210.

[5] Parere Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 9/9/2010 n. 148

[6] CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 20 aprile 2009 n. 2364.

[7] TAR Lazio Roma sez. III 7/9/2011 n. 7143, in www.appaltiecontratti.it

[8] TAR EMILIA ROMAGNA – PARMA, SEZ. I – sentenza 8 febbraio 2012 n. 85: Appare, infatti, palese che l’amministrazione possa valutare nella sua discrezionalità, senza incorrere in eccesso di potere o travisamento dei fatti, di non voler intraprendere rapporti contrattuali con soggetti che hanno alterato in modo artificioso i prezzi di valori, di beni di mercato o di strumenti finanziari al fine di ingannare il pubblico, non rilevando il fatto che, nel caso di specie, si tratta di un contratto per il servizio di pulizia delle sedi dei Comandi dei Vigili del Fuoco giacché il rapporto fiduciario con il contraente privato prescinde dall’oggetto dell’affidamento, ma costituisce un elemento essenziale del rapporto contrattuale soprattutto se di durata quale quello in discorso. Non può, inoltre, non essere rilevato che la condanna riportata dal ricorrente, idonea ad inficiare l’affidabilità professionale dell’impresa nella quale egli ricopre un ruolo rilevante, è recente (2008) ed anche i fatti oggetto della condanna non sono particolarmente risalenti nel tempo (scalata alla Banca Antonveneta risalente al 2004), il che rende i provvedimenti censurati immuni da irrazionalità. In altre parole, la valutazione di “gravità del reato” compiuta dall’amministrazione – a mezzo dell’ausilio e del conforto tecnico-giuridico dell’Avvocatura Generale dello Stato – con concreto riferimento al rapporto contrattuale da stipulare appare esente dai vizi rilevati di travisamento e illogicità”.

[9] La gara aveva ad oggetto un servizio di pulizia mentre la condanna riportata è per aggiotaggio.

[10] Consiglio Stato , sez. VI, 04 giugno 2010 , n. 3560. “di conseguenza è irrilevante, rispetto a tale valutazione della stazione appaltante, la gravità del reato sanzionato in sede penale in relazione alla pena edittale o al fatto che si tratti di contravvenzioni

[11] TAR LOMBARDIA – MILANO SEZ. I – sentenza 27 dicembre 2010, n. 7715: “presupposti perché l’esclusione consegua alla condanna sono la gravità del reato e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale. La gravità del reato deve, quindi, essere valutata in relazione a quest’ultimo elemento e il contenuto del contratto oggetto della gara assume allora importanza fondamentale al fine di apprezzare il grado di moralità professionale del singolo concorrente (Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2010, n. 3560). Alla stregua di tale principio sono state ritenute “gravi”: in un appalto per l’affidamento del servizio di ristorazione, una condanna per violazione delle norme sulla disciplina igienica della produzione e della vendita di sostanze alimentari (sent. da ultimo citata); in un appalto per l’affidamento di interventi di manutenzione straordinaria su pavimentazioni in conglomerato bituminoso, una condanna comminata per non aver adottato nell’esercizio dell’impresa le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica del lavoratore il quale, a seguito di infortunio in cantiere, abbia subito un’inabilità temporanea superiore ai 40 giorni (Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2009, n. 1736); in un appalto di lavori pubblici una condanna per omicidio colposo, per violazione della normativa antinfortunistica consistente nell’omessa adozione in cantiere di misure preventive idonee ad eliminare il pericolo di infortuni (Cons. Stato, sez. V, 12 aprile 2007, n. 1723).Viceversa è stata ritenuta non grave una contravvenzione per ritardo nella comunicazione di informazioni/documentazione all’ufficio del lavoro ex art. 4 della L. 22 luglio 1961, n. 628 (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1525), così come un precedente per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro in un appalto per la fornitura e posa in opera di una struttura prefabbricata in cemento armato (Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4244).

[12] In altri termini la “gravità” del reato, nell’accezione voluta dal legislatore del codice dei contratti con l’art. 38, è un concetto giuridico a contenuto indeterminato, da valutarsi necessariamente non soltanto in sé e per sé, ma di volta in volta con riferimento ad una serie di parametri quali la maggiore o minore connessione con l’oggetto dell’appalto, il lasso di tempo intercorso dalla condanna, l’eventuale mancanza di recidiva, le ragioni in base alle quali il giudice penale ha commisurato in modo più o meno lieve la pena. Tar Lombardia Milano sez I, sentenza 27 dicembre 2010, n. 7715

[13][13] Parere AVCP n. 7 del 14/01/2010

[14] Per un confronto si rinvia al  parere dell’AVCP n. 114 del 22 ottobre 2009.

