Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

1. Il quadro normativo

Come noto, l’art. 120 comma 2-bis c.p.a. nel testo novellato dal D. Lgs. n. 50/2016, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e/o le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante.

L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei  successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività.

Il rito introdotto dal nuovo Codice sui Contratti Pubblici si contraddistingue per la specialità dei termini a difesa e per la celerità dei tempi di risoluzione della controversia.

Ai sensi poi del comma 6 bis della medesima disposizione, il giudizio è definito in una camera di consiglio da tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente. Su richiesta delle parti il ricorso può essere definito, negli stessi termini, in udienza pubblica.

In linea con tale eccezionale e straordinaria accelerazione e compressione del giudizio, sono ridotti in modo significativo i termini minimi per la comunicazione alle parti della data dell’udienza e quelli per la produzione di documenti, memorie, e repliche (rispettivamente indicati in 15, 10, 6 e 3 giorni liberi anteriori alla stessa data).

Tale contrazione delle tempistiche è all’evidenza fortemente incompatibile con un’attenta e completa valutazione della documentazione e delle problematiche solitamente complesse relative alla materia in oggetto[1].

La norma stabilisce, in una con il divieto di cancellazione della causa dal ruolo, il divieto di rinvio della trattazione se non per esigenze istruttorie o di integrazione del contraddittorio e per produrre motivi aggiunti e ricorso incidentale[2].

Si contrae poi entro un massimo di 3 giorni il termine per il deposito degli adempimenti istruttori e entro 15 giorni quello per la fissazione della nuova camera di consiglio e si riduce a 7 giorni dalla camera di consiglio/udienza il termine di deposito della sentenza.

Nello stesso spirito (per così dire) “accelleratorio”, si esclude l’operatività del termine “lungo” di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza per la proposizione (recte notificazione) dell’appello, ridotto dunque in ogni caso a 30 giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della sentenza.

Sebbene le riferite tempistiche non sembrano in linea teorica lasciare molto spazio per la tutela cautelare[3] (salvo il periodo di sospensione feriale), v’è un difetto di coordinamento con l’art. 62, comma 1, c.p.a., che, per l’appello cautelare, prevede in ogni caso il termine lungo di 60 giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza.

E’ evidente che il Legislatore ha inteso concentrare le suddette controversie in una fase antecedente a quella involgente l’impugnazione dell’aggiudicazione, al fine di evitare che attraverso la presentazione di ricorsi principali ed incidentali, venisse completamente sovvertito l’esito della gara, anche a distanza di tempo.

Tutte le peculiarità del rito appalti sono legate all’esigenza di accelerazione della definizione delle relative controversie, perseguita attraverso strumenti diretti alla pretesa semplificazione del processo e alla deflazione del contenzioso.  

2. L’atteggiarsi dell’interesse al ricorso

Numerose sono le pronunce intervenute sul tema in ordine a taluni profili del suddetto rito. Infatti tale nuova disciplina, introdotta al dichiarato intento di ridurre il numero dei ricorsi in materia di appalti, crea qualche problema applicativo.

La novità introdotta dall’art. 120, commi 2-bis e 6-bis c.p.a., onerando i partecipanti della gara ad impugnare immediatamente le ammissioni altrui e precludendo di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti della procedura, deroga al principio dettato dall’art. 100 c.p.c. ai sensi del quale «per proporre una domanda o contraddire alla stessa è necessario avervi interesse» e innova rispetto alla granitica giurisprudenza amministrativa a riguardo.

Infatti, l’aver anticipato l’accesso alla tutela giurisdizionale in caso di contestazione dell’ammissione alla gara degli altri concorrenti, ha comportato uno stravolgimento del modo di intendere l’interesse a ricorrere[4].

Non v’è dubbio, infatti, che la disposizione in esame – sulla quale aleggiano non pochi dubbi di incostituzionalità – introduca un atteggiarsi dell’interesse a ricorrere per così dire più virtuale[5], atteso che l’impugnazione dell’altrui ammissione deve inderogabilmente essere proposta, a pena di decadenza, entro i termini temporali prescritti dall’art. 120 comma 2 bis cit.. Il che comporta un diverso atteggiarsi delle condizioni dell’azione posto che la norma di fatto esclude qualsivoglia valutazione sull’effettiva incidenza della stessa ammissione sulla posizione in graduatoria del soggetto ricorrente e/o sull’aggiudicazione finale (c.d. prova di resistenza).

