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Le strategie adottate dalle Nazioni Unite in tema di lotta contro i reati di corruzione

Nell’ambito della lotta contro i reati di corruzione, le Nazioni Unite hanno adottato strategie, come dimostra la Convenzione assunta dall’Assemblea generale con la risoluzione 58/4 del 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, rivolte alla prevenzione della corruzione identificando le misure da adottare per una concreta soluzione del fenomeno, gli atti da qualificarsi come crimini, gli strumenti di cooperazione internazionale e le attività di recupero delle ricchezze sottratte dalla corruzione. Si pone in un rapporto di complementarietà e integrazione rispetto alla menzionata Convenzione, la Convenzione penale sulla corruzione, adottata il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n.110. Essa ha come finalità, l’adozione di una politica penale comune in grado di proteggere la società contro la corruzione, garantendo una legislazione adeguata e misure preventive appropriate. È indicato agli articoli 2 e 3  della Convenzione penale – al fine di combattere la corruzione dei pubblici ufficiali nazionali – che siano definiti dagli Stati, come reati penali, secondo il proprio diritto interno, i comportamenti che abbiano come effetto quello di un’acquisizione di un indebito vantaggio del pubblico ufficiale (c.d. Corruzione attiva o passiva di pubblici ufficiali). La Convenzione penale sulla corruzione presuppone a tal fine un’attività coordinata tra gli Stati, una cooperazione per la repressione di tali reati e un’attività di controllo continua ed efficace.

L’ordinamento italiano in tema di corruzione

L’art. 97 della Costituzione italiana stabilisce che gli uffici pubblici devono essere organizzati in modo che siano garanti il buon funzionamento e l’imparzialità dell’amministrazione. I pubblici funzionari sono quindi  tenuti ad assicurare il corretto e imparziale svolgimento della propria attività finalizzata alla cura e gestione dell’interesse pubblico. Nel nostro ordinamento il Codice penale prevede ipotesi specifiche di delitti commessi da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione: libro secondo – dei delitti in particolare, titolo II – dei delitti contro la pubblica amministrazione; capo primo – dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Della prima categoria fanno parte il peculato (art. 314), la concussione (art. 317), la corruzione (artt. 318, 319, 319-ter), l’abuso d’ufficio (323).

L’Autorità  nazionale anticorruzione

La Legge del 6 novembre 2012 n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” si pone, mediante la relativa disciplina, in attuazione del principio di imparzialità di cui all’articolo 97 della Costituzione.  L’art. 1 comma 1, della legge 190/2012 individua, in ambito nazionale, l’Autorità nazionale anticorruzione, insieme con altri organi, come il soggetto incaricato di svolgere attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, così come voluto, tra l’altro, dalla Convenzione penale sulla corruzione. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit), prevista dal decreto legislativo 150/2009, articolo 13, è il soggetto indirizzato al controllo e alla comparazione delle performance e opera, a seguito della nuova norma, come Autorità  e con maggiori competenze. La Commissione tra l’altro:

  • esercita compiti di studio finalizzati a conoscere i fattori e le cause degli illeciti;
  • adotta il Piano nazionale anticorruzione;
  • svolge compiti di vigilanza – con poteri ispettivi – di controllo sull’effettiva applicazione e sull’efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa;
  • riferisce al Parlamento sull’attività di contrasto svolta e sull’efficacia delle disposizioni vigenti.

Il Dipartimento della Funzione pubblica, anche secondo le linee d’indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Consiglio dei Ministri, coordina  l’attuazione delle strategie elaborate a livello nazionale e internazionale in un quadro comune. A tal fine:

  • predispone il Piano nazionale anticorruzione.
  • promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione;
  • predispone modelli standard delle informazioni e dei dati necessari per il conseguimento degli obiettivi previsti;
  • fissa criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli d’incarichi in capo ai dirigenti pubblici.

