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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2012 è stata pubblicata la Deliberazione del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) n. 58 del 3 agosto 2011 con cui sono state approvate le nuove “linee guida per la stipula degli accordi in materia di sicurezza e lotta antimafia” predisposte dal comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere (CCASGO).

Tali linee guida sono principalmente dirette a disciplinare il contenuto dei c.d. protocolli di legalità, ovvero, degli accordi conclusi tra stazione appaltante e prefettura diretti ad estendere le verifiche ed i controlli antimafia al di là dei casi e dei presupposti stabiliti dalla normativa generale, sottoponendo a verifiche antimafia tutti i subcontratti affidati dall’appaltatore, a prescindere dal contenuto e dal valore degli stessi.

Come noto, infatti, il legislatore richiede l’acquisizione dell’informativa prefettizia antimafia soltanto per l’autorizzazione dei subappalti di importo superiore ai 150.000 euro, mentre nulla impone per i subappalti di importo inferiore, né per gli altri subaffidamenti diversi dal subappalto (art. 1, comma 2, lett. e) del D.P.R. n. 252/1998, ripreso dall’art. 83, comma 3, lett. e) del D.lgs. n. 159/2011 – codice delle leggi antimafia – per questa parte non ancora entrato in vigore).

Tuttavia, come chiarito dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 4610 del 23/06/2010, l’esperienza ha dimostrato che l’infiltrazione mafiosa tende ad annidarsi maggiormente proprio nelle attività che si pongono a valle dell’aggiudicazione e che interessano, in maniera particolare, il ciclo del calcestruzzo e degli inerti, i cottimi e i noli, a caldo e a freddo, nonché le attività connesse a settori collaterali quali il trasporto terra, lo smaltimento in discarica dei residui di lavorazione e dei rifiuti, i servizi di guardiania, ecc.

I protocolli di legalità

Proprio al fine di estendere le verifiche ed i controlli antimafia al di là dei casi e dei presupposti stabiliti dalla disciplina generale, il legislatore ha previsto la possibilità che le stazioni appaltanti stipulino con le competenti prefetture appositi “protocolli di legalità” tramite i quali sottoporre a verifiche antimafia tutti i subcontratti affidati dall’appaltatore, a prescindere dal contenuto e dal valore degli stessi.

Anzi, per la realizzazione delle infrastrutture strategiche da affidare in concessione o tramite contraente generale, la stipula dei protocolli di legalità diviene obbligatoria (art. 176, comma 3, lett. e) del D.lgs. n. 163/2006; Delibera CIPE  n. 58 del 3 agosto 2011 in commento), mentre per tutti gli altri appalti la stazione appaltante può riservarsi tale facoltà prevedendola espressamente nel capitolato speciale d’appalto (art. 138, comma 3, lett. b) del D.P.R. n. 207 del 2010).

Secondo la giurisprudenza i protocolli di legalità vanno qualificati sotto il profilo formale come accordi fra pubbliche amministrazioni, conclusi ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241 del 1990, per disciplinare e sviluppare la collaborazione in attività di interesse comune, nella specie riguardanti l’attuazione di una corretta ed efficace politica di prevenzione antimafia nel delicato settore degli appalti pubblici, mediante la predisposizione di modalità e strumenti appropriati a contrastare l’inquinamento della criminalità organizzata (TAR Campania, Napoli, n. 7849 del 2006).

Parte della dottrina, invece, li qualifica come convenzioni atipiche che, sulla base del modello della delegificazione, disciplinano i singoli rapporti contrattuali in base ad una espressa autorizzazione conferita dalla legge (R. DAMONTE – D. GALLI, Il General Contractor, Giuffrè, p. 179).

Il contenuto dei protocolli e le nuove linee guida

L’art. 176, comma 3 lettera e) del D.lgs. n. 163/2006 attribuisce al CIPE il compito di definire i contenuti dei protocolli di legalità sulla base delle linee guida indicate dal comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere (CCASGO), istituito ai sensi dell’articolo 180 del codice e del decreto dell’interno in data 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004.

Con la Delibera n. 58 del 3 agosto 2011, oggetto del presente commento, il CIPE ha approvato la stesura aggiornata delle predette linee guida.

Nella Delibera si prevede innanzitutto di anticipare l’obbligo di stipulare il protocollo di legalità con la prefettura già al momento dell’approvazione, da parte del CIPE, del progetto preliminare di un’infrastruttura strategica da realizzare in regime di concessione o tramite contraente generale.

