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All’interno del nuovo codice degli appalti pubblici e delle concessioni, il ruolo e le funzioni dell’Autorità Nazionale Anticorruzione risultano, come noto, notevolmente ampliate a rafforzate. Con il presente contributo verranno analizzate – con un’attenzione particolare all’impatto sugli adempimenti imposti alle stazioni appaltanti – le specifiche misure introdotte a presidio della trasparenza e del contrasto alla corruzione nel settore della contrattualistica pubblica, anche tenuto conto delle prime interpretazioni fornite dalla recente giurisprudenza amministrativa.

1. La “trasparenza totale” negli appalti pubblici

Di fortissimo impatto sull’attività delle stazioni appaltanti sono certamente le disposizioni contenute al nuovo art. 29 (Principi in materia di trasparenza) del nuovo codice, nel quale viene introdotto un generale obbligo di pubblicazione di “tutti gli atti” relativi alla programmazioneed all’affidamento degli appalti e delle concessioni: viene in tal modo superato il tradizionale obbligo di pubblicazione del solo bando di gara e della documentazione complementare, e viene introdotta la necessità di rendere pienamente conoscibili anche gli altri atti della procedura, tra i quali possono essere ricordati, a titolo esemplificativo, la nomina del responsabile del procedimento, la determinazione a contrattare, l’approvazione del capitolato speciale e così via.

Con una notevole innovazione, inoltre, viene previsto che la pubblicazione dei predetti atti venga effettuata ed aggiornata all’interno del profilo del committente[1], nella sezione amministrazione trasparente, con l’applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013[2]: ne consegue che gli atti relativi alle procedure di gara dovranno essere pubblicati in formato di tipo aperto, nel rispetto dell’art. 68 del codice dell’amministrazione digitale di cui al d.lgs. n. 82/2005[3].

Il nuovo codice impone, inoltre, la pubblicazione dei resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione nonché della composizione della commissione giudicatrice e dei curricula dei suoi componenti: l’ANAC ha chiarito, in particolare, che la stazione appaltante dovrà pubblicare ─ tempestivamente, e comunque prima dell’insediamento della commissione ─ anche il compenso dei singoli commissari nonché il costo complessivo sostenuto dall’amministrazione per la procedura di nomina[4].

Prima dell’insediamento della commissione il compenso e i curricula dei commissari vanno pubblicati in “Amministrazione trasparente”

Il secondo comma dell’art. 29 prescrive che tutti i predetti atti debbano essere pubblicati, oltre che sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche sulla piattaforma digitale istituita presso l’ANAC: a tale proposito la stessa Autorità Anticorruzione ha sottolineato che le informazioni oggetto di pubblicazione coincidono, almeno in parte, con quelle di cui all’art. 1, comma 32, della legge 190/2012, per le quali la medesima Autorità, con la deliberazione n. 39/2016, aveva già fornito specifiche indicazioni; ne consegue che, nel periodo transitorio, l’obbligo di pubblicazione all’interno della piattaforma ANAC – ancora non attiva – dovrà essere assolto con le modalità individuate nella richiamata deliberazione n. 39/2016.

Resta fermo che, a carico del soggetto che ometta (senza giustificato motivo) di fornire le informazioni richieste o che fornisca informazioni non veritiere, l’Autorità avvierà un procedimento sanzionatorio finalizzato all’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 13 dell’art. 213[5].

Ed ancora, nel nuovo codice viene disposto che, al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso avanti al Giudice amministrativo, dovranno essere pubblicati, entro due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, tutti i provvedimenti che determinano le esclusioni le ammissioni alla gara, all’esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali. La norma sembra riecheggiare, in realtà, l’istituto giuridico di cui al previgente art. 48, comma 1 del d.lgs. 163/2006, che disciplinava la verifica dell’effettivo possesso dei requisiti generali e speciali in capo ad un campione pari al 10% dei concorrenti ammessi alla gara: trattandosi, tuttavia, di istituto giuridico non riprodotto dal nuovo codice dei contratti[6], è difficile individuare con precisione il provvedimento di ammissione dei concorrenti alle fasi della gara successive alla prima seduta pubblica. Un’ipotesi ragionevole, in tal caso, sembra identificare il provvedimento che determina ammissioni ed esclusioni con il verbale della prima fase della gara[7].

