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Premesse

In materia di requisiti di capacità economica e finanziaria le stazioni appaltanti vantano un apprezzabile margine di discrezionalità nel chiedere ulteriori e più severi requisiti rispetto a quelli previsti dalla legge. Tale discrezionalità incontra oggi, tuttavia, un limite sempre più marcato nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, nonché di tutela della concorrenza.

La giurisprudenza ha interpretato l’art. 41 del Codice dei Contratti Pubblici proprio alla luce dei detti principi, ritenendo consentito, al fine di soddisfare il requisito del fatturato, il riferimento ai servizi attinenti al settore oggetto della gara, anche se non identici a quelli a base di gara. Così, nel corso degli anni, si è passati da un quadro iniziale in cui le amministrazioni erano indotte a richiedere la prova di specifici e selettivi, troppo limitanti, requisiti di idoneità, ad una graduale riduzione della discrezionalità in siffatti ambiti, fino ad approdare a conclusioni ragionevoli, legittimandosi la richiesta di “servizi analoghi” e non “identici”.

In questo solco si colloca la recente sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 27 aprile, n. 2098.

1. Il caso di specie

Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato trae origine da una gara bandita dal Comune di Brindisi per l’affidamento, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dei servizi ausiliari di supporto e pulizia nelle scuole dell’infanzia e negli asili nido comunali.

All’esito della procedura, l’impresa classificatasi seconda in graduatoria adiva il TAR Puglia per chiedere l’annullamento dell’aggiudicazione assumendo, inter alia, la mancanza di uno dei requisiti di partecipazione in capo all’aggiudicatario, ossia il difetto del fatturato richiesto dalla lex specialis a dimostrazione della capacità economico-finanziaria dei concorrenti.

Il TAR adito respingeva il ricorso inducendo il Consorzio a ricorrere al Consiglio di Stato per l’integrale riforma della sentenza di primo grado. In particolare, come si legge nella sentenza in commento, in sede di appello l’impresa appellante sosteneva che l’aggiudicatario “non possiederebbe il fatturato richiesto dal bando di gara a dimostrazione della capacità economico-finanziaria, in quanto i servizi da quest’ultima indicati nella domanda di […] riguarderebbero attività non esattamente coincidenti con i “servizi ausiliari e di supporto e pulizia nelle scuole d’infanzia”, nominalmente oggetto di affidamento”. In altri termini, ad essere al centro della valutazione del giudice amministrativo è la condotta della amministrazione aggiudicatrice, la quale ha ritenuto rilevanti ai fini della comprova del fatturato richiesto anche i “servizi analoghi” a quelli oggetto della gara.

2. Il quadro di riferimento

L’art. 41 del D.Lgs. 163/2006 prevede che il concorrente possa attestare la propria capacità finanziaria ed economica attraverso il “fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi[1].

Trattasi del requisito del fatturato “specifico”, che, come noto, costituisce la prova della solidità economico-finanziaria del concorrente e dunque della relativa capacità di eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto. A differenza del fatturato “globale”, che attiene alla dimostrazione della capacità economica-finanziaria del concorrente in termini generali, quello “specifico” è riferito a servizi o forniture propri di quello specifico settore cui attiene l’oggetto della gara.

L’interpretazione della disposizione in oggetto, nella parte in cui riferisce il fatturato ai servizi o forniture nel “settore oggetto della gara”,  è stata al centro di vari pareri dell’ANAC e ha dato luogo a non pochi contenziosi.

Il Consiglio di Stato è, infatti, intervenuto più volte sul punto, chiarendo, innanzitutto, che l’espressione “settore oggetto della gara” di cui all’art. 41 cit. debba correttamente riferirsi al solo fatturato “specifico”.[2]

Considerando quelli più recenti, si devono ritenere prevalenti senza dubbio gli orientamenti interpretativi volti ad “estendere” il concetto di fatturato rilevante ai fini dell’art. 41, sino a comprendervi in generale – peraltro conformemente al tenore letterale dell’articolo – i servizi o le forniture comunque attinenti al “settore oggetto della gara” e non necessariamente coincidenti con quelli specificamente a base dell’affidamento.

L’art. 41 del D.Lgs. 163/2006 prevede che il concorrente possa attestare la propria capacità finanziaria ed economica attraverso il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.

In questo ambito si collocano le pronunce che ravvisano nel riferimento al “settore oggetto della gara” una prescrizione a garanzia della massima partecipazione alla gara  (“La clausola del bando sul fatturato specifico va interpretata alla luce di quanto previsto nel menzionato art. 41, comma 1c del D.Lgs. n.163 del 2006, in cui è fatto riferimento al fatturato specifico nel “settore oggetto di gara”, in adesione al principio del favor partecipationis[3]).

