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1. Premessa

Il D. Lgs. n. 50/2016 attribuisce, come è ormai noto, differente rilievo ai due criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici – il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quello del minor prezzo -, diversamente da quanto accadeva nel vecchio Codice dei contratti. 

Ora il criterio predominante, con valenza generale, è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il criterio del minor prezzo è invece qualificato come criterio di carattere eccezionale, utilizzabile solo nei casi previsti dalla legge e previa adeguata motivazione.

Ciò premesso, occorre subito dire che il Decreto correttivo al nuovo Codice[1] ha apportato sostanziali modifiche all’art. 95, recante disposizioni sui criteri di aggiudicazione dell’appalto, anche nel senso di ampliare in concreto l’ambito di operatività del criterio del minor prezzo.

Non tratteremo tuttavia in questa sede delle novità apportate dal correttivo in tema di utilizzo del criterio del minor prezzo, rinviando ad un contributo su tale argomento recentemente pubblicato in questa Rivista[2], ma ci concentreremo esclusivamente sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, focalizzando l’attenzione sugli aspetti più rilevanti, trattati anche dall’Autorità anticorruzione nelle proprie Linee guida[3], e metteremo in evidenza le novità introdotte dal correttivo.

2. Le caratteristiche generali del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa

In linea generale, il primo passo che una stazione appaltante deve compiere quando si accinge ad acquisire un nuovo bene, servizio o lavoro è quello di definire in maniera chiara e precisa il criterio di aggiudicazione da utilizzare, nel rispetto dei limiti imposti dalla normativa. Laddove la stazione appaltante giunga alla conclusione di dovere o comunque di voler applicare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, deve definire con esattezza i criteri di valutazione, avendo cura di evitare formulazioni oscure o ambigue ed assicurando la trasparenza dell’attività amministrativa e la consapevolezza della partecipazione da parte degli operatori economici.

Ogniqualvolta la stazione appaltante decida di applicare il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, se ne può dedurre che la stessa intenda porre maggior rilievo sulla qualità del bene, del servizio o del lavoro da acquisire più che sul risparmio dei costi da sostenere per l’acquisizione.

Laddove, invece, si tratti di acquistare beni o servizi per cui il confronto concorrenziale basato sulla valutazione del rapporto qualità/prezzo porterebbe a benefici ridotti o pressocchè nulli, la stazione appaltante sceglierà il criterio del minor prezzo. Ciò accade ad esempio quando le condizioni di offerta siano tali da imporre l’acquisto dei prodotti con condizioni note alla stazione appaltante sin dall’origine (beni, servizi o lavori standardizzati), o quando, per l’esiguità dell’importo dell’appalto, i vantaggi attesi in termini di qualità siano di fatto trascurabili. 

Già in fase di programmazione, le stazioni appaltanti dovranno pertanto definire le caratteristiche dell’appalto in modo tale da verificare la sussistenza delle condizioni per le quali sia obbligatorio o consentito l’utilizzo di un particolare criterio di aggiudicazione.

In fase di progettazione della gara, le stazioni appaltanti formuleranno una prima definizione di massima dei criteri di valutazione e dei relativi punteggi, i quali verranno compiutamente e dettagliatamente definiti al momento dell’elaborazione della documentazione di gara, cioè al concreto avvio della procedura di affidamento.

Ogniqualvolta una stazione appaltante sceglie di aggiudicare una procedura in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, intende porre maggior rilievo sulla qualità del bene, del servizio o del lavoro da acquisire più che sul risparmio dei costi da sostenere per l’acquisizione. Tale criterio ha valenza generale.