Ciò in disparte, la pubblicazione – entro due giorni dall’adozione – dei provvedimenti di esclusione ai fini del decorso del termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso avanti al Giudice amministrativo non appare perfettamente coerente con la previsione di cui all’art. 76 del nuovo codice, ai sensi del quale le stazioni appaltanti comunicano d’ufficio (“immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni”) l’esclusione agli offerenti esclusi: non è chiaro, in particolare, se il termine decadenziale per impugnare l’esclusione decorra dalla pubblicazione sul sito internet della stazione appaltante oppure dalla comunicazione dell’esclusione effettuata ai sensi dell’art. 76. Facendo appello, anche in tal caso, ad una soluzione operativa ispirata più dal buon senso che dalla difficile lettura di norme obiettivamente non coordinate tra loro, è opportuno che le stazioni appaltanti procedano alla notifica dell’esclusione e provvedano, nella medesima data, anche alla pubblicazione del provvedimento sul sito istituzionale; il tutto entro due giorni dall’adozione del relativo provvedimento.

2. Il nuovo “accesso civico” e l’impatto sulla disciplina dell’accesso agli atti della gara

L’art. 5 (Accesso civico a dati e documenti) del d.lgs. n. 33/2013 dispone, al comma 2, che, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti: ai sensi del successivo art. 5-bis, peraltro, l’accesso può essere rifiutato quando il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Il principio di prevalenza della tutela dei segreti commerciali rispetto al diritto di accesso era già noto in materia degli appalti pubblici[8] e, coerentemente, anche il nuovo codice dispone che sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta oppure a giustificazione della medesima allorché gli stessi costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali (art. 53, comma 5, lettera a).

Resta comunque confermato che, anche in presenza di un’asserita privativa industriale, sarà sempre consentito l’accesso al concorrente che reclami l’accesso all’offerta tecnica ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi[9].

Ed ancora, nonostante l’introduzione del nostro “FOIA”[10], il nuovo codice dei contratti dispone ─ con norma speciale, ed in consonanza con la previgente normativa ─ il necessario differimento del diritto di accesso:

a) nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;

b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare;

c) in relazione alle offerte, fino all’aggiudicazione;

d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione.

La divulgazione dell’elenco dei soggetti che hanno presentato offerta prima della scadenza del termine previsto dal bando è punita dal codice penale

Ne consegue che, a prescindere dall’introduzione del diritto di accesso generalizzato, fino alla scadenza dei termini sopra riportati i relativi gli atti e i documenti non potranno essere comunicati a terzi o divulgati, pena la configurabilità, a carico del funzionario pubblico, del reato punito all’art. 326 del codice penale[11].

Da ultimo, va ricordato che, all’interno della determinazione n. 1309 del 28 dicembre 2016 ─ Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico ─la stessa ANAC ha evidenziato che nell’ordinamento esistono ulteriori e numerose disposizioni che prevedono espressamente casi di segreto o di divieto di divulgazione come, ad esempio, le disposizioni sui contratti secretati previste dall’art. 162 del d.lgs. 50/2016, con la conseguenza che, anche in tali ipotesi, il diritto all’accesso generalizzato agli atti di gara dovrà ritenersi recessivo.

3. Appalto o concessione: le conseguenze e i limiti nella scelta del tipo di contratto

Sotto il profilo dei rischi corruttivi, l’Autorità Anticorruzione ha sempre considerato particolarmente delicata la scelta di ricorrere ad una concessione: all’interno del Piano Nazionale Anticorruzione del settembre 2013, ad esempio, veniva evidenziato lo specifico fattore di rischio consistente nella “elusione delle regole di affidamento degli appalti, mediante l’improprio utilizzo del modello procedurale dell’affidamento delle concessioni al fine di agevolare un particolare soggetto”. In altri termini la concessione, proprio per la sua maggiore libertà – rispetto all’appalto – nelle forme di individuazione del contraente, potrebbe prestarsi ad utilizzi distorti e per questa ragione ANAC ha sempre richiesto un particolare rigore, da parte della stazione appaltante, nel ricondurre vincolo contrattuale ad un rapporto di tipo concessorio.

Il nuovo codice dei contratti, peraltro, ha introdotto alcune limiti oggettivi che vincolano la stazione appaltante nella scelta della tipologia contrattuale: in particolare, l’art. 28, comma 7 dispone che, nel caso di contratti misti che contengono elementi di appalti e di concessioni, il contratto dovrà essere aggiudicato applicando le disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari allorché il valore stimato della parte del contratto che costituisce un appalto sia pari o superiore alla soglia europea indicata all’articolo 35 del medesimo codice: in realtà, la norma, richiamando l’art. 167 del codice, sembra contenere un lapsus calami – e, quindi, una difficoltà esegetica ed operativa in capo alle stazioni appaltanti – poiché non sarebbe logico assoggettare la procedure alla disciplina degli appalti soltanto quando l’importo delle prestazioni-appalto raggiungano la soglia europea fissata per le concessioni: a riprova, si noti come la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici richiama esplicitamente, e correttamente, i metodi di calcolo del valore degli appalti pubblici, e non delle concessioni.

