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La continuità del possesso dei requisiti del concorrente e la sostituibilità dell’ausiliaria in caso di ricorso all’avvalimento

Il tema del possesso ininterrotto dei requisiti da parte dei concorrenti, per tutto il periodo di partecipazione alla gara (ed anche successivamente, a maggior ragione, in caso di affidamento della commessa) è quotidianamente dibattuto sia in dottrina che in giurisprudenza, senza che si sia mai approdati ad una univoca risoluzione della questione.

Tale principio è stato sancito in via generale dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8/2015, la quale ha affermato la necessità che i requisiti di partecipazione – ivi compreso il necessario possesso delle richieste qualificazioni – siano posseduti senza tendenziale soluzione di continuità sia nelle fasi preliminari, che per tutto il seguito della procedura.

Ciò sta a significare che nelle gare di appalto per l’aggiudicazione di contratti pubblici i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità.

Il legislatore europeo, in realtà, pur non volendo contraddire tale principio, si è reso comunque protagonista di una scelta propulsiva volta, da un lato, a preservare il principio di continuità, ma dall’altro anche quello di libera concorrenza attraverso previsioni che consentissero alle imprese partecipanti alle gare di non dover ingiustamente risentire di problematiche afferenti a soggetti terzi.

Ed ecco che l’art. 89, co. 3, del d.lgs. 50/2016 (nuovo Codice degli appalti), ha stabilito che <<La stazione appaltante verifica […] se i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 80. Essa impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere altresì indicati i casi in cui l’operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purché si tratti di requisiti tecnici>>.

Il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara è stato sancito in via generale dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8/2015, la quale ha affermato la necessità che i requisiti di partecipazione – ivi compreso il necessario possesso delle richieste qualificazioni – siano posseduti senza tendenziale soluzione di continuità sia nelle fasi preliminari, che per tutto il seguito della procedura.

La disposizione citata recepisce la previsione dell’art. 63 (Affidamento sulle capacità di altri soggetti) della direttiva 24/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, con ampliamento dell’ambito di operatività a tutti i motivi di esclusione dell’art. 80 del Codice degli appalti (v. sul punto TAR Basilicata, 14 marzo 2020, n. 194).

Sul carattere innovativo dell’istituto della sostituzione del terzo ausiliario, si sono soffermate sia la giurisprudenza interna che quella comunitaria (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2015, n. 5359, che ha evidenziato come lo stesso fosse <<sconosciuto sia alla normativa nazionale che a quella europea>>, e Corte di Giustizia UE, sez. I, 14 settembre 2017, C-223/16, secondo la quale <<l’articolo 63 […] apporta modifiche sostanziali per quanto concerne il diritto degli operatori economici di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti nell’ambito di un appalto pubblico>> e <<introduce nuove condizioni che non erano previste nel precedente regime giuridico>>.

Si  è altresì riflettuto sulla natura pro-concorrenziale dell’istituto della sostituzione, che risulterebbe <<patentemente derogatorio al principio dell’immodificabilità soggettiva del concorrente nel corso della procedura (nonché di coloro di cui intende avvalersi: e, per questa via, della stessa offerta), rispondendo all’esigenza, stimata superiore, di evitare l’esclusione dell’operatore per ragioni a lui non direttamente riconducibili e, in questo modo, sia pure indirettamente, stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, può far conto sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti i requisiti richiesti, potrà procedere alla sua sostituzione e non sarà, per solo questo fatto, escluso>> (Cons. di Stato, Sez. V, 26 aprile 2018, n. 2527; TAR Campania – Salerno, Sez. I, 27 dicembre 2019, n. 2272).  

Ed è in tale contesto che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione sollevata dal C.G.A.R.S. (ordinanza n. 1211/2020), ossia se nell’ipotesi di partecipazione ad una gara d’appalto di un consorzio stabile, che ripeta la propria qualificazione, necessaria ai sensi del bando, da una consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, quest’ultima vada considerata come soggetto terzo rispetto al consorzio, equiparabile all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito durante la gara imponga alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione, in applicazione dell’art. 89, comma 3, del d.lgs. 50/2016 e/o dell’art. 63, Direttiva 2014/24/UE, derogandosi, pertanto, al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori.

Come verrà chiarito infra al § 4, l’Adunanza Plenaria ha finito per dare una risposta affermativa al quesito, sulla base di una interpretazione dell’art. 89, comma 3, del Codice orientata alla corretta applicazione dell’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE, che disciplina appunto i casi in cui l’operatore economico si avvalga delle capacità di altri soggetti.

