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1 Introduzione

Il Codice dei contratti pubblici, oltre all’affidamento di appalti, disciplina anche le concessioni di lavori o servizi definendole contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico, ”ad eccezione del fatto che il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo” (art. 3, comma 11 e 12 del D.Lgs. n. 163/2006).

Mentre le previsioni sulle concessioni di lavori pubblici sono contenute nel capo II del titolo III (artt. 142-151), le concessioni di servizi sono oggetto di una sola disposizione (art. 30) che si limita ad indicare i principi cui deve essere ispirato l’affidamento di tale tipo di contratto.

La distinzione tra appalto e concessione pubblica, in più occasioni, è stata ricostruita dalla giurisprudenza amministrativa che ha individuato il tratto distintivo nella modalità della remunerazione: quando l’operatore privato si assume i rischi della gestione, percependone il corrispettivo dall’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, allora si ha concessione (cfr. Cons. Stato Sez. V, 09/09/2011, n. 5068). La diversa modalità del compenso determina quindi il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato che assume il rischio della gestione dell’opera realizzata o del servizio assentito (Cons. Stato Sez. V, 06/06/2011, n. 3377).

Occorre ricordare che la definizione del Codice dei contratti trae origine dalla corrispondente nozione contenuta nella direttiva comunitaria 2004/18/CE e che anche la Corte di Giustizia UE ha condiviso la ricostruzione del giudice nazionale sugli elementi distintivi di tale fattispecie (da ultimo, con la sentenza, Sez. III, 10/03/2011, n. 274).

Rispetto agli appalti le concessioni si caratterizzano quindi per un rapporto diretto che il concessionario instaura con un’utenza e, anche in considerazione del rischio connesso all’erogazione del servizio ai terzi, la stazione appaltante è tenuta a prestare particolare  attenzione nella scelta dell’affidatario, attraverso – tra l‘altro – la valutazione di un piano che assicuri il perseguimento dell’equilibrio economico – finanziario degli investimenti e della connessa gestione da parte del concessionario.

Nell’affidamento di servizi pubblici, a tale necessità non corrisponde tuttavia un rigore della procedura in quanto, come anticipato, il Codice si limita ad indicare i generali principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, sui quali deve basarsi una gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.

Al fine di accrescere la certezza giuridica in ordine alla procedura di affidamento e garantire a tutte le imprese europee un migliore accesso ai mercati delle concessioni, la Commissione Europea ha emanato, in data 20 dicembre 2011, una “proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione“ [COM(2011)897]. L’adozione di una nuova direttiva è dettata, da un lato, dall’insufficienza del quadro normativo fornito dalle direttive sugli appalti (anch’esse oggetto di contemporanea revisione) e, dall’altro, dalla difficoltà di realizzare tali obiettivi per mezzo di una politica in materia di infrazioni o con altri strumenti non legislativi, come le normative non vincolanti.

2 La proposta di direttiva

La proposta di direttiva si apre, dopo l’indicazione dell’oggetto e del campo di applicazione, con il consueto articolo dedicato alle definizioni e suscita qualche perplessità la distinzione tra “concessione di lavori” e “concessione di lavori pubblici”, entrambe aventi per oggetto “l’esecuzione di lavori, ove il corrispettivo dei lavori da eseguire consista unicamente nel diritto di sfruttamento delle opere oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.

I due contratti si differenziano per il settore (ordinario o speciale) in cui si realizza l’affidamento. Infatti, nel caso di “concessione di lavori” assentite nell’ambito di specifiche attività (gas e l’energia termica, elettricità, acqua, trasporto, servizi postali e sfruttamento di area geografica) il committente, definito “ente aggiudicatore”, termine già presente tra le categorie soggettive delle direttive vigenti in materia di appalti, può essere un’amministrazione aggiudicatrice (lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico, o associazioni tra questi), un’impresa pubblica oppure un soggetto operante sulla base di diritti speciali o esclusivi concessi dall’autorità competente di uno Stato membro.

Riguardo tale ultimo ambito soggettivo il preambolo della proposta precisa che i diritti concessi per mezzo di una procedura basata su criteri oggettivi, in particolare ai sensi della legislazione dell’Unione, e in base alla quale sia stata garantita adeguata pubblicità, non costituiscono diritti speciali o esclusivi ai fini della direttiva.

Tenuto conto dell’uniformità della disciplina prevista per lo svolgimento della procedura promossa sia dalle amministrazioni aggiudicatrici nei settori ordinari sia dagli enti aggiudicatori nei settori speciali, le due definizioni di concessioni proposte dalla Commissione non risultano avere particolare utilità.

