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Congruità dei costi della manodopera indicati in offerta

Premesse

Costituisce ormai ius receptum che l’indicazione dei costi della manodopera in offerta da parte dei concorrenti sia elemento essenziale della stessa, pena l’automatica e immediata estromissione dalla gara dell’impresa inadempiente, non essendo altresì possibile esperire il soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 83, co. 9 del d.lgs. 50/2016, per incompletezze e irregolarità relative all’offerta economica.

Tali conclusioni sono state di recente confermate dal Consiglio di Stato (sez. V, 25 settembre 2018, n. 5513), che ha ribadito l’obbligatorietà ex lege della separata indicazione dei costi di cui all’art. 95, comma 10 d.lgs. 50/2016 (in seguito “Codice dei Contratti”) nelle offerte presentate dai partecipanti ad una gara pubblica preordinata all’affidamento di un contratto di lavori.

La Corte di Giustizia, investita pregiudizialmente al riguardo, ha poi confermato che “la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione” [1].

La mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio

L’analisi recata nel presente contributo mira, d’altro canto, a porre in rilievo un filone giurisprudenziale che ha mostrato di indicare come operazione necessaria l’esperimento della verifica della congruità dei costi della manodopera indicati in offerta, in ossequio al combinato disposto di cui agli artt. 95 co. 10 e 97, comma 5, lettera d) del Codice dei Contratti, anche a prescindere che l’offerta sia risultata anomala, attraverso l’attivazione di uno specifico sub-procedimento a tal fine deputato.

Il citato filone ermeneutico, che sta solo ora mostra di imporsi, sembra essere figlio di una refrattarietà delle stazioni appaltanti di procedere a tale verifica, quale attività propedeutica all’aggiudicazione. Reticenza dettata, da un lato, da una malintesa esegesi della norma, che sembra ancorare l’onere di tale verifica solo qualora l’offerta prima classificata sia risultata anomala, dall’altro, dalla non particolare propensione dei RUP a spendere tempo su una verifica di carattere solo cartolare che poi dovrà essere oggetto di concreta verifica da parte degli ispettori del lavoro che dovessero controllare le attività di cantiere.

1. Il quadro normativo

L’articolo 95 co. 10 del Codice dei Contratti stabilisce che “(n)ell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera egli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”.

Sviscerato brevemente il tema dell’obbligatorietà dell’indicazione dei costi della manodopera come prescritto dal primo periodo della norma appena citata, in questa sede si vuole porre l’accento su quanto stabilito nell’ultimo periodo della medesima disposizione, cioè l’onere incombente sulle stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, di procedere, prima dell’aggiudicazione, a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d) del Codice.

L’articolo 97, comma 5, lettera d) del Codice dei Contratti stabilisce che la stazione appaltante debba verificare che “il costo del personale [N.d.r. non sia] inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.

Il citato comma 16 dell’art. 23 del Codice dei Contratti stabilisce che “(p)er i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”.

La disciplina richiamata è volta, in definitiva, a garantire che negli appalti pubblici il lavoro sia adeguatamente remunerato, configurando come inattendibile un’offerta che rechi un basso costo della manodopera.

La lettura del combinato disposto di cui ai citati articoli del Codice dei Contratti, in estrema sintesi, impone alle stazioni appaltanti, al fine di determinare l’importo a base d’asta, d’individuare nei documenti di gara il costo della manodopera, determinato in base alle tabelle ministeriali.

Detto costo, a differenza di quello per la sicurezza, non è soggetto a scorporo dall’importo assoggettato a ribasso. La stazione appaltante, prima dell’aggiudicazione, verifica, quanto ai costi della manodopera, se l’offerta è anormalmente bassa perché il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali.

La disciplina richiamata è volta, in definitiva, a garantire che negli appalti pubblici il lavoro sia adeguatamente remunerato, configurando come inattendibile un’offerta che rechi un basso costo della manodopera.

2. L’interpretazione oggi prevalente

In maniera icastica il TAR Milano[2] ha chiarito che “dall’ordito normativo sopra richiamato chiaramente discende l’obbligo per la stazione appaltante di procedere, prima della aggiudicazione –sempre e comunque, a prescindere dalla valutazione di anomalia della offerta operata attraverso i meccanismi contemplati all’art. 97- alla verifica del rispetto della congruità del corso della manodopera rispetto ai minimi salariali retributivi. In altre parole, si tratta di una autonoma condicio causam dans del provvedimento di aggiudicazione, che deve indefettibilmente essere condizionato da tale attività di certazione.”