Qualora il CIPE abbia già proceduto all’approvazione del progetto preliminare, ovvero, venga sottoposto alla sua approvazione direttamente il progetto definitivo ai sensi dell’art. 167, comma 5 del codice dei contratti, la clausola che impegna il soggetto aggiudicatore a stipulare il protocollo di legalità sarà contenuta nella delibera approvativa del progetto definitivo.

Successivamente vengono individuate tre distinte fasi di controllo:

a) quella preliminare all’avvio dei Lavori;

b) quella di definizione del piano degli affidamenti a valle dell’aggiudicazione;

c) quella di cantierizzazione dell’opera.

Con riguardo alla prima fase di controllo, il principale scopo è quello di verificare eventuali ingerenze mafiose nei passaggi di proprietà delle aree interessate dagli  espropri.

Al riguardo il soggetto aggiudicatore dovrà fornire alla prefettura il piano particellare d’esproprio per le conseguenti verifiche in relazione alle quali il CCASGO informa la Direzione nazionale antimafia ai fini degli eventuali aspetti di interesse e l’adozione delle eventuali misure di competenza.

Al fine di garantire una maggiore trasparenza delle procedure ablative, l’autorità espropriante indicherà alla prefettura i criteri di massima a cui intende parametrare la misura dell’indennizzo, impegnandosi a segnalare alla stessa prefettura eventuali circostanze, legate all’andamento del mercato immobiliare o ad altri fattori, che in sede di negoziazione possono giustificare lo scostamento dai predetti criteri, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria di eventuali fatti di reato che riguardino o siano intervenuti nel corso delle suddette attività espropriative.

La prefettura potrà avvalersi, a fini consulenziali, della collaborazione della competente agenzia del territorio, rimanendo escluso che tale coinvolgimento possa dar luogo a forme improprie di validazione della misura dell’indennizzo.

Relativamente alla seconda fase di controllo, si ribadisce l’obbligo di richiedere l’informazione antimafia di cui all’articolo 10 del D.P.R. n. 252/1998 nei confronti di tutti i subcontraenti della filiera delle imprese a qualsiasi titolo interessate ai lavori, qualunque sia l’importo, il valore o il prezzo del contratto, del subappalto o del subcontratto, ecc.

Per il concetto di filiera delle imprese interessate ai lavori si rimanda alla definizione contenuta nell’articolo 6, comma 3 del D.L. n. 187/2010, che fa riferimento all’insieme più ampio dei contratti derivati dall’appalto, ancorché non qualificabili come subappalti. Di conseguenza, i controlli antimafia si applicano anche ai subcontratti che non prevedono apporto di manodopera e/o non superano i limiti quantitativi indicati nell’art. 118, comma 11, del codice dei contratti. Come chiarito dall’Autorità di Vigilanza sui CC.PP. vi rientrano, a titolo esemplificativo, per gli appalti di lavori pubblici, i subcontratti che possono essere ricompresi nella categoria: noli a caldo, noli a freddo, forniture di ferro, forniture di calcestruzzo/cemento, forniture di inerti, trasporti, scavo e movimento terra, smaltimento terra e rifiuti, espropri, guardiania, progettazione, mensa di cantiere, pulizie di cantiere (Determinazione n. 4 del 2011).

Ovviamente tutti i contratti e subcontratti dovranno recare una clausola risolutiva espressa attivabile dalla parte in bonis nel caso in cui, successivamente alla stipulazione del contratto o del subcontratto o all’autorizzazione del subappalto, vengano rilasciate informazioni interdittive, cui consegue l’estromissione dell’impresa.

In deroga all’art. 10, comma 5 del D.P.R. n. 252/1998, le informazioni antimafia vanno richieste alla prefettura della provincia in cui vengono eseguiti i lavori e che ha stipulato il protocollo di legalità, anche se le imprese affidatarie o subaffidatarie hanno sede nel territorio di altra provincia.

La prefettura, infatti, assume un ruolo di snodo, svolgendo una funzione di interfaccia con le altre prefetture e di raccordo informativo, anche nei rapporti con il CCASGO.

Al riguardo, tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che l’informativa antimafia deve comunque essere resa dal prefetto della provincia in cui ha sede l’impresa, in quanto la competenza fissata con norma di legge non può essere modificata dal protocollo di legalità, avente mera natura di accordo tra amministrazioni (TAR Campania, Salerno, n. 493 del 2008).