I consorzi stabili ed ordinari: differenze  

Prima di soffermarsi sui principi di diritto espressi dalla sentenza qui in commento, è tuttavia necessario chiarire le peculiarità dei consorzi stabili.

L’art. 45, comma 2, lett. c) del Codice precisa che essi <<sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa>>.

Sebbene, ad una prima lettura, la necessaria presenza di tre consorziati e la sussistenza di un accordo di durata (almeno) quinquennale possano indurre a ritenere che questo strumento consortile sia eccessivamente “rigido”, a seguito di un più approfondito esame, in realtà, ci si rende conto di quanto esso sia versatile, tanto da essere considerato una delle forme associative più convenienti per la partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica.

A differenza del consorzio ordinario, infatti, il consorzio stabile non prevede la mera costituzione di un’organizzazione comune deputata allo svolgimento di una o alcune funzioni (acquisto di beni strumentali o di materie prime, distribuzione, pubblicità, etc.), ma presuppone la costituzione di una vera e propria “comune struttura di impresa”, ossia un soggetto giuridico autonomo rispetto alle consorziate (anche sotto il profilo patrimoniale) e, in quanto tale, in grado di realizzare le prestazioni oggetto della commessa senza l’ausilio di queste ultime.

Ciò garantisce al consorzio stabile – a differenza di quanto previsto per altre forme associative (consorzi ordinari o raggruppamenti temporanei) – il vantaggio di poter partecipare alle gare in proprio, per conto di tutte le associate o per conto di solo alcune di esse, ferma la facoltà per le consorziate che non siano state designate per l’esecuzione del contratto di partecipare alle procedure autonomamente.

A differenza del consorzio “ordinario”, il consorzio stabile non prevede la mera costituzione di un’organizzazione comune deputata allo svolgimento di una o alcune funzioni (acquisto di beni strumentali o di materie prime, distribuzione, pubblicità, etc.), ma presuppone la costituzione di una vera e propria “comune struttura di impresa”, ossia un soggetto giuridico autonomo rispetto alle consorziate (anche sotto il profilo patrimoniale) e, in quanto tale, in grado di realizzare le prestazioni oggetto della commessa senza l’ausilio di queste ultime.  

La particolare natura di questo strumento si traduce, inoltre, nella facoltà per il consorzio stabile di utilizzare sia i requisiti i maturati in proprio che quelli posseduti dalle singole consorziate (c.d. cumulo alla rinfusa, come si vedrà meglio infra), seppur, a seguito del d.l. n. 32/2019 (c.d. sblocca-cantieri), limitatamente a <<quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo>>.

Ciò premesso, occorre precisare che solo le consorziate designate per l’esecuzione del contratto –che quindi partecipano all’offerta- assumono una responsabilità in solido con i consorzi stabili nei confronti della stazione appaltante. Viceversa, le consorziate non designate per l’esecuzione e dalle quali il consorzio si limita mutuare i requisiti (nei limiti predetti) non assumono alcuna responsabilità solidale in caso di erronea o mancata esecuzione della commessa.

Oggettivamente, in quest’ultima ipotesi, ci si trova in una situazione molto simile a quella dell’avvalimento (altro strumento volto al “prestito di requisiti”) con un vincolo persino meno intenso: in entrambi i casi il requisito viene prestato da un soggetto che non partecipa all’offerta, ma, a differenza di quanto previsto l’impresa avvalsa, il consorziato non designato è esente da responsabilità. Da tale assimilazione, dunque, secondo i Giudici di Palazzo Spada, è possibile desumere che, coerentemente con quanto previsto dall’art. 89, comma 3 del Codice dei Contratti pubblici in materia di avvalimento, in caso di perdita dei requisiti da parte del consorziato non designato per la gara, la Stazione appaltante, anziché escludere il concorrente, possa, o meglio, debba imporre all’operatore economico di sostituire i soggetti di cui si avvale.

D’altronde, come precisato nella sentenza in esame, tale soluzione non solo troverebbe conferma nell’ampia formulazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, il quale, nel disciplinare l’avvalimento, vi ricomprende tutti i casi in cui un operatore economico, per un determinato appalto, fa affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi (senza dare rilevanza qualificante alla responsabilità solidale dei soggetti avvalsi), ma sarebbe, altresì, compatibile con il consolidato principio di “continuità” secondo il quale il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica.