A tal riguardo il TAR Campania, Napoli, 2 febbraio 2017, n. 696, ha ritenuto la ratio della disposizione pienamente conforme al principio di ragionevolezza dei tempi del processo e, in ultima istanza, a quello di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale di cui agli artt. 24 e 113 Cost.. Sicché non si porrebbe, in tale ottica, alcuna questione di costituzionalità né di compatibilità comunitaria della norma. Si tratta tuttavia di un tema fortemente dibattuto destinato a non sopirsi.

Altro tema di cui si è dibattuto concerne la questione della procedibilità del ricorso ex art. 120, comma 2-bis c.p.a. ove, nelle more del processo, intervenga il provvedimento di aggiudicazione in favore del ricorrente.

Il TAR Lazio, Roma, 8 febbraio 2017, n. 2118 ha affrontato detta questione statuendo che il ricorso per l’annullamento del provvedimento di ammissione alla gara non è improcedibile ove, nelle more del giudizio, sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva in favore del ricorrente. Interessante l’iter motivazionale del Collegio, il quale:

  • ha dato atto della impostazione tradizionale, secondo la quale, ove in corso di causa intervenga un fatto esterno che incida sull’interesse a ricorrere e faccia venir meno l’utilità del ricorso, l’azione diventerebbe improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, perché ormai incapace di portare un distinto vantaggio al ricorrente, meglio soddisfatto con il bene finale ;
  • ha rilevato che nel caso di specie l’impostazione tradizionale debba essere rivista in ragione della su richiamata eccezionalità del nuovo rito, che ha definito un modello di contenzioso sugli appalti a duplice sequenza: il nuovo sistema accelerato viene disgiunto da quello successivo delle impugnazioni per vizi di altri atti della procedura di gara o dell’esito della stessa. Ove si seguisse l’impostazione tradizionale e il ricorso venisse dichiarato improcedibile, invero, alla luce della lettera del nuovo art. 120, comma 2-bis c.p.a., le censure avverso il provvedimento di ammissione degli altri concorrenti non potrebbero essere mosse successivamente con lo strumento del ricorso incidentale volto a paralizzare quello principale avverso l’aggiudicazione dell’appalto. Sostiene il Collegio che, in ragione di quanto esposto, dichiarare improcedibile il ricorso in ragione del raggiungimento del bene dell’aggiudicazione da parte del ricorrente comporterebbe una situazione del tutto singolare, se non violativa del diritto di difesa.

In ragione della suddetta separazione tra le due fasi processuali, cui corrispondono anche riti diversi, il TAR ha affermato che la successiva aggiudicazione non può ritenersi tale da incidere sull’interesse a ricorrere ex art. 120, comma 2-bis c.p.a., non essendo venuta meno l’utilità del ricorso anticipato.

Per quanto invece riguarda il termine entro cui proporre un ricorso incidentale nel rito “super-speciale”, il medesimo TAR Lazio ha evidenziato che l’interesse alla proposizione di tale ricorso, da parte dell’operatore economico la cui ammissione alla gara sia stata contestata, sorge già dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione ex art. 29 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50. Sebbene la sentenza n. 2118/2017 non possa dirsi esplicita a riguardo, la stessa sembra sostenere che, poiché il ricorso incidentale costituisce lo strumento con cui proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale (art. 42 c.p.a.) e poiché in ipotesi di tal fatta  l’interesse a contestare l’altrui ammissione è già sorto con la pubblicazione del provvedimento di ammissione, il ricorso in questione dovrebbe essere più propriamente qualificato come ricorso principale, proposto da un cointrointeressato alla caducazione del provvedimento di ammissione. Con la conseguenza che il termine di trenta giorni non potrebbe utilmente che decorrere dalla pubblicazione del provvedimento, ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis c.p.a..

3. I presupposti applicativi del rito “ipercontratto”

L’operatività, come si è visto, del rito in parola ha precisi presupposti applicativi. I quali in sintesi consistono:

  1. nel rispetto delle forme di pubblicità necessario ai fini dell’applicazione del rito “super speciale” di cui all’art. 120, comma 6 bis, c.p.a..
  2. nella possibilità di operare, con una valutazione caso per caso, una netta distinzione tra fase di ammissione/esclusione e fase di aggiudicazione.