3. I criteri di valutazione del miglior rapporto qualità/prezzo

Le Linee guida ANAC sull’offerta economicamente più vantaggiosa descrivono in modo efficace l’iter logico che una stazione appaltante deve seguire per elaborare i criteri di valutazione all’interno di una gara da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Secondo l’ANAC, la stazione appaltante deve preliminarmente individuare in concreto i propri obiettivi, conseguentemente attribuire un peso relativo a ciascuno di essi, e, successivamente, <<definire le modalità attraverso cui viene valutato il grado di adeguatezza di ciascuna offerta rispetto al singolo obiettivo, nonché sintetizzare le informazioni relative a ciascuna offerta in un unico valore numerico finale>>[4].

In altri termini, i singoli criteri di valutazione prescelti corrispondono al modo attraverso cui, secondo la stazione appaltante, un’offerta possa essere più o meno adeguata a perseguire ciascuno degli obiettivi che la medesima ha stabilito di realizzare con l’affidamento de quo.

Prosegue infatti l’ANAC nelle sue Linee guida: <<il primo problema che la stazione appaltante si deve porre nella predisposizione degli atti di gara è, dunque, la definizione degli obiettivi che intende perseguire e l’importanza che intende attribuire a ciascuno di essi. Ciò si traduce nell’individuazione degli elementi (o criteri) che si intende valutare e del relativo peso o fattore di ponderazione>>.

Ciò che conta è che sia gli obiettivi individuati che i correlati criteri di valutazione siano chiaramente misurabili.

Il comma 6 dell’art. 95 stabilisce che i criteri di valutazione devono essere oggettivi, nel senso che devono riguardare gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto.

A titolo esemplificativo, la norma enumera una serie di possibili criteri quali:

a) la qualità, intesa come pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto, caratteristiche innovative, commercializzazione;

b) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso;

c) il costo di utilizzazione e manutenzione, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi (inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici) riferiti all’intero ciclo di vita dell’opera, bene o servizio;

d) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra;

e) l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto;

f) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica;

g) le condizioni di consegna.

I criteri di valutazione dovranno tener conto anche del rispetto dei CAM, ovvero i criteri minimi ambientali adottati con decreto del Ministro dell’ambiente, laddove esistenti, procedendo all’attribuzione di specifici punteggi qualora le offerte presentino condizioni migliorative rispetto alle specifiche di base o alle condizioni di esecuzione minime stabilite dagli stessi CAM.

In generale, i criteri di valutazione devono essere formulati dalla stazione appaltante avendo cura di scegliere quelli effettivamente in grado di evidenziare le caratteristiche migliorative delle diverse offerte e operare una reale distinzione tra le stesse, in base alla loro maggiore o minore capacità di rispondere effettivamente alle esigenze concrete della stazione appaltante in relazione a quello specifico appalto.

L’ANAC ha altresì avuto modo di precisare che i criteri di valutazione <<devono (…) consentire un effettivo confronto concorrenziale sui profili tecnici dell’offerta, scongiurando situazioni di appiattimento delle stesse sui medesimi valori, vanificando l’applicazione del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo>>[5].

Da ciò discende che <<non dovrebbero essere oggetto di valutazione i requisiti di partecipazione che, per definizione, sono posseduti da tutti i concorrenti o le condizioni minime – incluso il prezzo – con cui i lavori, servizi o forniture devono essere realizzati>>.

L’Autorità anticorruzione non esclude, tuttavia, che i criteri di valutazione possano afferire anche ad aspetti soggettivi dell’offerta purché gli stessi siano volti ad apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o consentano di valorizzare alcune caratteristiche della medesima che siano considerate dalla stazione appaltante particolarmente degne di interesse. Ciò che conta è che tali criteri incidano direttamente sulla qualità della prestazione da rendere e non si sovrappongano – finendo per coincidere con essi – ai requisiti di partecipazione alla gara.

In ultima analisi, i criteri di valutazione dovrebbero essere individuati in modo tale da attribuire un punteggio positivo solo agli aspetti effettivamente migliorativi delle offerte rispetto alle caratteristiche di base richieste dalla documentazione di gara.