Si tratta, infatti, secondo la giurisprudenza citata, di una previsione normativa, che, per un verso, ha la finalità di garantire alla stazione appaltante che i soggetti partecipanti alla gara onorino gli impegni presi in sede di offerta, assicurando la prestazione oggetto dell’appalto, e che, per altro verso, è improntata al principio di massima partecipazione[4].

Quanto più si restringe in via giurisprudenziale, la nozione di “settore oggetto della gara”, tanto più si riduce il novero dei soggetti di fatto ammessi a partecipare alle procedure ad evidenza pubblica.

La tendenza oggi certamente prevalente, come risulta anche dalle nuove “Direttive appalti”, è quella, per l’appunto, di garantire la più ampia partecipazione. Le direttive individuano previsioni stringenti in materia, richiedendo una valutazione di stretta attinenza, proporzionalità e adeguatezza dei requisiti di partecipazione rispetto all’oggetto dell’appalto. E’ previsto, nella specie, che le amministrazioni aggiudicatrici possano esigere che gli operatori economici abbiano un fatturato minimo purché proporzionato rispetto all’oggetto dell’appalto; il requisito non dovrebbe di norma superare, al massimo, il doppio del valore stimato dell’appalto e, in ogni caso risultare da motivazione espressa nei documenti di gara[5].

All’obbligo di motivazione, già espressamente previsto nell’ordinamento interno (art. 41 cit.), si giustappone, pertanto, il divieto di fissare valori di fatturato superiori al doppio del valore dell’appalto, venendo codificato, in tal modo, il consolidato orientamento giurisprudenziale al riguardo.

La disciplina comunitaria, nel prevedere la possibilità di richiedere un fatturato minimo annuo nel “settore di attività oggetto dell’appalto”, è in tutta evidenza volta a porre in essere misure pro competitive, nel senso di una maggiore apertura al mercato a favore di operatori economici di ridotte dimensioni imprenditoriali.

Come osservato dall’ANAC, la disciplina contenuta nelle nuove direttive, in tema di requisiti di fatturato, è innegabilmente connessa alla possibilità di accedere alle gare d’appalto per le PMI  e risente del favor espresso nei confronti di queste ultime.

Sempre in un’ottica pro-concorrenziale, con specifico riguardo al settore dei servizi pubblici locali, l’Autorità dei Trasporti ha previsto, nelle recenti “linee guida” per l’affidamento dei servizi, la possibilità per le stazioni appaltanti di prevedere che le imprese attestino il requisito del fatturato complessivo richiesto mediante il ricorso a quello realizzato per la produzione di altri servizi locali di pubblica utilità, per una quota non superiore al settanta per cento[6].   

3. L’orientamento del Consiglio di Stato

Con la sentenza in commento il Collegio, aderendo alla tesi sostenuta dal giudice di primo grado, rigetta il ricorso proposto dalla società ex aggiudicataria, statuendo che la normativa generale dettata dal Codice dei contratti pubblici chiarisce in modo espresso ed inequivoco che il fatturato rilevante per i fini considerati è quello realizzato “nel settore oggetto della gara“, e non esclusivamente nei servizi identici o coincidenti con quelli nominalmente richiamati negli atti della specifica procedura concorsuale.

“Il fatturato rilevante ai sensi dell’art. 41 del Codice è quello realizzato “nel settore oggetto della gara”, e non esclusivamente nei servizi identici o coincidenti con quelli nominalmente richiamati negli atti della specifica procedura concorsuale.”

Come statuito dal Consiglio di Stato nella sentenza in esame, la normativa di gara va infatti intesa nel senso di prendere in considerazione in modo generico i servizi ausiliari di supporto e pulizia resi in ambito scolastico, ai fini del fatturato necessario per la dimostrazione della capacità economico-finanziaria dei concorrenti, e non unicamente quelli nominalmente identici, senza escludere i servizi del tutto analoghi.

La sentenza non si sofferma sul concetto di “settore oggetto della gara” né sul concetto di “servizi analoghi”. Tuttavia recenti sentenze in tema di requisiti di capacità tecnica (cui il requisito del fatturato “specifico” si avvicina) definiscono il concetto di “servizi analoghi” distinguendoli da quelli “identici” [7].

In merito pare utile dunque richiamare gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti, che hanno evidenziato “la necessità di non interpretare una previsione, ai fini della qualificazione, dello svolgimento di servizi “analoghi” come se si trattasse di “servizi identici”, poiché tale lettura non solo ignorerebbe il disposto normativo (relativo al “settore oggetto di gara”, concetto più ampio rispetto a quelle identiche) ma finirebbe per indurre una forte ed indebita restrizione delle potenzialità concorrenziali.” (TAR Piemonte sezione I n. 1140/2009 e 2568/2008).

