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1. Considerazioni generali

Come è noto, il 26 ottobre 2016 l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha approvato, con delibera del Consiglio n. 1097, le Linee guida n. 4, aventi ad oggetto “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”.

Con l’adozione di tali Linee guida, l’ANAC ha dato attuazione al disposto dell’art. 36, comma 7, del Codice che stabiliva che, entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore, l’Autorità avrebbe dovuto individuare le modalità di dettaglio per supportare le stazioni appaltanti e migliorare la qualità delle procedure sotto soglia, delle indagini di mercato, nonché per la formazione e gestione degli elenchi degli operatori economici.

Le Linee guida n. 4, dal contenuto non vincolante secondo quanto detto dal Consiglio di Stato nel suo parere n. 1903 del 2016[1], hanno tuttavia costituito sin dalla loro adozione un fondamentale strumento di lavoro per tutti gli operatori del settore, se si considera l’enorme incidenza degli affidamenti sotto soglia comunitaria sul complessivo sistema degli appalti pubblici. Le procedure negoziate ex art. 36, infatti, sono spesso le uniche o quasi ad essere utilizzate da una larga fetta di stazioni appaltanti. Da qui l’importanza strategica di una buona regolazione, anche e soprattutto a livello di soft law, considerata la vaghezza e stringatezza delle attuali previsioni legislative sul tema.

L’art. 36 del nuovo Codice ha invero creato non pochi problemi interpretativi al momento della sua entrata in vigore, problemi non completamente risolti dalle Linee guida ANAC. Ma tant’è. Ora, a seguito delle importanti novità che il decreto correttivo del Codice[2] ha apportato proprio a tale disposizione, si è resa indispensabile una revisione delle Linee guida n. 4. E’ così che l’ANAC, l’8 settembre scorso, ha posto in consultazione on line l’aggiornamento delle Linee guida sugli affidamenti sotto soglia, chiedendo agli stakeholders di esprimere le loro osservazioni entro il 25 settembre.

A dire il vero, trattandosi di una revisione di Linee guida già esistenti, l’Autorità, dopo aver messo in rilievo gli aspetti che sarebbero stati oggetto di modifica e aver evidenziato una serie di questioni problematiche formulando altrettante ipotesi di soluzione, ha chiesto agli stakeholders di pronunciarsi esclusivamente sugli aspetti oggetto di modifica e non sulle altre parti delle Linee guida, per così dire, ormai consolidate.

Le questioni problematiche affrontate in modo particolare dall’ANAC sono essenzialmente due: la prima attiene alle modalità di verifica dei requisiti dell’aggiudicatario in caso di affidamento diretto, la seconda, invece,  all’applicazione pratica del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti[3].

Prima di passare all’esame di tali aspetti e delle considerazioni svolte in merito dall’Autorità, appare opportuno fare preliminarmente il punto sulle modifiche apportate dal decreto correttivo all’art. 36 del Codice.

Il decreto correttivo del Codice degli appalti ha innovato profondamente l’art. 36 in tema di affidamenti sotto soglia. Da qui la necessità per l’ANAC di adeguare le Linee guida n. 4, adottate su tale materia alla fine del 2016. La bozza di Linee guida revisionate è stata ora posta in consultazione on line.

2. Le modifiche apportate dal decreto correttivo del Codice degli appalti all’art. 36 sui contratti sotto soglia

L’art. 36 è stato profondamente modificato in più parti dal decreto correttivo.

In primo luogo, al comma 1 è stato inserito, quale principio fondamentale cui le stazioni appaltanti non possono sottrarsi, il principio di rotazione “degli inviti e degli affidamenti”.

Altra novità è la precisazione, al comma 2, lett. a), in tema di affidamento diretto, che quest’ultimo possa avvenire “anche senza previa consultazione di due o più operatori economici”. Tale modifica appare curiosa perché, nella precedente versione, la norma non poneva come condizione necessaria per l’affidamento diretto la previa consultazione di due o più operatori. Tale previsione era in realtà contenuta soltanto nelle Linee guida, attualmente in via di revisione. Ciò significa che il legislatore, in sede di decreto correttivo, ha inteso modificare la norma facendo riferimento in realtà ad una previsione di soft law – neppure vincolante – che ha voluto, di fatto, cancellare ad abundantiam per legge!