In difetto della contestuale ricorrenza di tutti i presupposti per la concreta applicazione della prescrizione processuale relativa al c.d. rito “superaccelerato”, deve ritenersi che la medesima si riveli inattuabile, per la mancanza del presupposto logico della sua operatività e cioè un sistema a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara.

In tal senso si è di recente espresso il TAR Puglia, Bari, con la pronuncia del 14 aprile 2017, n. 394.  Nel caso di specie all’esito di una gara, indetta dall’Acquedotto Pugliese s.p.a. (di seguito anche AQP), per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva di alcuni servizi di depurazione, una società impugnava con un unico ricorso (i) l’aggiudicazione (ii) la contemporanea Determina «con la quale sono stati approvati i verbali della Commissione di gara» e (iii) «ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale», chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia in sede cautelare.

AQP eccepiva l’inammissibilità del ricorso «per avere la ricorrente cumulato le domande avverso due segmenti concorsuali soggetti a riti processuali diversi: il primo avverso l’ammissione alla gara del RTP aggiudicatario, assoggettato alle previsioni di cui al comma 6-bis dell’art. 120 c.p.a. e il secondo avverso il provvedimento di aggiudicazione, regolato dal rito speciale di cui all’art. 120 c.p.a., oltre a sostenere l’infondatezza nel merito del ricorso».

Durante l’udienza di trattazione del cautelare, la stazione appaltante precisava che non v’era stata alcuna pubblicazione o comunicazione specifica degli atti di ammissione/esclusione della gara e dei verbali della Commissione precedente alla fase di aggiudicazione[6]. Con la sentenza in commento, il TAR ha tuttavia escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’invocato art. 120 comma 2-bis c.p.a., proprio in quanto, la stazione appaltante «non ha rispettato, nella specie, le forme di pubblicità idonee a garantire l’immediata conoscenza degli atti relativi all’ammissione/esclusione, prima, ed aggiudicazione, poi, previste, in particolare, agli artt. 29 e 76 del nuovo codice del contratti», con la conseguenza che «non si individua una netta distinzione tra fase di ammissioni/esclusioni e fase di aggiudicazione».

Il Collegio ha, a tra l’altro, richiamato un proprio precedente[7] in cui è stato escluso che, in difetto dalla comunicazione[8] del provvedimento sulle esclusioni e ammissioni possa decorrere il termine per impugnare il suddetto provvedimento.

In tale precedente, in particolare, era stato, utilmente, valorizzato un passaggio della sentenza del Consiglio di Stato[9] in cui, seppur con riferimento al diverso profilo del regime temporale di applicazione delle nuove regole processuali, era stato sottolineato che il rito super-speciale «in difetto del (contestuale) funzionamento delle regole che assicurano la pubblicità e la comunicazione dei provvedimenti di cui si introduce l’onere di immediata impugnazione – che devono, perciò, intendersi legate da un vincolo funzionale inscindibile – la relativa prescrizione processuale si rivela del tutto inattuabile, per la mancanza del presupposto logico della sua operatività e, cioè, la predisposizione di un apparato regolativo che garantisca la tempestiva informazione degli interessati circa il contenuto del provvedimento da gravare nel ristretto termine di decadenza ivi stabilito».

Tale interpretazione trova conferma anche sulla base di un’interpretazione strettamente letterale, «giacché l’art. 120 comma 2-bis c.p.a. fa espresso riferimento all’adozione di “successivi atti”, rispetto al provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa, all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali […]». In difetto di una netta separazione tra le fasi di gara, pertanto «le esigenze di rapida costituzione di certezze giuridiche poi incontestabili dai protagonisti della gara divengono attuali solo nel momento in cui il procedimento è giunto alla fase di aggiudicazione definitiva, soggetta all’usuale rito, pur “speciale”, disciplinato dai restanti commi del citato articolo 120 c.p.a.».

Il che trova inoltre riprova anche nella recente ordinanza del Cons. St., sez. V, 14 marzo 2017, n. 1059, laddove ha affermato che «la novella all’art. 120 c.p.a. disegna per le gare pubbliche un nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda».