Nel caso dell’adozione di misure discriminatorie, adottate in danno di soggetti che hanno segnalato illeciti, ad esempio in materia di appalti, è fatta comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. Infatti, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria, alla Corte dei conti, o riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

Il piano di prevenzione anticorruzione e il responsabile della prevenzione della corruzione. Il codice di comportamento

Le Pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della Funzione pubblica, dati i compiti di coordinamento a questi riconosciuti, il proprio Piano di prevenzione della corruzione. Tale documento fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il rischio (come in materia di appalti). Le Pubbliche amministrazioni centrali definiscono anche le procedure appropriate per la selezione e la formazione, in stretta collaborazione con la Scuola Superiore della pubblica amministrazione, dei dipendenti chiamati a operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendone la rotazione – quale metodo di prevenzione e rimedio alla corruzione -.

Le nuove disposizioni stabiliscono che:

  • l’organo politico individui il responsabile della prevenzione, di norma, tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio. È prevista una disciplina specifica per gli enti locali, stabilendo, infatti, che per essi il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato nel segretario, a condizione che non venga, con motivazione, determinato diversamente. L’attività di elaborazione del piano, comunque, non può essere affidata a soggetti estranei all’amministrazione.
  • L’organo d’indirizzo politico individui, entro il 31 gennaio di ogni anno, su proposta del responsabile della prevenzione, il Piano triennale di prevenzione della corruzione con successiva trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica.  

Il responsabile della prevenzione ha un ruolo di controllo e di verifica e, in particolare:

  • predispone il piano per la prevenzione della corruzione ed è chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del piano medesimo. Verifica l’efficace e idonea attuazione del piano e ne propone la modifica. La mancata predisposizione del piano costituisce valutazione della responsabilità dirigenziale;
  • definisce procedure appropriate per la selezione e la formazione dei dipendenti destinati a operare in settori particolarmente esposti alla corruzione (quale l’ambito degli appalti). La mancata definizione costituisce valutazione della responsabilità dirigenziale;
  • verifica, d’intesa con il dirigente competente, l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività a rischio (tale disposizione riguarda anche le competenze in materia di approvvigionamenti);
  • pubblica nel sito web ufficiale dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta che deve essere trasmessa all’organo d’indirizzo politico dell’amministrazione.

Il piano di prevenzione, adottato secondo le modalità di cui sopra, ha un contenuto finalizzato ad adottare misure di carattere generale;  è stabilito che:

“attraverso il piano siano individuate le attività nelle quali è più elevato il rischio di corruzione anche raccogliendo le proposte dei dirigenti elaborate nell’esercizio delle competenze previste dall’articolo 16, comma 1, lettera a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 che afferma che essi: “propongono le risorse e i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell’ufficio cui sono preposti”;

  • siano individuati meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonee a prevenire il rischio di corruzione;
  • siano monitorati il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti (secondo le disposizioni della l. 241/1990 e delle altre norme di natura speciale);
  • siano monitorati i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che stipulano i contratti; che gestiscono procedimenti di autorizzazione di concessione o erogazione di vantaggi economici – verificando eventuali relazioni di parentela o affinità -;
  • siano individuati specifici e altri obblighi di trasparenza rispetto a quelli previsti dalle disposizioni di legge.

Il comma 54, dell’art. 1, della legge 6 Novembre 2012 n. 190 prevede la predisposizione di un Codice di comportamento che il dipendente sottoscrive all’atto dell’assunzione. Il Codice di comportamento è strumento di prevenzione della corruzione e contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti. La violazione dei doveri contenuti nel Codice di comportamento, compresi quelli concernenti l’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare.  Ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio Codice di comportamento; la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.

La trasparenza dell’attività amministrativa come valore livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’art. 117 della Costituzione

Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o accresciuti oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina, con ampliamento delle relative ipotesi, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante:

a) una ricognizione e il coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche; b) la previsione di forme di pubblicità concernenti l’uso delle risorse pubbliche, lo svolgimento ed i risultati delle funzioni amministrative; c) l’obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni, anche in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti (tale espressione è ampliamente utilizzata nella legge in esame intendendo per formati aperti “almeno i dati resi disponibili e fruibili on line in formati non proprietari al fine del più ampio riutilizzo” anche con obiettivi statistici o di  redistribuzione “senza altre restrizioni d’uso, di riuso o di diffusione diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità”).