La principale novità del testo è invece rappresentata dalla previsione delle soglie per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea resa obbligatoria per i bandi relativi ai contratti di concessione di valore pari o superiore a 5 milioni di euro.

Tale soglia, che già si applica alle concessioni di lavori, è stata estesa alle concessioni di servizi tenendo conto delle consultazioni pubbliche e degli studi effettuati dalla Commissione che ha inteso mantenere i costi e gli oneri amministrativi supplementari proporzionati al valore del contratto concentrandosi sui contratti che presentano un chiaro interesse transfrontaliero.

La soglia si riferisce al valore del contratto che per le concessioni di lavori deve tener conto dei costi dei lavori stessi nonché della stima del valore complessivo delle forniture e dei servizi messi a disposizione dell’aggiudicatario da parte delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori, purché siano necessari per l’esecuzione dei lavori.

Nel caso dei servizi, la stima riflette il valore complessivo di tutti i servizi che il concessionario dovrà fornire nel periodo di durata della concessione. Qualora il valore sia superiore a 2,5 milioni di euro è comunque prevista la pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione, fatta eccezione per l’affidamento di taluni servizi sociali (elencati nell’allegato X, tra i quali quelli sanitari, in materia di istruzione, assistenza sanitaria e cultura) che sono soggetti soltanto ad un obbligo di pre-informazione quanto prima dopo l’inizio dell’esercizio di bilancio.

3 La procedura di affidamento

Le norme sull’aggiudicazione delle concessioni contenute nel titolo II della proposta non differiscono sostanzialmente dalla disciplina delle direttive sugli appalti, avendo l’unico rilevante effetto di estendere alle concessioni di servizi diverse previsioni, tra le quali, le regole sulla pubblicazione dei bandi, sulla disponibilità dei documenti di gara, sulle specifiche tecniche.

La proposta conferma, infatti, il termine minimo di 52 giorni per la presentazione delle manifestazioni d’interesse esteso a qualsiasi procedura di aggiudicazione di concessioni.

Le manifestazioni d’interesse o domande di partecipazione richiedono tuttavia meno tempo di elaborazione rispetto alle offerte il cui termine di presentazione non è invece esplicitato nel testo del documento, dove si prescrive alle stazioni appaltanti di fissarlo in base alla complessità della concessione ed al tempo necessario per la predisposizione delle proposte dei concorrenti.

È opportuno ricordare che nel sistema italiano vigente per le concessioni di lavori già si prevede il predetto termine nonché la possibilità di ricorrere alternativamente all’utilizzo di procedure aperte o ristrette. Così dispone l’art. 144 del Codice dei contratti che è stato recentemente novellato stabilendo che i bandi e i relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità dell’opera (comma 3-bis introdotto dall’art. 50, D.L. n. 1/2012). Nonostante le perplessità sull’utilizzo del termine “bancabilità”, la norma è certamente utile per garantire la serietà della proposta dell’operatore economico il cui pagamento, peraltro, potrà avvenire anche con modalità innovative sancite dallo stesso D.L. n. 1/2012.

La proposta, all’art. 35, appare innovativa anche perché apre la strada al ricorso ad altre procedure e, in particolare, alla possibilità di una negoziazione che:

  • se svolta dopo la presentazione delle offerte, deve avere lo scopo di adattare le offerte stesse ai criteri e ai requisiti indicati nel bando;
  • deve impedire, in assenza del consenso dell’interessato, di rivelare agli altri partecipanti le soluzioni proposte né altre informazioni riservate comunicate;
  • può essere svolta in fasi successive per ridurre il numero delle offerte applicando i criteri di aggiudicazione specificati nel bando di gara, nell’invito a presentare offerte o nei documenti di gara;
  • deve garantire la tracciabilità, con registrazione scritta delle delibere formali nonché di ogni altro fatto o evento rilevante, della procedura di aggiudicazione.

Riguardo ai criteri di selezione e di esclusione, la Commissione Europea propone norme meno restrittive di analoghe disposizioni attualmente applicabili agli appalti pubblici. Le condizioni di partecipazione riguardano (a) l’abilitazione all’esercizio dell’attività professionale,(b) le capacità economica e finanziaria e (c) le capacità tecniche e professionali. Tutti i requisiti devono comunque essere correlati e strettamente proporzionali all’oggetto dell’appalto, tenendo conto della necessità di garantire la concorrenza effettiva.