[15] Ex multis, TAR Piemonte, sez. I, n. 1857/2002

[16] CONSIGLIO DI STATO SEZ. V – sentenza 23 marzo 2009, n. 1736

[17] Art. 38, II comma secondo l’originaria formulazione pubblicata nellaGazzetta Uff.  02/05/2006 , n.100.

[18] CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 24 giugno 2010 n. 4019

[19] Tar Lombardia Milano sez I, sentenza 27 dicembre 2010, n. 7715. Il fatto da cui trae origine la pronunzia attiene ad una mancata dichiarazione di un reato non attinente l’oggetto dell’appalto e non grave, in presenza di una lex specialis di gara che richiede una generica dichiarazione di insussistenza di cause di esclusione

[20] Le considerazioni su indicate sono avvalorate dalla sentenza della Cassazione Penale, sez V, 18 gennaio 2008 n. 11596 che si riferisce ad un caso in cui la S.A. ha rimesso al concorrente la dichiarazione avente ad oggetto non solo un fatto, ma anche la valutazione, ossia il giudizio in ordine all’incidenza di eventuali condanne sull’affidabilità morale e professionale. In questo caso è stato richiesto all’interessato di certificare ciò che non era autocertificabile, oggetto dell’autocertificazione possono essere fatti, non la valutazione degli stessi. Diversamente ritenendo ..il privato si sostituirebbe alla P.A. nell’attività di apprezzamento discrezionale che le è propria.

[21]Consiglio Stato  sez. VI 04 agosto 2009 n. 4905

[22] Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008 n. 4244; Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2008 n. 4897; Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2007 n. 945

[23] Si osservi che il Consiglio di Stato, sez III con la recente sentenza del 4 gennaio 2012, n.8 ha affermato che in caso di falsità dell’autocertificazione l’esclusione deriverebbe direttamente da cause previste da disposizioni di legge , ossia dall’art.75 del DPR 445/00 che prevede in caso di falsità dell’autocertificazione la perdita dei benefici cui l’autodichiarazione è finalizzata, come richiesto dalla puntuale applicazione delle nuove disposizioni di recente introdotte dall’articolo 46, comma 1 bis, del Codice dei contratti, che vieta che bandi e lettere di gara prevedano ulteriori cause di esclusione non previste dalla legge.

[24] Diverso discorso deve essere fatto quando il bando sia più preciso, e non si limiti a chiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38, codice, ma specifichi che vanno dichiarate tutte le condanne penali, o tutte le violazioni contributive: in tal caso, il bando esige una dichiarazione dal contenuto più ampio e più puntuale rispetto a quanto prescritto dall’art. 38 codice, all’evidente fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione di gravità o meno dell’illecito, al fine dell’esclusione.In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non è solo quella, sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando. Consiglio Stato  sez. VI 04 agosto 2009 n. 4905

[25] A maggior conforto della necessità di operare una valutazione sostanziale della omissione in argomento giova richiamare la giurisprudenza più recente (Cons. Stato, Sez. V, 22.2.2010, n. 1017), che ha evidenziato come la disciplina in tema di allegazione dei requisiti di ordine generale ai fini della partecipazione alle pubbliche gare risponde alla esigenza di coniugare due esigenze contrapposte. Infatti, da un lato vi è l’esigenza di garantire certezza dei rapporti giuridici nell’ambito di procedure che devono essere improntate alla celerità e nel cui ambito il rispetto dei requisiti formali risponde a precise garanzie per i partecipanti; dall’altro, la necessità di assicurare che le ipotesi di esclusione siano ispirate al canone della tassatività e che le relative previsioni rispondano ad effettive esigenze di interesse pubblico, a fronte di inequivoche previsioni normative… Aconferma di ciò è utile osservare che il comma 2 dell’art. 38, anche nella nuova formulazione, non può essere disgiunto dal contenuto del comma 1, nel senso che nel richiedere la denuncia di tutte le condanne riportate non può non riferirsi alle condanne indicate nel comma 1, sicché le eventuali condanne devono logicamente connettersi ai reati gravi in danno dello Stato o della Comunità di cui al comma 1, lett. c), che incidono sulla moralità professionale e, quindi, sul rapporto fiduciario che deve instaurarsi con la Stazione appaltante. TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III QUATER – sentenza 12 dicembre 2011 n. 9688

[26] Ex multis TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III TER – sentenza 16 febbraio 2010 n. 2297, CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 24 giugno 2010 n. 4019.