Tali disposizioni determineranno il livello essenziale delle prestazioni che le Amministrazioni dovranno erogare a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (che stabilisce che lo Stato ha legislazione esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale). Esse costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione (che stabilisce che lo Stato abbia legislazione esclusiva nell’ambito citato). La trasparenza dell’attività amministrativa è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni concernenti i procedimenti amministrativi. La mancata o incompleta pubblicazione delle informazioni costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198 (In dettaglio il citato decreto legislativo 198/2009, è finalizzato ad evidenziare i presupposti dell’azione e legittimazione ad agire rispetto all’attività amministrativa al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, qualora i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei, abbiano subito una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, a seguito della violazione di termini o della mancata emanazione di atti amministrativi generali. Ciò conformemente alle linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150).

Costituisce quindi obbligo per le pubbliche amministrazioni dare pubblicità alla propria attività con invio telematico alla Commissione:

  • delle informazioni concernenti i procedimenti amministrativi all’interno dei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni;
  • dei bilanci e conti consuntivi, dei costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini (nel rispetto dei criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione e delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali).

Le amministrazioni provvedono alla predisposizione di un proprio sito web istituzionale con almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui possa il cittadino rivolgersi per trasmettere istanze e ricevere informazioni in merito ai provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. In attuazione dell’art. 117 Cost., devono essere assicurati i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili (rispettando rigorosamente i principi di trasparenza e di parità di trattamento),  con particolare riferimento ai seguenti procedimenti:

  • autorizzazione o concessione;
  • concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, e attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
  • concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all’articolo 24 del citato decreto legislativo n.150 del 2009.

In particolare le disposizioni in materia di  appalti a seguito dell’introduzione della “norma anticorruzione”

Nella norma in esame sono presente ampie disposizioni in tema di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi. Le stazioni appaltanti sono tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali: la struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate – comma 32 della norma – . Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni devono essere:

  • pubblicate in tabelle riassuntive, rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici (c.d. open data);
  • trasmesse in formato digitale all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture:

  • pubblica le informazioni ricevute nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini – classificate in base alla tipologia di stazione appaltante e per Regione;
  • trasmette, entro il 30 aprile di ciascun anno, alla Corte dei Conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni in formato digitale standard aperto. 

Si ricorda che il Codice degli appalti prevede la comminazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino a Euro 25.822,00 per i soggetti che rifiutano o omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti; fino ad Euro 51.545,00 è prevista invece la sanzione qualora siano fornite informazioni o documenti non veritieri (ai sensi dell’art. 6 commi 9 e 10 del 163/2006).

In particolare le disposizioni a seguito dell’introduzione della “norma anticorruzione” nel caso di condanne per reati contro la Pubblica Amministrazione

Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti al capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, non possono tra l’altro:

a) essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;

b) fare parte delle Commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.

Le procedure di scelta del contraente, di erogazione contributi, sono adottate tenendo conto delle disposizioni:

  • in materia di compatibilità, cumulo di impieghi ed incarichi, di cui all’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
  • in materia di contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
  • contenute nella legge 150/2009, articolo 11, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Quest’ultima disposizione, afferma: “la trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori concernenti gli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”.

