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1. L’introduzione nel nostro ordinamento del rito “superaccelerato”

L’art. 120, co. 2 bis, del Codice del Processo Amministrativo, introdotto dall’art. 204 del nuovo Codice degli Appalti (D.lgs. n. 50/2016) ha introdotto nel nostro ordinamento processuale un rito del tutto peculiare, comunemente definito “superaccelerato”, costituente una sub-specie del rito – già speciale – relativo al contenzioso in materia di appalti pubblici.

A questo rito super-speciale (disciplinato ai commi 2 bis e 6 bis dell’art. 120 c.p.a.), dunque, soggiacciono le impugnazioni dei provvedimenti che – all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali dei concorrenti ad opera della commissione – dispongano le ammissioni e/o le esclusioni dalla gara. L’omessa tempestiva impugnazione di questi provvedimenti preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. I provvedimenti in questione debbono essere impugnati nel termine di 30 giorni dalla relativa pubblicazione sul profilo della stazione appaltante, nella sezione “Amministrazione Trasparente”, ai sensi dell’art. 29, co. 1, del Codice Appalti. Agli interessati è, quindi, imposto un onere di immediata impugnazione di tali provvedimenti. Una volta decorso il termine suddetto, questi ultimi, infatti, non possono più essere contestati. In altri termini, la selezione dei partecipanti alla procedura di gara diviene definitiva, indipendentemente e in un momento anteriore, rispetto alla conclusione della procedura medesima. Ne deriva, così, che il successivo provvedimento di aggiudicazione sopraggiunto in corso di causa debba essere necessariamente censurato con ricorso autonomo oppure, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, anche con motivi aggiunti. Le peculiarità del rito in esame hanno già spinto la giurisprudenza a delinearne un’interpretazione restrittiva, coerentemente con il carattere speciale e derogatorio dello stesso, ritenendo estranei all’ambito di applicazione dei summenzionati commi 2 bis e 6 bis i provvedimenti di esclusione che non dipendano dalla mancanza dei requisiti soggettivi (come letteralmente indica la norma), ma da altri motivi. A titolo esemplificativo, si pensi alle ipotesi afferenti alla riscontrata carenza di elementi formali dell’offerta tecnica o economica, o al mancato esercizio del potere di soccorso istruttorio.

Nel rito superaccelerato, la contestazione in ordine all’illegittima ammissione di un concorrente è sottoposta al termine decadenziale di trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento che dispone le ammissioni e le esclusioni, precludendo la facoltà di successiva impugnazione dell’aggiudicazione per invalidità derivata, anche con ricorso incidentale

L’istituto processuale in commento, sin dalla sua introduzione nel nostro ordinamento, ha suscitato un ampio di dibattito dottrinale e giurisprudenziale, in special modo riguardante il principio dell’interesse ad agire concreto ed attuale, tanto da condurre, come vedremo, alla remissione alla Corte di Giustizia UE del vaglio circa la legittimità della disciplina sul rito super-accelerato rispetto al diritto di difesa in giudizio. Ciò in quanto, secondo i principi generali del processo, l’interesse a far valere vizi di partecipazione dei concorrenti dovrebbe concretizzarsi in capo all’operatore economico non aggiudicatario soltanto con il concretizzarsi della lesione del bene della vita, e quindi soltanto a seguito dell’aggiudicazione in favore di altro concorrente. Con la nuova disciplina, invece, la contestazione in ordine all’illegittima ammissione di un concorrente è sottoposta al termine decadenziale di trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento che dispone le ammissioni e le esclusioni, precludendo la facoltà di successiva impugnazione dell’aggiudicazione per invalidità derivata, anche con ricorso incidentale. La ratio della previsione è indubbiamente quella di porre rimedio alla prassi della sovrapposizione di censure incrociate sulla fase iniziale della procedura di gara quando essa sia già giunta a conclusione. Al fine di tutelare la stabilità della gara, dunque, il ricorso incidentale escludente, sarà precluso qualora con esso si voglia contestare la mancanza di requisiti in capo al ricorrente principale.