Ancora, è stata ampliata la rosa di operatori economici da consultare per gli affidamenti di lavori: più precisamente, per le procedure negoziate di importo inferiore a 150.000 euro, occorre invitare, se esistenti, almeno dieci operatori economici a fronte dei cinque previsti nel testo previgente; per le procedure di importo compreso tra i 150.000 e il milione di euro, sarà necessario consultare almeno quindici operatori economici, sempre ove esistenti.

Il decreto correttivo ha inoltre aggiunto un inciso alla lettera d) del comma 2, prevedendo che, per i lavori di importo pari o superiore a un milione di euro, è necessario ricorrere alle procedure ordinarie << fermo restando quanto previsto dall’articolo 95, comma 4, lettera a)>>, ovvero è possibile utilizzare in questi casi il criterio di aggiudicazione del minor prezzo, alle condizioni ivi definite[4].

Ancora, è stato modificato in modo sostanziale il comma 3 in tema di affidamenti di lavori per opere di urbanizzazione a scomputo di importi inferiori alla soglia comunitaria, per i quali prima erano ammesse soltanto le procedure ordinarie mentre ora, a seguito della novella legislativa, è possibile altresì l’impiego delle procedure negoziate, dato il nuovo richiamo alle previsioni del comma 2 (che appunto regolamenta l’affidamento diretto e la procedura negoziata con consultazione di un certo numero di operatori economici).

Di rilievo sono anche le modifiche apportate in tema di verifica dei requisiti dei concorrenti.

In primo luogo, il decreto correttivo riformula i commi 5 e 6, eliminando ogni riferimento alla consultazione della Banca dati nazionale degli operatori economici di cui all’articolo 81, e riscrivendoli in modo più organico.

E’ poi inserito l’innovativo comma 6-bis il quale dispone che <<nei mercati elettronici di cui al comma 6, per gli affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, la verifica sull’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 è effettuata su un campione significativo in fase di ammissione e di permanenza, dal soggetto responsabile dell’ammissione al mercato elettronico. Resta ferma la verifica sull’aggiudicatario ai sensi del comma 5>>.

Ultima rilevante novità introdotta dal correttivo è il penultimo periodo del comma 7, che prevede l’aggiornamento delle Linee guida ANAC e la precisazione che le stesse debbano trattare le seguenti tematiche: le specifiche modalità di rotazione degli inviti e degli affidamenti; l’attuazione delle verifiche sull’affidatario scelto senza svolgimento di procedura negoziata e l’effettuazione degli inviti quando la stazione appaltante intenda avvalersi della facoltà di esclusione delle offerte anomale. Come detto, l’odierna revisione delle Linee guida in esame trae origine proprio da tale disposto normativo.

Come già accennato, da un’attenta analisi delle modifiche sin qui sinteticamente descritte può evincersi facilmente come i due temi essenziali su cui il legislatore ha voluto incidere e che, di conseguenza, hanno attirato maggiormente l’attenzione dell’Autorità in fase di aggiornamento delle Linee guida sono: la semplificazione in tema di verifica del possesso dei requisiti dell’aggiudicatario, in particolare nella procedura di affidamento diretto, e il principio di rotazione, la cui cogenza è ribadita con forza dal legislatore.

Esaminiamo ora distintamente le due tematiche.

Il decreto correttivo al Codice degli appalti ha modificato in più parti l’art. 36, dedicato agli affidamenti sotto soglia. Sono state introdotte importanti novità, in particolare, in tema di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in tema di verifica del possesso dei requisiti da parte dell’aggiudicatario.

3. La semplificazione della verifica del possesso dei requisiti

Occorre preliminarmente dire che, nell’ambito delle procedure negoziate di cui all’art. 36, comma 2, la verifica del possesso dei requisiti risulta essere obbligatoria per il solo aggiudicatario e facoltativa, a discrezione della stazione appaltante, per gli altri partecipanti. E sin qui, nessuna novità, posto che tali previsioni esistevano già nella versione dell’art. 36 ante correttivo. La novità risiede più che altro nel dettato del comma 7 nella parte in cui dispone che nelle Linee guida di ANAC <<sono anche indicate specifiche modalità (…) di attuazione delle verifiche sull’affidatario scelto senza svolgimento di procedura negoziata>>.

Su tale aspetto, l’Autorità svolge una interessante riflessione. Si legge infatti nel documento posto in consultazione per gli stakeholders che <<il fatto che il legislatore abbia scelto di rinviare ad ANAC la disciplina delle verifiche da condurre sull’aggiudicatario in caso di affidamento diretto lascia intendere che lo stesso ritenga opportuna una regolamentazione difforme rispetto a quella, già semplificata, prevista per le procedure negoziate. Si tratta, quindi, di individuare le modalità per semplificare ulteriormente le verifiche da effettuare per gli acquisti di importo modesto con la garanzia del rispetto della legalità degli affidamenti>>.