Anche in questo caso l’innovazione è di sicuro rilievo soltanto per la selezione del concessionario di servizi pubblici, superando l’attuale orientamento giurisprudenziale secondo cui non costituisce espressione di un principio generale regolatore della materia (né in relazione alla disciplina comunitaria, né in relazione a quella nazionale) la disposizione dell’art. 41 del Codice dei contratti pubblici (in tema di requisiti di ordine speciale per la partecipazione alle gare). Sul punto è opportuno ricordare che il Giudice amministrativo ha espressamente dichiarato che “nel caso di una concessione di servizi di cui all’art. 30 del codice dei contratti, la mancata previsione di tali obblighi in sede di “lex specialis” e la mancata, autonoma conformazione alle relative prescrizioni da parte del seggio di gara in sede di “eterointegrazione” o di applicazione analogica non determina alcuna forma di illegittimità degli atti di gara” (cfr. Cons. Stato Sez. V, 13/07/2010, n. 4510).

La fissazione di requisiti di accesso deve comunque tener conto della possibilità di ricorrere all’istituto dell’avvalimento da parte dei concorrenti che non può essere esclusa dal bando (cfr. da ultimo T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, 23/12/2011, n. 990).

Analogamente alla disciplina degli appalti, l’art. 36, comma 2 della proposta prevede infatti che l’operatore economico può affidarsi alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con loro. In tal caso deve dimostrare che disporrà delle risorse necessarie per l’intera durata della concessione, per esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di detti soggetti. Per quanto riguarda la capacità economica e finanziaria, le stazioni appaltanti possono richiedere che l’operatore economico e il soggetto ausiliario siano responsabili in solido dell’esecuzione dell’appalto.

La proposta prevede, infine, l’obbligo di aggiudicare la procedura attraverso criteri obiettivi connessi all’oggetto della concessione, garantendo il rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento, e assicurando che la valutazione delle offerte si svolga in condizioni di concorrenza effettiva, in modo che sia possibile determinare un beneficio economico generale per la stazione appaltante. Tali criteri dovrebbero impedire decisioni arbitrarie da parte delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori e essere pubblicati in anticipo ed elencati in ordine di importanza decrescente.

In Italia gli affidamenti di concessioni di lavori pubbliche già avvengono, ai sensi del richiamato art. 144 del Codice, con l’utilizzo esclusivo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Pur non prevedendo l’applicazione soltanto di tale metodo, l’art. 39 della proposta contiene l’indicazione di principi sui quali si fonda sostanzialmente la disciplina contenuta nell’art. 83 del Codice dei contratti pubblici, disponendo che i criteri siano connessi all’oggetto della concessione e non attribuiscano una incondizionata libertà di scelta alla stazione appaltante.

4 Conclusioni

Dalla breve disamina delle principali disposizioni della proposta di direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione risulta evidente la limitata portata innovativa di una disciplina destinata ad avere un impatto essenzialmente sull’affidamento delle concessioni di servizi.

In fase di attuazione il legislatore nazionale, evitando la consueta mera trasposizione delle regole comunitarie nell’ordinamento interno, potrebbe sfruttare l’occasione per razionalizzare l’intero quadro normativo in materia di concessioni e, in particolare, in considerazione del superamento dell’art. 30 del Codice dei contratti, integrare tale testo con la complessa materia dei servizi pubblici locali, attualmente contenuta negli artt. 112 e segg. del D. Lgs. n. 267/2000.

Alla luce delle recenti novità introdotte dalla decretazione d’urgenza (tra cui, l’art. 4 del D.L. n. 138/2011 e gli artt. 25 e 26 del D.L. n. 1/2012 che favoriscono l’apertura al mercato) questa particolare categoria di servizi è infatti sempre più assoggettata alle regole sull’evidenza pubblica e, essendo parte dell’attività negoziale della pubblica amministrazione, la relativa disciplina merita di essere annessa al Codice dei contratti che gli stessi enti locali sono, in ogni caso, tenuti ad osservare per i propri affidamenti.

Anche le concessioni di beni, potendo essere in taluni casi oggetto di interesse del mercato (come già avviene per lo sfruttamento di area geografica, uno dei settori speciali degli appalti), potrebbero completare l’approccio sistematico alla materia dei contratti (attivi e passivi) della pubblica amministrazione.

È peraltro evidente che le continue modifiche normative, alle quali siamo costretti ad assistere da diversi lustri, non favoriscono le scelte sugli affidamenti delle concessioni delle stazioni appaltanti che, oggi più che mai, sentono forte l’esigenza di operare in un contesto giuridico chiaro e, se possibile, stabile.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Daniele Ricciardi
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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