In particolare le disposizioni a seguito dell’introduzione della “norma anticorruzione” che individuano le attività a rischio di infiltrazioni mafiosa e le cause di risoluzione contrattuale

La nuova norma individua le attività in materia di appalti che sono da considerarsi, mediante l’individuazione di un elenco, come maggiormente esposte a rischio di  infiltrazione mafiosa. Gli ambiti, da aggiornarsi ogni anno con apposito decreto del Ministro dell’interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze, riguardano gli appalti che implicano, data la loro natura, processi complessi di forte interesse economico locale:

a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi; c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; e) noli a freddo di macchinari; f) fornitura di ferro lavorato; g) noli a caldo; h) autotrasporti per conto di terzi; i) guardiani dei cantieri. L’impresa iscritta nell’elenco comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell’assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della variazione. Le società di capitali quotate in mercati regolamentati comunicano, pena la cancellazione, le variazioni rilevanti secondo quanto previsto decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 5 in materia d’intermediazione finanziaria.

Ai sensi dell’art. 135 comma 1, del D.lgs. 163/2006, il responsabile del procedimento propone alla stazione appaltante, in relazione allo stato dei lavori e alle eventuali conseguenze nei riguardi delle finalità dell’intervento, di procedere alla risoluzione del contratto:

  • qualora siano disposte una o più misure di prevenzione di cui all’articolo 3, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, che afferma la possibilità di applicare, secondo le modalità descritte nei commi seguenti della norma citata, alle persone indicate come pericolose (e che non abbiano cambiato condotta nonostante la diffida del questore) la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza;
  • qualora siano disposte una o più misure di prevenzione di cui agli articoli 2 e seguenti della legge 31 maggio 1965, n. 575, secondo cui possono essere proposte dal procuratore nazionale antimafia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona o dal questore, anche se non vi è stato il preventivo avviso, le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, di cui al primo e al terzo comma dell’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni;
  • qualora sia intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato per i delitti di usura, per reati di usura, riciclaggio nonché per frodi nei riguardi della stazione appaltante, di subappaltatori, di fornitori, di lavoratori o di altri soggetti comunque interessati ai lavori, nonché per violazione degli obblighi attinenti alla sicurezza sul lavoro.

La norma della Legge 190/2012 in esame, al comma 58, dispone in aggiunta rispetto alle già vigenti disposizioni,  la risoluzione contrattuale qualora sia intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato per i delitti  previsti “dall’art. 51, comma 3 bis e 3 quater del codice di procedura penale, dagli articoli 314, primo comma. 316, 316bis, 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater e 320 del codice penale”. Tra i reati disciplinati dai commi citati del codice di procedura penale e dal codice penale, sono riscontrabili il peculato, mediante profitto dell’errore altrui, la malversazione, a danno dello Stato, la corruzione, per l’esercizio della funzione, la corruzione, per un atto contrario ai doveri d’ufficio, la corruzione in atti giudiziari.

In particolare le disposizioni a seguito dell’introduzione della “norma anticorruzione” in materia di Clausola compromissoria

La legge 190/2012 ha sostituito il comma 1 dell’articolo 241 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come segue:

“Le controversie su diritti oggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dall’articolo 240, possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione. L’inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui e’ indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, o il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli”. La norma in esame prevede disposizioni che si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati in una data successiva rispetto all’entrata in vigore della legge.

Il comma 19 dell’articolo 1 della legge 190/2012, prevede che in fase di indizione della gara (e quindi nel bando o nella lettera di invito) ci sia indicata la clausola compromissoria previa, tuttavia, autorizzazione da parte dell’organo politico al fine dell’inserimento legittimo della medesima; ciò a pena di nullità. La nullità, come è noto, è insanabile e non soggetta a convalida, salvo espressa disposizione di legge; l’azione è imprescrittibile, può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio dal Giudice. La pubblica amministrazione deve inoltre stabilire, a pena di nullità, della nomina, l’importo massimo spettante al dirigente pubblico per l’attività arbitrale.

Le disposizioni previste si applicano anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione, come indicato nel codice degli appalti, e secondo le modalità previste dalla norma in esame – commi 22, 23 e 24 -.