A tali “dirimenti” considerazioni, si affianca l’ulteriore argomento in base al quale gli eventuali dubbi in merito all’applicazione delle nuove regole processuali devono «essere risolti preferendo l’opzione ermeneutica meno sfavorevole per l’esercizio del diritto di difesa (e, quindi, maggiormente conforme ai principi costituzionali espressi dagli artt. 24 e 113)» (Cons Stato sent. n. 4994 del 2016, cit.).

Il Collegio ha dunque applicato al caso in esame «l’unico rito, già “speciale”, disciplinato dall’art.120 c.p.a.» sottolineando che la definizione della controversia in forma semplificata all’esito dell’udienza fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, «contribuisca, pur in applicazione dell’unico rito speciale di cui all’art. 120 c.p.a., alla rapida costituzione di certezze giuridiche sulla procedura di gara, nel rispetto delle esigenze che hanno indotto il legislatore a riformare il Codice degli appalti».

Anche il TAR Toscana, Firenze, 23 marzo 2017, n. 454 ha avuto modo di statuire che “Ove non sia stato adottato il provvedimento che determina ammissioni ed esclusioni previsto dall’art. 29, comma 1, secondo periodo del d.lgs. n. 50 del 2016 non è applicabile il rito di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.”.

Il neonato rito super-speciale in materia di impugnazione contro le esclusioni e le ammissioni costituisce, infatti  eccezione al regime “ordinario” del processo appalti (a sua volta eccezione rispetto al rito ordinario e allo stesso rito accelerato ex art. 119 c.p.a.) e, perciò, deve essere applicato solo nel caso in cui sia stato emanato il provvedimento di cui all’art. 29, comma 1, secondo periodo del d.lgs. n. 50 del 2016; in caso contrario l’impugnativa non può che essere rivolta, congiuntamente, avverso l’ammissione dell’aggiudicatario ed il provvedimento di aggiudicazione laddove il secondo sia conseguenza del primo.  

4. L’individuazione del dies a quo del termine di impugnazione

In  tema di individuazione del dies a quo del termine di impugnazione il TAR Puglia, Bari, 5 aprile 2017, n. 340 ha di recente avuto modo di chiarire che il termine di immediata impugnazione delle ammissioni alla procedura inizia a decorrere a condizione che siano state rispettate tutte le formalità volte alla “immediata conoscenza” degli atti, così come richiesto dalla nuova disciplina dettata dal Codice.

Nel caso in esame, il provvedimento di aggiudicazione della gara era stato (sì) pubblicato sul sito internet della stazione appaltante[10] ma non nella sezione “amministrazione trasparente”, in spregio a quanto previsto dall’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 norma che, espressamente, richiama a sua volta il d.lgs. n. 33 del 2013 s.m.i.. Il TAR ha pertanto ritenuto che, nella fattispecie, la mancata (ovvero non corretta) pubblicazione sul profilo del committente degli atti relativi all’ammissione dei concorrenti, ha fatto sì che il termine di trenta giorni previsto per impugnare il provvedimento che ha reso noto l’elenco delle ditte ammesse ed il nominativo di quella risultata aggiudicataria, dovesse decorrere dalla data di invio della relativa pec. Il TAR, difatti, ha fatto proprio (in via analogica) l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 4994 del 25 novembre 2016 innanzi richiamato.

Di recente anche il TAR Molise, Campobasso, 28 aprile 2017, n. 150 ha affermato che l’onere di impugnazione tempestiva degli atti che determinano le ammissioni alla procedura di affidamento è condizionato dalla necessaria pubblicità degli atti di gara – tramite la pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” – che garantisca il pieno e tempestivo accesso alla documentazione, «non potendo altrimenti decorrere il termine per impugnare un atto (l’ammissione di un altro operatore) privo di diretta lesività e la cui piena conoscenza postula la verifica dei presupposti su cui si fonda».

La suddetta disciplina pone una deroga alla regola ordinaria in materia di impugnazione dei provvedimenti amministrativi che giustifica l’immediato decorso del termine per ricorrere dalla “semplice conoscenza del provvedimento” e dunque dal momento in cui il destinatario è posto in grado di apprezzarne la lesività.