Da un punto di vista operativo molto spesso i protocolli di legalità attribuiscono la legittimazione a richiedere le informazioni antimafia al contraente generale o all’appaltatore (piuttosto che alla stazione appaltante), che provvede a trasmettere alla prefettura, e per conoscenza alla stazione appaltante, tutti i dati necessari relativi alle imprese affidatarie e subaffidatarie.

Tale modo di operare, che in passato era privo di specifica copertura normativa, è oggi legittimato dall’art. 83, comma 2 del D.lgs. n. 159/2011 (si ripete, non ancora entrato in vigore), che ha espressamente incluso il contraente generale tra i soggetti tenuti ad acquisire la documentazione antimafia prima di stipulare o autorizzare contratti e subcontratti pubblici

E’ importante sottolineare come la giurisprudenza abbia escluso la possibilità di attribuire, tramite il protocollo di legalità, effetti automaticamente interdittivi anche alla c.d. “informativa supplementare atipica” di cui all’art. 1-septies del D.L. n. 629/1982.

Infatti, come precisato dai giudici amministrativi, la risoluzione automatica del contratto può conseguire solo alla presenza delle cause interdittive espressamente previste dalla legge, ma non può conseguire, nello stesso modo immediato ed automatico, alla mera rilevazione di elementi che – non assurgendo ex se a fondamento di informazioni antimafia con effetto interdittivo – abbisognano di valutazione da parte dell’amministrazione e quindi di motivazione in ordine alla loro rilevanza (TAR Lazio, Roma, n. 32839 del 2010).

Recependo una prassi piuttosto consolidata nella stesura dei protocolli di legalità, le linee guida impongono l’obbligo di applicare a carico dell’impresa interdetta e successivamente estromessa una penale pecuniaria a titolo di liquidazione forfetaria del danno, salvo il maggior danno subito, determinata in una misura compresa tra il 5 e il 10% dell’importo o valore del contratto, subappalto o subcontratto.

Rispetto al passato, tuttavia, viene chiarito che le somme discendenti dall’applicazione delle penali andranno affidate in custodia al soggetto aggiudicatore per essere versate su un apposito conto corrente fruttifero e poste a disposizione del concessionario o del contraente generale, nei limiti dei costi direttamente o indirettamente sostenuti per la sostituzione del subcontraente o del fornitore. La parte  residua delle penali è destinata all’attuazione di misure incrementali della sicurezza antimafia dell’intervento secondo le indicazioni che verranno date dalla prefettura, sentito il CCASGO.

Di particolare rilevanza è l’obbligo di costituire un’anagrafe degli esecutori consistente in un data-base, consultabile anche dalle forze di polizia, che dovrà contenere quantomeno le seguenti informazioni essenziali:

  1. denominazione dell’impresa, della società o dell’operatore individuale;
  2. assetti societari e manageriali, con indicazione del direttore tecnico dell’impresa e annotazione di eventuali successive variazioni;
  3. tipologia dello strumento contrattuale (subappalto, fornitura di beni e servizi, ecc.), con indicazione dell’oggetto della prestazione, dell’importo e della durata;
  4. annotazione relativa all’eventuale perdita del contratto, subappalto o subcontratto, con sintetica indicazione della connessa motivazione e all’applicazione della relativa penale pecuniaria;
  5. indicazione del conto corrente dedicato di cui all’art. 3 della legge n. 136/2010.

Infine, con riferimento alla terza fase di controllo, relativa all’esecuzione dell’opera pubblica, vengono in evidenza esigenze di sicurezza delle attività di cantiere, nonché di tracciabilità dei mezzi e delle persone legittimate ad accedere nelle aree di lavoro.

In tale ambito le attività di controllo saranno imperniate sull’applicazione del piano coordinato di controllo del cantiere (o del subcantiere).

A tal fine la prefettura si avvale del gruppo interforze costituito presso la stessa prefettura ai sensi dell’art. 5 del Decreto Interministeriale del 14/03/2003, composto da funzionari e rappresentanti della Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Provveditorato alle opere pubbliche, Ispettorato del lavoro e Direzione investigativa antimafia, che provvedono ad eseguire i necessari controlli anche mediante accesso nei cantieri.

Ai fini della elaborazione e applicazione del piano di controllo, l’appaltatore (ovvero l’impresa subappaltatrice che opera nell’area di cantiere) individua un referente di cantiere che trasmette con cadenza settimanale, mediante interfaccia web, l’elenco delle attività previste nella settimana successiva (cosiddetto settimanale di cantiere) alla prefettura, alle forze di polizia ed alla direzione dei lavori.