2. Le criticità applicative del nuovo rito: la struttura “bifasica” e l’effetto deflattivo sul contenzioso giurisdizionale

L’introduzione, nel rito appalti, dell’onere di immediata impugnazione delle ammissioni degli altri concorrenti, ha costituito, per tutti gli operatori nel settore, un onere difficilmente comprensibile se non con la volontà da parte del legislatore di deflazionare al massimo il contenzioso ed alla pressoché totale elisione del controllo giurisdizionale. In effetti, il contenzioso in materia di appalti pubblici, prima dell’introduzione delle novità processuali in commento, era costituito prevalentemente da ricorsi aventi ad oggetto l’aggiudicazione che contestavano la carenza dei requisiti dell’aggiudicatario. Eliminando – di fatto – la possibilità di contestare l’ammissione degli altri concorrenti, il contenzioso è inevitabilmente destinato a contrarsi, con conseguente impatto negativo sulla garanzia di effettività della tutela giurisdizionale.  

A questo punto, come da intento del legislatore, il contenzioso in materia di gare pubbliche viene distinto in due fasi distinte e separate: 1) una prima fase concernente la contestazione dei requisiti dei requisiti soggettivi di partecipazione dei concorrenti, da esperire entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’elenco degli ammessi e degli esclusi; 2) una seconda fase involgente profili sostanziali relativi alla gara ed all’aggiudicazione della stessa (quali l’attribuzione dei punteggi ecc…).

L’aspetto maggiormente critico, e per certi versi paradossale di tale disciplina processuale è che ciascun concorrente, durante la fase di ammissione delle offerte, sarebbe chiamato a far valere i vizi di ammissione degli altri concorrenti, con la deleteria conseguenza dell’esponenziale moltiplicazione dei ricorsi mossi da un concorrente verso l’altro: in pratica un “tutti contro tutti”. Ed il paradosso è proprio qui: una normativa processuale teleologicamente rivolta alla deflazione del contenzioso, viene in realtà ad essere un vero e proprio moltiplicatore del contenzioso stesso.

L’aspetto maggiormente critico, e per certi versi paradossale del rito superaccelerato è che ciascun concorrente, durante la fase di ammissione delle offerte, sarebbe chiamato a far valere i vizi di ammissione degli altri concorrenti, con la deleteria conseguenza dell’esponenziale moltiplicazione dei ricorsi mossi da un concorrente verso l’altro: in pratica un “tutti contro tutti”

Non a caso tale disciplina ha subito suscitato notevoli critiche in dottrina. E’ stato, infatti, subito rilevato che – alla luce dei realistici profili applicativi sopra ipotizzati (che poi si sono effettivamente concretizzati nei due anni di applicazione di essa) – la reale finalità della normativa (piuttosto che l’esigenza dichiarata di dare un ordine logico bifasico al contenzioso-appalti) era costituita esclusivamente dalla eliminazione di tutto il contenzioso relativo alla contestazione requisiti di partecipazione alla gara (tipologia di contenzioso, peraltro, estremamente rilevante, non solo dal punto di vista statistico, come sopra accennato, ma anche e soprattutto dal punto di vista della garanzia di legalità di sistema, in quanto volto ad evitare che le gare fossero aggiudicate a soggetti privi dei requisiti).