Secondo l’ANAC, i criteri di valutazione prescelti devono consentire un effettivo confronto concorrenziale sui profili tecnici dell’offerta, scongiurando situazioni di appiattimento tra le offerte che vanificherebbero l’applicazione del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo. Non potranno quindi essere oggetto di valutazione i requisiti di partecipazione o le condizioni minime di esecuzione richieste dalla lex specialis.

4. La valutazione dell’elemento economico

I criteri di valutazione sino ad ora esaminati afferiscono agli aspetti tecnici dell’offerta, ovvero alla sua qualità. Nel criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa rileva tuttavia anche l’elemento prezzo, per il quale devono essere svolte alcune considerazioni valevoli ogniqualvolta la stazione appaltante si trovi a valutare l’elemento economico di un’offerta, a prescindere dal criterio di aggiudicazione prescelto (e quindi, in ipotesi anche nel caso di procedure da aggiudicarsi in base al criterio del minor prezzo).

L’Autorità infatti, nelle Linee guida sinora esaminate, pone l’accento su una grande novità introdotta dal nuovo Codice: il concetto di costo del ciclo di vita, cui il Decreto n. 50 dedica un articolo ad hoc, il 96. 

L’elemento economico di un’offerta può essere valutato in termini di prezzo o di costo. Il concetto di costo però va ora interpretato secondo l’approccio del costo complessivo del ciclo di vita, che comprende non soltanto i costi diretti di realizzazione di un’opera, o di esecuzione di un servizio o di produzione e/o fornitura di un bene ma anche una serie di costi indiretti e connessi ai primi, quali:

a) i costi relativi all’acquisizione del bene, servizio o opera;

b) i costi connessi all’utilizzo (consumo di energia e altre risorse);

c) i costi di manutenzione successiva;

d) i costi connessi al momento in cui l’oggetto dell’appalto cesserà di avere una utilità, e quindi i costi di raccolta, smaltimento o riciclo dello stesso;

e) altri costi indiretti, sostenuti non tanto e non solo dalla stazione appaltante ma dall’intera collettività, quali i costi derivanti dall’inquinamento prodotto, dall’emissione di gas serra, nonché i costi sostenuti per attenuare le ricadute negative sull’ambiente e sul clima. Deve trattarsi, in quest’ultimo caso, ovviamente, di costi che siano comunque misurabili economicamente in modo attendibile.

Degna di nota è la previsione del comma 7 dell’art. 95, secondo cui l’elemento relativo al costo può assumere la forma di un prezzo o di un costo fisso, posto il quale, gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi.

A differenza dell’impostazione del vecchio Codice, nel quale l’elemento prezzo non poteva essere del tutto azzerato, ora è possibile considerare il prezzo/costo come un elemento fisso e immodificabile e disporre che i concorrenti competano tra loro solo sugli aspetti tecnici dell’offerta, ossia sulla qualità.

Ovviamente ciò sarà possibile nei casi in cui il prezzo o costo fisso di una specifica fornitura o della remunerazione di un dato servizio è stabilito da una norma, un regolamento o altra disposizione, ma non solo. La stessa stazione appaltante potrà individuare altre fattispecie concrete in cui stabilire un prezzo fisso e invitare gli operatori a concorrere solo sulla qualità, avendo però cura di determinare tale prezzo fisso in modo oggettivo, a seguito di un’accurata indagine di mercato che si basi anche sull’osservazione dei prezzi praticati in situazioni analoghe, in particolare dalle altre stazioni appaltanti per affidamenti similari. Sarà in ogni caso essenziale che la stazione appaltante motivi adeguatamente e in modo esaustivo le ragioni di tale scelta.

Sicuramente, non si potrà ricorrere ad un affidamento basato su un prezzo o costo fisso, sebbene le imprese pratichino prezzi simili tra loro, laddove le soluzioni presenti sul mercato comportino costi di manutenzione o di smaltimento diversificati da impresa a impresa, ovvero altre esternalità ambientali o sociali differenti di cui le stazioni appaltanti devono comunque tenere conto; ciò, in ragione del fatto che l’elemento economico deve essere valutato, come visto sopra, in una visione più ampia secondo l’approccio del costo complessivo del ciclo di vita.  

