Temi:
Sending
Questo articolo è valutato
5 (1 vote)

Premessa

Nello precedente numero della Rivista[1] abbiamo affrontato il tema dei poteri di vigilanza che il nuovo Codice dei contratti attribuisce all’Autorità Anticorruzione, soffermando in particolare l’attenzione sul potere di raccomandazione vincolante e sull’alterna fortuna che lo stesso ha avuto dal momento dell’entrata in vigore del nuovo Codice. Questo, infatti, conferiva all’ANAC, in modo innovativo e dirompente, una sorta di potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti adottati dalle stazioni appaltanti e ritenuti illegittimi. La novità è però durata poco: con l’emanazione del decreto correttivo, tale potere è stato inaspettatamente abrogato, per poi essere tuttavia reintrodotto a seguito della polemica mediatica che si è scatenata dopo l’abrogazione[2], pur se con contenuti decisamente attenuati, divenendo più che altro un canale per l’ANAC di impugnativa diretta dinanzi al TAR.

Proseguendo idealmente la disamina sui vari poteri che il Codice conferisce all’ANAC, attribuendole invero un ruolo di prim’ordine nel sistema degli appalti pubblici posto che alla stessa è, tra l’altro, conferita anche una funzione para-normativa[3], affrontiamo in questa sede altri due poteri fondamentali dell’Autorità: il potere di vigilanza collaborativa, da intendersi come un sotto-tipo del più generale potere di vigilanza, e il potere – trasversale potremmo dire – di irrogazione di sanzioni.

Entrambi tali poteri trovano fondamento innanzitutto nella legge delega n. 11 del 2016: l’art. 1, comma 1, lett. t) dispone infatti di attribuirle, tra l’altro, <<più ampie funzioni di promozione dell’efficienza (…), di vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, comprendenti anche poteri di controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio>>.

Già in occasione dell’approfondimento in tema di raccomandazione vincolante ci si era soffermati sulla necessità che il legislatore potenzi il ruolo e la funzione di “prevenzione” della corruzione attribuita all’Autorità. Si è detto che all’ANAC deve essere dato modo di intervenire efficacemente in fase antecedente all’adozione dei provvedimenti eventualmente illegittimi, proprio perché il suo compito è quello di prevenire la corruzione prima che la stessa si verifichi. Da ciò discende il carattere strategico della sua attività di vigilanza collaborativa e di controllo preventivo in generale, che merita di essere valorizzato.

Il positivo potenziamento della collaborazione tra ANAC  e stazioni appaltanti, volta a coadiuvare queste ultime nell’espletamento delle procedure più difficili o delicate, in modo da prevenire errori o, peggio, condotte poco trasparenti, è una scommessa che l’Autorità deve vincere per favorire la diffusione di buone pratiche nel sistema degli appalti pubblici, per svestirsi del ruolo di “spauracchio” delle stazioni appaltanti e degli operatori economici e vestire finalmente i panni di organo di supporto ad una azione amministrativa più efficiente ed efficace.

Se pure è vero che l’attività di controllo e supporto preventivo merita di essere valorizzata, non può, d’altro canto, prescindersi dai poteri sanzionatori di cui l’Autorità deve necessariamente servirsi nei casi – si spera, con l’andar del tempo, sempre meno numerosi – in cui stazioni appaltanti o operatori economici pongano in essere comportamenti illegittimi o, peggio, illeciti.

Tra i poteri più rilevanti dell’Autorità rientra la vigilanza collaborativa, in virtù della quale, per affidamenti di particolare interesse, l’ANAC svolge, previa stipula di protocolli di intesa con le stazioni appaltanti richiedenti, un’attività di collaborazione e verifica finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti e nell’attività di gestione dell’intera procedura di gara.

Cominciamo con l’esaminare il potere di vigilanza collaborativa, previsto, nello specifico, dall’art. 213, comma 3 lett. h) del Codice: l’Autorità <<per affidamenti di particolare interesse, svolge attività di vigilanza collaborativa attuata previa stipula di protocolli di intesa con le stazioni appaltanti richiedenti, finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti e nell’attività di gestione dell’intera procedura di gara>>.