Nel caso sottoposto al TAR, poiché la stazione appaltante non aveva né eccepito né provato che fosse avvenuta la prescritta pubblicazione sul profilo del committente, il Collegio ha ritenuto ricevibile ed ammissibile, sotto il profilo della tempestività, il ricorso con cui era stato impugnato l’atto di ammissione alla gara della ditta aggiudicataria, unitamente all’aggiudicazione della medesima.

La sentenza, richiamando un precedente dello stesso TAR (Molise, 30 novembre 2016, n. 499) precisa che  “stante la stretta connessione tra i due atti e in applicazione del principio della cumulabilità delle domande” il dies a quo era stato correttamente calcolato dalla ricorrente dal momento dell’avvenuta conoscenza dell’aggiudicazione della gara.

5. Ricorso “congiunto” avverso l’atto di ammissione e il provvedimento di aggiudicazione, con annessa unica istanza cautelare

Non meno recente è la pronuncia del Cons. Stato, Sez. V, ordinanza 14 marzo 2017, n. 1059[11], con la quale sono stati affrontati diversi temi tra qui quello concernente l’impossibilità di esaminare congiuntamente le azioni cautelari e di merito proposte contro il provvedimento di ammissione e di aggiudicazione con un unico ricorso.

Interessante ripercorrere la fattispecie che ha occasionato la pronuncia.

Al termine di una procedura negoziata per l’affidamento dei lavori di messa in sicurezza dell’edilizia scolastica, un concorrente impugnava con unico ricorso sia la determinazione dirigenziale, recante l’aggiudicazione definitiva dell’appalto sia «ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, compresi i verbali e le determinazioni della commissione, con specifico riguardo alla determinazione di ammissione alla gara» dell’aggiudicataria, chiedendo la “previa sospensiva” di tutti gli atti indicati (quindi sia dell’ammissione che dell’aggiudicazione).

Il TAR Puglia[12], senza esaminare la questione[13] della proponibilità con unico ricorso di domande dirette contro l’ammissione e l’aggiudicazione, respingeva l’istanza cautelare, in quanto «la questione prospettata da parte ricorrente merita l’approfondimento della fase di merito in relazione alla natura delle censure dedotte, che comunque non configurano i necessari presupposti per la sospensione dell’atto impugnato sotto il profilo del periculum» e fissava l’udienza di merito.

La ricorrente appellava la suddetta ordinanza, riproponendo le domande cautelari rigettate in primo grado relative sia all’atto di ammissione sia al provvedimento di aggiudicazione.

Il Consiglio di Stato, dopo aver escluso di poter esaminare contestualmente le azioni e le istanze cautelari sottoposte a riti diversi e la conversione ex art. 32, comma 1, c.p.a. del rito “super-speciale” ex art. 120 commi 2-bis e 6-bis in rito speciale ex art. 120 comma 6, ha accolto – in parte – l’appello cautelare[14] disponendo, contestualmente, «la separazione del giudizio inerente la domanda cautelare avverso l’aggiudicazione e la sua possibile riassunzione per errore scusabile».

In primo luogo, il Collegio, dopo aver ribadito l’appellabilità delle ordinanze di rigetto delle istanze cautelari avverso gli atti di esclusione e ammissione[15], ha escluso la proponibilità «di domande, cautelari e di merito, avverso l’aggiudicazione definitiva nell’ambito di un ricorso a tutela anticipata, preliminare e autonomo, che segue uno schema speciale […] chiamato in dottrina “specialissimo” o “super speciale”, distinto per le speciali condizioni dell’azione e per la struttura del giurisdizione finalizzato alla rapida costituzione di certezze giuridiche poi incontestabili sui protagonisti della gara, dovendo, invece, anche agli strumentali fini cautelari trattarsi il ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva secondo l’usuale rito, pur “speciale”, disciplinato dai restanti commi del citato articolo 120».

Sebbene la suddetta questione non fosse stata dedotta dalle parti, il Collegio ha ritenuto di poterla rilevare d’ufficio in quanto «i riti speciali e il loro ambito applicativo sono stabiliti dalla legge, per ragioni che rientrano nelle scelte discrezionali del legislatore […] e pertanto l’applicazione del rito è doverosa ed oggettiva, e non vi è spazio per una scelta del rito, o sua disapplicazione, ad opera delle parti o del giudice», e, inoltre, «nel processo amministrativo non possono trovare applicazione pedissequa i principi enunciati dalla Cassazione in tema di erronea scelta del rito da parte del giudice» perché in tale processo «i riti non rientrano nella disponibilità delle parti o del giudice, essendo imposti dalla legge per ragioni di interesse pubblico» (Cons. St., Ad. plen., 9 agosto 2012, n. 32)».

