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Premessa

Con la determinazione n. 11/2015 del 23 settembre 2015 – pubblicata recentemente sul sito dell’ANAC  – l’autorità anticorruzione ritorna sulla questione relativa agli obblighi dei comuni non capoluogo di provincia di centralizzare almeno i procedimenti di gara.

La determinazione, – come già la precedente n. 3/2015  del 25 febbraio rubricata “rapporto tra stazione unica appaltante e soggetto aggregatore (centrale unica di committenza) – Prime indicazioni interpretative sugli obblighi di cui all’art. 33, comma 3-bis, d..lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e ss.mm.ii.” – offre  ulteriori  indirizzi interpretativi “sugli adempimenti ex art. 33, comma 3-bis, decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 e ss.mm.ii.”

In realtà, come si vedrà, con l’atto in parola si ricalcano sostanzialmente le cose già annotate con il pregresso intervento, forse con la differenza del contributo espresso, e prezioso, relativo alla individuazione del RUP tra stazione  unica e comuni  aderenti alla stazione appaltante unica o richiedenti l’espletamento dell’appalto.

Come si evidenziava, la determinazione n. 11/2015 viene pubblicata a ridosso dell’entrata in vigore – previsto a far data dal 1° novembre 2015 – dell’obbligo declinato nel comma 3 –bis dell’articolo 33 del codice dei contratti come modificato dal d.l. 66/2014 (convertito con legge 89/2014) e soprattutto con la legge 114/2014.

Come noto, ai sensi del comma citato, “i Comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all’acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma. Per i Comuni istituiti a seguito di fusione l’obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione”.

La ratio e la tempistica dell’obbligo della centralizzazione

La determinazione, pertanto, si occupa di fornire alcune indicazioni operativa agli enti nell’approccio all’adempimento in argomento che prevede, almeno, l’accorpamento dei procedimenti d’appalto

con limitatissime alternative ed eccezioni di cui si dirà più avanti.

E’ nota la ratio della prescrizione – come si legge nella relazione tecnica al decreto legge 201/2011  che introduceva l’obbligo della centrale unica per i soli comuni con meno di 5 mila abitanti – che “è quella di limitare l’elevata frammentazione del sistema degli appalti pubblici e la concentrazione delle procedure di evidenza pubblica, al fine di ridurre i costi di gestione delle procedure e di far ottenere risparmi di spesa, quantificabili a consuntivo, per le conseguenti economie di scala” (Corte dei Conti, sez. reg. controllo Campania, parere 180/2014, del 10 luglio 2014)”.

Obbligo di accorpamento, pertanto, che con il decreto legge 66/2014 è stato esteso ad ogni comune a prescindere dalla dimensione abitativa (sia pur con una franchigia di 40 mila euro per i comuni con più di 10 mila abitanti) che non siano capoluogo  di provincia.

Enti, quindi, che continuano a mantenere le originarie prerogative con la sola facoltà di aderire ad una centrale unica.

Questione altrettanto nota è poi quella del continuo differimento degli obblighi di costituire e di servirsi di un’unica stazione appaltante oggi posposta definitivamente (per il momento) al 1° novembre 2015.

Le necessità sottese alla costituzione delle stazioni uniche e le continue richieste di ricalibratura hanno fatto slittare l’entrata in vigore dei vari adempimenti. 

Si è già annotato che l’obbligo in argomento è stato introdotto dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con legge 214/2011), comma 4 con la specifica – fissata al comma 5 – secondo cui  l’azione della stazione unica appaltante si doveva esplicare in relazione “alle gare bandite successivamente al 31marzo 2012”.

La previsione ha quindi  beneficiato di un primo differimento – oggetto già di alcuni interventi di legislazioni delle regioni a statuto speciale – con l’articolo 29, comma 11-ter, del  decreto-legge  29  dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, al 31 dicembre 2013.

La legge 15/2014 (di conversione del d.l. 150/2013) con l’articolo 3, comma 2, prorogava l’obbligo al 30 giugno 2014.