Come accennato, si tratta di un’attività di supporto preventivo, volta ad evitare errori da parte delle stazioni appaltanti soprattutto nelle procedure di particolare importanza. Dinanzi a tale potere, il rapporto tradizionale tra stazioni appaltanti e Autorità si capovolge: quest’ultima non assume più il ruolo di controllore severo che, a posteriori, rileva i vizi di una procedura e “punisce” le amministrazioni colpevoli, ma bensì è una guida, un “buon maestro” che aiuta le stazioni appaltanti virtuose, che ne chiedano la collaborazione, a lavorare bene e a sviluppare buone pratiche anche per il futuro.

1. Il potere di vigilanza collaborativa nel nuovo Regolamento ANAC adottato il 28 giugno 2017

Il potere di vigilanza collaborativa è stato oggetto di un apposito regolamento, approvato definitivamente dal Consiglio dell’Autorità, dopo la positiva conclusione del periodo di consultazione. Si tratta del <<Regolamento sull’esercizio dell’attività di vigilanza collaborativa in materia di contratti pubblici>> approvato lo scorso 28 giugno.

Il Regolamento in esame, adottato nell’ambito dell’autonomia regolamentare riconosciuta all’Autorità, stabilisce che le stazioni appaltanti, <<prima di indire una procedura di gara, possano chiedere all’Autorità di svolgere un’attività di vigilanza preventiva finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti di gara, a verificarne la conformità alla normativa di settore, all’individuazione di clausole e condizioni idonee a prevenire tentativi di infiltrazione criminale, nonché al monitoraggio dello svolgimento dell’intera procedura di gara>> (art. 3).

Le finalità dichiarate sono dunque quelle del rispetto della legalità sia sotto il profilo della conformità della condotta della stazione appaltante al quadro normativo esistente in tema di appalti che sotto quello della prevenzione di fenomeni criminosi, purtroppo sempre più frequenti nel settore delle commesse pubbliche, come emerge dalla cronaca recente.

L’art. 4 del Regolamento delinea le procedure che, per il loro rilievo o per la loro delicatezza, possono essere assoggettate a vigilanza collaborativa. Si tratta: 

a) degli affidamenti disposti nell’ambito di programmi straordinari di interventi in occasione di grandi eventi di carattere sportivo, religioso, culturale o a contenuto economico;

b) degli affidamenti disposti a seguito di calamità naturali;

c) degli interventi di realizzazione di grandi infrastrutture strategiche;

d) degli affidamenti di lavori di importo superiore a 100.000.000 di euro o di servizi e forniture di importo superiore a 15.000.000 di euro rientranti in programmi di interventi realizzati mediante investimenti di fondi comunitari.

In ogni caso, anche al di fuori delle ipotesi sopra elencate, laddove siano ravvisabili <<ricorrenti indici di elevato rischio corruttivo, ovvero, in presenza di rilevate situazioni anomale e, comunque, sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali>> il Consiglio dell’Autorità può accogliere istanze di verifica preventiva relative a qualunque altro tipo di procedura di gara.

La vigilanza collaborativa è attivata, di regola, su richiesta delle stazioni appaltanti. L’art. 5 del Regolamento delinea i contenuti che tale richiesta deve avere. L’istanza deve contenere infatti <<le motivazioni specifiche della richiesta, con l’espressa indicazione di uno o più dei presupposti tassativi di cui all’art. 4, nonché le informazioni di dettaglio circa i lavori, i servizi o le forniture, per cui si richiede la vigilanza collaborativa>>.

Deve inoltre essere indicato espressamente l’elenco degli affidamenti per i quali si richiede l’attivazione della vigilanza collaborativa, specificando la tipologia, l’oggetto e l’importo di ciascuna delle procedure che si intendono attivare. Valutata la sussistenza dei presupposti, il Consiglio dell’Autorità cui sono sottoposte tali istanze, ne dispone l’accoglimento.

Il Regolamento ha cura di precisare che, anche in caso di eventuale rigetto della richiesta di attivazione di vigilanza collaborativa, non è escluso ogni altro tipo di intervento dell’Autorità nell’ambito dei poteri alla stessa attribuiti.

L’ANAC e la stazione appaltante che ne fa richiesta definiscono le modalità di svolgimento della vigilanza collaborativa in un protocollo di collaborazione di durata, di regola, biennale. La vigilanza collaborativa comporta che tutti gli atti rilevanti di ogni fase della procedura di gara siano sottoposti al controllo preventivo dell’Autorità.