In secondo luogo, l’ordinanza ha escluso l’applicabilità in caso di ricorso “congiunto”, dell’art. 32 comma 1 c.p.a. e dunque la conversione del rito da “super-speciale” a “speciale”:

  • «per ragioni testuali in quanto tale disposizione non può trovare applicazione nel caso di riti entrambi previsti dal Titolo V del Libro IV c.p.a.»
  • in forza di “un’interpretazione della vigente disciplina processuale”giacché ammettere il cumulo e la trattazione congiunta delle domande con applicazione ad entrambe del rito “speciale” in luogo del rito “specialissimo” o “super speciale” «apparirebbe in contrasto non solo con la ratio della disciplina dettata dai citati commi 2-bis e 6-bis, in quanto – introducendo surrettiziamente un terzo rito, misto tra i due – ostacolerebbe il conseguimento sistematico delle finalità che con il rito dell’art. 120, comma 2-bis la nuova norma intende realizzare; ma anche con le ricordate e distinte condizioni dell’azione e struttura del rito anticipato, che – a differenza di quanto avviene per altre azioni del processo amministrativo – non possono né essere confuse con le usuali, né esservi assorbite o assorbirle».

Del resto la novella all’art. 120 disegna per le gare pubbliche un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda».

L’ordinanza ha concluso[16] che nel caso di proposizione con unico ricorso di domanda di annullamento avverso l’atto di ammissione di un concorrente e di domanda avverso l’atto di aggiudicazione definitiva in favore del medesimo «anche nel quadro del procedimento cautelare» deve ritenersi« ritualmente proposta, ed esaminarsi, la sola domanda avverso l’atto di ammissione, secondo l’ordine di priorità logica e processuale dei due riti disciplinati dall’art. 120 Cod. proc. amm., mentre la domanda (qui cautelare) proposta avverso l’aggiudicazione definitiva deve ritenersi non ritualmente introdotta e come tale inammissibile».

Il Collegio ha precisato, infatti, che «la ritenuta inammissibilità del ricorso (cautelare, come poi di merito) nella parte in cui è diretto anche all’annullamento dell’atto di aggiudicazione non rende inammissibile e non preclude, nel presente processo, l’esame del ricorso avverso l’atto di ammissione e della relativa domanda cautelare» giacché il ricorrente ha proposto «il ricorso cumulativo osservando anche i termini per l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, rendendo possibile la riassunzione dell’inerente azione davanti al primo giudice».

In conclusione, dunque, nel ravvisare i presupposti per l’applicazione dell’errore scusabile[17], il Collegio ha affermato che «nulla osta a che il Tribunale amministrativo adito, all’udienza già fissata per il 7 giugno 2017, su apposita istanza del ricorrente originario diretta a far riassumere e trattare il giudizio contro l’aggiudicazione (e gli atti di gara diversi da quelli dell’art. 120, comma 2-bis) con il rito previsto, proceda a disporre la separazione dei giudizi e fissi a udienza pubblica la trattazione delle domande avverso l’atto di aggiudicazione (e gli atti di gara diversi da quelli dell’art. 120, comma 2-bis), nel distinto rispetto del relativo rito “speciale” e secondo una numerazione autonoma nel ruolo; e che – per ciò che segnatamente concerne lo strumentale giudizio cautelare qui impropriamente dedotto, sempre su istanza di riassunzione provveda alla trattazione – in camera di consiglio da fissare – della già proposta domanda cautelare avverso l’aggiudicazione e gli atti di gara diversi da quelli dell’art. 120, comma 2-bis (essendo per le dette ragioni nulla e priva di effetti la trattazione cautelare già avvenuta in occasione della qui impugnata ordinanza)».

6. Conclusioni

Come si è brevemente (e non certo con pretesa esaustività) accennato, tante sono le questioni più o meno procedurali che toccano il rito super accelerato o forse sarebbe meglio dire ipercompresso. Ma il tema più scottante concerne l’evidente contrasto con le garanzie minime imposte dalla Direttiva 2007/66/CE per una tutela effettiva.