Ciò premesso, l’ANAC invita gli stakeholders a volersi pronunciare su una serie di possibili soluzioni semplificatorie alternative tra loro, che l’Autorità stessa formula.

La prima soluzione proposta è quella di confermare, anche per gli affidamenti diretti, la medesima disciplina prevista per le procedure negoziate, verificando quindi il possesso da parte dell’aggiudicatario di tutti i requisiti previsti. Si tratterebbe di una soluzione che non modifica l’attuale assetto, ma che sicuramente sarebbe da preferire se si volesse dare priorità alla preminenza dell’interesse pubblico alla legalità.

Tale soluzione tuttavia non convince, non fosse altro perché vanifica la previsione legislativa di una espressa, ulteriore semplificazione della procedura di verifica nell’ambito degli affidamenti diretti. Se si adottasse tale soluzione, nulla cambierebbe rispetto allo status quo e pertanto non vi sarebbe alcuna ulteriore semplificazione. 

La seconda possibilità prospettata dall’ANAC è quella di prevedere la facoltà per la stazione appaltante di non effettuare il controllo dei requisiti di ordine generale e speciale in determinati casi, ad esempio per gli affidamenti di importo inferiore a determinate soglie e/o per gli acquisti sul mercato elettronico. In tale ultimo caso, in particolare, tale soluzione sarebbe assolutamente opportuna se si tiene conto del fatto che i controlli, seppure a campione, sono stati effettuati per l’ammissione e la permanenza nello stesso, come ha previsto il nuovo comma 6-bis dell’art. 36.

Tale ipotesi costituirebbe una effettiva semplificazione per le stazioni appaltanti, che spesso si trovano a dover procedere ad affidamenti di minimo importo, i quali tuttavia, a dispetto del loro scarso rilievo finanziario, comportano comunque una mole di adempimenti burocratici non indifferente.

E’ anche vero, però, che tale soluzione andrebbe a discapito della tutela dell’interesse pubblico alla legalità e alla verifica di affidabilità dell’operatore economico contraente della PA. Si tratterebbe forse di ponderare attentamente il novero delle fattispecie alle quali applicare tale semplificazione, limitandole esclusivamente agli affidamenti di modico valore e agli acquisti sul MEPA, già soggetti ad un seppur parziale controllo. 

Una terza opzione proposta dall’ANAC, sempre con esclusivo riferimento agli affidamenti di importo inferiore a determinate soglie e/o per gli acquisti sul mercato elettronico, è quella di limitare le verifiche della stazione appaltante al controllo dell’assenza di annotazioni a carico dell’aggiudicatario nel casellario informatico dell’Autorità.

Infine, l’ultima soluzione proposta è quella di prevedere un minor numero di controlli sull’aggiudicatario, ad esempio, solo quelli considerati obbligatori dalla direttiva 2014/24/UE: assenza di condanne penali e di irregolarità fiscali e contributive. In termini pratici, tale ultima soluzione appare invero una “finta” semplificazione in quanto gli operatori del settore ben conoscono i tempi – non certamente rapidi, di regola – necessari affinché le stazioni appaltanti ottengano i riscontri da parte dei competenti Uffici sulla regolarità fiscale e contributiva del concorrente.

Il legislatore ha voluto, con il decreto correttivo, una regolamentazione della verifica dei requisiti del futuro contraente negli affidamenti diretti più semplificata rispetto a quella prevista per le procedure negoziate. L’ANAC ha perciò individuato quattro possibili modalità per semplificare ulteriormente le verifiche da effettuare per gli acquisti di importo modesto, ferma restando la garanzia del rispetto della legalità degli affidamenti.

Decisamente più efficace è invece la soluzione proposta dall’ANAC in tema di modalità di verifica dei requisiti dell’affidatario nel caso di esigenza impellente di assicurare la tempestiva esecuzione del contratto, non compatibile con i tempi ordinari.

L’Autorità propone che la stazione appaltante chieda all’operatore economico selezionato di dichiarare il possesso dei requisiti mediante autocertificazione, da rendersi in conformità al D.P.R. n. 445 del 2000. La stazione appaltante avvierebbe, in tal modo, tempestivamente il controllo dei requisiti oggetto di autocertificazione, dando conto, con adeguata motivazione, nel primo atto successivo alle verifiche effettuate della sussistenza dei relativi presupposti.