2. I protocolli di vigilanza e la procedura

Le modalità di svolgimento della vigilanza collaborativa con la stazione appaltante sono definite in un protocollo di vigilanza predisposto ed approvato dall’Autorità; tali protocolli hanno di regola durata annuale salvo diversa decisione del Consiglio, in considerazione della specificità della stazione appaltante e degli interventi per cui è richiesta la collaborazione. La collaborazione non potrà in ogni caso superare i due anni (art. 6).

Nel momento in cui è avviata la vigilanza collaborativa, sono sottoposti all’esame e alla verifica preventiva dell’Autorità i seguenti atti: determina a contrarre o provvedimento equivalente; bando di gara o lettera di invito o inviti a presentare offerta nel caso di procedura negoziata; disciplinare di gara; capitolato; schema di contratto/convenzione; provvedimento di nomina dei commissari e di costituzione della commissione giudicatrice; verbali di gara e del sub-procedimento di verifica e di esclusione delle offerte anormalmente basse; elenco dei partecipanti alla gara; elenco dei nominativi dei subappaltatori; elenco dei nominativi degli eventuali ausiliari; provvedimenti di esclusione; provvedimenti di aggiudicazione, proposta di aggiudicazione e aggiudicazione; contratto o convenzione stipulata; ogni altro atto, determinazione o documento predisposto dalla stazione appaltante nell’ambito della fase di aggiudicazione, nonchè ulteriore documentazione ritenuta dall’Autorità utile o necessaria ai fini del corretto svolgimento dell’attività collaborativa (art. 7).

Il regolamento disciplina poi il procedimento di vigilanza collaborativa, il quale si svolgerà nel rispetto del principio del contraddittorio con la stazione appaltante.

Tutti gli atti afferenti alle varie fasi della procedura di gara sottoposta a vigilanza collaborativa (pubblicazione del bando o dell’avviso; ammissione/esclusione dei concorrenti; nomina della commissione; valutazione delle offerte; proposta di aggiudicazione; eventuale verifica dell’anomalia dell’offerta; aggiudicazione e stipulazione del contratto) devono essere trasmessi all’Autorità prima della loro formale adozione.

L’Ufficio dell’Autorità a ciò preposto procede alla verifica preventiva degli atti trasmessi, relativi a ciascuna fase della procedura e predispone una proposta di osservazioni da sottoporre al Presidente dell’Autorità per l’approvazione. Tali osservazioni sono altresì tempestivamente comunicate, per garantire il contraddittorio, alla stazione appaltante.

Ne discende l’onere per la stazione appaltante di adeguarvisi, modificando o sostituendo l’atto in conformità ad esse e di inviare una nota di riscontro, unitamente alla documentazione.

Tuttavia, nel caso in cui la stazione appaltante non ritenga di aderire alle osservazioni, deve formulare le proprie motivazioni all’Autorità, la quale predisporrà le osservazioni conclusive, trasmettendole tempestivamente alla stazione appaltante.

Quest’ultima, dinanzi alle osservazioni conclusive dell’Autorità, può decidere se adeguarsi o, nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa, non conformarvisi assumendo gli atti di propria competenza. In tale ultima ipotesi, ove l’ufficio istruttore ANAC ritenga particolarmente grave il mancato adeguamento della stazione appaltante, sottoporrà i propri rilievi al Consiglio dell’Autorità, il quale potrà disporre la risoluzione del protocollo di vigilanza e l’attivazione di tutti i poteri di vigilanza previsti dalla legge (art. 8).

Una volta conclusa la procedura di gara sottoposta a vigilanza collaborativa, le stazioni appaltanti hanno l’onere di comunicare all’Autorità l’avvio dell’esecuzione del contratto.

Dalla lettura delle descritte disposizioni regolamentari, sorgono due ordini di riflessioni. Innanzitutto, appare evidente come la vigilanza collaborativa esercitata dall’ANAC, pur non traducendosi formalmente nell’ordine di agire in un determinato modo, assuma comunque una valenza di grande condizionamento, ben più intenso di  una semplice moral suasion, per la stazione appaltante, laddove quest’ultima, in caso di decisione di non conformarsi alle osservazioni mosse dall’Autorità, rischia di essere oggetto di altri procedimenti – in ultima istanza anche sanzionatori – da parte dell’Autorità medesima.