La verifica dei costi della manodopera autonoma condicio causam dans del provvedimento di aggiudicazione, che deve indefettibilmente essere condizionato da tale attività di certazione

Il pregevole arresto lombardo, sgombrando il capo dall’interpretazione per la quale la verifica della congruità dei costi della manodopera sia dovuta esclusivamente qualora l’offerta si rappresenti come anomala, ha avuto modo di sottolineare come “(i)n definitiva, a convincere della correttezza e ragionevolezza della soluzione cui quivi si è pervenuti, è anche il criterio ermeneutico per cui magis ut valeat quam ut pereat e, dunque, che nel dubbio, l’interpretazione di una proposizione normativa – promani essa da una fonte eteronoma ovvero pattizia e negoziale – deve operarsi nel senso in cui essa assuma una sua propria significanza ed efficacia, piuttosto che in quello che la deprivi di efficacia, rendendola inutiliter data (imponendosi all’interprete “di attribuire un senso a tutti gli enunciati del precetto legislativo”; Cass.SS.UU., 29 aprile 2009, n. 9941); e, invero, opinando nel senso delle parti resistenti –per cui tale verifica si imporrebbe solo in caso di sospetta anomalia della offerta già determinata ai sensi dell’art. 97- si svuoterebbe di autonoma significanza precettiva l’art. 95, comma 10, ultimo periodo, che nel richiamare l’obbligo ed il procedimento di verifica in contraddittorio di cui all’art. 97, comma 5, lett. d), ha inteso giustappunto ampliarne il campo di operatività, rendendolo di generale applicazione “prima della aggiudicazione” (arg. da CdS, VI, 28 febbraio 2019, n. 1409)”.

Lo scopo di tale obbligo, secondo il TAR Lazio, si rintraccia “nel voler il legislatore assicurare una tutela rafforzata nei confronti dei lavoratori, proprio nell’ambito delle procedure aggiudicate al prezzo più basso e nelle quali si applicano criteri automatici di esclusione delle offerte anomale”.[3]

Tale sembra esser l’orientamento prevalente, riscontrato in una molteplicità di casi.

Per completezza è pur vero che si rinviene un isolato precedente di cui nondimeno occorre tenere presente che si discosta da quanto sinora rassegnato, in relazione al quale sarebbe opportuna una riflessione ulteriore.

E’ il TAR Napoli che ha avuto modo di affermare che l’obbligatorietà dell’analisi dei costi della manodopera indicati prima dell’aggiudicazione non debba necessariamente estrinsecarsi nell’avvio di un sub-procedimento teso alla verifica della loro congruità giacché – afferma il Collegio campano – deve esser “richiamato il consolidato indirizzo secondo cui l’aggiudicazione definitiva della gara debba far presumere che la procedura di verifica della congruità dell’offerta dell’aggiudicataria si sia conclusa positivamente, ancorché in assenza di documentazione specifica o di una relazione sul punto (delibera dell’A.N.A.C. n. 892 del 17 ottobre 2018)”.

Aggiungono poi i Giudici napoletani che “anche a voler ravvisare in ogni caso l’obbligo per l’amministrazione di effettuare la verifica di anomalia ai sensi dell’art. 97, comma 5 lett. d), del D.Lgs. n. 50/2016, occorre prendere atto che il ragionamento del [ndr. ricorrente], inoltre, omette di considerare che la valutazione di congruità dell’offerta deve essere globale e sintetica, non concentrata esclusivamente e in modo parcellizzato su singole componenti di costo, avendo come obiettivo l’accertamento dell’affidabilità dell’offerta nel complesso – nella fattispecie non confutata – non già delle singole voci (ex multis, Consiglio di Stato, Sez, V, n. 974/2013)”.

Tale ultimo passaggio ci offre l’assist per indagare quale sia la portata del sindacato del RUP circa il rispetto del minimi tabellari dei costi del lavoro esposti in offerta.