Quindi la legge 114/2014  che con l’art. 23–ter, comma 1 scindeva – evidentemente in funzione delle diverse difficoltà operative – la centralizzazione dei procedimenti di gara per servizi e forniture da quelle dei lavori pubblici. In questo senso, la norma specificava che “le disposizioni di cui al comma 3-bis dell’articolo 33 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, modificato da ultimo dall’articolo 23-bis del presente decreto, entrano in  vigore  il  1º gennaio 2015, quanto all’acquisizione di beni  e  servizi, e  il  1º luglio 2015, quanto all’acquisizione di lavori. Sono fatte salve le procedure avviate alla data di  entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

La questione veniva, infine, ripresa dalla più recente legge n. 11/2015 che con l’articolo 8, comma 3-ter, modificando la disposizione contenuta all’articolo 23-ter della legge 114/2014, ha posposto il termine per l’entrata in vigore dell’obbligo di centralizzare i procedimenti di gara, accorpando servizi e forniture ai lavori,  direttamente al 1° settembre 2015.

Da ultimo (per il momento), con l’articolo 1, comma 169, della legge 107/2015 il termine di entrata in vigore della centralizzazione delle procedure è stato posposto al 1° novembre 2015.

In questo senso, testualmente, il comma 169 dispone che “all’articolo 23-ter, comma 1, del  decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  11  agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni, le parole: «1º  settembre 2015» sono sostituite dalle seguenti: «1º novembre 2015»”.

I soggetti aggregatori

L’ANAC affronta la questione delle relazioni tra soggetti deputati ad attrarre la domanda di lavori, beni e servizi dei comuni, in particolare i “soggetti aggregatori”, e le centrali di committenza di cui al comma 1 dell’art. 33 del codice.

Fermo restando, e ciò costituisce una alternativa alla centralizzazione, l’utilizzo di sistemi elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento, in determina si puntualizza l’attuale connotazione del soggetto c.d. aggregatore.

Infatti, non ogni centrale di committenza può,  “legittimamente svolgere procedure di gara in forma aggregata per i comuni ma solo quelle individuate nel comma 3-bis; ovvero, oltre a unioni di comuni, accordi consortili e Province, i soggetti aggregatori e per questi ultimi, deve ritenersi, nei limiti delle competenze loro assegnate dalla normativa (spesso regionale) di riferimento”.

Secondo quanto disposto dall’art. 9, commi 1 e 2, del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 convertito con modificazioni dalla l. 23 giugno 2014, n. 89, i soggetti aggregatori – previsti in un numero massimo totale di 35 (in base al comma 5 del medesimo articolo) – sono centrali di committenza iscritte in un elenco tenuto dall’Autorità nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, di cui fanno parte Consip S.p.A., una centrale di committenza per ogni Regione, qualora costituita, ed altri soggetti che svolgono attività di centrale di committenza e che abbiano ottenuto l’iscrizione nell’elenco dei soggetti aggregatori. Di cui di recente è stato diramato l’elenco.

Pertanto, i soggetti aggregatori sono dunque centrali di committenza “qualificate” tramite l’iscrizione all’elenco tenuto dall’Autorità, istituito con la delibera n. 58 del 22 luglio 2015 e  svolgono, naturalmente, anche la funzione di centrali di acquisto di beni e servizi per altre amministrazioni.

I rapporti rispetto all’obbligo – nel sottosoglia – di acquisire beni e servizi da una forma di  mercato elettronico

L’Authority ribadisce, semplificando, che le nuove disposizioni non mutano le preesistenti norme che impongono agli enti locali – e quindi in particolare ai comuni compresi, evidentemente, quelli capoluogo di provincia – di utilizzare, per l’acquisizione di beni e servizi in ambito sotto soglia una delle forme di mercato elettronico (e non solamente il MEPA di Consip) secondo quanto risulta dal primo comma dell’articolo 328 del regolamento attuativo del codice degli appalti (DPR 207/2010).

Tale obbligo viene meno solamente in presenza di specifiche situazioni che richiedono una motivazione attenta che il RUP deve inserire nella determinazione a contrattare.

Ma è in relazione alla elencazione delle “eccezioni” a tale obbligo, che la determinazione contiene alcune affermazioni assolutamente non condivisibili.