La sostituzione dell’avvalso, infatti, come abbiamo visto, costituisce un’innovazione volta a consentire a garantire la suddetta “continuità” e, al contempo, ad evitare l’esclusione di un concorrente dalla gara per ragioni a lui non direttamente riconducibili, tra le quali sicuramente può ricomprendersi la perdita dei requisiti da parte del terzo non designato per l’esecuzione del contratto.

Possesso dei requisiti dei consorzi stabili: il “cumulo alla rinfusa”

Ulteriore tratto distintivo dei consorzi stabili è la possibilità di partecipare alle gare dimostrando i propri requisiti attraverso il cosiddetto cumulo alla rinfusa, potendo cioè “cumulare” contemporaneamente i requisiti posseduti dalle proprie consorziate, senza che rilevi quali di queste risultino indicate quali esecutrici della specifica commessa. In altre parole, mediante lo schema del “cumulo alla rinfusa” il Consorzio si vede attribuita la facoltà di spendere requisiti ben maggiori di quelli posseduti dalle consorziate di volta in volta indicate in gara.

Si tratta evidentemente di un notevole beneficio sia per il consorzio (che automaticamente può vantare requisiti assai ingenti senza doversi preoccupare di quali consorziate indicare nella singola gara), che per le consorziate meno qualificate (le quali possono aspirare a commesse più rilevanti di quelle che i propri requisiti gli consentirebbero).

Ulteriore tratto distintivo dei consorzi stabili è la possibilità di partecipare alle gare dimostrando i propri requisiti attraverso il cosiddetto cumulo alla rinfusa, potendo cioè “cumulare” contemporaneamente i requisiti posseduti dalle proprie consorziate, senza che rilevi quali di queste risultino indicate quali esecutrici della specifica commessa. In altre parole, mediante lo schema del “cumulo alla rinfusa” il Consorzio si vede attribuita la facoltà di spendere requisiti ben maggiori di quelli posseduti dalle consorziate di volta in volta indicate in gara.  

Vi è tuttavia da considerare che l’art. 47 del Codice è stato modificato dal decreto sbocca-cantieri (D.L.39 del 18 giugno 2019).

Il testo previgente del comma 2 dell’art. 47 riportava, infatti, la seguente formulazione: <<I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni>>.

Il testo novellato del comma 2 dispone invece che <<I consorzi stabili eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara […]>> e il successivo comma 2 bis – di nuova introduzione – precisa che <<La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati>>.

Secondo parte della giurisprudenza formatasi successivamente al descritto intervento normativo, non sarebbe più attuabile la sommatoria indiscriminata dei requisiti delle consorziate in capo al consorzio. In altri termini, il nuovo comma 2-bis dell’art. 47 in cui si esplicita che i requisiti devono essere valutati <<in capo ai singoli consorziati>> imporrebbe che i requisiti che il consorzio stabile spende in gara possano essere esclusivamente quelli delle consorziate indicate nella specifica procedura (Tar Lazio, Sez. I bis, del 7 dicembre 2020, n.13049)

E’ accaduto, tuttavia, che con due successive sentenze (una del Consiglio di Stato e una del TAR Lazio), i giudici amministrativi sono tornati sull’argomento affermando che, al contrario, il “cumulo alla rinfusa” risulti ancora principio valido ed operante.

Il Consiglio di Stato (sez. V), con la sentenza n. 2588 del 29 marzo 2021, ha analizzato puntualmente il testo del nuovo comma 2 bis dell’art. 47 introdotto dal DL n. 32 del 2019, ritenendo che detta disposizione non modifichi affatto la modalità partecipativa dei consorzi stabili alle gare, consentendo loro di potersi servire dei requisiti di tutte le proprie consorziate, senza la necessità che poi queste ultime siano indicate quali esecutrici della singola procedura.

Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, dunque, ai sensi della novellata disposizione non può desumersi che il singolo consorziato, indicato in gara come esecutore dell’appalto, debba essere a sua volta in possesso dei requisiti di partecipazione. E ciò proprio sulla base del fatto che diversamente opinando si altererebbe la natura stessa del Consorzio stabile, che si concretizza in un’impresa operativa che fa leva sulla causa mutualistica e, come tale, può avvalersi di qualsiasi contributo, in termini di requisito, dei consorziati, senza dover ricorrere allo strumento dell’avvalimento oppure a dovere indicare questi ultimi quali esecutori della commessa.