La stazione appaltante, dinanzi alle osservazioni conclusive formulate dall’ANAC, può decidere di conformarvisi, modificando gli atti in conformità alle stesse, ovvero di non adeguarsi assumendo gli atti di propria competenza. In questo secondo caso l’Autorità può disporre la risoluzione del protocollo di vigilanza.

In secondo luogo, per il corretto funzionamento dell’istituto della vigilanza collaborativa assume grande rilievo la programmazione degli acquisti di beni e servizi e dei lavori pubblici che tutte le amministrazioni che bandiscono procedure d’appalto devono compiere periodicamente[4]. Infatti, come è facile intuire esaminando le modalità di svolgimento della procedura di vigilanza collaborativa, i tempi di avvio ed espletamento di una procedura di gara sottoposta a vigilanza si allungano a dismisura se si pensa che ogni atto rilevante di ciascuna fase della procedura medesima deve essere sottoposto alla verifica preventiva, da cui può scaturire un contraddittorio tra le parti sui contenuti finali che l’atto deve assumere, con conseguente ulteriore allungamento dei tempi.

Appare chiaro a questo punto che la stazione appaltante potrà permettersi di richiedere l’attivazione di un protocollo di vigilanza soltanto per le gare più rilevanti e delicate, pianificate per tempo e per il cui espletamento si è programmata una durata compatibile con i tempi della vigilanza collaborativa, o comunque, per le quali la corretta formazione degli atti assume maggiore rilievo – magari per problematiche connesse a rischi di infiltrazioni criminose – rispetto al celere e spedito espletamento della procedura stessa. Tuttavia, nell’ipotesi in cui si paventi un rischio di infiltrazione criminosa che induca la stazione appaltante a richiedere la vigilanza collaborativa dell’ANAC, è plausibile che si finisca per superare anche la tempistica originariamente pianificata nella programmazione periodica degli affidamenti.

Abbiamo visto sopra che, nell’ipotesi in cui la stazione appaltante non si conformi alle osservazioni dell’Autorità, quest’ultima, su decisione del Consiglio possa, nei casi più gravi, disporre la risoluzione del protocollo di vigilanza collaborativa. Vi sono invero altre ipotesi in cui il Consiglio può decidere per la risoluzione. Si tratta del caso in cui la stazione appaltante non rispetti gli obblighi di comunicazione preventiva degli atti e della documentazione di gara da sottoporre a verifica e quindi impedisca di fatto lo svolgimento dell’attività di vigilanza. O, ancora, quando, decorsi almeno tre mesi dalla sottoscrizione del protocollo, la stazione appaltante non abbia inoltrato all’Autorità alcuna documentazione di gara o, comunque, non ne abbia richiesto in alcun modo l’intervento. Infine, l’Autorità potrà risolvere il protocollo di vigilanza per altre ragioni sopravvenute di merito o di opportunità, purchè motivate (art. 9).

La vigilanza collaborativa è dunque un importante strumento, se ben utilizzato, che le stazioni appaltanti hanno per divenire sempre più virtuose, sviluppare buone pratiche nel campo degli affidamenti pubblici e migliorare complessivamente l’efficacia e l’efficienza della loro azione, operando in contemporanea nella direzione della prevenzione di fenomeni corruttivi.

L’Autorità ha predisposto una bozza di regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio, posta in consultazione ed ora in attesa di essere definitivamente approvata. Con il regolamento, l’ANAC intende porre ordine e disciplinare unitariamente la variegata casistica di ipotesi in cui le è attribuito il potere di irrogare sanzioni.

3. Il potere sanzionatorio dell’Autorità anticorruzione

Il potere sanzionatorio dell’ANAC, ovvero il potere di irrogare sanzioni nei confronti delle stazioni appaltanti, degli operatori economici e delle SOA che omettano di fornire i dati o le informazioni obbligatori o che, comunque, pongano in essere comportamenti in violazione delle norme del Codice, è previsto in una molteplicità di disposizioni sparse, tanto che la loro individuazione esaustiva non è affatto semplice.

Si tratta di un potere per così dire trasversale – e servente – rispetto agli altri poteri conferiti all’ANAC.

Infatti, se l’Autorità non potesse irrogare sanzioni agli operatori del settore degli appalti in caso di violazione da parte di questi degli obblighi prescritti, ne scaturirebbe un sostanziale svuotamento dei suoi poteri di vigilanza e controllo nonché un inevitabile indebolimento di tutto l’apparato normativo, al cui rispetto l’ANAC concorre con il suo ruolo deterrente.