Nel contratto oggetto di affidamento la stazione appaltante avrebbe poi cura di prevedere che non si possa procedere al pagamento, neppure parziale, del corrispettivo previsto in assenza delle verifiche positive sul possesso dei requisiti oggetto di autocertificazione. Occorrerebbe altresì prevedere in contratto che, qualora fosse accertata l’assenza di uno dei requisiti autocertificati, l’amministrazione recederebbe dal contratto, fatto salvo il pagamento dei servizi già eseguiti e il rimborso delle spese sostenute, nei limiti delle utilità conseguite, oltre a procedere alle segnalazioni alle competenti Autorità.

Sicuramente, lo strumento dell’autocertificazione del possesso dei requisiti, unitamente alla possibilità di stipulare il contratto e avviare l’esecuzione delle relative prestazioni prima della conclusione delle verifiche sul possesso dei requisiti, è una effettiva semplificazione, a tutto vantaggio della celerità della procedura. La stazione appaltante dovrà comunque essere virtuosa nell’avviare prontamente le verifiche, posto che non può giungersi al pagamento del corrispettivo fintanto che non si abbia l’esito (positivo) delle stesse.

Anche su tale proposta, l’Autorità ha chiesto agli stakeholders di formulare le proprie osservazioni.

4. La problematica del principio di rotazione. La posizione della giurisprudenza sul punto

La seconda questione su cui l’Autorità si sofferma è quella relativa alle modalità di rotazione degli inviti e degli affidamenti, la cui disciplina, ai sensi dell’art. 36, comma 7, del Codice dei contratti pubblici è affidata, appunto, alle Linee guida.

Prima di esaminare nel dettaglio in che modo l’Autorità affronti la problematica e quali soluzioni propone, si ritiene opportuno riassumere per grandi linee che interpretazione ha dato la giurisprudenza in tema di applicazione del principio di rotazione prima che il decreto correttivo intervenisse sul punto.

Occorre premettere che, in merito, la giurisprudenza è stata piuttosto oscillante ed è tuttora divisa.

In principio, in vigenza del vecchio Codice che pur contemplava il principio di rotazione tra i principi fondamentali cui dovevano essere improntate le procedure di affidamento in economia, a contemperamento della ridotta tutela della pubblicità e della trasparenza, la giurisprudenza, soprattutto del Consiglio di Stato[5], sosteneva che l’applicazione del principio di rotazione comportasse la facoltà – si badi bene, non l’obbligo – di non invitare ad una nuova procedura l’affidatario uscente, al fine di non favorire la creazione di rendite di posizione e favoritismi. Laddove però l’affidatario ne facesse esplicita richiesta, il mancato invito alla nuova procedura doveva essere adeguatamente motivato.

Più in generale, secondo tale orientamento, sarebbe certamente ammissibile procedere ad affidare appalti sotto soglia ad imprese già aggiudicatarie di precedenti procedure in caso di stretta necessità e previa adeguata motivazione. Non solo: l’eventuale mancata applicazione del principio di rotazione non inficerebbe una procedura già espletata, laddove la stessa fosse stata comunque condotta in modo da garantire un confronto concorrenziale trasparente.

Con il passar del tempo e, soprattutto, una volta entrato in vigore il nuovo Codice, la giurisprudenza, specialmente di merito, ha assunto posizioni via via più rigorose.

Il nuovo Codice in realtà giustifica e rafforza il principio di rotazione, in quanto non lo enumera quale principio accessorio e complementare rispetto a quello della tutela della concorrenza, ma lo pone sullo stesso piano degli altri principi e gli annette, quale funzione fondamentale, non solo e non tanto quella di evitare la creazione di rendite di posizione, ma anche e soprattutto quella di favorire il rilancio dell’economia attraverso il coinvolgimento nelle procedure negoziate delle micro, piccole e medie imprese.

In quest’ottica, il rispetto del principio di rotazione da parte delle stazioni appaltanti appare decisamente più cogente perché, dinanzi a tale finalità superiore (il rilancio dell’ormai asfittica economia italiana), cedono il passo considerazioni pur ragionevoli quali, ad esempio, il fatto che invitare l’affidatario uscente sia comunque opportuno se l’operatore economico in questione abbia già dato prova di essere serio, affidabile e di offrire prezzi competitivi.