Ebbene, come osservato nella sentenza in esame, la tesi dell’impresa appellante, oltre a non trovare supporto nella lex generalis, che al riguardo chiarisce come il fatturato da considerare attenga a tutti i servizi e le forniture rese nel settore oggetto della gara, non può dirsi conforme neppure alla lex specialis, che sul punto non contiene espresse ed inequivoche prescrizioni di maggior rigore.

Il Consiglio di Stato, sebbene poco argomentando, aderisce dunque ad una interpretazione “estensiva” del dettato normativo di cui all’art. 41 cit., pur non spingendosi, tuttavia, a chiarire cosa avviene nel caso in cui la lex specialis contenga prescrizioni per l’appunto “di maggior rigore”, che, cioè, richiedano, specificamente, ai fini del fatturato, servizi coincidenti con quelli oggetto della gara.

In proposito è noto che la giurisprudenza amministrativa, con orientamento univoco, rimette alla discrezionalità della stazione appaltante il compito di fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, anche più stringenti rispetto a quelli previsti dalla legge. L’unico limite alla insindacabilità della scelta si rinviene allorché la stessa sia manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria, nonché lesiva della concorrenza[8]. La lex specialis che richieda esclusivamente un fatturato derivante da “servizi identici” potrebbe dunque apparire illegittima perché irragionevole e sproporzionata, oltreché lesiva della par condicio.

In quest’ottica, il Consiglio di Stato ha di fatto, non di rado, censurato la lex specialis che limitava la richiesta di fatturato ad una parte dell’“oggetto della gara”, introducendo in tal modo una differenziazione all’interno di tale oggetto che, al contrario, deve ritenersi unitario[9]. Altro discorso è se la stazione appaltante possa prevedere criteri di valutazione dell’offerta – non quindi requisiti di partecipazione – che valorizzino lo svolgimento pregresso di servizi identici a quelli oggetto della gara, considerato quale indice rivelatore di qualità e di affidabilità del concorrente[10].

In definitiva, per quanto la determinazione dell’oggetto della gara sia rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, dalla analisi della giurisprudenza menzionata emerge come tale potere sia estremamente limitato: ciò che diventa infatti determinante, in caso di contenzioso, è l’esatta determinazione del “settore oggetto della gara”, compito questo rimesso, in ultima istanza, al Giudice amministrativo.


[1] V. art. 41 cit., comma 1: “Negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti:

a) dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;

b) bilanci o estratti dei bilanci dell’impresa, ovvero dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

c) dichiarazione, sottoscritta in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, concernente il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.”.

[2]Consiglio di Stato, sez. III°, 10 novembre 2014, n. 5507.

[3] V. TAR Lazio Roma, sez. III, 13 maggio 2014 n. 4940 che, nella fattispecie, ha ritenuto che debbono considerarsi pertinenti non solo le fatture relative alle apparecchiature in argomento, ma anche quelle riferite ad apparecchi complementari, a dispositivi accessori, e quelle altre prodotte dalla ricorrente concernenti il materiale necessario per il funzionamento, la migliore fruibilità, l’assistenza all’uso, la manutenzione e la riparazione degli stessi; v. anche TAR Lazio, III, n.2132 del 2012; Consiglio di Stato, IV, ordinanza n. 385/2014.

[4] TAR Lazio Roma, sez. I ter, 4 novembre 2013 n. 9376. Secondo la giurisprudenza, ”il requisito dei « servizi analoghi» previsto dal bando di gara non può essere interpretato come limitato a servizi identici alle prestazioni oggetto dell’appalto, rendendosi in ogni caso necessaria una comparazione tra queste ultime e quelle indicate dai concorrenti al fine di dimostrare il possesso della capacità economico-finanziaria”. Nella fattispecie, non risulta che i servizi dichiarati, ancorchè disciplinati da altre fonti normative, non siano comunque analoghi a quelli oggetto dell’appalto. Infatti, l’art. 41 comma 1 lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 relaziona il fatturato (ai fini della dimostrazione della capacità economico — finanziaria del fornitore) al «settore» di gara in generale e non all’oggetto specifico della fornitura” (cfr. T.A.R. Torino Piemonte, sez. II, 16 gennaio 2008, n. 40; T.A.R. Roma Lazio, sez. III, 1 marzo 2012, n. 2132). L’AVCP ha espresso analogo orientamento: v. Parere n.140 del 20/6/2014, n. 16 del 08/2/2012.