L’elemento economico dell’offerta va valutato secondo l’approccio del costo/prezzo inteso come insieme dei costi del ciclo di vita del bene, opera o servizio oggetto dell’appalto. Tale approccio impone di considerare, oltre ai costi diretti, anche i costi indiretti, connessi all’acquisizione, all’utilizzo e alla manutenzione, allo smaltimento o al riciclo, nonché altri costi quali le esternalità negative ambientali o sociali gravanti sull’intera comunità.

5. La ponderazione dei punteggi e le novità introdotte dal decreto correttivo

I punteggi o pesi sono il valore attribuito dalla stazione appaltante a ciascun criterio di valutazione delle offerte, o, se presenti, ai vari sub-criteri.

Il maggiore o minore peso da attribuire a ciascun criterio rientra nella sfera discrezionale della stazione appaltante, la quale dovrà tener conto della specificità dell’appalto, delle proprie esigenze e degli obiettivi specifici che intende conseguire. In funzione di tali valutazioni, essa deciderà quali criteri siano più importanti rispetto ad altri e attribuirà il diverso peso a ciascuno di essi proporzionalmente alla loro rilevanza.

Fatto 100 il punteggio complessivo da attribuire all’offerta, complessivamente considerata, la stazione appaltante deciderà quanta parte di punteggio riservare alla qualità – e quindi alla valutazione degli aspetti tecnici dell’offerta – e quanta parte riservare all’elemento prezzo.

Nelle sue Linee guida, l’ANAC ha chiarito come <<in generale si deve attribuire un punteggio limitato alla componente prezzo quando si ritiene opportuno valorizzare gli elementi qualitativi dell’offerta o quando si vogliano scoraggiare ribassi eccessivi che si ritiene difficilmente perseguibili dagli operatori economici; viceversa si deve attribuire un peso maggiore alla componente prezzo quando le condizioni di mercato sono tali che la qualità dei prodotti offerti dalle imprese è sostanzialmente analoga>>.

Ad esempio, negli appalti volti a progettare e realizzare sistemi informatici di una certa complessità, gli aspetti tecnici dell’offerta hanno un rilievo decisamente maggiore rispetto all’elemento economico, in quanto è richiesto ai concorrenti uno sforzo in termini di capacità progettuale e di innovatività per soddisfare al meglio le peculiari esigenze della stazione appaltante. In tal caso, si è sempre considerato più che ragionevole attribuire alla valutazione tecnica 80 punti su 100, riservando al prezzo i restanti 20 punti.

Diversamente, per appalti di forniture o servizi abbastanza standardizzati, per i quali le soluzioni presenti sul mercato abbiano più o meno tutte lo stesso livello di qualità, è di regola apparso altrettanto ragionevole che la stazione appaltante, volendo puntare a mettere in competizione i concorrenti sull’elemento prezzo, attribuisse anche 40 o 50 punti su 100 al prezzo e i restanti punti all’offerta tecnica.

La stessa Autorità suggeriva di attribuire un peso limitato, non superiore a 10 punti, ai criteri di natura soggettiva in quanto meno strettamente connessi al contenuto dell’offerta, salvo che, per la natura delle prestazioni, fosse importante valutare le capacità professionali dell’offerente perché da esse discenderebbe gran parte della qualità dell’offerta. E’ il caso, questo, dei servizi di ingegneria e architettura, tanto per fare un esempio.

Il ragionamento finora svolto deve essere in parte rivisto alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto correttivo del Codice, il D. Lgs. n. 56/2017.

Infatti, le Linee guida sono state approvate antecedentemente al decreto correttivo, il quale ha introdotto, come accennato in premessa, alcune sostanziali modifiche alla norma in tema di criteri di aggiudicazione.

