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Una interessante questione, sovente riscontrabile nella prassi operativa, è quella connessa alla possibile emissione del Certificato di Esecuzione Lavori in presenza di contrasti tra la Stazione Appaltante e operatore economico esecutore delle opere.

La sistematica di riferimento dettata dalla normativa vigente (nota [1]), disegna i margini entro i quali operare muovendo dall’art. 40 co. 3 lett. b) del d.lgs. 163/2006 – che ricomprende tra i requisiti tecnico organizzativi i certificati rilasciati alle imprese esecutrici da parte delle S.A. – definendo altresì attraverso gli artt. 79, 83, 84 e 86 d.p.r. n. 207/2010, le linee guida per l’emissione e l’impiego dello strumento C.E.L..

Sono poi i Comunicati dell’Autorità a pianificare la struttura e le modalità concrete di impiego ed utilizzazione della piattaforma per la reale utilizzazione dei Certificati in descrizione; raccogliendo nella sostanza – anche attraverso le istanze e i “dubbi” degli operatori del settore – le esigenze dei fruitori.

Sul tema appaiono esplicative sia la Determinazione dell’Autorità di Vigilanza n. 6 del 03/04/2002, sia la Determinazione n. 6 del 08/10/2008, le quali precisano che i certificati di esecuzione dei lavoriessendo mezzo di prova relativo al possesso della idoneità tecnica delle imprese da qualificare, vanno rilasciati anche in relazione a lavori ancora in corso di esecuzione oppure ultimati, anche se non ancora collaudati.

Ciò ovviamente apre lo scenario a situazioni concrete, complesse ed ulteriori, che l’Autorità ha avuto l’esigenza di regolamentare poiché legate alla dinamica dell’appalto.

In tal senso d’ausilio è certamente la Determinazione n. 29 del 06/11/2002 lett. j), la quale in tema di qualificazione dell’impresa in presenza di vertenze giudicate in sede arbitrale o giudiziaria, va a precisare che i certificati dei lavori – all’epoca riconducibili al solo allegato D ex art. 22 d.p.r. n. 34/2000 oggi superati del d.p.r. n. 207/2010 – sono redatti in conformità agli schemi messi a disposizione dalla norma e contengono la espressa dichiarazione dei committenti che i lavori sono stati eseguiti regolarmente e con buon esito; se hanno dato luogo a vertenze in sede arbitrale o giudiziaria ne viene indicato l’esito.

Ovviamente ai fini della qualificazione si fa riferimento ai lavori eseguiti regolarmente e con buon esito.

Alla luce di tale indicazione, l’Autorità prevede – in Determinazione – che nell’ipotesi di risoluzioni contrattuali in danno (grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali che abbiano compromesso la buona riuscita delle opere) i lavori non sono stati eseguiti con buon esito e, pertanto, è da escludersi che l’impresa possa utilizzarli ai fini della propria qualificazione.

Ancora, l’Autorità aggiunge che nell’ipotesi di rescissione in danno dovuta al mancato adeguamento delle lavorazioni eseguite ai contenuti progettuali dell’opera, l’importo liquidato non sarà significativo della regolarità e del buon esito dei lavori eseguiti ed inoltre la liquidazione dei lavori eseguiti, non dimostra il loro buon esito, dato che in seguito alla delibera di risoluzione del contratto, il responsabile del procedimento redige lo stato di consistenza delle opere espletate, quantificandone l’importo e in sede di liquidazione finale determina – escutendo anche la cauzione – l’onere da porre a carico dell’appaltatore inadempiente.

L’Autorità in base alle considerazioni precedenti, è quindi dell’avviso che per i lavori relativi ad appalti per i quali è sopravvenuta una rescissione contrattuale, non possono essere rilasciati i certificati di esecuzione e qualora rilasciati, non possono essere valutati ai fini della qualificazione.

L’Autorità sul punto aggiunge nella Determinazione n. 6/2008 che  “la mancata apposizione dell’attestazione del “buon esito” sul certificato dei lavori deve passare preventivamente attraverso l’espletamento formale di un iter dettagliatamente disciplinato dalla norma (attualmente gli artt. 136 (nota [2]) e 138 (nota [3]) del Dlgs 163/2006), anche e soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di garanzia del contraddittorio con l’appaltatore. Ne discende che il diniego al rilascio del certificato di esecuzione dei lavori o della sola dichiarazione conclusiva sulla regolarità ed il “buon esito” dei lavori stessi – opposto dalla stazione appaltante alla richiesta dell’impresa esecutrice – risulta certamente ammissibile quando il relativo procedimento abbia evidenziato, per documentata responsabilità dell’appaltatore, il venir meno del rapporto di leale collaborazione con il committente che abbia causato un grave pregiudizio nell’espletamento dell’opera a farsi. Risulta altrettanto chiaro che la stazione appaltante se oppone un siffatto diniego in assenza di sufficienti ed oggettivi elementi che dimostrino correttezza e logica della scelta operata, sarà esposta ad azioni giudiziarie promosse dall’impresa esecutrice e – in caso di soccombenza – potrà essere chiamata a rispondere del danno.