L’esclusione da una gara pubblica deve essere immediatamente impugnata, in quanto provvedimento immediatamente lesivo. Come osservato da autorevole dottrina[18], tuttavia, l’ammissione degli altri concorrenti ad una gara pubblica non doveva e non dovrebbe essere immediatamente impugnata, perché non si può pretendere – pena un inaccettabile limite all’effettività della tutela – che un soggetto instauri un giudizio, sopportando oltretutto i gravi oneri del contributo unificato e degli onorari di legali super specializzati che dovrebbero riuscire a rappresentarne le ragioni nonostante i molteplici ostacoli sopra richiamati, senza magari neppure ottenere la sospensione del provvedimento in nome delle riferite esigenze imperative di esecuzione del contratto, per una gara che non sa se potrebbe mai vincere e per contestare l’ammissione di un concorrente di cui non conosce la possibile collocazione in graduatoria.

A parere di chi scrive non c’è, dunque, che auspicarsi l’intervento correttivo della Corte di Giustizia e/o della Corte Costituzionale in ordine ad un sistema che di fatto limita e rende oltremodo gravoso l’esercizio del diritto di difesa.


[1] M.A. Sandulli, Rito speciale in materia di contratti pubblici, 19 aprile 2016, in lamministrativista.it.

[2] Evidente l’assenza di coordinamento con le ipotesi di rinvio previste dal co. 6 dell’art. 120, che non contiene l’espresso riferimento ai motivi aggiunti e al ricorso incidentale, ma giustifica

correttamente il rinvio per il rispetto dei termini a difesa.

[3] A tal proposito il Cons. St., Sez. V, 23 marzo 2017, n. 1323 ha statuito che “una volta ammessa, come da costante giurisprudenza, la tutela cautelare anche nel rito specialissimo dell’art. 120, comma 2-bis, deve dedursi per l’applicabilità, in tale contesto e anche in appello, dello stesso schema circa l’esito processuale mediante sentenza ex art. 60 c.p.a.”.

[4] Cfr. l. Valla, “Interesse a ricorrere” e art. 120 co. 2 bis del cpa: tra deflazione del contenzioso e legittimità costituzionale”,  in ItaliAppalti.it.

[5] Cfr. Cristina Lenoci, I presupposti applicativi del rito super accelerato, in ItaliAppalti.it.

[6] Nella stessa udienza, come si apprende dalla sentenza, la difesa del controinteressato dichiarava di rinunciare all’eccezione di tardività del ricorso, a cui invece non rinunciava AQP.

[7] TAR Puglia, Bari, sez. III, 5 aprile 2017, n. 340.

[8] Ai sensi dell’art. 76 comma 3 del Codice.

[9] Sez. III, 25 novembre 2016, n. 4994.

[10] Albo pretorio dell’ente provinciale.

[11] Per l’orientamento contrario rispetto a quello accolto dall’ordinanza  segnalata cfr. TAR Puglia, Bari, Sez. I, 7 dicembre 2016, n. 1367.

[12] Bari, Sez. I, ord., 9 febbraio 2017, n. 70.

[13] peraltro non sollevata dalle parti.

[14] accogliendo, per l’effetto, in parte, l’istanza cautelare proposta in primo grado limitatamente all’impugnazione dell’atto di ammissione dell’aggiudicataria.

[15]  Su cui cfr. ordinanza Cons. Stato, Sez. V, 6 marzo 2017, n. 948.

[16] In ordine alla separazione dei suddetti giudizi e alla nullità della trattazione dell’istanza cautelare diretta contro l’aggiudicazione esaminata nella Camera di consiglio celebrata ai sensi dell’art. 120 comma 6-bis.

[17] “Essendosi in presenza di «obiettive ragioni di incertezza sull’interpretazione della disciplina processuale applicabile nonché di una diversa giurisprudenza del giudice qui adito in primo grado e tenuto conto anche del fatto che la questione non è stata eccepita o rilevata nel primo grado del presente giudizio”

[18]M.A. Sandulli, Nuovi limiti alla tutela giurisdizionale in materia di contratti pubblici.

Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.