Tale settimanale, redatto secondo un modello informatico predisposto dalla prefettura, contiene ogni utile indicazione con riferimento alla ditta che esegue i lavori, ai mezzi delle suddette imprese o di eventuali altri subcontraenti che eseguono forniture e ai nominativi dei dipendenti e delle persone che accedono al cantiere per qualsiasi motivo.

Il referente di cantiere deve comunicare ogni variazione che intervenga relativa ai dati inviati, mentre l’appaltatore ha l’obbligo, tramite il referente di cantiere, di verificare che i lavori siano eseguiti utilizzando esclusivamente i mezzi ed il personale segnalati nel settimanale.

Il settimanale è poi messo a disposizione del gruppo interforze ai fini degli eventuali accessi nei cantieri disposti ai sensi del D.M. 14 marzo 2003 e del D.P.R. n. 150/2010.

La prefettura, infine, provvede all’analisi incrociata dei dati al fine di evidenziare possibili anomalie, nonché, ad integrazione delle procedure già previste a tal fine da parte del committente, ad eseguire controlli sulla qualità del calcestruzzo e dei suoi componenti impiegati per la realizzazione dell’opera, da eseguire presso laboratori indicati dal soggetto aggiudicatore, d’intesa con la prefettura, con oneri finanziari a carico del concessionario o  contraente generale.

Il protocollo di legalità, inoltre, dovrà contenere apposite previsioni atte a prevenire il pericolo di ingerenza della criminalità organizzata attraverso richieste di danaro, offerte di protezione, imposizione di ditte o di servizi, specificando che tali fatti vanno immediatamente portati a conoscenza della prefettura e denunciati all’autorità giudiziaria.

In considerazione della previsione contenuta nell’articolo 38, comma 1, lettera m-ter,  del codice dei contratti (secondo la quale l’omessa denuncia da parte dell’operatore economico dei reati di cui agli artt. 317 e 629 del codice penale, connotati dall’aggravante del metodo mafioso, è suscettibile di concretizzare una causa di esclusione dalle procedure concorsuali), dovrà essere specificato nel bando di gara e nella lettera di invito, e riprodotto nel protocollo di sicurezza, che tale comportamento omissivo darà altresì luogo all’emissione di informazione interdittiva e alla conseguente estromissione del soggetto con applicazione anche della relativa penale pecuniaria.

Inoltre, l’eventuale inosservanza degli obblighi collaborativi in questione è passibile anche di applicazione di penali pecuniarie, diversamente graduate a seconda della gravità dell’infrazione commessa, dell’eventuale reiterazione, del danno conseguente (ad esempio la mancata vigilanza sugli accessi ai cantieri può comportare l’ingresso di persone estranee che danneggiato mezzi di lavorazione), ecc.

Andrà comunque specificato che la persistente inosservanza degli obblighi collaborativi in questione, proseguita anche dopo contestazione e diffida, può comportare l’esclusione dell’operatore, concretandosi una forma di grave negligenza.

Naturalmente, in esecuzione dell’articolo 3, comma 1 della Legge n. 136/2010, tutti i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese a qualsiasi titolo interessati ai lavori, devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali dedicati, anche non in via esclusiva, al singolo contratto. Inoltre, tutti i movimenti finanziari relativi ai lavori devono essere registrati sui conti correnti dedicati e devono essere effettuati esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni.

In particolare, le linee guida prescrivono di utilizzare le stesse procedure di tracciamento anche i pagamenti delle indennità di esproprio.

In ultimo, vengono disciplinati anche gli aspetti economici connessi all’esecuzione dei protocolli di legalità, proprio in considerazione dei maggiori costi che l’impresa dovrà sostenere per far fronte ai numerosi adempimenti tecnico-amministrativi posti a suo carico.

Rifacendosi a quanto stabilito dall’art. 176, comma 20 del codice dei contratti, le linee guida stabiliscono che il quadro economico dell’appalto dovrà indicare un’aliquota forfettaria, ragguagliata all’importo complessivo dell’intervento e non sottoposta al ribasso d’asta, finalizzata all’attuazione di idonee misure volte alla prevenzione e repressione della criminalità e dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

Le variazioni tecniche per l’attuazione delle misure in questione, eventualmente proposte dall’appaltatore, in qualunque fase dell’opera, non possono essere motivo di maggiori oneri a carico della stazione appaltante.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Gianpaolo Ferraro
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica.
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