In particolare, per quanto concerne la ponderazione dei punteggi da dare ai criteri di valutazione nell’ambito di una procedura da aggiudicare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il correttivo ha introdotto il comma 10-bis all’art. 95, che così recita: <<la stazione appaltante, al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. A tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento>>.   

In altri termini, il legislatore ha inteso limitare la discrezionalità delle stazioni appaltanti, costringendole a valorizzare sempre e comunque l’elemento qualitativo delle offerte, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche dell’appalto, perché ha imposto un valore massimo da attribuire all’elemento prezzo, pari a 30 punti su 100. Conseguentemente, agli aspetti tecnici dell’offerta non potranno essere riservati meno di 70 punti su 100.

Tale “imposizione” ha suscitato non poche perplessità tra gli operatori del settore, proprio perché in contrasto con la tanto sbandierata valorizzazione della discrezionalità delle stazioni appaltanti che, con il nuovo Codice, il legislatore nazionale si era vantato di aver compiuto.

In particolare, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di seguito AGCM, nell’esercizio dei poteri conferiteli dall’art. 21 della L. 287/1990, ha formulato osservazioni[6] molto critiche su tale novella legislativa e ne ha chiesto l’abrogazione.

Il peso da attribuire a ciascun criterio rientra nella sfera discrezionale della stazione appaltante, la quale dovrà tener conto della specificità dell’appalto, delle proprie esigenze e degli obiettivi specifici che intende conseguire. Essa dovrà decidere quanta parte di punteggio riservare alla qualità – e quindi alla valutazione degli aspetti tecnici dell’offerta – e quanta parte riservare all’elemento prezzo.

6. L’Atto di segnalazione dell’AGCM e le critiche mosse alle modifiche introdotte dal correttivo

L’Atto di segnalazione adottato dall’AGCM merita una lettura approfondita per l’acutezza delle osservazioni formulate nonché per la conclusione cui giunge, ovvero la richiesta di abrogazione della norma appena introdotta dal correttivo, in quanto in contrasto con i principi di concorrenza, non discriminazione e parità di trattamento, ovvero quei principi fondamentali che il Codice nel suo complesso avrebbe il precipuo compito di garantire! 

Secondo l’AGCM, l’aver imposto il tetto massimo del 30 per cento al punteggio economico appare irragionevole per una serie di ragioni.

In primo luogo, tale limitazione non trova fondamento nella Direttiva europea da cui discende il Codice dei contratti, né da orientamenti giurisprudenziali consolidati.

Al contrario: il legislatore europeo ha posto l’accento sul fatto che debba essere valorizzata la discrezionalità delle stazioni appaltanti nel decidere la ponderazione dei punteggi nella valutazione delle offerte, in quanto le stazioni appaltanti conoscono – esse soltanto – le peculiarità dell’appalto in questione, le esigenze da soddisfare ed il mercato di riferimento.

L’Autorità rammenta che nel primo schema di decreto correttivo non veniva stabilita una soglia predeterminata per il punteggio economico ma vi era soltanto una generica previsione, in virtù della quale il punteggio da attribuire all’elemento economico non dovesse essere talmente prevalente rispetto a quello tecnico da determinare in concreto l’applicazione del minor prezzo e, conseguentemente, eludere la regola  dell’applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio generale.    

Il Consiglio di Stato, da parte sua, nel parere espresso sullo schema di decreto correttivo, aveva precisato che, per assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, la stazione appaltante avrebbe dovuto valorizzare gli elementi qualitativi dell’offerta e stabilire, a tal fine, un punteggio massimo per l’offerta economica tale da evitare che l’elemento prezzo prevalesse sugli aspetti tecnici.

Non è però mai stato messo in discussione il potere discrezionale della stazione appaltante nel dover stabilire il miglior riparto tra punteggio tecnico e punteggio economico, in base alla conoscenza specifica che la stessa ha dell’appalto e in applicazione dei consueti canoni di ragionevolezza e adeguatezza.