Dello stesso avviso è il TAR Lazio (Sez. I, 19 aprile 2021, n. 4540), che riprendendo le argomentazioni del Consiglio di Stato, muove dall’analisi della Relazione illustrativa della legge di conversione del D.L. n. 32/2019, la quale fornirebbe la conferma che la volontà del legislatore era quella di mantenere e, anzi, potenziare l’operatività del meccanismo del cumulo alla rinfusa. Detta Relazione, nell’illustrare la modifica apportata all’art. 47 comma 2 del Codice osserva che essa <<è tesa a chiarire la disciplina dei consorzi stabili onde consentire l’operatività e sopravvivenza di tale strumento pro-concorrenziale>> mentre, con riferimento al comma 2 bis, l’intento è stato quello di <<colmare un vuoto normativo>> relativo a servizi e forniture.

Dunque, ad avviso della giurisprudenza più recente, l’intervento del legislatore nel 2019 andrebbe correttamente inteso nel senso di avere chiarito che il consorzio stabile si può giovare, senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse. Senza obbligo che queste ultime siano tra quelle indicate quali esecutrici.

I principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 5/2018 e le analogie con l’avvalimento

Come anticipato ai paragrafi che precedono, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza del 18/03/2021, n. 5, si è pronunciata sulla questione sollevata dal C.G.A.R.S., se nell’ipotesi di partecipazione ad una gara d’appalto di un consorzio stabile, che ripeta la propria qualificazione, necessaria ai sensi del bando, da una consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, quest’ultima vada considerata come soggetto terzo rispetto al consorzio, equiparabile all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito durante la gara imponga alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione, in applicazione dell’art. 89, comma 3, del Codice degli appalti e/o dell’art. 63, Direttiva 2014/24/UE, derogandosi, pertanto, al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori.

La sentenza in commento, dopo aver sinteticamente ripercorso i principi generali in tema di avvalimento, consorzi stabili e continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione, ha precisato che non v’è ragione per riservare al consorzio che si avvale dei requisiti di un consorziato “non designato” un trattamento diverso da quello riservato ad un qualunque partecipante, singolo o associato, che ricorre all’avvalimento. Nell’uno, come nell’altro caso, in virtù dell’art. 89 comma 3 del Codice degli appalti, ove il requisito “prestato” venga meno, l’impresa avvalsa potrà, ovvero dovrà, essere sostituita.

In risposta alle preoccupazioni manifestate dal Giudice rimettente, e al fine di garantire chiarezza e certezza al quadro esegetico complessivo, può aggiungersi che la chiave interpretativa innanzi delineata non tocca la perdurante validità del principio di necessaria continuità nel possesso dei requisiti, affermato dall’Adunanza Plenaria con sentenza 8/2015, né il più generale principio di immodificabilità soggettiva del concorrente (salvi i casi previsti della legge nel caso di raggruppamento temporaneo di imprese).

Con tale decisione l’Adunanza Plenaria, ribadendo il portato della costante giurisprudenza antecedente, ha affermato il principio generale, secondo cui <<il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica>>, chiarendo che <<per esigenze di trasparenza e di certezza del diritto, che non collidono col pur rilevante principio del favor partecipationis, la verifica del possesso, da parte del soggetto concorrente (ancor prima che aggiudicatario), dei requisiti di partecipazione alla gara deve ritenersi immanente all’intero procedimento di evidenza pubblica, a prescindere dalla indicazione, da parte del legislatore, di specifiche fasi espressamente dedicate alla verifica stessa>>.

E’ pur vero che, nel caso allora deciso, l’Adunanza Plenaria si spinse a precisare che sussiste sul piano dell’accertamento dei requisiti di ordine generale e tecnico-professionali ed economici, una totale equiparazione definitiva, fra i primi e l’imprenditore, che preferisca seguire la via del possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara”, con ciò lasciando chiaramente intendere che l’affermato principio di continuità dovesse valere anche per l’impresa avvalsa.

Tuttavia detta ultima affermazione deve essere letta nel quadro normativo, ratione temporis vigente, anche comunitario, che pacificamente escludeva la possibilità di una sostituzione dell’impresa rimasta priva di requisiti, a prescindere se essa fosse legata da un vincolo di associazione temporanea con l’aggiudicatario o da un più tenue rapporto di avvalimento (art. 44 della Dir. 31/03/2004, n. 2004/18/CE).

Quel quadro normativo è mutato, e per il tramite dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, esso oggi pacificamente impone che il soggetto avvalso che nelle more del procedimento di gara o durante l’esecuzione del contratto perda i requisiti, venga sostituito.

l’Adunanza plenaria ha affermato il seguente principio: <<La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della Direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89, comma 3 del d.lgs. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione>>.        

Dunque, non v’è più motivo per discorrere, in relazione a tale peculiare fattispecie, di necessaria “continuità” nel possesso dei requisiti del concorrente che si avvale dell’apporto claudicante di terzi, a pena di esclusione.