I contratti che contengono elementi di concessioni e di appalti sono aggiudicati applicando la disciplina sugli appalti

Ciò in disparte, a più riprese il nuovo codice dispone che, nel caso di contratti che contengono elementi di concessioni e di appalti, il contratto misto dovrà essere aggiudicato in conformità alle disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari o nei settori speciali (art. 169, comma 9). È peraltro noto che, all’interno del nuovo d.lgs. 50/2016, un punto fermo consista nell’obbligatoria presenza del “rischio operativo”, definito, all’articolo 3, comma 1, lettera zz), come “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito al concessionario”: in particolare, il codice considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione, e viene espressamente precisato che la parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato, tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. A titolo di ideale “chiusura del cerchio”, infine, l’art. 165, comma 1 precisa che nei contratti di concessione la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario deve sempre provenire dalla vendita dei servizi resi al mercato, con la conseguenza che l’eventuale riconoscimento di un corrispettivo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non potrà essere superiore al trenta per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo degli eventuali oneri finanziari[12].

4. Le nuove disposizioni sul conflitto di interesse

In via generale, la disciplina del conflitto di interesse nello svolgimento del procedimento amministrativo era stata già introdotta all’interno dell’art. 6-bis[13] della legge n. 241/1990, ai sensi del quale il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare pareri, valutazioni tecniche, atti endoprocedimentali e provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

Con una maggiore intensità, il nuovo codice ha introdotto una specifica disciplina del conflitto di interesse applicabile al settore dei contratti pubblici, prevedendo, all’art. 42, la configurabilità di ipotesi di conflitto in tutti i casi in cui il personale di una stazione appaltante[14] abbia, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico oppure un altro interesse personale che possa essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di gara[15]: va sottolineato, sul punto, come il codice dei contratti miri a prevenire non soltanto le ipotesi di conflitti potenziali, ma anche i conflitti che possono essere semplicemente “percepiti” come tali, secondo una valutazione discrezionale e formulabile ab externo.

Rilevano i conflitti “potenziali” ma anche i conflitti “percepiti”

Più in particolare, il codice prevede che costituiscono situazioni di conflitto di interesse anche le ipotesi previste dall’articolo 7 del Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici di cui al D.P.R. n. 62/2013, nel quale viene disciplinato l’obbligo di astensione del dipendente pubblico dall’adozione di decisioni o da attività che possano coinvolgere interessi propri, di suoi parenti, affini entro il secondo grado, nonché del coniuge o dei conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, o, ancora, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Con clausola finale e di chiusura, il medesimo art. 7 dispone che il dipendente dovrà comunque astenersi in ogni caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza[16].

Il codice dei contratti prevede inoltre che il personale che si trovi a versare in un’ipotesi di conflitto di interessi è tenuto a darne comunicazione alla stazione appaltante e ad astenersi dal partecipare alla procedura di aggiudicazione, con la conseguenza che la mancata astensione costituisce fonte di responsabilità disciplinare, fatta salva l’eventuale configurabilità della responsabilità amministrativa e penale.

Per quanto concerne le misure di prevenzione, il codice dei contratti prevede che la stazione appaltante vigila affinché gli adempimenti volti a contrastare l’insorgere di situazioni di conflitto siano rispettati: sul punto, forse con un maggiore dettaglio operativo, l’art. 6-bis della legge 241/1990 (con norma che, in ogni caso, sembrerebbe applicabile anche al settore dei contratti pubblici) prescrive che sull’astensione debba esprimersi il responsabile dell’ufficio di appartenenza[17].

5. Le valutazioni discrezionali come fonte di possibile rischio corruttivo

La logica di fondo perseguita dalla recente normativa di contrasto alla corruzione si fonda sul principio per cui il rischio corruttivo si annida, in particolare, all’interno dell’attività amministrativa a carattere discrezionale: questa sembra essere, a ben vedere, la ragione di fondo per cui molte delle disposizioni volte a contrastare la corruzione negli appalti sono finalizzate a introdurre misure anticorruttive proprio nelle fasi del procedimento all’interno delle quali si esplica attività a carattere discrezionale e non vincolata. In tale prospettiva, pertanto, vanno lette anche le disposizioni dell’art. 77 del nuovo codice in materia di commissione di aggiudicazione, che hanno introdotto l’obbligo di scelta – mediante sorteggio – dei componenti della commissione deputata alla valutazione delle offerte tecniche ed economiche fra gli esperti che si siano iscritti all’interno di un apposito albo istituito presso l’Autorità Anticorruzione. L’art. 77 precisa che – in caso di affidamento di contratti di importo inferiore alla soglia europea o per i contratti che non presentano particolare complessità – la stazione appaltante potrà nominare componenti ad essa interni, nel rispetto del principio di rotazione: significativamente, la norma precisa, a tale proposito, che sono considerate di non particolare complessità le procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione ai sensi dell’articolo 58 del codice e tale previsione va letta in combinato disposto con l’art. 3, comma 1, lett. bbbb), ai sensi del quale anche il mercato elettronico rientra tra gli strumenti telematici di negoziazione che consentono l’attivazione di procedure di scelta del contraente interamente gestite per via telematica.