L’idea di fondo di tutti gli operatori era che il principio in questione – per il carattere sostanzialmente preclusivo del contenzioso sui requisiti nel settore deli appalti pubblici cui esso conseguiva – non avrebbe potuto superare il vaglio del parere del Consiglio di Stato, il quale ne avrebbe rilevato la evidente illegittimità per violazione dei superiori principi costituzionali ed europei (diritto alla tutela giurisdizionale, nei suoi corollari di effettività e di pienezza, diritto ad una buona amministrazione, diritto al lavoro, diritto di impresa, tutela della concorrenza, ragionevolezza, proporzionalità ecc.). Sorpendentemente, tuttavia, il Consiglio di Stato – nel parere della Commissione Speciale 1 aprile 2016, n. 885 – non ha rilevato alcun profilo di criticità di tale disciplina rispetto ai superiori principi costituzionali ed europei, ma, anzi, ha dato il via libera al recepimento della stessa nel Codice degli appalti. In particolare, con tale parere, il Consiglio di Stato si è limitato a fare appena un cenno alla possibile eccessiva onerosità della duplicazione del contenzioso (visto l’onere di impugnare prima le ammissioni altrui e poi, eventualmente, l’aggiudicazione) e ha segnalato soltanto l’opportunità di dimezzare il contributo unificato relativo alla contestazione dell’aggiudicazione (peraltro, senza considerare affatto che la gravosità in questione sarebbe stata determinata non da una semplice duplicazione del contributo, ma piuttosto da una moltiplicazione indiscriminata di esso nella fase dei ricorsi avverso le ammissioni, dovendosi versare un contributo unificato per ognuna di tali impugnazioni).

3. La rimessione del rito superaccelerato al vaglio della Corte di Giustizia UE

Una prima “crepa” nel sistema del rito superaccelerato è stata creata dal TAR Lazio con la sentenza n. 9379 del 22 agosto 2017 con la quale, nel tentativo di offrire un’interpretazione dell’istituto processuale in esame non violativa del diritto di difesa, aveva rigettato un’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, affermando che l’art. 120, co. 7, del Codice del Processo Amministrativo, dovesse essere interpretato nel senso di riconoscere alla parte ricorrente la facoltà (e non l’obbligo) di proporre autonoma impugnativa avverso il provvedimento di aggiudicazione della gara, eventualmente sopraggiunto nel corso del non ancora esaurito giudizio sull’ammissione/esclusione di un concorrente, sussistendo comunque la possibilità o di un’impugnativa congiunta o della proposizione successiva di motivi aggiunti.

La I Sezione del Tar Piemonte − con ordinanza n. 88 del 17 gennaio 2018 − ha invece individuato una violazione dei principi europei in materia di diritto di difesa e di presupposti dell’azione rimettendo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i due seguenti quesiti:

1)”se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 c. 2 bis c.p.a, che, impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti“;

2)”se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l’art. 120 c. 2 bis c.p.a, che preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato“.

La concreta applicazione del rito super-speciale comporta − secondo l’impostazione del TAR Piemonte − gravi conseguenze in relazione all’insussistenza dell’interesse ad agire, il quale viene irrimediabilmente a mancare sia quando venga censurata l’ammissione/mancata esclusione di un concorrente che, conclusa la gara, non si riveli poi aggiudicatario; sia nell’ipotesi in cui lo stesso ricorrente, una volta definita la graduatoria, si collochi in una posizione tale da non avere alcun interesse a contestare l’aggiudicazione. Evidente è la lesione del principio di effettività della tutela della tutela giurisdizionale, tutelato a livello costituzionale e comunitario, che impone agli Stati membri di apprestare un sistema di giustizia che garantisca un utile accesso a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. In tal senso, il TAR Piemonte richiama anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia che, da ultimo, con la nota sentenza resa nel caso Puligienica (Corte Giust., C-689/13 cit.), richiede che l’operatore economico abbia e conservi sempre un interesse all’aggiudicazione dell’appalto.

La concreta applicazione del rito super-speciale comporta − secondo l’impostazione del TAR Piemonte − gravi conseguenze in relazione all’inconsistenza dell’interesse ad agire, il quale viene irrimediabilmente a mancare sia quando venga censurata l’ammissione/mancata esclusione di una concorrente che, conclusa la gara, non si riveli poi aggiudicataria; sia nell’ipotesi in cui la stessa ricorrente, a graduatoria definita, si collochi in una posizione tale da non avere alcun interesse a contestare l’aggiudicazione