Il nuovo Codice conferisce al principio di rotazione la funzione fondamentale di favorire il rilancio dell’economia attraverso il coinvolgimento nelle procedure negoziate delle microimprese, piccole e medie imprese. Tale funzione si aggiunge a quella, già riconosciuta dalla giurisprudenza, di evitare la creazione di rendite di posizione.

I più recenti arresti giurisprudenziali[6] sulla questione tendono a interpretare l’applicazione del principio di rotazione come un vero e proprio obbligo, che non ammette deroghe se non in casi del tutto eccezionali.

Anche il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Sicilia, ad esempio, si è recentemente pronunciato[7] sull’applicazione del principio di rotazione esaminando le due contrapposte tesi: quella più restrittiva, per cui il principio comporterebbe l’obbligo per la stazione appaltante di non invitare il precedente affidatario dell’appalto alla nuova procedura senza gara avviata per analoghe commesse, e quella più morbida, secondo la quale il principio di rotazione sarebbe <<un criterio solamente relativo, comunque cedevole rispetto al principio della massima partecipazione>>. In questa seconda chiave di lettura, il principio di rotazione sarebbe posto a tutela dei soggetti pretermessi piuttosto che degli operatori economici invitati alla procedura negoziata. <<La principale ragione invocata a sostegno delle declinazioni più morbide del principio di rotazione – spiega il Consiglio di Giustizia amministrativa – è quella che riguarda proprio la tutela della concorrenza. Si afferma infatti che far derivare dal criterio della rotazione una regola di non candidabilità per il gestore uscente entrerebbe in rotta di collisione con i principi del Trattato>>. Tuttavia, il Collegio osserva che <<il ragionamento, all’apparenza suggestivo, è tuttavia controvertibile tutte le volte in cui il vecchio gestore abbia (già) beneficiato di una deroga anticoncorrenziale, aggiudicandosi un appalto al di fuori di una procedura di gara, e pretenda di continuare a sfruttare quella medesima deroga candidandosi ed aggiudicandosi anche il nuovo appalto, sempre senza gara. Quando, invece, è ragionevole che il principio di rotazione imponga che la prima deroga, al meccanismo della gara e al pieno espandersi della concorrenza, sia bilanciata da una regola di non immediata (ri)candidabilità. Una simile declinazione è la sola in grado di dare senso e sostanza (e non solo apparenza) al principio di rotazione e può, oltre tutto, avere un effetto dissuasivo nei confronti delle non infrequenti pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo>>.

Particolarmente interessante è anche la posizione assunta poche settimane fa dal Consiglio di Stato[8], il quale sostiene che <<la regola della rotazione degli inviti e degli affidamenti (…) amplia le possibilità concrete di aggiudicazione in capo agli altri concorrenti, anche (e a maggior ragione) quelli già invitati alla gara, i quali sono lesi in via immediata e diretta dalla sua violazione>>. Da ciò, la conclusione che il principio di rotazione faccia divieto ‒ salvo motivate eccezioni ‒ di invitare il gestore uscente in occasione del primo affidamento della concessione. In risposta alla questione di costituzionalità sollevata dall’appellante, il Supremo Collegio – sempre nella sentenza citata – afferma inoltre che <<il carattere “asimmetrico” del dispositivo che impone la rotazione degli inviti e degli affidamenti ha proprio il fine di riequilibrare e implementare le dinamiche competitive del mercato, in cui il gestore uscente affidatario diretto della concessione di servizi è in una posizione di vantaggio rispetto alle altre concorrenti; (…) l’art. 36 (del Codice, ndr) contiene una norma pro-competitiva che favorisce l’ingresso delle piccole e medie imprese nei mercati ristretti, e che comprime, entro i limiti della proporzionalità, la parità di trattamento che va garantita anche al gestore uscente, al quale ‒ salvo motivate eccezioni ‒ si impone soltanto di “saltare” il primo affidamento, di modo che alla successiva gara esso si ritrovi in posizione paritaria con le altre concorrenti; (…) l’aumento delle chances di partecipazione dei competitors “esterni” (assicurata dal principio di rotazione) favorisce l’efficienza e l’economicità dell’approvvigionamento dei servizi>>.

A soluzioni ancora più estreme è infine, recentemente, giunto un TAR[9], sostenendo che il principio di rotazione escluderebbe la possibilità di invitare non solo l’affidatario uscente ma anche tutti i precedenti aggiudicatari, così da privilegiare gli operatori del settore che non abbiano mai svolto il servizio in questione. 