L’Autorità, al fine di disciplinare le modalità di esercizio di tale delicato potere, nonché al fine di mettere ordine nella variegata casistica di tutte le ipotesi in cui il potere sanzionatorio deve essere esercitato, ha adottato una bozza di regolamento, posto in consultazione degli stakeholders nella primavera di quest’anno, e che, al momento in cui si scrive il presente contributo, è in attesa di essere definitivamente approvato[5].    

Le disposizioni che prevedono l’irrogazione di sanzioni da parte dell’ANAC sono molteplici.

Innanzitutto l’art. 213, comma 13, il quale attribuisce all’Autorità il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento ovvero esibiscono o forniscono documenti non veritieri. In tale ultima ipotesi le sanzioni sono maggiorate[6].

Il medesimo art. 213, al comma 9, prevede invece che sia sanzionabile il soggetto che ometta, senza giustificato motivo, di fornire informazioni richieste, e rientranti tra quelle obbligatoriamente da trasmettere, ovvero fornisca informazioni non veritiere all’Osservatorio dei contratti pubblici.

L’art. 106, comma 8 prevede l’irrogazione di una sanzione in caso di mancata comunicazione – nei termini stabiliti dal Codice – delle modificazioni al contratto, le quali devono essere pubblicate dall’Autorità sul proprio sito istituzionale. Il comma 14 dello stesso art. 106 stabilisce invece che, in caso di inadempimento degli obblighi previsti di comunicazione e trasmissione delle varianti in corso d’opera, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 213, comma 13.

Allo stesso modo, è passibile di sanzione la stazione appaltante che ometta di comunicare tempestivamente all’ANAC la sospensione dei lavori disposta per un periodo che superi il quarto del tempo contrattuale (art. 107, comma 4).

La bozza di regolamento contempla tutte le suaccennate ipotesi ma richiama altresì le norme del D.P.R. n. 207/2010, ultrattive nel periodo transitorio, sino alla completa attuazione del nuovo Codice[7]

Scopo dichiarato della bozza di Regolamento è l’individuazione di una disciplina unitaria, valevole in generale per tutte le ipotesi in cui è conferito all’ANAC il potere di irrogare sanzioni amministrative, interdittive e pecuniarie, che delinei il procedimento di contestazione ed irrogazione e ponga i principi fondamentali comuni a tutte le fattispecie.

Il regolamento fa una prima, grande distinzione tra i procedimenti sanzionatori per omesse o false comunicazioni all’Autorità, cui è dedicata la parte II, e i procedimenti sanzionatori in materia di comprova dei requisiti di qualificazione e nei confronti delle SOA, cui è dedicata la parte III.

Il procedimento dettato per l’irrogazione di sanzioni per le due tipologie di violazioni è abbastanza simile, così come sono comuni ad entrambe i principi generali concernenti il rispetto del principio del contraddittorio, il conseguente obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, i criteri per la quantificazione delle sanzioni. Con riferimento a questi ultimi la bozza di Regolamento richiama ed applica la L. n. 689/1981, in base alla quale si deve tener conto della gravità e della rilevanza dell’infrazione commessa, dell’elemento psicologico, dell’eventuale opera svolta dal colpevole per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze dell’infrazione, dell’eventuale reiterazione della condotta violativa delle norme, del valore del contratto pubblico, se tale elemento possa assumere in concreto rilievo.

La bozza di regolamento distingue tra il procedimento dettato per omesse o false comunicazioni all’Autorità, e il procedimento per violazione degli obblighi di comprova dei requisiti di qualificazione e nei confronti delle SOA, dettando regole in parte comuni, come sono comuni i principi generali concernenti il rispetto del principio del contraddittorio e i criteri per la quantificazione delle sanzioni.

4. Il procedimento sanzionatorio per omesse o false comunicazioni all’Autorità

La disciplina prevista per tale procedimento si applica nei confronti di qualunque soggetto che rifiuta od omette di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dall’Autorità ovvero che fornisce informazioni o esibisce documenti non veritieri ovvero in ritardo, senza giustificato motivo; o ancora nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, ovvero che abbiano fornito alla stazione appaltante informazioni o esibito documenti non veritieri anche con riferimento al possesso dei requisiti di qualificazione.