Per le gare sul MEPA la commissione può essere interna alla stazione appaltante

Sul punto, peraltro, l’Autorità Anticorruzione, con la recente delibera n. 1190 del 16 novembre 2016 recante le Linee guida n. 5 sui criteri di scelta dei commissari di gara, ha aggiunto che vanno considerate come di non particolare complessità anche le procedure che – seppur indette per importi superiori alla soglia europea –prevedano l’attribuzione dei punteggi secondo il metodo on/off, ovverosia quando:

  • in presenza di un determinato elemento, viene attribuito un punteggio predeterminato, senza alcuna valutazione discrezionale;
  • in assenza dell’elemento viene attribuito un punteggio pari a zero.

ANAC aggiunge che, viceversa, quando la commissione deve esprimere valutazioni di tipo discrezionale, è necessario che – anche nelle procedure di importo inferiore alla soglia europea – almeno il presidente venga nominato facendo ricorso alla lista comunicata dall’Autorità[18].

Da ultimo va sottolineato che il nuovo codice dei contratti ha introdotto l’obbligo di dichiarare l’insussistenza delle cause di astensione disciplinate all’art. 42 anche da parte dei “segretari” verbalizzanti sebbene gli stessi (al pari dell’Ufficiale Rogante, eventualmente nominato ex art. 16 del R.D. n. 2440/1923) non facciano parte delle commissioni ma svolgano semplicemente funzioni di verbalizzazione delle relative attività.

6. La congruità delle offerte (quando il criterio è quello del prezzo più basso)

Uno dei motivi di sfavore nei confronti della scelta del criterio del prezzo più basso è riconducibile, notoriamente, alla circostanza che, utilizzando il criterio di calcolo stabilito dal previgente art. 86, comma 1 del d.lgs. n. 163/2006, le imprese concorrenti alla gara erano in grado, di fatto, di predeterminare ─ a monte ed in base ad accordi illeciti ─ quale appaltatore sarebbe stato vincitore della gara.

Al fine di arginare tale fenomeno, il nuovo art. 97, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016 dispone oggi che, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, la congruità è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata applicando uno dei cinque metodi indicati nella medesima norma (metodi tra i quali è ricompreso, alla lettera a), anche il metodo previgente)[19]. Al fine di non renderli predeterminabili e conoscibili “a monte”, i parametri di riferimento per il calcolo della soglia dovranno essere individuati mediante un sorteggio da esperire in sede di gara, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte[20].

A differenza del previgente d.lgs. n. 163/2006, tuttavia, il nuovo codice non ha riproposto la previsione per cui le stazioni appaltanti non dovevano necessariamente applicare il metodo del “taglio delle ali” quando il numero delle offerte ammesse era inferiore a cinque, con la conseguenza che, in linea teorica, il legislatore sembra aver imposto l’obbligo di procedere al sorteggio in tutti i casi di procedura da aggiudicare al prezzo più basso, e quindi anche in presenza, ad esempio, di soltanto due o tre concorrenti. Da ciò le inevitabili difficoltà operative derivanti, in capo alle stazioni appaltanti, sia dalla materiale inapplicabilità ─ in presenza di meno di cinque imprese ─ di alcune delle metodologie indicate all’art. 97, comma 2, sia, nel contempo, dall’inevitabile allungamento dei tempi e dall’aggravio procedimentale relativo alle procedure (con particolare riguardo alle gare indette per importi inferiori alla soglia europea ed alle procedure esperite all’interno del mercato elettronico).

La PA deve indicare nella documentazione di gara che si procederà alla valutazione dell’anomalia soltanto in presenza di almeno cinque offerte

A tale proposito, pertanto, è nuovamente intervenuta l’ANAC con il comunicato del Presidente del 5 ottobre 2016 recante le indicazioni operative in merito alle modalità di calcolo della soglia di anomalia nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso: l’Autorità afferma, in particolare, che – posto che per i metodi di cui alle lettere a) ed e) sono indispensabili almeno 5 offerte ammesse e valide al fine di poter calcolare la media e lo scarto medio delle offerte (non accantonate) che superano detta media – in via generale, data l’assenza di una previsione normativa analoga a quella contenuta nell’art. 86, comma 4, del previgente d.lgs. 163/2006, è sempre necessario che le stazioni appaltanti indichino nella documentazione di gara che si procederà alla determinazione della soglia di anomalia mediante ricorso ai metodi di cuiall’art. 97, comma 2, del codice esclusivamente in presenza di almeno cinque offerte valide e ammesse[21].