Sono sicuramente accettabili le riflessioni che ravvisano le uniche eccezioni nel caso della carenza del prodotto/servizio da acquisire nelle vetrine elettroniche oppure la circostanza che il bene/servizio pur presente nel mercato virtuale ha  delle connotazioni tecniche che non sono quelle (oggettivamente) necessarie/utili a soddisfare le esigenze della stazione appaltante.

In questo senso, in determina si legge che ”la Corte dei conti ha espressamente ritenuto riferibile siffatto obbligo a tutte le procedure di acquisto al di sotto della soglia di rilievo comunitaria, ivi inclusi gli acquisiti in economia, senza deroghe di sorta (Corte dei conti, sez. Controllo Piemonte, n. 211/2013/PAR; sez. Controllo Lombardia n. 112/2013/PAR). Unica eccezione a tale obbligo incondizionato è rappresentata dall’ipotesi di non reperibilità ovvero inidoneità dei beni o servizi rispetto alle necessità dell’ente locale, e ciò previa istruttoria e adeguata motivazione di tale evenienza nella determina a contrarre (ex plurimis, Corte dei conti, sez. Marche n. 169/2012/PAR)”.

L’ulteriore sottolineatura non appare condivisibile. In specie, quando nella determina si legge che “nell’ambito delle suddette eccezioni, viene inclusa anche l’ipotesi in cui, all’esterno dei mercati elettronici e telematici, siano reperibili condizioni di acquisto migliorative (Corte dei conti, sez. Toscana, n. 151/2013/PAR)”.

In sostanza, le stazioni appaltanti, secondo tale inciso, potrebbero non ritenersi vincolate ad acquistare  beni e servizi, nell’ambito  sottosoglia,  se extra mercato virtuale il RUP individuasse un fornitore in grado di fornire lo stesso prodotto o servizio con identiche caratteristiche tecniche ma ad un prezzo inferiore.

A conforto della precisazione, nella determinazione si richiama il parere espresso dalla sezione Toscana della Corte dei Conti contenuto nella deliberazione n. 151/2013.

In realtà, ad una lettura attenta del parere, a sommesso avviso, le cose non si presentano in questo modo. 

Nel caso di specie, a fronte di diversi quesiti, il collegio veniva adito per chiarire se  un ente – nel caso di specie, evidentemente, un comune – poteva ricorrere ad un “fornitore esterno alle centrali di committenza o a Consip che” proponesse “un prezzo più basso a parità di caratteristiche quali quantitative”.

Il riscontro fornito dalla sezione in realtà non afferma che il RUP può procedere – una volta riscontrata la presenza del bene/servizio ed espletato una indagine  sui prezzi nella vetrina –   anche ad una indagine esterna.

In realtà, riscontrando il  quesito il collegio si limita,   più semplicemente, a ribadire le prerogative  concesse alla stazione appaltante non nel procedimento sul mercato elettronico ma dal comma 7, articolo 1, della legge 135/2012 in relazione ad alcune categorie merceologiche quali “energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile”.

Nel caso di specie, infatti, ed in relazione esclusivamente alle tipologie merceologiche predette, in presenza di condizioni economiche migliori, la stazione appaltante può procedere ad una gara tradizionale inserendo nel contratto la condizione risolutiva  che prevede la “possibilità per il contraente di adeguamento ai predetti corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico”.

Inoltre, come bene evidenzia sempre il comma 7 appena richiamato “la mancata osservanza delle disposizioni del presente comma rileva ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale”.

E nella deliberazione citata, è chiaro il riferimento alla tabella stilata da Consip-MEF “Tabella Obbligo-Facoltà dal 1° Gennaio 2013 – Strumenti del Programma di razionalizzazione degli acquisti che si riferisce non agli acquisti sul mercato elettronico ma ad “acquisti autonomi a corrispettivi inferiori a quelli delle convenzioni Consip e della CAT di riferimento”.

Del resto ciò è stato di recente confermato dalla pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, n. 3954/2015.

Pertanto, le uniche possibilità di affrancarsi dal mercato elettronico sono solamente le ipotesi appena evidenziate ovvero: il  caso di carenza del prodotto richiesto o l’ipotesi di non conformità di questo rispetto ai desiderata della stazione appaltante.