[5] V. Considerando n. 83 della Direttiva 24/2014/UE: “Requisiti eccessivamente severi relativi alla capacità economica e finanziaria spesso costituiscono un ostacolo ingiustificato alla partecipazione delle PMI agli appalti pubblici. Eventuali requisiti dovrebbero essere attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto. In particolare, le amministrazioni aggiudicatrici non dovrebbero essere autorizzate a esigere che gli operatori economici abbiano un fatturato minimo che sia sproporzionato rispetto all’oggetto dell’appalto; il requisito non dovrebbe di norma superare, al massimo, il doppio del valore stimato dell’appalto. Tuttavia, in circostanze debitamente giustificate, dovrebbe essere possibile applicare requisiti più rigorosi. Tali circostanze potrebbero riguardare gli alti rischi connessi alla esecuzione dell’appalto o il fatto che la sua tempestiva e corretta realizzazione è di fondamentale importanza, ad esempio in quanto costituisce un presupposto necessario per l’esecuzione di altri appalti..”. V. anche art. 58: “Le amministrazioni aggiudicatrici limitano i requisiti a quelli adeguati per assicurare che un candidato o un offerente abbia la capacità giuridica e finanziaria e le competenze tecniche e professionali necessarie per eseguire l’appalto da aggiudicare. Tutti i requisiti sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto…. Per quanto riguarda la capacità economica e finanziaria, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano la capacità economica e finanziaria necessaria per eseguire l’appalto. A tal fine, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere in particolare che gli operatori economici abbiano un determinato fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto. Inoltre le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che gli operatori economici forniscano informazioni riguardo ai loro conti annuali che evidenzino i rapporti, ad esempio, tra attività e passività. Possono inoltre esigere un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali.”. V. “ALLEGATO XII MEZZI DI PROVA DEI CRITERI DI SELEZIONE”.

[6] V. Delibera n. 26/2015, “Schema di atto di regolazione recante misure per la redazione dei bandi e delle convenzioni relativi alle gare per l’assegnazione in esclusiva dei servizi di trasporto pubblico locale passeggeri e definizione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici”, in particolare la Misura 10, ai sensi della quale “Qualora tra i requisiti di partecipazione sia previsto il previo conseguimento di una determinata soglia di fatturato, concorre alla determinazione del fatturato complessivo richiesto anche quello realizzato per la produzione di altri servizi locali di pubblica utilità, per una quota non superiore al settanta per cento. Almeno il trenta per cento del fatturato totale richiesto deve essere relativo ai servizi di trasporto pubblico locale oggetto del bando di gara.”.

[7] Laddove il bando di gara richieda quale requisito il pregresso svolgimento di “servizi analoghi” – tale nozione, secondo il Consiglio di Stato, non deve essere assimilata a quella di “servizi identici”, dovendo dunque ritenersi soddisfatta la prescrizione di cui all’art. 41 ove il concorrente abbia comunque dimostrato “lo svolgimento di servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto” (Consiglio di Stato sez. IV 5 marzo 2015 n. 1122 e sez. V, 27 aprile 2015 n. 2157).

[8] V. Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2014 n. 2775, n. 8914 del 29 dicembre 2009, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2304 del 3 aprile 2007, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6534 del 23 dicembre 2008; Parere Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 6/6/2014 n. 125.

[9] V. ordinanza 29.1.2014 n. 385, in cui il Consiglio di Stato conferma la illegittimità della gara CONSIP per la fornitura di apparecchiature di radiologia, dispositivi accessori e servizi connessi nella parte in cui richiedeva la prova del possesso di un fatturato esclusivamente relativo alla fornitura di apparecchiature per uso radiologico e non, anche, ai dispositivi accessori nonché ai servizi connessi (benché richiesti anch’essi in gara); il Giudice amministrativo precisa in proposito che l’art. 41 del D.Lgs. n. 163/2006 richiede il possesso di capacità economico-finanziaria riferita al “settore oggetto della gara”, non ammettendosi interpretazioni restrittive della legge generale.

[10] Consiglio di Stato n. 5626/2009, secondo cui “Legittimamente l’Amministrazione appaltante può, nel bando di gara, privilegiare le imprese che abbiano svolto attività identiche a quella oggetto dell’appalto, attribuendo loro uno specifico punteggio utile ai fini dell’aggiudicazione e che, quindi, lo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto della gara possa costituire un adeguato indice rilevatore dell’affidabilità e quindi della “qualità”. Purché non vengano menzionati elementi distonici rispetto all’oggetto dell’appalto, ben possono essere presi in considerazione – in sede valutativa del merito dell’offerta – elementi attinenti alle imprese concorrenti che si riverberano, senza incertezze (e purchè ad essi non sia attribuito un peso, in termini di punteggio, preponderante) sulla qualità del servizio oggetto della procedura evidenziale.”.

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Francesca Scura
Avv. Francesca Scura
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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