D’altra parte, l’AGCM ha avuto modo di evidenziare gli aspetti positivi e negativi di entrambi i criteri di aggiudicazione. Da un lato, il criterio del minor prezzo consente la rapida conclusione delle procedure di gara e azzera la discrezionalità della stazione appaltante, con conseguente riduzione del rischio di fenomeni corruttivi.

Dall’altro, tuttavia, detto criterio può avere l’effetto negativo di indurre gli operatori economici a ridurre eccessivamente i costi, soprattutto quelli connessi alla manodopera, con conseguenti rischi per i lavoratori e con possibili ricadute negative sulla qualità dei beni o dei servizi offerti.

Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dal canto suo, garantisce la valorizzazione della qualità dell’offerta, ma contestualmente comporta un appesantimento della procedura a volte eccessivo, impone peculiari competenze in capo alla stazione appaltante e alla commissione giudicatrice e amplia la discrezionalità dell’amministrazione, con tutti i conseguenti rischi in termini di possibili arbitrii o fenomeni corruttivi.

L’AGCM rammenta quanto detto dall’Autorità anticorruzione nelle Linee guida in merito alla ponderazione dei punteggi, di cui sopra abbiamo riportato un estratto, nonché i principali arresti giurisprudenziali su tale tematica.

Sia la Corte di Giustizia europea[7] che il Consiglio di Stato[8] hanno infatti posto l’accento sul fatto che la fissazione di un unico criterio di aggiudicazione o di soglie predeterminate di punteggio priva le stazioni appaltanti della possibilità di valutare e valorizzare adeguatamente le caratteristiche peculiari di ciascun appalto e, conseguentemente, impediscono di scegliere il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e l’individuazione della migliore offerta.

Ciò che conta è che le scelte operate dalla stazione appaltante nella ponderazione dei criteri e dei punteggi siano rispettose del canone della ragionevolezza, tenuto conto delle specificità di ogni singolo appalto.

L’AGCM ribadisce pertanto che risponde a criteri di ragionevolezza e opportunità il valorizzare di volta in volta l’elemento qualitativo o l’elemento prezzo a seconda del tipo di appalto dinanzi al quale ci si trova.

In particolare, la scelta del legislatore di prevedere la soglia massima del 30 per cento da attribuire al punteggio economico <<sembra limitare eccessivamente e ingiustificatamente la valorizzazione dell’offerta economica, in particolare in quei mercati dove le forniture possono presentare un elevato grado di omogeneità, conferendo allo stesso tempo un’ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti nella valutazione delle offerte tecniche, con possibile pregiudizio al corretto ed efficiente svolgimento della gara e ad una adeguata concorrenza di prezzo tra gli operatori>>.

Secondo l’AGCM la soglia imposta dal comma 10-bis limita eccessivamente e ingiustificatamente la valorizzazione dell’offerta economica, nei casi in cui le forniture presentano un elevato grado di omogeneità, e attribuisce allo stesso tempo una eccessiva discrezionalità alle stazioni appaltanti, con possibile pregiudizio al corretto ed efficiente svolgimento della gara e alla concorrenza.

Se è vero infatti che il nuovo Codice, in linea con la Direttiva europea, privilegia il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa come regola generale rispetto al criterio del minor prezzo, ciò non significa tuttavia che costringere le stazioni appaltanti a limitare il peso da attribuire al prezzo sia una scelta appropriata per quegli appalti il cui l’oggetto è costituito da beni o servizi sostanzialmente analoghi, quale che sia il fornitore, e per i quali la componente economica ha di fatto un ruolo preminente.