Il medesimo procedimento si applica anche in caso di richiesta di dati da parte delle SOA cui non è stato dato seguito, nonché negli altri casi in cui il RUP o le imprese non rendano tempestivamente all’ANAC le comunicazioni prescritte dagli articoli 213, 106 e 107 sopra visti.

Decorso inutilmente il termine assegnato al soggetto per rendere le informazioni o produrre la documentazione richiesta, l’ufficio richiedente l’informazione o il documento omesso (stazione appaltante o SOA) segnala all’Autorità l’inadempimento e chiede l’avvio del procedimento sanzionatorio.

Laddove non sia disposta l’archiviazione delle segnalazioni, l’Autorità dà formale comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto che ha commesso l’infrazione, nonché ai soggetti che hanno presentato la segnalazione.

Nel delineare i contenuti della comunicazione di avvio, in linea con quanto previsto in termini generali dalla L. n. 241/90, il Regolamento pone l’accento sulla necessità che venga garantito l’effettivo contradditorio tra le parti, stabilendo che in essa debba essere contenuta l’indicazione della facoltà per i soggetti destinatari della comunicazione di presentare eventuali deduzioni e documenti, nonché di essere sentiti dall’Ufficio dell’Autorità che istruirà il procedimento. Non solo, nell’ottica della promozione del contraddittorio, deve essere garantito lo scambio dei documenti (memorie, controdeduzioni e ogni altro atto) tra le parti, trasmessi alla Autorità. A tal fine le parti devono allegare copia della ricevuta di avvenuto ricevimento del documento alla controparte. In assenza di tale allegazione l’Autorità non prenderà in considerazione, ai fini dell’istruttoria, la memoria o la controdeduzione pervenuta.

La fase istruttoria è soprattutto documentale e si svolge mediante scambio di documenti, memorie, chiarimenti. E’ tuttavia prevista la possibilità che il responsabile del procedimento sanzionatorio convochi le parti per una audizione, se la ritenga necessaria per una più compiuta istruttoria.

A conclusione della fase istruttoria, le risultanze della medesima devono essere trasmesse alle parti per consentire loro di presentare entro 15 giorni eventuali ulteriori elementi probatori o memorie a difesa.

Conclusa tale fase, il Consiglio dell’Autorità può adottare il provvedimento finale ovvero chiedere al responsabile del procedimento un supplemento di istruttoria con specifica indicazione degli elementi da acquisire ovvero richiedere agli uffici competenti un approfondimento tecnico o giuridico. In tale secondo caso, si instaura un nuovo contraddittorio con la parte, che deve concludersi entro 30 giorni con nuove risultanze istruttorie da presentare al Consiglio per l’adozione del provvedimento finale.

In alternativa, e prima di adottare il provvedimento, il Consiglio può altresì convocare in audizione la parte, nonché ogni altro soggetto in grado di fornire elementi probatori ritenuti utili ai fini dell’adozione del provvedimento finale. Quest’ultimo deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione. Esso indica inoltre la misura delle sanzioni comminate, le modalità e il termine entro il quale effettuare il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, nonché l’autorità competente e i termini per impugnare.

La disciplina sin qui sinteticamente descritta si applica anche ai procedimenti, avviati d’ufficio dall’Autorità sulla base delle verifiche svolte periodicamente dai suoi uffici, nei casi di inadempimento degli obblighi informativi nei confronti dell’ANAC da parte delle stazioni appaltanti o degli enti aggiudicatori.

5. Il procedimento sanzionatorio per violazioni in materia di comprova dei requisiti di qualificazione e nei confronti delle SOA

Il procedimento in esame si attiva a seguito di segnalazione all’Autorità, da parte della stazione appaltante, delle false dichiarazioni ovvero della falsa documentazione presentata in gara da parte di un operatore economico in merito al possesso dei requisiti generali ovvero dei requisiti speciali, nonché relativamente all’offerta economicamente più vantaggiosa e all’anomalia dell’offerta.

L’ufficio competente dell’Autorità, acquisita la segnalazione, entro 90 giorni, può decidere di archiviarla, ovvero di avviare il procedimento sanzionatorio a carattere interdittivo, ai sensi dell’art. 80[8] del codice, nonchè il procedimento di carattere pecuniario ai sensi dell’art. 213, comma 13, dandone comunicazione all’impresa.