7. I controlli sulle imprese partecipanti alla gara

Il nuovo codice ha apportato importanti modifiche anche sotto il profilo della valutazione dei reati che precludono la partecipazione alle procedure, introducendo, all’art. 80, comma 1, un principio di tipicità delle cause di esclusione e di nominatività dei reati che comportano l’estromissione dalla gara[22]. In tale contesto di tipicità delle cause di esclusione, va comunque ricordato che il nuovo codice riconduce la causa di esclusione anche alla presenza di una condanna penale relativa ad un qualunque ulteriore delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione[23], con la conseguenza che le stazioni appaltanti dovranno sempre aver cura di verificare l’eventuale presenza di una condanna di tal genere all’interno del certificato del casellario giudiziario che dovrà essere richiesto ai fini del rispetto dell’art. 86, comma 2, lett. a) nuovo codice.

Anche a margine dell’applicazione operativa dell’art. 80, peraltro, va segnalato l’intervento dell’Anticorruzione che, con il comunicato del Presidente del 26 ottobre 2016, ha evidenziato che l’assenza delle condanne penali rilevanti ai sensi del nuovo codice deve essere verificata non solo in capo ai membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ma anche in relazione ai membri del collegio sindacale ed ai membri del comitato per il controllo sulla gestione, nonché in capo ai componenti del consiglio di sorveglianza, a seconda della tipologia di società risultata aggiudicataria della gara. Oltre a ciò – prosegue ANAC – il predetto requisito andrà verificato in capo a tutti i soggetti muniti di poteri di rappresentanza (come gli institori e i procuratori ad negotia), di direzione – come i dipendenti o i professionisti ai quali siano stati conferiti significativi poteri di direzione e gestione dell’impresa – o comunque dotati di poteri di controllo, come il revisore contabile e l’organismo di vigilanza di cui all’art. 6 del d.lgs.n. 231/2001[24]. Appare evidente come anche tali nuovi adempimenti, funzionali ad un più intenso controllo “penalistico” in capo agli affidatari degli appalti pubblici, finiscano con l’introdurre nuovi accertamenti, di carattere formale, che non semplificano ma rendono obiettivamente più articolata e complessa l’attività delle stazioni appaltanti[25].

Il casellario giudiziale va richiesto in relazione a tutti i soggetti muniti di poteri di rappresentanza

Nessun cenno viene fatto, peraltro, dall’Anticorruzione alla circostanza che, in merito alle verifiche da effettuare in capo al direttore tecnico delle imprese, il nuovo codice utilizza la congiunzione disgiuntiva “o”, in luogo della congiunzione semplice “e” utilizzata dal previgente art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, quasi che le verifiche da effettuare in capo ai direttori tecnici fossero semplicemente – ma inspiegabilmente – alternative rispetto alle verifiche da effettuare in capo agli amministratori ed agli organi di controllo e di vigilanza dell’impresa.

8. La raccomandazione vincolante dell’ANAC

Gli amplissimi poteri riconosciuti dal nuovo codice dei contratti a favore dell’Autorità Anticorruzione trovano un’ennesima conferma all’interno dell’art. 211 che, al comma 2, introduce l’istituto della raccomandazione vincolante che può essere formulata da ANAC. Sul punto, la prima considerazione che può essere tracciata è che l’Anticorruzione non è, a tali fini, vincolata all’esistenza di un’apposita istanza – come accade, invece, per i pareri di precontenzioso – ma potrebbe ravvisare l’esistenza di un vizio di legittimità degli atti di gara semplicemente “nell’esercizio delle proprie funzioni”: ne consegue che la raccomandazione vincolante potrebbe anche derivare da “notizie” comunque acquisite dall’ANAC (quasi si trattasse di una notitia criminis), oppure dall’eventuale segnalazione di illeciti effettuate anche da soggetti non partecipanti alla gara[26].

Un’ulteriore considerazione che emerge dal nuovo istituto è che, di fatto, le imprese non aggiudicatarie, piuttosto che ricorrere al Giudice Amministrativo, potrebbero legittimamente scegliere di presentare all’ANAC un esposto volto ad ottenere la modifica dell’aggiudicazione, senza dover conferire un esplicito mandato al proprio legale di fiducia e senza dover sostenere gli oneri economici derivanti dal pagamento del contributo unificato: in questo senso, l’aumento dei poteri conferiti ad ANAC rischierebbe di tramutarsi, di fatto, in un decremento delle entrate a favore dell’erario.