E’ chiaro, come già detto, che quanto dovrà risultare chiaramente esplicitato nella determinazione a contrattare che avvia il procedimento di gara.

Inoltre, questa posizione sembra anche confermata dalla successive considerazioni espresse nella determinazione. In cui, puntualizzato che le due modalità procedurali di acquisto sul mercato elettronico (RdO e OdA) non sono compatibili con le procedure previste per l’affidamento di contratti sopra soglia, l’ANAC rileva che “nella specifica evenienza dell’irreperibilità o dell’inidoneità oggettiva e non opinabile, del bene sul mercato elettronico, dovrà essere prudentemente valutata dall’amministrazione anche la possibilità di richiedere tramite richieste di offerta (RdO), invitando almeno cinque fornitori, modifiche o integrazioni rispetto a quanto pubblicato sul catalogo, ciò che dovrà trovare, comunque, compiuta evidenza nella motivazione della determinazione a contrarre”.

Pertanto, nel caso in cui il RUP si accerti della presenza extra mercato virtuale di offerte che a pari condizioni tecniche  abbiano un prezzo più vantaggioso, come anche suggerito nelle FAQ di Consip (sia pure in modo discutibile),  può benissimo suggerire all’appaltatore di aderire ad uno dei bandi e inserire la propria offerta nella vetrina.

Solo in questo caso l’acquisto sarebbe legittimato  e non anche l’eventuale acquisizione fuori mercato elettronico.

Gli obblighi, le alternative e le deroghe

La norma delinea chiaramente l’ambito soggettivo che, ad eccezione dei comuni capoluogo, coinvolge ogni altro comune a prescindere dalla dimensione abitativa.

Mentre il primigenio obbligo (contenuto nel d.l. 201/211) riguardava i soli comuni – che dovevano utilizzare la centrale unica in ambito provinciale – con meno di 5 mila abitanti.

Secondo l’ANAC, l’obbligo dell’accorpamento dei procedimenti di gara riguarda anche le società partecipate ed in house dei comuni. Anche per il  timore che tali società possano costituire un mezzo per eludere gli obblighi sottesi alla novella innestata nel comma 3-bis dell’articolo 33 del codice dei contratti.

Con la logica conclusione, pertanto,che “alle società in house strumentali dei comuni non capoluogo di provincia nonché a quelle preposte allo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di competenza dei medesimi, stante il regime più stringente di operatività cui sono sottoposte dall’art. 13, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, si applica lo stesso regime giuridico dei comuni controllanti, dettato dal comma 3-bis dell’art. 33 del Codice”.

Ciò evidenziato, l’ambito delle eccezioni e/o delle deroghe è piuttosto limitato.

In primo luogo, per effetto della modifica intervenuta con la legge 190/2014, “le disposizioni di cui al comma 3-bis dell’articolo 33 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, modificato da ultimo dall’articolo 23-bis del presente decreto, non si applicano alle acquisizioni di lavori, servizi e forniture da parte degli enti pubblici impegnati nella ricostruzione delle località  indicate nel decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e di quelle indicate nel decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º agosto 2012, n. 122”.

Di rilievo, e discussa, è la deroga per i soli comuni con più di 10 mila abitanti – che non siano, evidentemente, comuni capoluogo – che si sostanzia in una franchigia fino all’importo di 40 mila euro.

Nell’ambito di tale importo il comune delle dimensioni predette può avviare procedure autonome sempre ossequiando le norme che, per gli acquisti sottosoglia di beni e servizi, impongono il  passaggio attraverso una delle  forme di mercato elettronico.

Quindi, rispetto al pregresso regime – che comunque riguardava i soli comuni con meno di 5 mila abitanti – il legislatore non ha escluso delle procedure dall’obbligo di centralizzazione (come avveniva con la legge 147/2013, articolo 1, comma 343) le “acquisizioni di lavori, servizi e forniture, effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché nei casi di cui al secondo periodo del comma 8 e al secondo periodo del comma 11 dell’articolo 125” ma, ha introdotto una preclusione di tipo selettivo stabilendo che fino a cifre inferiori a 40 mila euro, i soli comuni con più di 10 mila abitanti possono esperire procedure d’acquisto autonome (così  come posso decidere di autovincolarsi e ricondurre tali procedure ad una unica centrale d’appalti).  