In particolare, a seguito dell’introduzione della “norma anticorruzione” le modifiche al Codice penale

L’articolo 18 della legge di ratifica della Convenzione di Strasburgo – Legge 28.06.2012 n. 110 –richiede ad ogni Stato aderente, di ricollegare ai comportamenti delittuosi, una responsabilità delle persone giuridiche quando siano commessi, per loro conto, da un individuo in quanto singolo o come componente di un organo della persona giuridica.

 L’art. 1 co. 75 L. 190/2012 interviene anche sul codice penale, principalmente:

  • attraverso alcune modifiche degli artt. 317 c.p. (concussione), 318 c.p. (corruzione cosiddetta impropria) e 322 c.p. (istigazione alla corruzione); 
  • attraverso l’introduzione di due nuove fattispecie delittuose agli artt. 319-quater c.p. (induzione indebita a dare o promettere utilità) e 346-bis (traffico di influenze illecite).

L’articolo 317 del codice penale in tema di concussione,  è così sostituito:

“Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità e’ punito con la  reclusione da sei a dodici anni”. Il precedente articolo, prevedeva: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni”. Con la nuova norma è punito solo il pubblico ufficiale quando costringe (non più quando induce) taluno a dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità. Si osserva che la condotta delittuosa è stata in sostanza scissa in due diverse fattispecie criminose ora contenute all’art. 317 come novellato ed all’art. 319-quater. E’ prevista con la norma in esame l’introduzione, infatti, di un nuovo articolo – 319 quater induzione indebita a dare o promettere utilità – il quale prevede “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità e’ punito con la reclusione da tre a otto anni. Nei casi previsti dal primo comma, chi da’ o promette denaro o altra utilità e’ punito con la reclusione fino a tre anni”.

L’articolo 318 del codice penale in tema di corruzione per l’esercizio della funzione, è così a seguito della nuova norma così sostituito:

“Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni” .

Il precedente articolo, ora completamente modificato, disponeva: “Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno”.  

E’ ora utilizzata una formula più ampia, non viene infatti più ricondotto il comportamento delittuoso al compimento di un atto ma all’esercizio di funzioni o di poteri. Il reato di cui all’art. 318, viene così riformulato in modo da distinguere tra: corruzione propria, di cui all’art. 319, che rimane connessa al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio e l’accettazione o la promessa da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio di una utilità indebita, che prescinde dall’adozione o dall’omissione di atti inerenti al proprio ufficio.

L’articolo 322 – Istigazione alla corruzione –  presente ora tale contenuto (con modifiche al comma 1 e sostituzione, con altro comma, al comma 3):

“Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti, a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 318, ridotta di un terzo”. Il presente comma è stato così modificato dalla L. 06.11.2012, n. 190.

Si riporta il testo previgente: “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti, a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 318, ridotta di un terzo.” Le nuove disposizioni prevedono quindi il riferimento generico all’esercizio delle funzioni o dei poteri e non il riferimento  ad un atto.

omissis

“La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”. Si riporta il testo previgente (ora modificato nel senso di  ricondurre il compimento del reato all’esercizio di funzioni o poteri): La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall’articolo 318″.

E’ inserito infine un nuovo articolo: art. 346-bis – (Traffico di influenze illecite) –

“Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, e’ punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente da’ o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. La pena e’ aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena e’ diminuita”.

La novella ha infatti introdotto l’art. 346-bis c.p., in adempimento delle indicazioni provenienti da Convenzioni internazionali. E’ sanzionato il comportamento, con la reclusione da 1 a 3 anni, di  chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita. Il reato ha analogia con il millantato credito – di cui al primo comma dell’art. 346 c.p. – differenziandosene però per il fatto che le relazioni con il pubblico funzionario devono essere reali e non vantate dall’agente (come indica il termine “esistenti”).

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Questo articolo è stato scritto da...

Beatrice Corradi
Dott.ssa Beatrice Corradi
Dirigente del Servizio Provveditorato, Affari generali e Gruppi Consiliari del Consiglio regionale della Liguria
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