La fase istruttoria si svolge sulla falsariga di quanto già visto per il procedimento sanzionatorio previsto per omesse o false comunicazioni, fino a giungere all’adozione del provvedimento finale da parte del Consiglio.

Questo può deliberare di archiviare tout court il procedimento; ovvero archiviarlo ma disponendo l’iscrizione nel Casellario dei fatti che hanno determinato l’esclusione dell’operatore economico dalla gara, in caso ne ricorrano i presupposti previsti dalla delibera dell’Autorità sul contenuto del Casellario e dal Regolamento sul Casellario informatico; o ancora, irrogare la sola sanzione pecuniaria nei casi di falso per i quali sussistano attenuanti tali da presupporre la sola colpa, ed, eventualmente, in uno con l’iscrizione nel Casellario dei fatti che hanno determinato l’esclusione dell’operatore economico dalla gara, in caso ne ricorrano i presupposti previsti dalla delibera dell’Autorità; infine, irrogare la sanzione pecuniaria oltre che quella interdittiva, da iscrivere nel Casellario, in caso risultino integrati dolo o colpa grave.

Nel provvedimento finale, oltre ai contenuti già visti per l’altra tipologia di procedimento, deve essere indicata l’annotazione interdittiva da iscrivere nel Casellario. Il provvedimento deve indicare anche l’eventuale annotazione non interdittiva laddove disposta.

Il procedimento in esame può essere attivato anche a seguito delle comunicazioni che le SOA danno all’Autorità sull’esito dei procedimenti volti all’accertamento del possesso dei requisiti da parte degli operatori economici.

In caso di falsa dichiarazione o falsa documentazione, le stesse devono trasmettere all’Autorità tutta la documentazione acquisita comprovante il falso, oltre che il documento disconosciuto, e i propri rilievi istruttori, così da consentire l’avvio del procedimento da parte dell’ufficio competente dell’ANAC. Detto ufficio, dopo aver eventualmente richiesto alla SOA integrazioni documentali, se necessarie, avvia il procedimento per l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 213, comma 13 del Codice, che si svolgerà secondo le regole sinora esaminate. 

In caso di violazioni in materia di comprova dei requisiti di qualificazione, l’ANAC può anche irrogare, se ne ricorrano i presupposti, la sanzione interdittiva dalla partecipazione alle gare, con relativa iscrizione della stessa nel Casellario informatico.


[1] Si segnala il nostro contributo: <<Il potere di raccomandazione vincolante dell’ANAC prima e dopo il correttivo al Codice dei contratti>> pubblicato nel n. 5, mese di luglio, anno VII, della Rivista. 

[2] L’art. 211, comma 2 del Codice, prima abrogato dal D. Lgs. n. 56/2017 è stato poi reintrodotto, con contenuti differenti, dalla  L. 21 giugno 2017, n. 96: <<Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50>>.

[3] L’art. 213, comma 1 del D. >Lgs. n. 50/2016 stabilisce che: <<La vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi, sono attribuiti, (…), all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di cui all’articolo 19 del D.L. 90/2014, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114/2014, che agisce anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione>>.

[4] L’art. 21, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016 stabilisce che: <<Le amministrazioni aggiudicatrici adottano il programma biennale degli acquisti di beni e servizi e il programma triennale dei lavori pubblici, nonché i relativi aggiornamenti annuali>>.

[5] Documento di consultazione <<Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC>>, reso pubblico il 21 marzo 2017 e sottoposto alla consultazione degli stakeholders fino al 5 aprile 2017.

[6] La sanzione amministrativa pecuniaria prevista per omessa comunicazione o mancata produzione di documenti va dal limite minimo di euro 250 al limite massimo di euro 25.000; quella per comunicazioni, informazioni o trasmissione di documenti non veritieri va da un limite minimo di euro 500 al limite massimo di euro 50.000.

[7] Ci si riferisce agli artt. 73, 74, 76, 86, 87 del D.P.R. n. 207/2010, che prevedono sanzioni in caso di violazione degli obblighi di informazione e comunicazione sussistenti in capo alle imprese di lavori, o degli altri obblighi in capo alle SOA o al RUP previsti dal D.P.R..

[8] Art. 80, comma 12, D. Lgs. n. 50/2016: <<In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 fino a due anni, decorso il quale l’iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia>>.

Sending
Questo articolo è valutato
5 (1 vote)

Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.