Non sono coinvolti, come già detto, nell’obbligo in parola i comuni capoluogo di provincia e, sotto il profilo oggettivo, la centralizzazione non riguarda gli appalti esclusi e le concessioni di servizio come l’ANAC – in modo discutibile almeno in relazione agli appalti esclusi – aveva già precisato con la determinazione n. 3/2015.   

Sotto il profilo operativo, non si ritenga superfluo, occorre precisare che, anche per la loro natura, gli enti non hanno l’obbligo di accentrare le acquisizioni in amministrazione diretta proprio perché tale fattispecie – si pensi ad un cantiere avviato in economia con mezzi e personale della stazione appaltante – non è un appalto.

Mentre rimangono soggetti gli acquisti/lavori necessari per avviare il cantiere (con l’eccezione fino a  40 mila euro per i comuni con più di 10 mila abitanti).

La norma – come noto – prevede alcune alternative alla centralizzazione in realtà solo apparenti.

I comuni, infatti, possono affrancarsi dall’obbligo di costituire o aderire ad una stazione unica costituita in seno all’unione di comuni o di rivolgersi ai “competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province”  se procedono all’acquisizione di “beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento”.

Ora, è del tutto evidente la parzialità di una simile alternativa.

Si pensi al caso dei lavori pubblici o anche al caso in cui il bene/servizio non sia  reperibile nei sistemi telematici.

E’ chiaro che ciò imporrà quanto meno di richiedere l’espletamento della  gara d’appalto ad un soggetto aggregatore o di  rivolgersi alla stazione dell’unione o agli uffici della provincia.

Circa le  forme di aggregazione, l’ANAC ritiene che non vi sia un primigenia delle unioni dei comuni.

In questo senso, in determina si legge che “il riferimento del comma 3-bis all’unione di comuni “ove esistenti” non può intendersi come volto a stabilire un primato delle unioni rispetto alle altre modalità di aggregazione. A conferma di tale lettura risulta determinante la previsione dell’art. 2, comma 28 della legge 24 dicembre 2007 n. 244 (finanziaria 2008) che ad ogni amministrazione comunale consente l’adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33. Ciò che comporta non solo di evitare un dispendioso utilizzo di “moduli aggregativi di scopo” ma altresì di favorire la specializzazione del buyer pubblico, con conseguente efficientamento del sistema”.

La precisazione, evidentemente autorevolissima, non appare condivisibile anche perché il moltiplicarsi di forme aggregative, inevitabilmente, determina un dispendio eccessivo di risorse. Chi  scrive, ritiene che una volta costituita l’unione, l’ente aderente non possa cercare all’esterno un ulteriore forma di centrale unica (se non il soggetto aggregatore regionale e/o Consip). 

Le regioni a statuto speciale

Per quanto concerne le regioni a statuto speciale, la determinazione conferma la non immediata applicabilità della disposizione nel senso che tali regioni devono prima recepirla.

In questo senso, del resto, dispone il comma 50-bis della legge 89/2014 (di conversione del d.l. 66/2014) c.d. clausola di salvaguardia.

Le concrete modalità operative

Rivestono carattere di novità le indicazioni espresse in relazione alla nomina del RUP.

La particolarità applicativa,  infatti, che impone la norma è quella di considerare che una parte del procedimento rimane in capo all’ente richiedente (salvo che siano stati conferiti in unione dei comuni gli interi servizi di riferimento). Circostanza, pertanto, che impone la nomina di un referente unico, così come in fase di esecuzione può essere necessaria la nomina del RUP (se non occorre nominare il direttore dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 300 del regolamento attuativo del codice degli appalti).

Sulla competenza alla nomina del RUP occorre pertanto distinguere a seconda di come viene distribuito il procedimento.

Se la stazione appaltante unica si occupa di tutta la procedura, dalla programmazione all’aggiudicazione ed addirittura all’esecuzione del contratto, e sul soggetto a cui fa capo la stazione unica che ricade l’onere della nomina del RUP.      