La sostituzione è appunto lo strumento nuovo e alternativo che, alla luce del principio di proporzionalità, consente quella continuità predicata dall’Adunanza Plenaria nel 2015, in tutti i casi in cui il concorrente si avvalga dell’ausilio di operatore terzo.

Esso restituisce al soggetto avvalso la sua vera natura di soggetto che presta i requisiti al concorrente, senza partecipare alla compagine e all’offerta da questa formulata e risponde alla superiore esigenza di evitare l’esclusione del concorrente, singolo o associato, per ragioni a lui non direttamente riconducibili o imputabili.

Esigenza quest’ultima evidentemente strumentale a stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, può contare sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti o perda i requisiti prescritti, potrà procedere alla sua sostituzione senza il rischio di essere, solo per questa circostanza, estromesso automaticamente dalla procedura selettiva.

In conclusione, l’Adunanza plenaria ha affermato il seguente principio: <<La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della Direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89, comma 3 del d.lgs. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione>>.

Scenari

Come abbiamo visto, nonostante l’intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria n. 5/2021, il principio di continuità nel possesso dei requisiti risulta un tema caratterizzato da numerose sfaccettature e per il quale non è semplice trovare un definitivo punto di equilibrio.

In effetti, sembra che il Codice degli appalti vigente, espressamente prevedendo l’istituto della sostituibilità dell’ausiliaria (e quindi anche della consorziata, per quanto affermato dall’Adunanza Plenaria in commento), abbia aperto la strada ad un sistema più “elastico”, volto sì a garantire l’interlocuzione della pubblica amministrazione con soggetti affidabili, ma senza oltremodo voler penalizzare questi ultimi per questioni che non li riguardano direttamente, come appunto nel caso della perdita dei requisiti da parte dell’ausiliaria in caso di avvalimento.

Anche perché, diversamente ragionando, si verrebbe a creare il paradosso per cui l’avvalimento, obiettivamente concepito quale istituto volto a favorire la più ampia partecipazione alle gare, potrebbe sortire l’effetto contrario, ovvero quello di cagionare l’esclusione del concorrente che – incolpevolmente – si era avvalso dei requisiti del soggetto terzo.

In effetti, sembra che il Codice degli appalti vigente, espressamente prevedendo l’istituto della sostituibilità dell’ausiliaria (e quindi anche della consorziata, per quanto affermato dall’Adunanza Plenaria in commento), abbia aperto la strada ad un sistema più “elastico”, volto sì a garantire l’interlocuzione della pubblica amministrazione con soggetti affidabili, ma senza oltremodo voler penalizzare questi ultimi per questioni che non li riguardano direttamente, come appunto nel caso della perdita dei requisiti da parte dell’ausiliaria in caso di avvalimento.

Tale tema è costantemente dibattuto anche in seno alla Corte UE, tanto è vero che lo stesso Consiglio di Stato, con l’ordinanza 20 marzo 2020, n. 2005, ha adito in via pregiudiziale la Corte di Giustizia dell’Unione europea proprio in relazione al meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 89, co. 3, del d.lgs. n. 50/2016, sostenendone la necessaria estensione, a termini del diritto dell’unione, a tutte le fattispecie di esclusione, a prescindere dai motivi (attualmente l’art. 89 comma 3 e la giurisprudenza escludono pacificamente che la sostituzione possa avvenire nel caso di dichiarazioni mendaci dell’ausiliario).

La Corte UE ha infatti a più riprese sottolineato come eventuali limiti nazionali all’esercizio del diritto di avvalimento devono essere riguardati con rigore, alla luce dei principi di parità di trattamento e non discriminazione.

Sulla stessa scia si pone, in ambito nazionale, la pronuncia del Consiglio di Stato, Ad. Plen., del 4 novembre 2016, n. 23, la quale ha affermato, con specifico riferimento all’istituto dell’avvalimento, che <<trattandosi di obiettivi generali dell’ordinamento Eurounitario (e sulla base di generali canoni ermeneutici di matrice UE), grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso conforme ad essi (c.d. criterio dell’interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice Eurounitaria)>>.

Ovviamente, sarebbe auspicabile un intervento legislativo che chiarisse in modo più netto i contorni della questione sulla continuità del possesso dei requisiti e sulla reale portata della facoltà di avvalersi dei requisiti di soggetti terzi, trattandosi di tematiche tuttora soggette ad interpretazioni troppo ondivaghe ed eterogenee.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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