La terza considerazione è che la norma prevede la possibilità di ricorrere in giudizio contro la raccomandazione adottata dall’ANAC, senza imporre, tuttavia, un contraddittorio procedimentale a vantaggio dei controinteressati: in sostanza, nel caso di una raccomandazione richiesta contro un’aggiudicazione provvisoria, la norma non impone un coinvolgimento procedimentale anche dell’impresa aggiudicataria, la quale potrebbe invece avere un vivo interesse a partecipare al procedimento per l’adozione della medesima raccomandazione oltre che ad impugnarne, eventualmente, gli esiti: ne consegue che gli oneri economici (nomina di un legale e pagamento del contributo unificato per agire davanti al Giudice amministrativo) risulterebbero di fatto “ribaltati” a carico dell’impresa aggiudicataria, interessata a contrastare le indicazioni formulate dall’Anticorruzione a proprio svantaggio.

Resta del tutto insoluta, infine, la questione relativa alla possibile riforma della decisione assunta dalla stazione appaltante in esecuzione alla raccomandazione vincolante pronunciata dall’ANAC: in particolare, non è chiaro ─ nel caso in cui il Giudice amministrativo abbia annullato la decisione in autotutela di escludere l’aggiudicatario, ma, successivamente, il Giudice Amministrativo abbia annullato tale decisione confermando la legittimità dell’originaria aggiudicazione ─ quale sia il soggetto che dovrebbe risarcire gli eventuali danni e le spese sostenute dall’impresa inizialmente vincitrice della gara[27].

Sul punto, in ogni caso, va segnalata la presa di posizione fortemente critica assunta da parte del Consiglio di Stato con il recente parere 28 dicembre 2016, n. 2777 che ─ sebbene non scalfisca, ovviamente, la permanente vigenza dell’istituto ─ pone in rilievo tutta una serie di ombre che dovrebbero seriamente indurre il legislatore ad un profondo ripensamento della norma.


[1] Il «profilo di committente» è il sito informatico della stazione appaltante, all’interno del quale sono pubblicati gli atti e le informazioni previsti dal codice dei contratti: art. 3, comma 1, lett. nnn) d.lgs. n. 50/2016.

[2]Sembra essere stato così superato quanto a suo tempo disposto con D.P.C.M. 26 aprile 2011, relativo alla Pubblicazione nei siti informatici di atti e provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica, adottato ai sensi dell’art. 32 della legge n. 69 del 2009.

[3] Art. 7, comma 1, d.lgs. n. 33/2013.

[4] ANAC, Delibera n. 1190 del 16 novembre 2016 – Linee guida n. 5, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50– recanti i criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici.

[5] ANAC, comunicato dell’11 maggio 2016, recante le indicazioni operative alle stazioni appaltanti e agli operatori economici a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016.

[6] Unica “vestigia” dell’istituto a suo tempo disciplinato all’art. 48 comma 1 del d.lgs. n. 163/2006 sembra essere quella contenuta all’attuale art. 58 (Procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione) del nuovo codice, ove si prevede, al comma 3, che ai fini del controllo sul possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, il dispositivo elettronico delle stazioni appaltanti provvede, mediante un meccanismo casuale automatico, ad effettuare un sorteggio di cui viene data immediata evidenza per via telematica a tutti gli offerenti, nel rispetto del principio di riservatezza dell’elenco dei soggetti che partecipano alla procedura di gara. È singolare, peraltro, che tale specifico adempimento sia stato mantenuto per le sole procedure telematiche e non sia stato riprodotto, in via generale, per tutte le altre procedure di gara.

[7]Resta qualche difficoltà esegetica, in ogni caso, laddove, all’interno di un ente locale, le operazioni di apertura e validazione della documentazione amministrativa siano compiute da un responsabile unico del procedimento non avente ruolo, funzioni e responsabilità di dirigente: va ricordato, infatti, che l’art. 107 (Funzioni e responsabilità della dirigenza), comma 3 del d.lgs. n. 267/2000 dispone che sono attribuiti ai dirigenti una serie di compiti tra i quali: a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso; b) la responsabilità delle procedure d’appalto e di concorso; c) la stipulazione dei contratti (..).

[8]Art. 13 d.lgs. n. 163/2006.

[9] È interessante notare come anche la recente giurisprudenza si muova versa una progressiva estensione del diritto di accesso, in coerenza con le indicazioni fornite dal legislatore. In particolare, è stato affermato che una società operante nel settore turistico analogo a quello degli stabilimenti balneari ha diritto di accedere agli atti di una gara esperita da un Comune, all’esito della quale è stata rilasciata una concessione demaniale marittima, a nulla rilevando che la società richiedente l’accesso non avesse partecipato alla procedura di evidenza pubblica; non spetta, infatti, alla P.A. valutare nell’ambito del procedimento di accesso la fondatezza o meno delle ragioni poste a base della tutela che l’interessato intende perseguire, essendo sufficiente, per l’accoglimento dell’accesso, la dimostrazione di un interesse personale e diretto alla conoscenza della documentazione richiesta (così Tar Veneto sez. I, 10 gennaio 2017, n. 16).