In particolare l’AGCM si riferisce agli appalti che, pur non rientrando tra le categorie per le quali è ammessa l’applicazione in via eccezionale del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, non se ne differiscono granché. Si pensi agli appalti aventi ad oggetto beni o servizi non proprio omogenei ma comunque similari o, in ogni caso, agli appalti in cui vi siano condizioni particolarmente stringenti imposte dalla lex specialis. O, ancora, ai casi in cui vi siano alcune caratteristiche di realizzazione o di esecuzione standardizzare, per cui, alla fine, la componente economica delle offerte è quella che fa davvero la differenza e che deve essere adeguatamente tenuta in considerazione. In tali ipotesi, attribuire un consistente punteggio all’offerta economica, pur nell’ambito del criterio di aggiudicazione basato sul miglior rapporto qualità/prezzo, avrebbe sicuramente il pregio di accelerare lo svolgimento della procedura di gara e di limitare la discrezionalità della stazione appaltante, a beneficio della concorrenza.

Per le considerazioni sin qui sintetizzate, l’Autorità ha chiesto al Parlamento e al Governo di rimettere mano all’art. 95, abrogando il tanto contestato comma 10-bis, in quanto tale norma si pone in contrasto con i principi di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione, o quantomeno, di rivedere in aumento la soglia massima del 30 per cento al fine di consentire una maggiore valorizzazione della componente economica dell’offerta laddove la stazione appaltante lo ritenga necessario per la tutela della concorrenza e del mercato.

L’AGCM ha proposto l’abrogazione del comma 10-bis dell’art. 95, per contrasto di tale norma con i principi di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione. In subordine, ha chiesto di rivedere in aumento la soglia massima del 30 per cento al fine di consentire una maggiore valorizzazione della componente economica dell’offerta.

7. Le altre modifiche introdotte dal decreto correttivo all’art. 95 del Codice

Il D. Lgs. n. 56/2017 ha introdotto altre novità all’art. 95 in tema di criteri di aggiudicazione.

A parte il comma 10-bis di cui abbiamo ampiamente trattato e al di là dell’ampliamento della casistica degli appalti per cui è possibile utilizzare il criterio del minor prezzo, il decreto correttivo ha apportato alcune altre modifiche che vale la pena di rammentare.

In particolare, è stato modificato radicalmente il comma 10, in tema di costi aziendali e di manodopera da indicare in offerta. A dire il vero, tale disposizione appare mal collocata in quanto non riguarda specificamente i criteri di aggiudicazione quanto, più che altro, il contenuto delle offerte e le voci di costo di cui tenere necessariamente conto. Ma tant’è. Si segnala che, a seguito del decreto correttivo, ora il comma 10 dell’art. 95 prevede che <<nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a). Le stazioni appaltanti, relativamente al costo della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’art. 97, comma 5, lett. d)>> cioè, se i costi della manodopera siano inferiori ai minimi salariali retributivi di cui alle tabelle ministeriali.

Il correttivo ha inoltre aggiunto, tra i criteri premiali di cui tener conto per la valutazione della qualità dell’offerta, il rating di impresa e l’offerta di beni o prodotti da filiera corta o a chilometro zero.

E’ stato infine introdotto un nuovo comma, il 14-bis, che stabilisce che <<in caso di appalti aggiudicati con il criterio di cui al comma 3 (criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ndr), le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l’offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d’asta>>.


[1] D. Lgs. 19 aprile 2017 n. 56.

[2] Si veda Mediappalti, anno VII, n. 7.

[3] Si vedano le Linee guida ANAC n. 2 <<Offerta economicamente più vantaggiosa>>, approvate con Delibera n. 1005 del 21 settembre 2016.

[4] Si veda nota 3.

[5] Si veda nota 3.

[6] Atto di segnalazione n. AS1422 del 18 agosto 2017, pubblicato sul Bollettino dell’Autorità n. 32 del 21 agosto 2017.

[7] Corte di Giustizia, causa C-247/2002, sentenza 7 ottobre 2004.

[8] Cons. Stato, sent. n. 581 del 26.11.2011; Cons. Stato, sent. n. 6837 del 31.12.2007.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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