L’ANAC propone soluzioni per affrontare alcune criticità che potrebbero manifestarsi in concreto a seguito dell’applicazione rigorosa del principio di rotazione, sia negli inviti che negli affidamenti, e chiede agli stakeholders di formulare le proprie valutazioni al fine di adeguare le Linee guida, al momento solo in stato di bozza.

5. Segue: la problematica del principio di rotazione. La posizione dell’ANAC nel documento di consultazione ANAC di aggiornamento delle Linee guida

La descritta querelle giurisprudenziale sull’interpretazione – morbida o rigorosa – da dare al principio di rotazione è stata evidentemente presa in seria considerazione dall’ANAC, che ha trattato diffusamente le varie possibili implicazioni negative di una applicazione rigida dello stesso.

Nella bozza di Linee guida revisionate, infatti, l’Autorità riflette sul fatto che escludere dalla possibilità di partecipare ad una procedura negoziata il precedente affidatario <<potrebbe essere controproducente per la stazione appaltante, che potrebbe vedersi privata della possibilità di ricorrere alle prestazioni di un operatore economico che si è comportato in modo corretto ed efficiente>>. In secondo luogo, l’operatore economico aggiudicatario, sapendo di non poter essere riconfermato, potrebbe essere invogliato a tenere un comportamento poco corretto in fase di esecuzione contrattuale.

L’Autorità affronta anche le possibili conseguenze negative di una rigorosa applicazione della rotazione degli inviti. In tal caso, l’esclusione da successivi inviti o dalla possibilità di un affidamento diretto di un soggetto che non è stato aggiudicatario di una precedente gara alla quale, tuttavia, ha partecipato, rischierebbe di penalizzare fortemente le imprese. L’ANAC afferma in proposito che <<gli operatori economici, sapendo di giocare l’unica chance (almeno per un certo periodo di tempo) di potersi aggiudicare un contratto con una determinata stazione appaltante, saranno indotti a formulare offerte molto competitive, con il rischio di non poter assicurare in fase di esecuzione contrattuale quanto offerto in sede di gara (offerte anomale)>>. Non solo: la mancata considerazione delle imprese già invitate in precedenza per successivi inviti potrebbe, in presenza di elenchi di operatori non molto lunghi, rendere prevedibile il nominativo degli operatori economici da invitare nelle successive procedure, con rischi per la concorrenza in gara.

Un’altra rilevante questione problematica affrontata dall’ANAC, sempre in tema di rotazione degli inviti, è quella di stabilire come tener conto del valore degli affidamenti nell’attuazione del principio di rotazione.

L’Autorità, correttamente, fa presente che <<i contratti sotto soglia comunitaria, via via affidati da una determinata stazione appaltante, possono essere di importo molto differente tra loro, passando da contratti di modico valore a contratti che raggiungono il valore limite della soglia. L’operatore economico che è invitato a partecipare alla procedura per l’affidamento di un contratto di modico valore potrebbe, quindi, vedersi pregiudicata la possibilità di essere invitato a presentare offerta per l’aggiudicazione di un contratto di ben più considerevole importo, laddove il precedente invito impedisca inviti per le gare successive>>. Da tale considerazione discende la conseguenza che il riconoscimento di pari opportunità, sotteso al principio di rotazione, dovrebbe presupporre parità di valore della chance concessa.

Al fine di ovviare alle possibili criticità evidenziate, l’Autorità chiede agli stakeholders di voler formulare le proprie osservazioni con riferimento ad una rosa di proposte che essa stessa avanza.

La prima potrebbe essere quella di suddividere l’elenco degli operatori economici, oltre che per tipologia di affidamento, anche per fasce di importo, considerando ogni sezione come elenco a sé stante. In questo caso, si procederebbe ad applicare il principio di rotazione all’interno di ciascuna sezione (fascia di importo) e si eviterebbe il rischio che un operatore economico, già affidatario di un appalto di modico valore, si veda escluso per ciò solo da una procedura di valore più cospicuo, pur se sempre sotto soglia.

Una seconda possibile proposta è quella di adottare il principio di rotazione secondo un principio di casualità, ovvero permettendo di selezionare nuovamente un soggetto già selezionato per un precedente affidamento, eventualmente escludendo il solo affidatario. Tale proposta avrebbe il pregio di eliminare il rischio di moral hazard determinato dalla consapevolezza per gli operatori economici di avere un’unica chance di ottenere commesse da ciascuna stazione appaltante. Secondo l’Autorità, in presenza di elenchi numerosi o relativi ad affidamenti frequenti da parte della stazione appaltante, non vi dovrebbe essere una alterazione significativa delle probabilità di estrazione dei singoli operatori economici.