[10]Nelle intenzioni del legislatore, infatti, la revisione del d.lgs. n. 33/2013 ad opera del d.lgs. n. 97/2016 avrebbe dovuto comportare l’introduzione, anche nel nostro Paese, di un Freedom of Information Act (FOIA), analogo a quello introdotto, nel 1966, negli Stati Uniti d’America.

[11] Ai sensi dell’art. 326 codice penale (Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio), il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

[12] La giurisprudenza amministrativa, peraltro, aveva già da tempo evidenziato che si ha concessione quando l’operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza, mentre si ha appalto quando l’onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull’amministrazione (Consiglio di Stato, sentenza del 4 settembre 2012, n. 4682 e sentenza 6 giugno 2011, n. 3377). Più di recente, è stato affermato che, sul piano economico, il concessionario utilizza quanto ottiene in concessione a fini di lucro, assumendo il rischio economico connesso alla gestione del servizio, svolto con mezzi propri; per godere delle risorse materiali appartenenti all’Amministrazione, il concessionario normalmente corrisponde un canone e non riceve dalla stessa alcun corrispettivo (così TAR Umbria, sentenza del 19 ottobre 2016, n. 653 che richiama Consiglio di Stato, sentenza del 16 luglio 2015, n. 3571). Ne consegue che nelle concessioni costituisce principio fondamentale l’equilibrio economico finanziario, ovverosia la capacità che i flussi di corrispettivi stimati dall’Amministrazione consentano durante la durata del contratto il rientro dagli investimenti, come chiaramente stabilisce la direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 che, all’art. 8 comma 2, stabilisce che il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi. Sul punto, anche l’Autorità Anticorruzione, aveva rilevato la necessità di procedere sempre, a monte della gara, alla stima degli introiti provenienti dall’utenza per tutta la durata della concessione ovverosia alla stima della prevedibile remuneratività del servizio per l’operatore economico sulla base dell’esperienza degli anni precedenti e delle peculiarità materiali e temporali del nuovo servizio (in termini cfr. ANAC – ex A.V.C.P. – delibera del 12 marzo 2010, n. 13 e delibera del 1 agosto 2012, n. 75, nonché parere di precontenzioso 26 novembre 2014, n. 96).

[13] Introdotto dall’art. 1, comma 41, legge n. 190/2012, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

[14] Per espressa previsione della stessa norma, l’art. 42 del codice dei contratti trova applicazione anche al personale dei prestatori di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, intervengano nello svolgimento della procedura di aggiudicazione o possano influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato: cfr. art. 42 comma 1 d.lgs. n. 50/2016.

[15]L’art. 42, comma 4 del codice prevede, peraltro, che le disposizioni sul conflitto di interesse trovano applicazione anche per la fase di esecuzione dei contratti pubblici.

[16] La recente giurisprudenza amministrativa ha sottolineato che, ai sensi dell’articolo 42 comma 2 del codice dei contratti pubblici, il riferimento alle ipotesi previste dall’articolo 7 del D.P.R. n. 62/2013 costituisce un rinvio ampliativo ed esemplificativo e non limitativo – come si evince dall’uso della locuzione “in particolare” – e che, inoltre, l’articolo 42 si riferisce al personale in senso lato, ovverosia non soltanto a soggetti titolari di un contratto di lavoro dipendente con gli enti coinvolti, ma anche, ed a maggior ragione, a coloro che, rivestendo una influente posizione sociale o di gestione amministrativa, hanno giocoforza un maggior interesse finanziario, economico o altro interesse personale” (Tar Abruzzo, Pescara, sentenza del 9 gennaio 2017 n. 21).

[17] È utile ricordare che il conflitto di interesse costituisce, nel nuovo codice, anche una causa di esclusione degli operatori economici: ed infatti, l’art. 80, comma 5 dispone che le stazioni appaltanti dispongono l’esclusione dalla gara quando l’operatore economico o il subappaltatore indicato ai sensi dell’art. 105, comma 6 determinino, con la partecipazione alla gara, una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell’articolo 42, comma 2, che non sia diversamente risolvibile.

[18] Sotto tale aspetto, in realtà, l’Autorità Anticorruzione non sembra considerare che anche all’interno delle richieste di offerta da aggiudicare all’interno del Mercato elettronico, in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alcuni elementi possono essere valutati da una commissione con una valutazione di tipo discrezionale e con un giudizio non riconducibile semplicemente alla formula on-off.