L’attuale conformazione del rito in esame impone, dunque, ai partecipanti alla gara: a) di impugnare il provvedimento di ammissione di tutte le altre ditte partecipanti; b) di proporre il relativo ricorso in una fase del procedimento in cui la cognizione dei documenti di gara degli altri concorrenti è ostacolata, per non dire preclusa, dalla disciplina dettata nell’art. 53, d.lgs. n. 50 del 2016, che al comma terzo vieta di comunicare o comunque di rendere noti gli atti di gara, l’accesso ai quali è differito all’aggiudicazione e, al comma quarto, rende punibile, ai sensi dell’art. 326 c.p. (rivelazione di segreti d’ufficio), la condotta del pubblico ufficiale o degli incaricati di pubblico servizio inosservante del divieto. La cogenza di tale incondizionato divieto, oltre a porre questioni di coordinamento con l’art. 29 del Codice Appalti sulla pubblicazione dell’elenco degli ammessi e degli esclusi, lascia prevedere una giustificata ritrosia dei soggetti responsabili della procedura a rendere ostensibile, oltre al provvedimento di ammissione, la documentazione amministrativa dei concorrenti, costringendo gli operatori a proporre ricorsi “al buio” ovvero, come confermato dalle già numerose pronunce intervenute sul punto, a presentare ulteriori ricorsi per l’accertamento del diritto di accesso alla documentazione necessaria per la proposizione del ricorso ex art. 120, c. 2 bis, c.p.a.; c) di formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo.

Il panorama così descritto dal TAR Piemonte tratteggia un quadro processuale che contrasta palesemente con i consolidati principi in forza dei quali l’interesse all’azione deve rispondere ai requisiti di attualità e concretezza, nella misura in cui il ricorrente deve aver subito una lesione certa ed effettiva in conseguenza dell’atto amministrativo impugnato. E se, nel caso di specie, l’anticipazione della tutela ad una fase antecedente l’aggiudicazione della gara, rende sicuramente più oneroso l’esercizio del diritto di difesa, a fini di riequilibrio – come ritenuto dal Consiglio di Stato nel cit. parere n. 855/2016, reso sullo schema originario del nuovo codice dei contratti – dovrebbe essere sufficiente un intervento del legislatore ordinario volto a ridurre il contributo unificato per il contenzioso a valle e, in ogni caso, a garantire la tempestiva conoscenza degli atti e della relativa motivazione (cfr., anche, al riguardo, il parere n. 782 del 30 marzo 2017, reso sul correttivo al codice). (TAR Lazio, sez. II n. 8577/2017).

Il panorama così descritto dal TAR Piemonte tratteggia un quadro processuale che contrasta palesemente con i consolidati principi in forza dei quali l’interesse all’azione deve rispondere ai requisiti di attualità e concretezza, nella misura in cui il ricorrente deve aver subito una lesione certa ed effettiva in conseguenza dell’atto amministrativo impugnato

Diversamente, a detta del TAR Piemonte, rischia di verificarsi una sostanziale paralisi dei procedimenti di gara a causa della probabile proliferazione dei ricorsi nella fase di ammissione delle imprese negli appalti di maggiore rilevanza economica, ove gli operatori economici potrebbero essere più propensi ad accettare l’aleatorietà di un ricorso “al buio”, mentre negli appalti di minore rilevanza economica, al contrario, il rito super-speciale risulta potenzialmente idoneo a dissuadere i concorrenti dall’intraprendere iniziative processuali anticipate, con un evidente preclusione all’accesso alla giustizia ed alla tutela giurisdizionale, in spregio al principio di effettività della tutela nonché del principio dell’interesse a ricorrere.

4. Considerazioni e prospettive

Alla luce dell’ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale, da ultimo esitato nella rimessione alla Corte di Giustizia UE da parte del TAR Piemonte, si attende a questo punto con una certa enfasi l’esito della relativa decisione. Ciò che maggiormente preme agli operatori del diritto è, in effetti, tornare a concepire il principio dell’interesse ad agire in modo maggiormente univoco e non frammentato come invece accade da quando è in vigore la disciplina del rito in esame. Inoltre, vi è anche da considerare che la sostanziale preclusione alla tutela giurisdizionale nella fase delle ammissioni e delle esclusioni, rischia di alimentare un sistema pro corruttivo che si giova del fatto che tale fase delle gare d’appalto si configura, al momento, come una sorta di “zona franca”.