Infine, un’ultima esigenza cui dare risposta è quella di stabilire quando consentire il superamento del divieto di selezionare un soggetto già affidatario. Il rischio paventato dall’ANAC è, in tal caso, dato dal fatto che, man mano che si eliminano dall’elenco i soggetti già selezionati, si riduce la numerosità dello stesso rischiando di rendere prevedibile la lista dei selezionati per la successiva procedura.

Una apprezzabile proposta dell’Autorità è quella di suddividere l’elenco degli operatori economici in sezioni distinte anche per fasce di importo, così da applicare il principio di rotazione all’interno di ciascuna sezione ed evitare il rischio che un operatore economico, già affidatario di un appalto di modico valore, si veda escluso per ciò solo da una procedura sotto soglia ma di valore più cospicuo.

L’ANAC pone sul tavolo le criticità e le possibili soluzioni e attende un riscontro dagli stakeholders al fine di determinare la versione definitiva delle Linee guida che, nella bozza posta in consultazione, nulla ancora dicono, per la verità, per risolvere tali aspetti problematici.

Sicuramente, la proposta di suddividere gli elenchi di operatori anche per fasce di importo è assolutamente condivisibile e oltremodo opportuna, considerato che escludere un operatore già affidatario di un appalto di modico valore da una procedura di valore ben più consistente per una rigida applicazione del principio di rotazione andrebbe invero contro una applicazione ragionevole del principio della parità di trattamento.

La seconda proposta, di adottare il principio di rotazione secondo un principio di casualità, pare, per la verità, cozzare contro l’espresso disposto legislativo dell’obbligo di rispettare la rotazione “degli inviti”, oltre che degli affidamenti. Una deroga a tale obbligo potrebbe essere ipotizzata in caso di elenchi brevi, di mercati ristretti, in cui la platea di operatori è effettivamente modesta. Specialmente in tali casi è possibile che la stazione appaltante, per garantire la più ampia partecipazione, abbia proceduto a consultare tutti gli operatori iscritti in elenco. Ciò renderebbe impossibile, per una successiva procedura, escludere dagli inviti coloro che siano stati già consultati in precedenza perché non rimarrebbe più nessuno da invitare.

La terza questione problematica – effettivamente delicata – da affrontare, vale a dire stabilire quando consentire il superamento del divieto di invitare il vecchio aggiudicatario, andrebbe probabilmente risolta stabilendo un numero di procedure massimo, superato il quale la situazione, per così dire, “si azzera” e si ricomincia ad invitare i precedenti affidatari; oppure si potrebbe stabilire che, laddove nell’elenco siano rimasti ancora da consultare per la prima volta un numero di operatori inferiore al minimo stabilito dal Codice, si debba ricominciare ad invitare gli operatori già affidatari, a partire da coloro il cui affidamento sia più risalente nel tempo.

Con riferimento poi alle modalità di selezione degli operatori economici da invitare, l’ANAC ricorda che non è possibile introdurre nuovi requisiti di partecipazione una volta costituito l’elenco, in quanto gli stessi potrebbero risultare discriminatori. La selezione dovrà essere effettuata sulla base di criteri oggettivi, che garantiscano tempi rapidi nella scelta, par condicio e indeterminatezza a priori dei soggetti da invitare.

L’ANAC evidenzia l’esigenza di stabilire quando consentire il superamento del divieto di selezionare un soggetto già affidatario, al fine di evitare il pericolo che, man mano che si eliminano dall’elenco i soggetti già selezionati, si riduca la numerosità dello stesso rischiando di rendere prevedibile la lista dei selezionati per determinate procedure.

6. Le altre questioni affrontate dall’ANAC nella bozza di Linee guida da revisionare

Un’ulteriore questione che l’ANAC è chiamata a trattare, ai sensi del nuovo comma 7 dell’art. 36, è quella relativa alla modalità di effettuazione degli inviti quando la stazione appaltante intenda avvalersi della facoltà di esclusione delle offerte anomale.

L’Autorità precisa, in merito, che la tematica non pone problemi di scelta tra opzioni alternative, in quanto la materia è già disciplinata dal Codice; tuttavia, considerata l’esistenza di interpretazioni giurisprudenziali non univoche sulle modalità di individuazione delle ali da tagliare, le nuove Linee guida propongono che la stazione appaltante comunichi nella lettera di invito se l’accantonamento delle ali sia limitato all’operazione di calcolo della media dei ribassi indicati nelle offerte ammesse oppure sia esteso anche al calcolo dello scarto medio aritmetico (soluzione indicata costantemente dall’Autorità), nonché le modalità con cui individuare e trattare eventuali offerte identiche per la determinazione delle ali (nuovo punto 5.2.6 della bozza di Linee guida).