[27] C. giust. CE, 27 novembre 2001 CC-285/1999 e 286/1999

[28] TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 4 ottobre 2010 n. 5269

[29] L’AVCP conferma le affermazioni contenute nella determinazione n. 1/2010 nel più recente documento: “Prime indicazioni sui bandi tipo : tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro” reperibile all’indirizzo: http://www.avcp.it. ..Dal momento che è ora espressamente previsto che il concorrente dichiari tutte le condanne penali riportate, l`esclusione dalla procedura di gara è comminata dalla stazione appaltante in tutti i casi in cui il concorrente abbia omesso l’indicazione di una sentenza di condanna, indipendentemente dall’accertamento relativo al dolo o alla colpa grave. Si confermano, pertanto, le indicazioni già fornite su tale profilo con la determinazione n. 1 del 2010. Al riguardo, è opportuno che gli operatori economici effettuino una visura ex art. 33 de T.U. n. 313 del 2002, al fine di conoscere tutte le iscrizioni esistenti a loro carico, comprese quelle che non appaiono nel certificato, e che compaiono, invece, nei certificati acquisiti dall’Autorità Giudiziaria”.

[30] Ai fini del comma 1, lettera c), il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati 1)depenalizzati ovvero dichiarati 2)estinti dopo la condanna stessa, né 3) le condanne revocate, 4)nè quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione

[31] La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte avuto occasione di giudicare causa rilevante ai fini della esclusione dalla gara le autodichiarazioni non veritiere in ordine alle condanne penali, a prescindere dalla gravità dei reati, in considerazione del fatto che la verifica circa la loro gravità e rilevanza ai fini delle valutazioni relative alla moralità professionale spetta alla stazione appaltante (CdS n. 5674/2011, n. 2257/2011, n. 2334/2011, n. 1800/2011, n. 1909/2010, n. 1513/2010).

[32] TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III QUATER – sentenza 12 dicembre 2011 n. 9688

[33] Per un commento della pronunzia Tar lazio n. 9688/2011, Francesco De Santis, La dichiarazione sostitutiva in ordine al requisito della moralità professionale negli appalti pubblici fra novità legislative e nuove ipotesi interpretative, In lexItalia.it, n. 2/2012.

[34] Alla stessa tassatività fa riferimento la sentenza 9688/2011 del Tar Lazio: “A maggior conforto della necessità di operare una valutazione sostanziale della omissione in argomento giova richiamare la giurisprudenza più recente (Cons. Stato, Sez. V, 22.2.2010, n. 1017), che ha evidenziato come la disciplina in tema di allegazione dei requisiti di ordine generale ai fini della partecipazione alle pubbliche gare risponde alla esigenza di coniugare due esigenze contrapposte. Infatti, da un lato vi è l’esigenza di garantire certezza dei rapporti giuridici nell’ambito di procedure che devono essere improntate alla celerità e nel cui ambito il rispetto dei requisiti formali risponde a precise garanzie per i partecipanti; dall’altro, la necessità di assicurare che le ipotesi di esclusione siano ispirate al canone della tassatività e che le relative previsioni rispondano ad effettive esigenze di interesse pubblico, a fronte di inequivoche previsioni normative”.

[35] CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 4 gennaio 2012 n. 8

[36] Per completezza tuttavia occorre ricordare che dalla pronunzia in parola e merge anche la rilevanza e l’incidenza deu reati commessi sulla moralità professionale. Il Collegio giudica legittima l’esclusione dalla gara dell’impresa originariamente aggiudicataria motivata dal fatto che – in sede di controllo successivo dei requisiti – l’autodichiarazione relativa ai precedenti penali dell’impresa stessa sia risultata non veritiera……Si trattava dunque di reati che, per usare l’espressione dell’art. 38, lettera (c) del codice dei contratti, «incidono sulla moralità professionalela valutazione della gravità dell’illecito, ai fini di cui si discute, è rimessa alla discrezionalità dell’ente appaltante. Di conseguenza non si può escludere che nella fattispecie l’ente appaltante, ove quei decreti penali gli fossero stati tempestivamente e correttamente dichiarati, potesse giungere alla conclusione che i relativi episodi non rivestivano una sufficiente gravità. Per esprimere questa valutazione discrezionale, tuttavia, era necessario che l’ente venisse informato nei modi previsti dall’art. 38.

[37] TAR BASILICATA, SEZ. I – sentenza 15 settembre 2011 n. 472

[38] Sul principio di tassatività delle cause di esclusione, di  Filippo Andrea Giordanengo, in Appalti & Contratti, n. 11-2011. Si veda anche Moralità professionale e false dichiarazioni(dopo le modifiche introdotte dalla legge 12 luglio 2011 n. 106) di Letizia Liverini, in Lexitalia n. 11/2011: “Il nuovo testo dell’articolo 38 (comma 2), nell’imporre espressamente l’onere della indicazione di “tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione” esclude altresì ogni valutazione del concorrente in merito alla gravità della condanna ed alla sua incidenza sulla moralità professionale, che in tal modo, rimane legittimamente rimessa all’apprezzamento della stazione appaltante”.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Michela Deiana
Esperta in appalti pubblici
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