Alla luce delle criticità già ampiamente emerse, vi è la prospettiva che la Corte di Giustizia UE ravvisi la totale incompatibilità di tale normativa con principi fondamentali di matrice comunitaria – quali il diritto ad una tutela effettiva ed il principio proporzionalità – nonché le gravi ricadute dirette (sul sistema della Giustizia in materia di appalti) ed indirette (sulla legalità nel settore degli appalti), così chiaramente esposte dall’ordinanza di rimessione. In relazione ai principi di matrice europea gli artt. 6 e 13 della CEDU riconoscono infatti il diritto ad un giusto ed effettivo processo garantendo una tutela per il tramite di “un’adeguata qualificazione della situazione giuridica soggettiva da proteggere” ed una tutela processuale basata sulle tre componenti fondamentali del principio di effettività: pienezza, completezza della tutela e ragionevole durata del processo. Infine, l’art 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea prevede il diritto ad “un ricorso effettivo davanti ad un giudice” allorquando vengano violati i propri diritti e le proprie libertà.

Il TAR Piemonte, nell’ordinanza in commento, è stato evidentemente ispirato dai principi di matrice comunitaria per i quali il legislatore non potrebbe mai imporre al privato cittadino di azionare lo strumento processuale prima che detta lesione concreta e attuale di un diritto o di un interesse legittimo sia reale ed effettiva. Non vi sarebbe rispetto del principio di effettività sostanziale allorquando la possibilità di contestare le decisioni delle amministrazioni giudicatrici sia affidata all’iniziativa di soggetti che non hanno alcuna garanzia di poter ricavare vantaggi materiali dal favorevole esito della controversia o che addirittura potrebbero correre il rischio di favorire propri concorrenti, come potrebbe accadere qualora il ricorso contro l’atto di ammissione alla gara sia stato proposto da uno dei concorrenti poi collocati in posizione non utile ai fini dell’aggiudicazione.

Il TAR Piemonte, nell’ordinanza in commento, è stato evidentemente ispirato dai principi di matrice comunitaria per i quali il legislatore non potrebbe mai imporre al privato cittadino di azionare lo strumento processuale prima che detta lesione concreta e attuale di un diritto o di un interesse legittimo sia reale ed effettiva

La tutela offerta dall’art. 120 comma 2-bis c.p.a. potrebbe essere inquadrata come tutela oggettiva poiché l’azione non si fonda su un interesse attuale e su una lesione concreta della situazione giuridica soggettiva. Al soggetto viene imposto l’azionamento della tutela giurisdizionale senza alcuna garanzia che detta iniziativa possa garantirgli una concreta utilità, onerando così anche colui il quale avesse presentato un’offerta rivelatasi poi non competitiva al termine della selezione. Il contenzioso generato dalla presente normativa, qualificandosi come oggettivo, è dunque contrario ai principi comunitari richiamati. In quest’ottica la normativa si presenta, inoltre, potenzialmente idonea a dissuadere i concorrenti da iniziative processuali anticipate rispetto al verificarsi della lesione concreta; il contrasto con il principio di effettività sostanziale appare netto allorquando la normativa nazionale stabilisce la decadenza di motivi di ricorso deducibili nel momento in cui l’esigenza di tutela soggettiva diviene concreta ed attuale (ovvero con l’aggiudicazione).

Il TAR Piemonte ha altresì ravvisato violazione del principio di proporzionalità secondo cui la normativa nazionale non deve eccedere i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti da ciascuno Stato. La scelta adottata dal legislatore è tutt’altro che quella più appropriata nonché meno restrittiva e penalizzante: questa infatti genera il rischio una proliferazione dei ricorsi nella fase di qualificazione oppure la rinuncia alla scelta di proporre ricorso nell’ipotesi di appalti di non elevatissimo importo.

L’auspicio è che, dunque, la Corte di Giustizia UE possa, una volta e per tutte, definire con nettezza i confini dell’interesse a ricorrere garantendo il rispetto del principio di effettività rispetto al rischio che il rito superaccelerato sembra porre a rischio.

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Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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