Nel documento in consultazione sono state poi aggiunte le ulteriori modifiche imposte dal correttivo, tra cui quella relativa al calcolo del valore degli affidamenti, in particolare per quelli relativi alle opere di urbanizzazione a scomputo. E’ stato infatti introdotto un intero paragrafo, il 2, intitolato <<Il valore stimato dell’appalto>>, nel quale si precisa che <<per le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire, nel calcolo del valore stimato devono essere cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione primaria e secondaria anche se appartenenti a diversi lotti, connessi ai lavori oggetto di permesso di costruire>>.

Ancora, il fatto che nell’art. 36, comma 2, lett. a) sia stata prevista espressamente la non necessità della previa consultazione di due o più operatori ha comportato l’adeguamento del paragrafo 4.3.3 delle Linee guida, che adesso sarebbe così riformulato: <<L’onere motivazionale relativo all’economicità dell’affidamento può essere soddisfatto, ad esempio, mediante un confronto con la spesa per precedenti affidamenti o con il corrispettivo riconosciuto da altre amministrazioni per affidamenti analoghi o, se ritenuto opportuno, mediante il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici, il quale rappresenta una best practice anche alla luce del principio di concorrenza>>.

Le nuove Linee guida includono poi espressamente alcuni principi fondamentali cui le stazioni appaltanti devono informare le proprie procedure d’appalto, prima non richiamati, quali il criterio di sostenibilità energetica e ambientale e il principio di prevenzione e risoluzione dei conflitti di interessi.

Il documento posto in consultazione, infine, adegua, come è naturale, alle novità del correttivo il numero degli operatori economici da invitare alle procedure negoziate: dieci operatori anziché cinque per i lavori sotto i 150.000 euro e quindici anziché dieci per i lavori sotto il milione di euro.


[1] Si legge infatti nel citato Parere n. 1903: <<Le linee guida sull’affidamento dei contratti pubblici “sotto-soglia” possono essere annoverate tra le linee guida dell’ANAC non vincolanti, le quali, come il Consiglio ha già avuto modo di precisare, sono anch’esse atti amministrativi generali, con conseguenziale applicazione dello statuto del provvedimento amministrativo e perseguono lo scopo di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti (…). Le modalità di adozione osservate dall’ANAC seguono la forma discorsiva. La natura non vincolante delle linee guida giustifica, in questo caso, un minore rigore nell’enucleazione dell’indirizzo impartito all’amministrazione>>.

[2] D. Lgs. 19 aprile 2017, n. 56.

[3] L’ANAC ha infatti applicato pedissequamente il nuovo dettato legislativo nella parte in cui l’art. 36, comma 7, come modificato dal decreto correttivo, dispone che nelle Linee guida dell’Autorità <<sono anche indicate specifiche modalità di rotazione degli inviti e degli affidamenti e di attuazione delle verifiche sull’affidatario scelto senza svolgimento di procedura negoziata, nonché di effettuazione degli inviti quando la stazione appaltante intenda avvalersi della facoltà di esclusione delle offerte anomale>>.

[4] Art. 95, comma 4, lett. a) <<(…) per i lavori di importo pari o inferiore a 2.000.000 di euro, quando l’affidamento dei lavori avviene con procedure ordinarie, sulla base del progetto esecutivo; in tali ipotesi, qualora la stazione appaltante applichi l’esclusione automatica, la stessa ha l’obbligo di ricorrere alle procedure di cui all’articolo 97, commi 2 e 8>>.

[5] Si veda Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 6906/2011; Cons. Stato sez. III, sentenza n. 4661/2014; TAR Abruzzo – Aquila, sentenza n. 372/2016. 

[6] Si veda TAR Lombardia – Brescia, sentenza n. 1325/2015; TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, sentenza n. 419/2016; TAR Lecce, sentenza 1906/2016 e, da ultimo, Cons. Stato sez. VI, n. 4125/2017 e  TAR Campania – Salerno, sentenza n. 926/2017.

[7] Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione Siciliana, sentenza n. 188 del 12.04.2017.

[8] Cons. Stato sez. VI, n. 4125 del 31.08.2017 già citata in nota.

[9] TAR Campania – Napoli, sentenza n. 5227/2016.

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Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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