In definitiva la ratio operativa indicata dall’Autority agli operatori del settore è assolutamente chiara ovvero informata a principi giuridici di ragionevolezza e ponderazione, affermando che “la facoltà di non apporre sul certificato dei lavori la dichiarazione di “buon esito” costituisce una indubbia prerogativa della stazione appaltante; tuttavia, il corretto esercizio di detta facoltà presuppone l’adozione di una serie di misure e provvedimenti tra loro consequenziali, ben definiti dalla normativa vigente, finalizzati a registrare il grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell’impresa, allorché tale inadempimento comprometta la buona riuscita dei lavori”.


[1] L’indagine non può risultar slegata da quanto accade all’evoluzione degli strumenti tecnici di riferimento impostati dal legislatore, si veda in tal senso il recente provvedimento normativo (d.l. n. 5 del 09/02/2012), interessanti precisazioni sono state apportate alla parte generale del Codice De Lise sull’onda lunga degli interventi governativi in materia di semplificazione amministrativa.

Il Codice degli Appalti Pubblici è stato perciò arricchito nella sua formulazione dal nuovo art. 6 bis dedicato alla istituzione della “Banca dati nazionale dei contratti pubblici” attiva dal 1° gennaio 2013 e presso la quale troverà sede, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure disciplinate dal Codice stesso.

Sarà poi l’Autorità a stabilire regole circa l’implementazione delle informazioni e della documentazione, rendendo effettiva la consultazione della Banca Dati da parte delle Stazioni Appaltanti, degli Enti Aggiudicatori. Mentre gli operatori economici saranno tenuti ad integrare i dati riportati in archivio.

[2] Art. 136. Risoluzione del contratto per grave inadempimento grave irregolarità e grave ritardo
1. Quando il direttore dei lavori accerta che comportamenti dell’appaltatore concretano grave inadempimento alle obbligazioni di contratto tale da compromettere la buona riuscita dei lavori, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente e che devono essere accreditati all’appaltatore.

2. Su indicazione del responsabile del procedimento il direttore dei lavori formula la contestazione degli addebiti all’appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento.

3. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il termine senza che l’appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dispone la risoluzione del contratto.

4. Qualora, al fuori dei precedenti casi, l’esecuzione dei lavori ritardi per negligenza dell’appaltatore rispetto alle previsioni del programma, il direttore dei lavori gli assegna un termine, che, salvo i casi d’urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, per compiere i lavori in ritardo, e dà inoltre le prescrizioni ritenute necessarie. Il termine decorre dal giorno di ricevimento della comunicazione.

5. Scaduto il termine assegnato, il direttore dei lavori verifica, in contraddittorio con l’appaltatore, o, in sua mancanza, con la assistenza di due testimoni, gli effetti dell’intimazione impartita, e ne compila processo verbale da trasmettere al responsabile del procedimento.

6. Sulla base del processo verbale, qualora l’inadempimento permanga, la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, delibera la risoluzione del contratto.

[3] Art. 138. Provvedimenti in seguito alla risoluzione del contratto

1. Il responsabile del procedimento, nel comunicare all’appaltatore la determinazione di risoluzione del contratto, dispone, con preavviso di venti giorni, che il direttore dei lavori curi la redazione dello stato di consistenza dei lavori già eseguiti, l’inventario di materiali, macchine e mezzi d’opera e la relativa presa in consegna.

2. Qualora sia stato nominato l’organo di collaudo, lo stesso procede a redigere, acquisito lo stato di consistenza, un verbale di accertamento tecnico e contabile con le modalità indicate dal regolamento. Con il verbale è accertata la corrispondenza tra quanto eseguito fino alla risoluzione del contratto e ammesso in contabilità e quanto previsto nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante; è altresì accertata la presenza di eventuali opere, riportate nello stato di consistenza, ma non previste nel progetto approvato nonché nelle eventuali perizie di variante.

3. In sede di liquidazione finale dei lavori dell’appalto risolto, è determinato l’onere da porre a carico dell’appaltatore inadempiente in relazione alla maggiore spesa sostenuta per affidare ad altra impresa i lavori, ove la stazione appaltante non si sia avvalsa della facoltà prevista dall’articolo 140, comma 1.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Croce
Avvocato specializzato in materia di diritto civile e amministrativo, esperto in materia di appalti pubblici
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