Non v’è dubbio, si legge in determina che “la riferibilità di tutte le fasi ad un unico centro decisionale e gestionale implichi la necessaria individuazione di un unico RUP da parte della struttura che gestisce la gara (che per sua stessa funzione difficilmente potrà essere un mero organo di una forma associativa non strutturata): in tale ipotesi il RUP sarà, di regola, individuato tra i dipendenti in servizio presso la medesima oppure, in caso di carenza in organico, potrebbe essere assegnato alla struttura un dipendente dei comuni interessati, previa intesa e nel rispetto del principio di rotazione e di competenza tecnica con riferimento agli acquisti che man mano si succedono nel tempo. Resta fermo che anche in tal caso il RUP dovrà profilarsi sui sistemi dell’Autorità anche come RUP del modulo aggregativo per cui gestisce la procedura di gara”.

Ovviamente, i vari adempimenti relativi all’acquisizione del CIG nonché alla comunicazione dei dati ex art. 7 comma 8 del Codice nonché l’escussione dell’AVCPass, competeranno a questo soggetto.

Nel caso in cui l’ente decida di avvalersi dell’alternativa rivolgendosi alle convenzioni Consip o di altro soggetto aggregatore direttamente, dovrà procedere ai sensi dell’articolo 274 del regolamento attuativo e nominare direttamente il RUP.

Allo stesso modo, se per aderire alla convenzione o sottoscrivere l’accordo quadro si rivolge alla stazione unica sarà quest’ultima a nominare  il RUP ai sensi della norma predetta per tutti gli adempimenti sopra sintetizzati.

L’ultima possibilità, a sommesso avviso quella più frequente, è quella determinata dalla costituzione o adesione ad una stazione unica appaltante che deve svolgere esclusivamente le gare d’appalto.

In questo caso, il comune aderente o richiedente la  gara dovrà occuparsi – salvo diversi accordi –  dell’intera procedura propedeutica alla fase pubblicistica della gara vera e propria (programmazione, progettazione e similare). Per queste incombenze dovrò nominare uno specifico RUP – così come per la fase di esecuzione -, RUP, come anche si evince nella determinazione che potrà essere “utilizzato” dalla stessa stazione appaltante unica.

A tal riguardo, l’ANAC sottolinea che “l’individuazione del RUP da parte del singolo comune dovrà sicuramente avvenire per le fasi di propria competenza (progettazione ed esecuzione). In ossequio al principio di unicità del RUP per le diverse fasi, lo stesso potrà essere designato, in seno al modulo aggregativo per la gestione della gara, secondo le modalità più consone, in base all’ordinamento del personale, al caso e per il tempo necessario all’espletamento della medesima gara”.

Ovviamente, in tale ipotesi il RUP dovrà profilarsi sui sistemi dell’Autorità anche come RUP del modulo aggregativo per cui gestisce la procedura di gara e in relazione ai relativi centri di costo, specificando di volta in volta per conto di quale soggetto (comune o modulo aggregativo) agisce.

Inoltre, il medesimo RUP, dovrà curare  gli altri adempimenti di legge che riguardano l’acquisizione del CIG, le comunicazioni dell’art. 7 comma 8 del Codice.

La verifica dei requisiti sul sistema AVCpass seguirà le regole di cui alla deliberazione n. 111/2012 e successive modifiche, e il versamento del contributo di gara all’Autorità sarà disposto dal (RUP del) modulo aggregativo che bandisce la gara.

Escluse le proroghe dei contratti   

In modo condivisibile, l’ANAC si sofferma anche sulla questione relativa alle eventuali proroghe dei contratti motivati con l’imminenza dell’obbligo. 

Una simile operazione – già di per se in contrasto con i principi normativi – poteva ritenersi consentita in relazione alla primigenia scadenza non ora in cui, ripetutamente, l’obbligo della centralizzazione è stato posposto. 

In tal senso, in determina si legge che “stante l’ulteriore proroga del termine di applicazione della disposizione del comma 3-bis, che ha, di fatto, fornito più ampi margini di adeguamento alla novella normativa in parola, non si ritengono giustificate proroghe dei contratti in essere al fine di dare piena attuazione all’obbligo contemplato dalla citata disposizione”.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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