[19] Può essere utile notare che, a margine del metodo indicato all’art. 97, comma 2, lett. e) del nuovo codice, la giurisprudenza amministrativa ha rilevato come la norma, nel dettare il criterio del c.d. taglio delle ali, necessario per individuare la soglia di anomalia delle offerte, non abbia escluso le offerte delle c.d. ali dal calcolo della media e dalla determinazione dello scarto medio; diversamente, infatti, il legislatore avrebbe chiarito che i ribassi percentuali che superano la media da confrontare dovevano essere solo quelli precedentemente utilizzati per calcolare la media dei ribassi. Il fatto che le offerte con ribassi estremi in un senso o nell’altro siano esclude dal primo calcolo, è dovuto alla necessità di evitare che offerte anomale incidano eccessivamente nel calcolare una media, ma l’individuazione dello scarto medio aritmetico serve a correggere tale media tenendo conto di tutte le offerte più alte presentate, così da rendere più vicina la media alla realtà delle offerte presentate ed alzando la soglia di anomalia così da ricomprendere qualche concorrente che resterebbe oltre la soglia in caso di mero riferimento ad uno scarto calcolato sulle sole offerte che hanno partecipato al calcolo sulla media. Il tutto per favorire un maggior risparmio dell’Amministrazione: così Tar Emilia Romagna, Bologna, sentenza del 5 dicembre 2016, n. 983.

[20] Si segnala che strumenti utili – mediante semplice foglio di calcolo in formato excel – per il sorteggio del metodo e per il conseguente calcolo delle offerte anomale sono stati meritoriamente posti a disposizione delle stazioni appaltanti, con accesso libero e gratuito, al seguente link: http://www.bosettiegatti.eu/utility/utility.htm .

[21]ANAC aggiunge che, per converso, la facoltà di avvalersi dell’esclusione automatica delle offerte anomale è ammessa esclusivamente per gli affidamenti di importo inferiore alle soglie europee da aggiudicare al prezzo più basso: in tal caso, pertanto, è opportuno indicare nella documentazione di gara che non si procederà mai all’esclusione automatica qualora il numero delle offerte ammesse sia inferiore a dieci.

[22] Sul punto ci si permette di rinviare al breve contributo, a firma della scrivente A., dal titolo Come cambia la “moralità professionale” nel nuovo codice degli appalti e delle concessioni, in MediAppalti, Anno VI, n. 3, pag. 5 segg.

[23] Cfr. art. 80, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 50/2016.

[24] All’interno del medesimo comunicato, per converso, ANAC sottolinea che l’art. 80, comma 2 del nuovo codice non individua i soggetti nei cui confronti opera la causa di esclusione attinente alla presenza di cause di decadenza, sospensione e divieto derivanti da misure di prevenzione o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 84 del D.lgs. n. 159/2011, con la conseguenza che il relativo motivo di esclusione deve essere riferito ai soggetti che vanno sottoposti alle verifiche antimafia ai sensi dell’art. 85 del d.lgs. n. 159/2011. Sul punto, peraltro, va sottolineato che – introducendo un nuovo adempimento che, ancora una volta, non semplifica ma rende più complessa l’attività delle stazioni appaltanti – l’art. 86 del codice, disciplinando i mezzi di prova circa l’effettivo possesso dei requisiti di partecipazione, dispone che, per quanto riguarda il citato comma 2 le stazioni appaltanti dovranno acquisire anche il certificato del casellario giudiziario, ferma restando la disciplina dettata dal citato d.lgs. n. 159/2011 con riferimento alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia.

[25] Ampiamente basata su elementi di giudizio di matrice penalistica è anche la Delibera ANAC n. 1293 del 16 novembre 2016, recante le Linee guida n. 6 sui mezzi di prova idonei a configurare l’esistenza di un grave errore professionale nel passato delle imprese aggiudicatarie della gara.

[26]Compreso, eventualmente, il dipendente whistle blower: cfr. art. 19 d.l. n. 90/2014.

[27] Ci si può chiedere, infatti, quale sia il soggetto che, in tal caso, dovrebbe risarcire gli eventuali danni, se la stazione appaltante che aveva dovuto aderire, ob torto collo, alla raccomandazione ANAC, oppure l’impresa non aggiudicataria, che aveva scelto di non ricorrere subito al Tar ─risparmiando sulle relative spese giudiziali─oppure, addirittura, l’ANAC, la cui raccomandazione potrebbe non essere condivisa dalla giurisprudenza amministrativa.

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Ilenia Filippetti
Avv. Ilenia Filippetti
Avvocato, Responsabile della Sezione Monitoraggio appalti di servizi e forniture della Regione Umbria, Presidente dell’Associazione Forum Appalti
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