3. La qualità del sindacato del RUP

Al di là del succitato contrasto ermeneutico, il contenuto della verifica che deve essere condotta appare essere dalla giurisprudenza ben indentificata.

In generale, è possibile asserire che non sussiste un automatismo escludente nel caso d’indicazione nell’offerta di un costo della manodopera inferiore a quello determinato dalla Stazione appaltante in quanto recante un costo orario della manodopera inferiore, sebbene di poco, al costo indicato nei documenti posti a base di gara (TRGA Bolzano, 11.10.2018 n. 292).

Tale circostanza, invero, non consente tuttavia di ritenere ex se anomala, e dunque da escludere, un’offerta che indichi valori del costo della manodopera inferiori a quelli indicati dalla stazione appaltante, dovendo essi essere valutati nell’ambito della verifica di congruità (in tal senso Consiglio di Stato, sez. V, n. 501/2017). In particolare, è stato chiarito che, perché possa dubitarsi della sua congruità, occorre che le discordanze siano considerevoli e palesemente ingiustificate” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III 21.07.2017 n. 3623).

Infatti, fermo restando il rigore sotteso al rispetto delle tabelle ministeriali (rispetto alle quali non possa derogarsi), deve richiamarsi l’orientamento del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, V sez., 7.5.2018, n. 2691) secondo cui (cfr. anche Cons. St., V sez., 6 febbraio 2017, n. 501, ribadita da Sez. III, 25 novembre 2016, n. 4989, 2 marzo 2015, n. 1020; Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 854; Sez. V, 24 luglio 2014, n. 3937) nelle gare pubbliche i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da essi non legittima, di per sé, un giudizio di anomalia, ma solo l’avvio della procedura finalizzata alla verifica di congruità della singola offerta.

Il giudizio di congruita’ non e’ diretto ad evidenziare singole inesattezze dell’ offerta (cd. “caccia all’errore”), ma assolve alla funzione di verifica di attendibilita’ complessiva dell’ offerta e, dunque, di vaglio, piu’ o meno approfondito, circa la serieta’ dell’ affidamento in ordine alla corretta esecuzione della prestazione richiesta.

In generale, sul punto preme segnalare (v. T.A.R. Lombardia, Milano, I sez., 4.5.2018, n. 1220, cfr. anche T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 63) che il giudizio di congruità non è diretto ad evidenziare singole inesattezze dell’offerta (cd. «caccia all’errore»), ma assolve alla funzione di verifica di attendibilità complessiva dell’offerta e, dunque, di vaglio, più o meno approfondito, circa la serietà dell’affidamento in ordine alla corretta esecuzione della prestazione richiesta (ex plurimis: Consiglio di Stato, sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; id., sez. V, 23 marzo 2015, n. 1565) e tale approccio deve essere adoperato anche con specifico riferimento alla verifica dei costi salariali.

Appare possibile procedere all’esclusione, dunque, solo se la prova fornita, preordinata alla giustificazione di un eventuale scostamento dai minimi salariali, non legittimi l’indicazione di un basso livello di prezzi o di costi proposti, posto che non sono però ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.

4. Conclusioni   

Dalle superiori considerazioni è possibile desumere che se, per un verso, l’obbligo di verifica della congruità dei costi della manodopera indicata in offerta dal primo classificato, risulta essere un elemento imprescindibile dell’iter procedurale preordinato all’affidamento di un contratto pubblico di lavori, d’altro verso, la suddetta verifica risulta essere solo latu sensu realmente incisiva, dal momento che lo scopo di tale attività è, al pari della verifica di congruità generale dell’offerta, – che pure annette i costi della manodopera – quello di accertare attendibilità complessiva dell’offerta e, dunque, di un vaglio, più o meno approfondito, senza alcuna frenesia da caccia all’errore che costringa il RUP ad atteggiarsi ad ispettore del lavoro.


[1] Nella causa C‑309/18, (Nona Sezione), 2 maggio 2019 – Lavorgna Srl contro Comune di Montelanico, Comune di  Supino, Comune di Sgurgola, Comune di Trivigliano, nei confronti di:  Gea Srl.

[2] TAR Milano, 13.05.2019, n. 1067

[3] TAR Lazio Roma sez. II 2/9/2019 n. 10673

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
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